<p style="text-align: justify;"><strong>L’annullamento di un provvedimento amministrativo per vizi formali o procedimentali non consente di accogliere la domanda finalizzata al perseguimento della pretesa sostanziale, quale è il risarcimento del danno, in quanto non contiene alcun accertamento in ordine alla spettanza del bene della vita coinvolto del provvedimento impugnato e non elimina il potere dell’Amministrazione di provvedere in ordine allo stesso oggetto dell’atto annullato.</strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Pertanto, prima del riesercizio dell’azione amministrativa, è impossibile enucleare la configurabilità di un collegamento causale tra il danno lamentato ed il comportamento procedimentale dell’Amministrazione.</strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong> </strong><strong>(Consiglio di Stato, sez. V – sentenza n. 2534 del 21 aprile 2020)</strong></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;">1.- Deve essere preliminarmente disposta, ai sensi dell’art. 70 Cod. proc. amm., la riunione dei ricorsi iscritti sub nn. 2517/2010 e 224/2018 del R.G., in ragione della loro connessione soggettiva ed oggettiva.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <ol style="text-align: justify;" start="2"> <li>- Principiando dalla disamina del ricorso n. 2517/2010 del R.G., gli appellanti criticano il capo della sentenza che ha respinto la loro domanda di risarcimento del danno (per illegittima sospensione dell’assegnazione del lotto n. 5) in ragione della mancanza del nesso di causalità tra l’illegittimità provvedimentale ed il pregiudizio lamentato.</li> </ol> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;">Deducono, in sintesi, che la circostanza per cui nel 1995 il lotto in questione non fosse nella disponibilità del Comune, e quindi non potesse essere consegnato ai ricorrenti, è imputabile solo a colpa dell’amministrazione comunale, che, riscontrato l’inadempimento del sig. Fumi già nel 1993, e dichiaratolo decaduto dall’assegnazione nel 1994, si è attivata in sede giudiziale (per ottenere la risoluzione giudiziale del contratto) solo il 6 dicembre 1999.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;">L’appello, nella disamina congiunta dei suoi motivi, strettamente correlati, è infondato.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;">Ai fini della delibazione della pretesa risarcitoria occorre muovere dalla considerazione che la sentenza appellata ha ritenuto l’illegittimità della deliberazione di Giunta comunale n. 30 del 1999 per incompetenza e per vizio motivazionale, affermando che la sospensione dell’assegnazione del lotto, in quanto atto privo di valore di indirizzo politico, non rientrava nelle prerogative della Giunta comunale, e comunque era contenutisticamente inidonea a spiegare le ragioni per non procedere all’assegnazione in favore dei ricorrenti.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;">Tali essendo i limiti oggettivi dell’accertamento contenuto nella sentenza, la domanda di risarcimento non può trovare accoglimento in conformità del consolidato indirizzo giurisprudenziale alla stregua del quale l’annullamento di un provvedimento amministrativo per vizi tralatiziamente definiti formali, quali il difetto di istruttoria o di motivazione, o procedimentali (come il vizio di incompetenza), in quanto non contiene alcun accertamento in ordine alla spettanza del bene della vita coinvolto dal provvedimento impugnato, non consente di accogliere la domanda finalizzata al perseguimento della pretesa sostanziale, quale è il risarcimento del danno. Infatti mentre la caducazione dell’atto per vizi sostanziali vincola l’amministrazione ad attenersi, nella successiva attività, alle statuizioni del giudice, l’annullamento fondato su profili formali non elimina né riduce il potere della stessa di provvedere in ordine allo stesso oggetto dell’atto annullato e lascia ampio potere in merito all’amministrazione, con il solo limite negativo di riesercizio nelle stesse caratterizzazioni di cui si è accertata l’illegittimità, sicchè non può ritenersi condizionata o determinata in positivo la decisione finale (in termini, tra le tante, Cons. Stato, V, 22 novembre 2019, n. 7977; III, 17 giugno 2019, n. 4097; V, 14 dicembre 2018, n. 7054).</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;">Ciò in quanto il risarcimento del danno non è una conseguenza automatica e costante dell’annullamento giurisdizionale di un provvedimento amministrativo, ma richiede la verifica di tutti i requisiti dell’illecito (condotta, colpa, nesso di causalità, evento dannoso) e, nel caso di richiesta di risarcimento del danno conseguente alla lesione di un interesse legittimo pretensivo, è subordinato alla dimostrazione, secondo un giudizio prognostico, con accertamento in termini di certezza o, quanto meno, di probabilità vicina alla certezza, che il provvedimento sarebbe stato rilasciato in assenza dell’agire illegittimo della pubblica amministrazione (Cons. Stato, V, 19 agosto 2019, n. 5737; V, 23 marzo 2018, n. 1859).</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;">Ed infatti per danno ingiusto risarcibile ai sensi dell’art. 2043 Cod. civ. si intende non qualsiasi perdita economica, ma solo la perdita economica ingiusta, ovvero verificatasi con modalità contrarie al diritto; ne consegue quindi la necessità, per chiunque pretenda un risarcimento, di dimostrare la c.d. spettanza del bene della vita, ovvero la necessità di allegare e provare di essere titolare, in base ad una norma giuridica, del bene della vita che ha perduto od al quale anela, e di cui attraverso la domanda giudiziale vorrebbe ottenere l’equivalente economico.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <ol style="text-align: justify;" start="3"> <li>- In relazione all’accertamento contenuto nella sentenza appellata, dunque, e cioè prima del riesercizio dell’azione amministrativa, è impossibile enucleare la configurabilità di un collegamento causale tra il danno lamentato ed il comportamento procedimentale dell’Amministrazione.</li> </ol> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;">Tale soluzione si impone anche nella presente controversia, sebbene la pretesa azionata, che prende le mosse da un provvedimento di sospensione, di elisione dell’efficacia di una precedente assegnazione, si caratterizzi principalmente alla stregua di danno da ritardo connesso al mancato utilizzo dell’area assegnata per effetto della sospensione. Infatti il danno da ritardo non può essere avulso da una valutazione concernente la spettanza del bene della vita, e deve, quindi, essere subordinato, tra l’altro, anche alla dimostrazione che l’aspirazione al provvedimento sia destinata ad esito favorevole, e quindi alla dimostrazione della spettanza definitiva del bene sostanziale della vita collegato ad un tale interesse.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;">E’ pur vero che la sentenza impugnata ha disatteso la domanda di risarcimento dei danni relativi al periodo dicembre 1995/30 aprile 1999 motivando in ragione dell’assenza del rapporto di causalità, ma, a bene considerare, come già esposto, dall’accertamento nella medesima contenuto non emerge proprio la spettanza del bene della vita in capo agli appellanti anche al momento della disposta sospensione. Non vi è dunque un accertamento dell’illegittimità sostanziale del provvedimento di sospensione dell’assegnazione, né tale esito può desumersi dall’adozione del successivo provvedimento commissariale di cessione del lotto, con la conseguenza che la statuizione sul nesso eziologico appare superflua, in quanto attiene ad un successivo momento della valutazione della fondatezza della domanda risarcitoria.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <ol style="text-align: justify;" start="4"> <li>- Resta da aggiungere che, del resto, l’appellante ha chiesto il risarcimento del danno da mancata assegnazione, postulando unicamente un danno da spettanza, senza neppure ipotizzare (e tanto meno dimostrare) un comportamento contrario ai doveri di correttezza e di lealtà (dovendosi, in tale prospettiva, in ogni caso, tenere conto del fatto che il precedente assegnatario del lotto, il sig. Fumi, aveva fin dal 2 febbraio 1994 manifestato la sua volontà di risolvere il contratto, tanto che con successiva delibera di Giunta del 29 novembre 1994 ne era stata disposta la “risoluzione consensuale” -quindi ben prima dell’assegnazione agli odierni appellanti, epoca in cui dunque il Comune avrebbe dovuto riacquisire la disponibilità del bene- salvo poi indurre il Comune di Portoscuso ad adire il Tribunale di Cagliari in ragione dell’applicazione della penale prevista dal contratto).</li> </ol> <p style="text-align: justify;"></p> <ol style="text-align: justify;" start="5"> <li>- Procedendo ora alla disamina del ricorso n. 224/2018 del R.G., giova ricordare che ha ad oggetto la sentenza n. 527 del 2017 del Tribunale amministrativo regionale per la Sardegna, concernente la pretesa risarcitoria, avente la medesima “fonte dell’obbligazione” rispetto al petitum sostanziale del ricorso precedentemente trattato, ma relativa al periodo che va dall’1 maggio 1999 al 6 novembre 2008.</li> </ol> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;">La sentenza, riprendendo l’ordito motivazionale della precedente decisione n. 19 del 2009, ha aggiunto che per il periodo 1999/2008 la domanda risarcitoria è infondata per mancanza dell’elemento soggettivo, avendo l’amministrazione comunale dovuto intraprendere una pluralità di adempimenti per la liberazione del bene, gravato da ipoteca.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;">L’assunto degli appellanti, svolto con due motivi tra loro complementari (il terzo riguarda il quantum debeatur), è invece quello per cui la condotta colposa del Comune di Portoscuso sia ravvisabile nell’avere tardivamente (solo nel 1999) intrapreso l’azione di risoluzione contrattuale al fine di recuperare l’area assegnata al sig. Fumi, resosi inadempiente fin dal 1993.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;">L’appello è infondato per le ragioni esposte ai punti 2-4 della motivazione, cui, pre brevità di esposizione, si fa rinvio, e che attengono ai limiti oggettivi del giudicato di annullamento (per incompetenza e difetto di motivazione) del provvedimento di sospensione dell’assegnazione.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <ol style="text-align: justify;" start="6"> <li>- In conclusione, alla stregua di quanto esposto, gli appelli riuniti vanno respinti.</li> </ol> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;">La peculiarità anche fattuale della controversia integra le ragioni che per legge consentono la compensazione tra le parti delle spese di giudizio.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <em>Michela Gaeta</em>