TAR LAZIO – ROMA, II – sentenza 10.03.2022 n. 2786
MASSIMA
Alla stregua dei principi della legislazione urbanistica ed edilizia, la pianificazione e la programmazione delle opere di urbanizzazione primaria di soddisfacimento dei necessari bisogni della collettività – tra le quali è possibile annoverare anche il sistema fognario di cui si discorre nella sentenza in esame (art. 16, comma 7, del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380) – così come il controllo della loro funzionalità, rientra nella competenza funzionale dell’amministrazione comunale, che è responsabile di tutta la rete comunale di raccolta e smaltimento delle acque meteoriche, ivi compresi gli eventuali tratti da chiunque abusivamente realizzati, comunque rientranti nella sfera di controllo dell’ente già solo per il loro inserimento nel sistema delle fognature comunali.
Tenuto conto che, nel caso di specie, Roma Capitale non ha posto in essere quelle attività amministrative necessarie all’adeguamento e alla manutenzione del sistema fognario, in palese violazione delle norme in materia di governo del territorio, la stessa deve essere ritenuta responsabile (salva la prova del caso fortuito) per i danni causati dal malfunzionamento delle condutture anche ai sensi dell’art. 2051 c.c. quale “custode” del sistema di raccolta e deflusso delle acque del sistema cittadino di fognatura. Risultano accertati entrambi gli elementi in presenza dei quali la cosa in custodia dell’amministrazione comunale (la struttura fognaria interessata dai cedimenti) possa essere ritenuta “causa” e non mera “occasione” del danno denunciato (l’inutilizzabilità ed inagibilità degli immobili dei ricorrenti), ovvero l’esistenza sia dell’evento dannoso lamentato, che della relazione tra tale evento dannoso e la cosa in custodia.
In presenza di un sistema fognario appropriato non integra di per sé la prova del caso fortuito l’eccezionale intensità della precipitazione piovosa. In tal senso si è già espressa la Corte di Cassazione, la quale ha avuto modo di precisare che “l’eccezionalità e imprevedibilità delle precipitazioni atmosferiche possono configurare caso fortuito o forza maggiore idonei ad escludere la responsabilità del custode per il danno verificatosi solo quando costituiscano causa sopravvenuta autonomamente sufficiente a determinare l’evento, nonostante la più scrupolosa manutenzione e pulizia da parte del medesimo dei sistemi di smaltimento delle acque piovane”.
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
- Con il presente gravame, la ditta individuale Lorenzo Conti (di seguito anche semplicemente “Ditta Conti”) – proprietaria dell’immobile sito in Roma, alla via Pier Andrea Fontebasso, n. 64/A, (contraddistinto al nuovo catasto edilizio urbano di Roma al foglio 410, particella 3301, sub 501 e sub 502), destinato sin dal 2008 all’esercizio dell’attività di autofficina – agiva per ottenere la declaratoria dell’illegittimità del silenzio serbato da Roma Capitale in relazione all’istanza, da costui avanzata con nota del 25 gennaio 2019, con cui chiedeva all’amministrazione:
(i) di avviare il “procedimento per il controllo dell’opera di urbanizzazione tecnologica (così come individuato nel Regolamento Comunale n. 125/1996) relativa agli impianti fognari per la raccolta di acque meteoriche stradali della Via P.A. Fontebasso e strade limitrofe”;
(ii) in ogni caso, di disporre “l’adeguamento, la messa in sicurezza e la messa a norma, in aderenza alle previsioni di cui al D.Lgs. 152/2006, della condotta idrica a raccolta delle acque meteoriche della Via P.A. Fontebasso e strade limitrofe, dal suo tratto iniziale sino a quello terminale con sfogo sul Fosso di Massimina (o Fosso di Fontignano)”.
Allegava a tal fine il ricorrente che:
– il 7 luglio 2013 l’officina si era allagata, a causa della rottura di un collettore delle acque piovane provenienti dalla prospiciente via Pier Andrea Fontebasso, posto al di sotto del manto di copertura della rampa di accesso ai locali;
– successivamente, nel corso degli anni, si sarebbero verificati ripetuti ulteriori cedimenti della conduttura, tanto da costringere il ricorrente, attesa la totale inagibilità dell’officina, a trasferire la propria attività a partire dal mese di agosto 2014 in altri immobili, presi appositamente in locazione;
– egli, dunque, proponeva innanzi al Tribunale Civile di Roma un procedimento per accertamento tecnico preventivo, ai sensi dell’articolo 696 cod. proc. civ., ai fini della verifica dei danni subiti, delle relative cause e delle possibili soluzioni tecniche per il ripristino dei luoghi;
– nell’ambito di tale procedimento veniva esperita nel 2015 relativa consulenza tecnica d’ufficio, in cui si accertava che: i) i danni subiti dal ricorrente sarebbero effettivamente dovuti alla rottura della tubazione (realizzata abusivamente negli anni settanta del novecento dai proprietari dei fondi ove è collocata, mediante l’intubamento o tombamento del fosso naturale prima presente nell’area); ii) la causa dei ripetuti cedimenti sia da individuare nella dimensione insufficiente del collettore, che ne determina il cedimento ed i conseguenti sversamenti e allagamenti in corrispondenza della rampa prospiciente i locali di proprietà del ricorrente, ove la fognatura affiora dal terreno, sostanzialmente riconducibile alla sopravvenuta, progressiva, rilevante modificazione del contesto urbanistico e dunque, in sostanza, dal fatto che il collettore di tombamento è venuto a trovarsi non più al servizio dei pochi insediamenti dell’epoca in cui fu realizzato; iii) l’eliminazione degli inconvenienti richiederebbe “l’integrale rifacimento della fognatura”;
– il ricorrente instaurava, quindi, il giudizio ordinario di merito finalizzato a ottenere la condanna (tra l’altro) di Roma Capitale al risarcimento dei danni subiti, in tesi responsabile ai sensi dell’artt. 2051 e 2043 c.c. del sistema fognario, anche in ragione delle sue funzioni di controllo e vigilanza del sistema di raccolta e deflusso delle acque cittadine;
– l’adito Tribunale Civile di Roma con sentenza n. 13707 del 6 luglio 2017 (successivamente passata in giudicato) accoglieva parzialmente la domanda risarcitoria avanzata nei confronti di Roma Capitale, riconosciuta responsabile ai sensi dell’articolo 2051 cod. civ. “in quanto custode del sistema cittadino degli scarichi”, condannandola a risarcire esclusivamente il “pregiudizio direttamente cagionato dai cedimenti dell’impianto”, identificati ne “i danni subiti per l’allagamento dall’immobile, dalle merci nell’officina e dalle autovetture parcheggiate, nonché le spese di riparazione della fognatura”, espressamente negando, invece, “il risarcimento per la dedotta diminuzione di valore dell’immobile” ritenendo ostativo “prima ancora che la questione di giurisdizione … il fatto che la prospettazione di questo tipo di danno si fonda, logicamente, su una indimostrata irreversibilità dell’attuale situazione”;
– lo stesso Tribunale, quanto alla pretesa risarcitoria attinente all’inagibilità dell’immobile e alla conseguente necessità di prendere in locazione altri locali al fine di trasferirvi l’attività di autofficina, ha accolto l’eccezione di inammissibilità per difetto di giurisdizione, ritenendo la relativa pretesa riconducibile all’omesso esercizio “delle funzioni pubblicistiche di governo del territorio comunale, con i relativi poteri (fra cui, in particolare, quelli afferenti alla sanatoria degli abusi, al recupero urbanistico, alla pianificazione e realizzazione delle opere di urbanizzazione)”, sicché la relativa domanda rientrerebbe – a giudizio del Tribunale – nella giurisdizione esclusiva spettante al giudice amministrativo in ordine alle “controversie aventi ad oggetto gli atti e i provvedimenti delle pubbliche amministrazioni in materia urbanistica e edilizia, concernente tutti gli aspetti dell’uso del territorio”, ai sensi dell’articolo 133, comma 1, lett. f), cod. proc. amm..
Il ricorrente, nell’evidenziare la perdurante totale inerzia della competente amministrazione comunale, chiedeva, quindi, la condanna di Roma Capitale a pronunciarsi espressamente sull’istanza del ricorrente nonchè al risarcimento del danno da ritardo, ai sensi dell’articolo 2 bis della legge 7 agosto 1990, n. 241 e dell’articolo 30, comma 4, cod. proc. amm., consistenti in tutti i costi sopportati dal ricorrente a far data dalla scadenza del termine di novanta giorni per provvedere sull’istanza.
- Il medesimo ricorrente chiedeva, altresì, la condanna di Roma Capitale, ai sensi dell’articolo 30, comma 2, cod. proc. amm., al rispristino, a titolo di risarcimento in forma specifica dello status quo, provvedendo “all’adeguamento, la messa in sicurezza e la messa a norma, in aderenza alle previsioni di cui al D.Lgs. 152/2006 ed al Piano Tutela Acque Reflue Regione Lazio … della condotta idrica a raccolta delle acque meteoriche della Via P.A. Fontebasso e strade limitrofe” ovvero, in via subordinata, al ristoro per equivalente del danno patito “per la totale svalutazione dell’immobile per sua completa e cronica inagibilità … quantificato in complessivi €. 157.950,00, oltre interessi e rivalutazione monetaria dalla data dell’accertamento peritale” (9 ottobre 2015).
- Chiedeva, “in ogni caso” il ricorrente anche la condanna di Roma Capitale “al risarcimento dei danni patiti … per il trasferimento della propria attività in altra sede e per la locazione dei relativi locali …, in quanto conseguenti in via diretta ed immediata dall’omesso esercizio dell’attività amministrativa obbligatoria da parte dell’Amministrazione resistente, nonché al rimborso dei canoni mensili, maturati e maturandi, per la locazione dell’immobile attualmente utilizzato dalla ditta individuale in forza del contratto di locazione stipulato in data 15.03.2018”, per un ammontare complessivo di euro 124.855,00, comprensivo dei costi per lo spostamento dell’attività e dei canoni di locazione, oltre al rimborso dei canoni mensili di locazione dell’immobile attualmente utilizzato, per l’ammontare di euro 1.200,00 al mese, per il periodo a decorrere dalla presente domanda sino al mese di luglio 2020 o sino al soddisfo, e di euro 1.500,00 al mese a decorrere dal mese di agosto 2020 sino al soddisfo, il tutto oltre agli interessi legali e alla rivalutazione monetaria dalla data del sinistro e/o delle rispettive comunicazioni di messa in mora.
- Il Condominio “I Salici” – i cui immobili insistono anch’essi sulla conduttura per cui è causa – si costituiva in giudizio, chiedendo l’accoglimento della domanda avverso il silenzio proposta dal ricorrente, nonché successivamente domandando, a titolo di ricorso incidentale “a valere ove occorra quale ricorso autonomo”, di:
– accertare e dichiarare la responsabilità di Roma Capitale in ordine ai danni periodicamente subiti dal Condominio a causa delle rotture e malfunzionamenti dell’impianto che provocano fuoriuscite e allagamenti al proprio parcheggio condominiale, “così da renderlo inutilizzabile e provocando danni alle vetture ivi parcheggiate” nonché finanche “l’apertura di una voragine nel citato parcheggio, andando a compromettere la tenuta della pavimentazione e dello stesso muro di confine, per una superficie di circa 100 mq”;
– per l’effetto, condannare Roma Capitale a eseguire tutti gli interventi necessari far cessare le cause dei predetti danni verificatisi nella proprietà condominiale, anche realizzando gli interventi di adeguamento e manutenzione descritti nella consulenza tecnica d’ufficio disposta nell’ambito del procedimento per accertamento tecnico preventivo innanzi al Tribunale Civile di Roma o gli interventi ritenuti necessari mediante autonoma consulenza disposta nel presente giudizio, ovvero, in via subordinata, a titolo di condanna per equivalente, di condannare Roma Capitale a corrispondere al Condominio le somme necessarie per procedere all’esecuzione dei lavori necessari;
– condannare l’amministrazione al risarcimento del danno, nella misura di euro 55.800,00 di cui: i) euro 6.000,00, per la riparazione dei danni subiti dal Condominio, in particolare la voragine che si è aperta nell’area per parcheggio; ii) euro 20.800,00 per l’indisponibilità dell’area in ragione della predetta voragine; iii) euro 29.000,00 per l’indisponibilità dell’area parcheggio in ragione dei periodici allagamenti.
- Roma Capitale si costituiva in giudizio eccependo (oltre all’inammissibilità del ricorso proposto avverso il silenzio, afferendo al compimento di attività programmatoria in ordine alla realizzazione di nuove opere fognarie) l’inammissibilità per difetto di giurisdizione della domanda di risarcimento del danno inserita nel ricorso incidentale.
L’amministrazione resistente ampiamente argomentava anche sull’infondatezza nel merito delle pretese risarcitorie azionate in sede sia di ricorso introduttivo che di ricorso incidentale, evidenziando di non aver mai “preso in carico la rete fognaria” per cui è causa, in passato abusivamente realizzata, e “che l’impianto fognario in via P.A. Fontebasso e lo stesso Condominio I Salici sono localizzati nei Programmi Integrati Massimina 1 e Massimina 2 che non risultano ad oggi in corso di attuazione”.
- La Sezione con sentenza non definitiva n. 3863/2020 “dichiara(va) inammissibile la domanda avverso il silenzio e la domanda di risarcimento del danno da ritardo nel provvedere”, “in quanto diretta a provocare, sotto una prima prospettiva, l’esercizio di poteri attinenti alla pianificazione urbanistica del territorio e la programmazione delle opere pubbliche, a fronte dei quali non è individuabile una legittimazione del ricorrente, sotto altra prospettiva, l’esecuzione di un’attività materiale, che per sua natura non può essere sollecitata mediante lo specifico rimedio di cui all’articolo 31 cod. proc. amm.”, contestualmente “dispone(ndo) la trattazione con il rito ordinario delle ulteriori domande proposte con il ricorso principale e (i)l ricorso incidentale”.
- Con successive memorie, entrambe i ricorrenti significavano come Roma Capitale abbia continuato a non porre in essere nessun tipo di attività di manutenzione o altro atto funzionale alla cessazione del malfunzionamento o dell’adeguamento dell’impianto fognario, continuando esse a dubito ingenti danni.
In particolare il Condominio avanzava relativa istanza istruttoria di disposizione relativa consulenza tecnica d’ufficio, attesa “l’esigenza di accertare, a fronte della documentazione versata in atti, ed a fronte delle contestazioni avanzate dalla controparte, il malfunzionamento e l’irregolarità dell’impianto che insiste nelle proprietà del Condominio e della Ditta Conti, nonché nella necessità di determinare e qualificare gli interventi necessari per regolarizzare l’impianto o comunque far cessare le cause del costante pregiudizio lamentato, oltre che per quantificare l’ammontare dei danni ai fini risarcitori”, anche “tenuto conto dell’evolversi della situazione e dunque dell’aggravamento dei danni lamentati dai ricorrenti per via del tempo trascorso”.
La Ditta Conti insisteva per l’accoglimento del gravame allegando le ulteriori quietanze dei canoni corrisposti per la locazione degli immobili presso i quali è stata costretta a trasferire la propria attività di autofficina.
- La Sezione, con ordinanza istruttoria n. 6616/2021, riteneva “indispensabile – attesa la risalenza della consulenza tecnica già esperita nonché la sua sostanziale riferibilità alle sole pretese avanzate dal ricorrente principale – disporre, ai sensi dell’art. 66 c.p.a., una verificazione volta ad appurare, nel contraddittorio tra le parti, lo stato attuale dei luoghi, le cause dei danni di cui sia Lorenzo Conti che il Condominio chiedono il ristoro nell’ambito del presente giudizio e le possibili soluzioni tecniche per il completo ripristino dei luoghi”, in particolare, ponendo “al verificatore i seguenti quesiti …:
- a) chiarire quale sia l’esatta situazione della rete fognaria per cui è causa, con riferimento alla natura, alle dimensioni e alle altre caratteristiche strutturali e funzionali della condotta idrica a raccolta delle acque meteoriche della via P.A. Fontebasso e strade limitrofe, dal suo tratto iniziale sino a quello terminale con sfogo sul Fosso di Massimina (o Fosso di Fontignano), dando conto della sua progettazione e progressiva realizzazione, con relativa ricostruzione storica e documentale, che dia evidenza della natura pubblica o privata dei diversi tratti di fognatura danneggiati, delle opere manutentive poste in essere negli anni dal Comune e/o da altri enti a ciò tenuti ovvero dai proprietari dei lotti sotto i quali le relative condotte fognarie passano, anche in relazione all’essere l’impianto fognario localizzato nei “Programmi Integrati Massimina 1 e Massimina 2”;
- b) evidenziare quale sia lo stato del locale di proprietà del ricorrente Lorenzo Conti, accertando l’effettiva attuale e completa inagibilità dello stesso, a quando tale situazione (quanto meno verosimilmente) risalga e le relative cause;
- c) determinare analiticamente il danno subito dal ricorrente Lorenzo Conti in relazione al mancato godimento del locale, con riferimento al reddito da locazione dell’immobile;
- d) evidenziare quale sia lo stato attuale del parcheggio del Condominio, dei relativi muri perimetrali e della pavimentazione, accertando e descrivendo le cause degli allagamenti e della voragine ivi apertasi;
- e) accertare i danni subiti dal Condominio, analiticamente determinando i costi (sostenuti o da sostenersi) per la riparazione dei beni coinvolti e per il ripristino dello stato dei luoghi;
- f) individuare le opere necessarie per eliminare le cause dei danni arrecati agli immobili di proprietà dei ricorrenti, accertando quali siano le attività materiali di concreta realizzazione delle opere di adeguamento dell’impianto fognario e quali, in particolare, gli specifici interventi ricadenti nel tratto della condotta idrica di competenza di Roma Capitale;
- g) rappresentare ogni altra circostanza o elemento ritenuto utile ai fini della risoluzione della controversia”.
- Il verificatore il 17 novembre 2021 versava in atti propria esaustiva e completa relazione, in cui – tra l’altro – si accertava lo stato dei luoghi, confermando l’inagibilità delle aree e la riconducibilità dei danni all’inadeguatezza delle conduttore fognarie, quantificando i danni subiti dalla Ditta Conti e dal Condominio.
- Il Condominio insisteva ulteriormente per l’accoglimento delle proprie pretese.
Nulla invece controdeduceva Roma Capitale.
- All’udienza pubblica del 26 gennaio 2022 la causa veniva trattata e, dunque, trattenuta in decisione.
- La Sezione – stante la già intervenuta sentenza non definitiva n. 3863/2020, di inammissibilità della domanda avverso il silenzio e la domanda di risarcimento del danno da ritardo nel provvedere, entrambe avanzate dalla Ditta Conti – è ora chiamata a pronunciarsi sulla pretesa azionata tanto dal ricorrente principale, tanto dal Condominio “I Salici” volta ad ottenere la condanna di Roma Capitale, ai sensi dell’articolo 30, comma 2, cod. proc. amm., a “l’adeguamento, la messa in sicurezza e la messa a norma … della condotta idrica a raccolta delle acque meteoriche della Via P.A. Fontebasso e strade limitrofe” nonché al risarcimento dei danni da costoro (in tesi) conseguentemente patiti, come dettagliatamente rappresentati in atti.
In particolare, entrambi i ricorrenti chiedono che l’amministrazione capitolina eserciti i propri poteri attinenti alla pianificazione urbanistica e alla programmazione delle opere pubbliche, nel senso di incrementare, con riferimento alla porzione del territorio comunale di cui si discorre, l’impianto fognario e di smaltimento delle acque meteoriche per cui è causa, quale opera di urbanizzazione primaria a servizio dell’intero insediamento interessato, prospettando una responsabilità di Roma Capitale per mancato esercizio di detti poteri pubblicistici di gestione e governo del territorio, onde ottenere anche il ristoro dei danni patrimoniali da loro (in tesi) conseguentemente subiti.
In particolare, la responsabilità dell’amministrazione deriverebbe dall’essersi disinteressata per oltre quarant’anni delle condizioni del sistema fognario, nonostante la consapevolezza della realizzazione di fognature abusive nonché la piena conoscenza dell’urbanizzazione dell’area, che ha avuto negli anni un andamento costantemente crescente.
- Ebbene, ciò premesso, il Collegio è dell’avviso che debba essere innanzi tutto disattesa l’eccezione di difetto di giurisdizione dell’adito giudice amministrativo, formalmente formulata in atti da Roma Capitale tanto con riferimento al ricorso introduttivo che in relazione alla domanda di risarcimento danni inserita nel ricorso incidentale, rientrando il presente giudizio – come visto, afferente l’omesso esercizio di una potestà pubblica di governo del territorio comunale e, in particolare, dei relativi poteri pianificazione, realizzazione, gestione e controllo delle opere di urbanizzazione nonché di sanatoria e recupero urbanistico dei relativi abusi – nella giurisdizione esclusiva di questo Tribunale ai sensi l’art. 133, lett. f) del c.p.a., relativa a “le controversie aventi ad oggetto gli atti e i provvedimenti delle pubbliche amministrazioni in materia urbanistica e edilizia, concernente tutti gli aspetti dell’uso del territorio”.
Né osta, viepiù, alla devoluzione della presente controversia alla giurisdizione del giudice amministrativo – come, invece, erroneamente opinato dalla resistente – nemmeno la circostanza che i ricorrenti abbiano proposto la domanda di risarcimento danni anche per quanto attiene alla sfera del diritto soggettivo, attenendo la questione – ormai, in generale risolta dall’art. 7, comma 2, del cod. proc. amm. – all’estensione dei poteri del giudice amministrativo.
- Passando, quindi, ad esaminare il merito della controversia, sia il ricorso proposto dalla Ditta Conti che quello in via incidentale formulato dal Condominio “I Salici” devono essere entrambi accolti, seppur con le precisazioni che seguono, attesi gli esiti della verificazione eseguita nell’ambito del presente giudizio.
- Emerge, infatti, dalla “Relazione finale di Verificazione”, versata in atti il 17 novembre 2011, come il verificatore abbia tra l’altro accertato lo stato attuale dei luoghi, confermando:
– la progettazione dell’impianto fognario “per il fabbisogno specifico dei primi anni ’70” con una “condotta dimensionata per il medesimo flusso d’acqua raccolto in quegli anni dal Fosso di Fontignano”, quando “le costruzioni erano in numero notevolmente inferiore alla situazione attuale che vede la zona interamente edificata” e, da allora, l’omessa esecuzione di qualsiasi intervento di adeguamento a cura di Roma Capitale, pur “a fronte dei malfunzionamenti e dei problemi legati alla sua inadeguatezza e scarsa manutenzione, causa degli allagamenti e delle esondazioni che si sono ripetutamente verificate lungo l’intero tracciato del fosso della Massimina (o Fontignano)”;
– l’effettiva inagibilità e completa inutilizzabilità tanto dell’immobile di proprietà della Ditta Conti, “che riporta tutti i segni degli allagamenti succedutisi negli anni”, che dell’area del Condominio adibita a parcheggio, ove è addirittura rinvenibile “in corrispondenza della condotta fognaria … una voragine di grandi dimensioni parcheggio …. (che), oltre a compromettere la stabilità del piazzale, rischia di pregiudicare anche la stabilità del muro di confine”, con seguente esposizione di entrambi tali beni a “continui allagamenti”;
– la riconducibilità di detta situazione di degrado a “due cedimenti della struttura fognaria” avvenuti nei “tratti più critici” della conduttura, vale dire proprio: i) “in prossimità della rampa di accesso all’autofficina di proprietà del ricorrente “ditta individuale Lorenzo Conti”, dato che in quest’area, il cervello della fognatura, cioè la parte superiore, risulta a contatto con la superficie carrabile della rampa, essendo priva di un adeguato ricoprimento”; ii) “nell’area del parcheggio del condominio “I Salici” nel tratto in cui confluiscono tutte le acque collettate nella sezione successiva alla camera di raccolta stradale che … risulta la seconda area con minore resistenza dei terreni di ricoprimento … Inoltre, in condizione di forte pioggia, i pozzetti del piazzale di parcheggio, arrivano a rigurgitare le acque in pressione che scorrono nella condotta, non permettendo all’acqua di defluire regolarmente … causa(ndo) degli allagamenti che finiscono per depositarsi nella zona più depressa dell’area causando quindi la voragine”;
– il verificarsi di tali rotture del sistema fognario di raccolta delle acque meteoriche a causa: i) del “(sotto)dimensionamento di tale opera”, ivi accertandosi, all’esito dei calcoli eseguiti, “come la condotta attualmente presente con D = 600 mm non riesca a gestire le portate raccolte dalla camera di manovra, andando di conseguenza in pressione e provocando le inevitabili rotture”, con la conseguenza che la “attuale insufficiente sezione della condotta … in caso di forti precipitazioni non è in grado di raccogliere gli importanti volumi d’acqua che confluiscono nella rete” sicchè “la fognatura entra di conseguenza in carico con una pressione che diventa insostenibile per il cemento ammalorato che la compone”; ii) della “scarsa manutenzione del fosso (di Fontignano) in corrispondenza dello scarico, ove l’acqua ristagna”, atteso che il suo “stato di abbandono … nel tratto a cielo aperto, nel quale confluisce la condotta che ne costituisce il tratto intubato … risulta(ndo esso) occluso, quasi completamente, da vegetazione infestante, che, in condizioni di forte pioggia, ostacola in modo significativo il regolare deflusso dello scarico”.
- Ebbene dalla situazione innanzi descritta appare palese ed incontrovertibile una sicura responsabilità di Roma Capitale che – a fronte di un crescente sviluppo edilizio della zona, che avrebbe dovuto comportare un adeguamento di tutte le opere di urbanizzazione a servizio di tale area, ivi compresa la gestione delle acque meteoriche – non ha, invece, posto in essere quelle attività amministrative necessarie all’adeguamento e alla manutenzione del sistema fognario, in palese violazione delle norme in materia di governo del territorio.
- E’, infatti, possibile affermare come in generale, alla stregua dei principi della legislazione urbanistica ed edilizia, la pianificazione e la programmazione delle opere di urbanizzazione primaria di soddisfacimento dei necessari bisogni della collettività – tra le quali è possibile annoverare anche il sistema fognario di cui si discorre (art. 16, comma 7, del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380) – così come il controllo della loro funzionalità rientri nella competenza funzionale dell’amministrazione comunale, che è responsabile di tutta la rete comunale di raccolta e smaltimento delle acque meteoriche, ivi compresi gli eventuali tratti da chiunque abusivamente realizzati, comunque rientranti nella sfera di controllo dell’ente già solo per il loro inserimento nel sistema delle fognature comunali (in tal senso, ex multis, Cassazione Civile sez. III, n. 19962/2013, e n. 6665/2009 ed i precedenti ivi richiamati).
La realizzazione delle opere di urbanizzazione rappresenta un onere in capo all’amministrazione comunale, la quale, concedendo le autorizzazioni allo sviluppo urbanistico ed edilizio di una determinata zona, ne progetta i relativi e conseguenti interventi, garantendone il regolare utilizzo.
Il rilascio di un permesso di costruire presuppone, infatti, il pagamento da parte del privato degli oneri di urbanizzazione, quale corrispettivo per interventi di nuova costruzione, ampliamento di edifici esistenti e ristrutturazione edilizia, che determinino un aumento del carico urbanistico e, per l’effetto, la necessità da parte del Comune di dotare l’area di nuove opere di urbanizzazione e/o di utilizzare più intensamente quelle già esistenti. Tali oneri hanno, infatti, la funzione di far partecipare il costruttore ai costi delle opere di urbanizzazione in proporzione all’insieme dei benefici che egli trae dall’intervento.
È prevista anche la possibilità di scomputare la quota del contributo relativa agli oneri di urbanizzazione, nell’ipotesi in cui il titolare del permesso di costruire si obblighi ad eseguirle direttamente, stipulando con l’amministrazione comunale una convenzione, che accede al permesso di costruire, ove saranno stabilite le opere da realizzare, i tempi e le modalità della loro esecuzione, la loro valutazione economica e le garanzie del relativo adempimento. È, quindi, anche in questo caso l’amministrazione comunale che autorizza e verifica gli interventi, divenendone, per l’effetto, il responsabile.
Analogamente, anche il rilascio di una concessione in sanatoria a seguito di condono edilizio impone all’amministrazione di predisporre dei piani di recupero urbanistico, volti a realizzare un’adeguata urbanizzazione dell’area in cui è localizzato l’immobile.
- Ciò posto in termini generali, rileva, nel caso di specie, come il verificatore abbia accertato come Roma Capitale abbia omesso di curarsi del necessario adeguamento delle opere di urbanizzazione a servizio di tale area di gestione delle acque meteoriche, sia in sede di rilascio delle autorizzazioni alle nuove costruzioni dell’area di Massimina-Casal Lumbroso (ubicata nel quadrante ovest di Roma Capitale, appena fuori il G.R.A., in prossimità della S.S.1 – via Aurelia, Municipio Roma XII), sia in sede di urbanizzazione dell’area medesima, infatti ricompresa “nell’urbanizzazione di Massimina-Casal Lumbroso” e, in particolare, nell’elaborato Sistemi e regole 3.16 del vigente P.R.G. del Comune di Roma (approvato con C.C. n. 18 del 12 febbraio 2008):
- i) in parte in “Città da ristrutturare, Tessuti prevalentemente residenziali, Programmi integrati n. 1 e 2” (di cui agli artt. 14 e 53 delle relative N.T.A.), che “non risultano ad oggi in corso di attuazione”; ii) in parte in “Città della trasformazione, Ambiti a pianificazione particolareggiata definita” (di cui all’art. art. 62, comma 1, delle N.T.A.) e, in particolare, nel Piano Particolareggiato zona “O” – “recupero urbanistico”, n. 20 A-B “Massimina A-B”, approvato con Deliberazione di Approvazione di Consiglio Comunale n. 53 del 17 aprile 1997, e successiva Deliberazione di Approvazione di Consiglio Comunale di rettifica n. 276 del 10 dicembre 1998, “attualmente … in fase di riadozione”.
Ne discende, pertanto, come Roma Capitale non abbia, provveduto all’adeguamento al crescente sviluppo edilizio della zona del sistema di smaltimento delle acque reflue, nemmeno avvalendosi degli strumenti di programmazione già previsti, per tale area, dal vigente P.R.G. comunale.
Ugualmente è a dirsi per le iniziative comunque intraprese dall’amministrazione comunale che, nella consapevolezza della loro necessità ed urgenza, in più occasioni stanziava fondi e deliberava interventi in tal senso, senza però, poi, darvi corso, come risulta dalla documentazione prodotta in giudizio dal verificatore (in tal senso, gli estratti delle delibere comunali in allegato 10 alla relazione).
- Per quanto, fin qui detto, l’amministrazione comunale – anche laddove (come riferito dall’Avvocatura) non avesse mai preso in carico l’impianto di gestione delle acque meteoriche – era, comunque, tenuta, nell’esercizio delle funzioni pubblicistiche di governo del territorio comunale a costei spettanti, a valersi dei relativi poteri di pianificazione e realizzazione, recupero urbanistico e sanatoria dei relativi abusi, controllo e manutenzione delle condutture, con conseguente responsabilità per i danni causati dal loro malfunzionamento anche ai sensi dell’art. 2051 c.c. quale “custode” del sistema di raccolta e deflusso delle acque del sistema cittadino di fognatura.
- Né vale ad escludere la responsabilità del Comune, la circostanza che, con riferimento all’omessa manutenzione del Fosso di Fontignano, anch’essa individuata dal verificatore quale causa dei cedimenti della struttura fognaria, il verificatore abbia affermato una competenza gestionale del Consorzio di Bonifica del Tevere e dell’Agro Romano – quale “soggetto istituzionalmente deputato per la gestione e la manutenzione del fosso” medesimo, che avrebbe tra l’altro “eseguito negli anni una serie di interventi per metterlo in sicurezza e limitare i temuti fenomeni di allagamento ed esondazione” (in tal senso, la nota in allegato 11 alla relazione del verificatore) – ritenendo il Collegio come il concorrente apporto causale di tale Consorzio, a ben vedere nemmeno chiamato in manleva da Roma Capitale, potrà eventualmente rilevare in sede di relativa azione di regresso, pur mantenendo l’ente comunale un obbligo di vigilanza e di controllo sul buon funzionamento dell’impianto di gestione delle acque meteoriche.
- Deve, quindi, essere accolta la domanda avanzata sia dalla Ditta Conti che dal Condominio “I Salici” di condanna di Roma Capitale, ai sensi dell’articolo 30, comma 2, cod. proc. amm., a:
- a) porre in essere l’attività di pianificazione urbanistica e programmazione delle opere pubbliche necessarie ai fini dell’adeguamento e la messa in sicurezza delle condotte idriche a raccolta delle acque meteoriche della via P.A. Fontebasso e strade limitrofe a servizio dell’intero insediamento interessato, tenendo eventualmente conto delle soluzioni progettuali a tal fine prospettate dal verificatore nella propria relazione e, in particolare, avviando le procedure volte alla realizzazione dei lavori di rifacimento delle relative condutture, anche avvalendosi degli strumenti di attuazione del nuovo P.R.G. comunale di cui già dispone (i Programmi integrati n. 1 e 2 ed Piano Particolareggiato zona “O” n. 20 A-B “Massimina A-B”, i primi due mai adottati e l’ultimo attualmente in fase di riadozione) nonché, casomai, anche dando seguito alle altre iniziative già intraprese dall’amministrazione;
- b) a provvedere nell’immediato ad assicurare la manutenzione delle condutture fognarie di raccolta e deflusso delle acque reflue di interesse dei ricorrenti nonché del fosso di Fontignano posto a valle dello scarico del tratto intubato, anche sollecitando l’intervento del competente Consorzio di Bonifica Tevere e Agro Romano affinchè ne garantisca la funzionalità.
- Devono essere ugualmente accolte anche le domande di risarcimento danni avanzate dalla Ditta Conti e dal Condominio “I Salici” in relazione al nocumento da costoro rispettivamente subito per effetto dell’inadeguatezza, rispetto al crescente sviluppo edilizio della zona, del sistema fognario di gestione delle acque meteoriche, essendo, nel caso di specie configurabile in capo a Roma Capitale – in ragion dei poteri di pubblicistici di governo del sistema fognario comunale a costei spettanti – una responsabilità ai sensi degli artt. 2051 c.c. per non aver provveduto all’adeguamento ed alla manutenzione delle relative condutture, di fatto inserite nel sistema delle fognature comunale e, per l’effetto, rientranti nella sfera di controllo di tale amministrazione che, dunque, anche quale “custode” è chiamata a rispondere dei danni ad esse causalmente collegati, salvo la prova del caso fortuito.
- Risultano, infatti, per quanto innanzi detto, accertati entrambi gli elementi in presenza dei quali la cosa in custodia dell’amministrazione comunale (la struttura fognaria interessata dai cedimenti) possa essere ritenuta “causa” e non mera “occasione” del danno denunciato (l’inutilizzabilità ed inagibilità degli immobili dei ricorrenti), ovvero l’esistenza sia dell’evento dannoso lamentato, che della relazione tra tale evento dannoso e la cosa in custodia.
- La presunzione di responsabilità prevista a carico del custode (Roma Capitale) dal citato art. 2051 c.c. (il quale, a differenza dell’art. 2043 cod. civ. contempla un criterio di imputazione della responsabilità che prescinde da qualunque connotato di colpa) non appare, inoltre, in alcun modo superata dalle prospettazioni difensive dell’Avvocatura, non avendo la resistente fornito alcun elemento, nemmeno a livello indiziario, circa l’esistenza di un fattore estraneo alla sua sfera soggettiva che presenti i caratteri del caso fortuito e, pertanto, idoneo ad interrompere il nesso di causalità tra la cosa e l’evento lesivo.
La difesa di Roma Capitale, nella consapevolezza di potersi sottrarre a detta responsabilità solo dando prova di un tale evento, si è, infatti, limitata ad asserire in atti che “molti degli eventi dannosi denunciati da controparte sono da attribuire ad eventi atmosferici eccezionali”.
Ebbene, a prescindere dall’eccezionale intensità delle precipitazioni meteoriche verificatasi (comunque non comprovata), non vi è dubbio che un sistema fognario adeguato debba essere in ogni caso capace di smaltire una tale maggiore quantità di acque piovane nel corso della precipitazione, presumibilmente evitando o quantomeno fortemente riducendo l’entità e la ricorrenza degli allagamenti invero notevoli e frequenti che risultano essersi verificati, osserva il Collegio come in presenza di un sistema fognario appropriato non integri di per sé la prova del caso fortuito l’eccezionale intensità della precipitazione piovosa, con conseguente soccombenza di Roma Capitale, non avendo l’amministrazione dato dimostrazione di aver fatto tutto ciò che era doveroso ed esigibile per evitare che si verificassero gli eventi ed i danni di cui trattasi, bensì risultando, peraltro, positivamente il contrario.
In tal senso si è, inoltre, già espressa la Corte di Cassazione nel precisare che “l’eccezionalità e imprevedibilità delle precipitazioni atmosferiche possono configurare caso fortuito o forza maggiore idonei ad escludere la responsabilità del custode per il danno verificatosi solo quando costituiscano causa sopravvenuta autonomamente sufficiente a determinare l’evento, nonostante la più scrupolosa manutenzione e pulizia da parte del medesimo dei sistemi di smaltimento delle acque piovane” (in tal senso, ex multis, Cassazione 24/3/2016, n. 5877 e 24/9/2015, n. 18877).
- I ricorrenti hanno, quindi, diritto di conseguire da Roma Capitale il risarcimento dei danni da costoro richiesti, tenendo conto, ai fini della relativa liquidazione, delle stime eseguite dal verificatore nella relazione versata in atti il 17 novembre 2021, in alcun modo contestate da Roma Capitale.
- Per quanto concerne la Ditta Conti, tale ricorrente – avendo già ottenuto in sede di giudizio civile la condanna di Roma Capitale a risarcire il “pregiudizio direttamente cagionato dai cedimenti dell’impianto”, identificato ne “i danni subiti per l’allagamento dall’immobile, dalle merci nell’officina e dalle autovetture parcheggiate, nonché le spese di riparazione della fognatura” – chiede il danno subito in relazione al mancato godimento del locale.
Ebbene, il Collegio è dell’avviso che, diversamente da quanto prospettato in ricorso, tale voce di danno non possa essere identificata nel canone di locazione da costui corrisposto per l’utilizzo di un altro immobile, presso il quale il ricorrente ha trasferito l’attività di autofficina in precedenza esercitata presso il locale sito in via Fontebasso, bensì debba essere liquidata con riferimento al mancato reddito mensile da locazione di tale bene, reso inagibile da Roma Capitale, come stimato dal verificatore “in funzione delle quotazioni immobiliari con aggiornamento al primo semestre 2021” in “1.773,90 €” mensili.
- Per quel che, invece, riguarda il Condominio “I Salici”, quest’ultimo chiede la condanna di Roma Capitale al ristoro del danno subito in relazione alle spese sostenute per l’esecuzione delle opere di riparazione del parcheggio ed all’indisponibilità della relativa area in ragione dei periodici allagamenti e della voragine.
Il verificatore, espressamente chiamato ad eseguire una stima del pregiudizio subito dal Condominio, – nel ricondurre, su indicazione della Sezione, i relativi danni “alla mancata fruizione delle aree interdette a causa degli allagamenti … oltre ai costi (da sostenersi) di intervento per il ripristino dello stato dei luoghi in sicurezza” – ha quantificato:
- a) il danno relativo al mancato godimento della propria area di parcheggio “in funzione del valore da locazione di mercato di tale bene”, addivenendo ad una “una stima del danno di 320,00 € per ogni mese di mancata fruizione”;
- b) il costo da sostenere per il ripristino dello stato dei luoghi in una somma “pari a: 5.171,41 €”, tenuto conto delle lavorazioni a tal fine ritenute necessarie e del vigente prezzario di riferimento utilizzato dalla Regione Lazio (versione 2020).
- Ebbene, ciò posto, quanto al quantum di tale risarcimento, il Collegio ritiene debba farsi applicazione del disposto di cui all’art. 34, comma 4, del cod. proc. amm. (che infatti consente al giudice, in caso di condanna pecuniaria, di stabilire i criteri in base ai quali il debitore deve proporre a favore del creditore il pagamento di una somma entro un congruo termine), al riguardo fissando il termine di novanta giorni dalla comunicazione in via amministrativa della presente decisione, ovvero della sua notifica su istanza di parte se anteriore, affinché Roma Capitale proponga a ciascuno dei ricorrenti una somma congrua, assumendo a riferimento – in assenza di contestazioni da parte dell’Avvocatura di Roma – le summenzionate stime al riguardo eseguite dal verificatore.
Il Collegio ricorda – altresì – che in caso di mancata offerta, di mancato accordo sulla somma offerta o di mancato adempimento dell’accordo il rimedio esperibile è, ai sensi del citato 34, comma 4, del cod. proc. amm., quello del giudizio di ottemperanza.
Sulle somme in tal modo determinate – che costituiscono debito di valore – dovranno, poi, essere corrisposti la rivalutazione monetaria e gli interessi legali sulla somma rivalutata.
- In conclusione il ricorso deve essere accolto, con conseguente condanna di Roma Capitale a porre in essere le attività dinnanzi specificate nonché a corrispondere alla Ditta Conti e al Condominio “I Salici” l’importo risarcitorio da determinarsi, ai sensi dell’art. 34, comma 4, cod. proc. amm., secondo i criteri e nei tempi sopra indicati.
Le spese di lite seguono, come di regola, la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo, ponendole a carico dell’amministrazione resistente.
E’, ugualmente, posto a carico di Roma Capitale il compenso complessivamente spettante al verificatore e da costui già richiesto con istanza depositata il 7 gennaio 2022, che sarà liquidato, ai sensi dell’art. 66 c.p.a. e del d.P.R. n. 115/2002, con separato decreto.