<p style="font-weight: 400; text-align: justify;"></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><strong>Corte Costituzionale, sentenza 09 luglio 2021 n. 148</strong></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><strong><em>Va dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 44, comma 4, dell’Allegato 1 (codice del processo amministrativo) al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell’articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al governo per il riordino del processo amministrativo), limitatamente alle parole «, se ritiene che l’esito negativo della notificazione dipenda da causa non imputabile al notificante,».</em></strong></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><strong><em>Va invece dichiarata manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 44, comma 4, dell’Allegato 1 al d.lgs. n. 104 del 2010, sollevata, in riferimento all’art. 76 della Costituzione, dal Consiglio di Stato, sezione quinta.</em></strong></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><strong><em>TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE</em></strong></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>2.– Nessun dubbio sussiste in ordine alla rilevanza delle questioni nel giudizio a quo.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Infatti, ai sensi del combinato disposto dei commi 1 e 3 dell’art. 11 del regio decreto 30 ottobre 1933, n. 1611 (Approvazione del testo unico delle leggi e delle norme giuridiche sulla rappresentanza e difesa in giudizio dello Stato e sull’ordinamento dell’Avvocatura dello Stato), come modificato dall’art. 1 della legge 25 marzo 1958, n. 260 (Modificazioni alle norme sulla rappresentanza in giudizio dello Stato), gli atti istitutivi di giudizi che si svolgono innanzi alle giurisdizioni amministrative devono, a pena di nullità, essere notificati alle amministrazioni dello Stato, nella persona del Ministro competente, presso l’ufficio dell’Avvocatura dello Stato nel cui distretto ha sede l’autorità giudiziaria adìta.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>In applicazione di tale precetto, costituisce principio consolidato nella giurisprudenza amministrativa che sia nulla la notifica del ricorso in appello qualora sia eseguita, come nel caso di specie, presso l’Avvocatura distrettuale anziché presso l’Avvocatura generale dello Stato (ex multis, Consiglio di Stato, sezione terza, sentenza 21 maggio 2021, n. 3980; sezione terza, sentenza 16 maggio 2018, n. 2928; sezione quinta, sentenza 7 aprile 2011, n. 2171; sezione sesta, decisione 3 settembre 2009, n. 5195; sezione sesta, decisione 10 settembre 2008, n. 4315; sezione quarta, decisione 28 dicembre 2006, n. 8051).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>La perdurante vigenza delle disposizioni di cui al r.d. n. 1611 del 1933 ed alla legge n. 260 del 1958 è confermata dall’art. 41, comma 3, dell’Allegato 1 al d.lgs. n. 104 del 2010 (d’ora in avanti: cod. proc. amm.), a norma del quale «[l]a notificazione dei ricorsi nei confronti delle amministrazioni dello Stato è effettuata secondo le norme vigenti per la difesa in giudizio delle stesse» (sul punto Consiglio di Stato, sezione quinta, sentenza 2 febbraio 2018, n. 672).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>In questa evenienza, la causa della nullità è imputabile al notificante.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>3.– Nel merito, la questione sollevata in riferimento all’art. 76 Cost. è manifestamente infondata.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>3.1.– Non possono che ribadirsi, in proposito, le argomentazioni contenute nelle sentenze n. 18 del 2014 e n. 132 del 2018.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Con la prima delle citate pronunce è stata dichiarata la non fondatezza, per erroneità del presupposto interpretativo, della questione di legittimità costituzionale dello stesso art. 44, comma 4, cod. proc. amm., censurato, in riferimento all’art. 76 Cost., per contrasto con l’art. 291, primo comma, cod. proc. civ., al quale il legislatore delegato avrebbe, invece, dovuto attenersi in attuazione del criterio di cui al comma 1 dell’art. 44 della citata legge delega n. 69 del 2009, che prevede il coordinamento con le norme del predetto codice in quanto «espressione di principi generali». In quella occasione, questa Corte ha quindi negato che l’art. 291, primo comma, cod. proc. civ. sia espressivo di un principio generale del processo, come tale compatibile anche con il giudizio amministrativo e a questo naturaliter riferibile.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Con la sentenza n. 132 del 2018 è stata, invece, dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 44, comma 3, cod. proc. amm., nella parte in cui, nel prevedere che la costituzione degli intimati sana ex nunc la nullità della notificazione del ricorso, faceva «salvi i diritti acquisiti anteriormente alla comparizione», poiché, in violazione dell’art. 76 Cost., si poneva in contrasto con i principi e i criteri direttivi della delega contenuta nella legge n. 69 del 2009, che imponevano al legislatore delegato di adeguare le norme vigenti alla giurisprudenza della Corte costituzionale e delle giurisdizioni superiori nonché di coordinarle con le disposizioni del codice di procedura civile, in quanto espressive di princìpi generali. La norma censurata, infatti, è stata ritenuta in contrasto con l’art. 156, terzo comma, cod. proc. civ., che è espressione del principio generale di sanatoria ex tunc della nullità degli atti processuali per raggiungimento dello scopo; essa, poi, non era in linea né con la giurisprudenza della Corte di cassazione formatasi con riferimento alla notificazione degli atti processuali civili, né con la giurisprudenza del Consiglio di Stato antecedente all’entrata in vigore del codice del processo amministrativo, relativa alla nullità della notificazione del ricorso; né, infine, con la giurisprudenza costituzionale.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>La medesima sentenza ha, per contro, riaffermato che non può essere riconosciuta valenza di principio generale all’art. 291 cod. proc. civ. e che «la stessa giurisprudenza del Consiglio di Stato precedente all’entrata in vigore del codice [del processo amministrativo] escludeva la rinnovazione in caso di nullità imputabile al notificante, valorizzando la peculiare struttura del processo amministrativo».</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>3.2.– Le pur articolate deduzioni sviluppate dall’ordinanza di rimessione non offrono elementi utili a indurre ad un ripensamento delle conclusioni all’epoca raggiunte, che debbono pertanto – in questa sede – essere integralmente confermate.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>4.– Sono, invece, fondate le questioni sollevate dal Consiglio di Stato in riferimento agli ulteriori parametri di cui agli artt. 3, 24 e 113 Cost., con assorbimento degli altri.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>4.1.– Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, il legislatore dispone di <strong>un’ampia discrezionalita</strong>` nella conformazione degli istituti processuali, incontrando il solo limite della manifesta irragionevolezza o arbitrarieta` delle scelte compiute, che viene superato qualora emerga un’ingiustificabile compressione del diritto di agire in giudizio (ex multis, sentenze n. 102 del 2021, n. 253, n. 95, n. 80, n. 79 del 2020 e n. 271 del 2019).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Con particolare riferimento all’art. 24 Cost., questa Corte ha altresì specificato che esso non comporta che il cittadino debba conseguire la tutela giurisdizionale sempre nello stesso modo e con i medesimi effetti, purché non vengano imposti oneri o prescritte modalità tali da rendere impossibile o estremamente difficile l’esercizio del diritto di difesa o lo svolgimento dell’attività processuale (tra le tante, sentenze n. 271 del 2019, n. 199 del 2017, n. 121 e n. 44 del 2016).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Ciò posto, la norma censurata <strong>sacrifica in modo irragionevole</strong> l’esigenza di preservare gli effetti sostanziali e processuali della domanda e conduce ad <strong>esiti sproporzionati</strong> rispetto al fine cui la norma stessa tende.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>4.2.– Il difetto di proporzione tra il mezzo e il fine è reso evidente dall’effetto combinato che sull’esercizio del diritto di azione producono, da un lato, la denunciata limitazione alla rinnovazione della notifica e, dall’altro, <strong>la decadenza dall’impugnazione degli atti amministrativi allo spirare del termine di sessanta giorni </strong>di cui all’art. 29 cod. proc. amm. (ma anche dalla proposizione delle altre azioni per le quali è previsto un termine decadenziale).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Se, infatti, nel processo amministrativo la sottoposizione del diritto di azione a detto termine assolve all’essenziale funzione di <strong>garanzia della stabilità degli effetti giuridici</strong>, in conformità con <strong>l’interesse pubblico di pervenire in tempi brevi alla definitiva certezza del rapporto giuridico amministrativo</strong> (sentenza n. 94 del 2017), tale indefettibile esigenza risulta travalicata dalla norma censurata nella parte in cui essa fa discendere da un vizio esterno all’atto di esercizio dell’azione stessa la definitiva impossibilità di far valere nel giudizio la situazione sostanziale sottostante.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>L’effetto di impedimento della decadenza va, in definitiva, ricollegato all’esercizio dell’azione entro il termine perentorio, ma non può essere escluso dalla <strong>nullità della notificazione</strong>, non integrando quest’ultima un elemento costitutivo dell’atto che ne forma oggetto, bensì assolvendo ad una funzione, strumentale e servente, di conoscenza legale e di instaurazione del contraddittorio.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Ed è proprio in ragione del <strong>rapporto di accessorietà</strong> che intercorre tra il procedimento notificatorio e l’atto da notificare che si giustifica il meccanismo processuale della rinnovazione della notifica che risulti affetta da vizi che non siano di gravità tale da decretarne l’inesistenza.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>4.3.– Se, dunque, le forme degli atti processuali non sono «fine a se stesse», ma sono funzionali alla migliore qualità della decisione di merito (sentenza n. 77 del 2007), essendo deputate al conseguimento di un determinato scopo, coincidente con la funzione che il singolo atto è destinato ad assolvere nell’ambito del processo, la limitazione, posta dall’art. 44, comma 4, cod. proc. amm., della rinnovazione della notificazione del ricorso alle sole ipotesi in cui la nullità non sia imputabile al notificante non risulta proporzionata agli effetti che ne derivano, tanto più che essa non è posta a presidio di alcuno specifico interesse che non sia già tutelato dalla previsione del termine di decadenza.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Inoltre, tale limitazione, ogni volta che l’accertamento della nullità interviene dopo lo spirare di detto termine – e, quindi, particolarmente nell’azione di annullamento, data la brevità dello stesso – comporta la perdita definitiva della possibilità di ottenere una pronuncia giurisdizionale di merito, con grave compromissione del diritto di agire in giudizio.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>5.– Deve, in conclusione, essere dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 44, comma 4, cod. proc. amm., limitatamente alla locuzione «, se ritiene che l’esito negativo della notificazione dipenda da causa non imputabile al notificante,».</em></p>