Cass. pen., VI, ud. dep. 29.03.2022, n. 11527
MASSIMA
Il rifiuto di sottoporsi agli accertamenti alcolimetrici, che integra il reato di cui all’art. 186 C.d.S., comma 7, si configura non solo in presenza di manifestazioni espresse di indisponibilità a sottoporsi al test, ma anche quando il conducente del veicolo attui una condotta ripetutamente elusiva del metodo di misurazione del tasso alcolemico. Va, pertanto, affermato il principio secondo cui la contravvenzione in questione integra un reato istantaneo, che deve ritenersi consumato nel momento stesso in cui la persona richiesta di sottoporsi al test con l’etilometro si rifiuti, a nulla rilevando che, in un momento successivo e dopo un lasso temporale apprezzabile, non si opponga al prelievo ematico.
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
- Il ricorso è manifestamente infondato.
- I primi tre motivi di ricorso possono essere esaminati congiuntamente, risolvendosi tutti in una critica alla motivazione concernente la sussistenza della contravvenzione di cui all’art. 186 C.d.S., comma 7.
- Del tutto insussistente è l’omessa risposta ai motivi di appello, posto che nella sentenza impugnata si ricostruisce appieno il fatto e si fornisce un’ampia, logica e probatoriamente supportata motivazione delle ragioni per cui si è ritenuto che l’imputato si sia sottratto al controllo con l‘alcoltest.
- Il ricorso, anziché confrontarsi con le suddette argomentazioni, si incentra essenzialmente sul fatto che T., pur se non nell’immediatezza del controllo, si sarebbe sottoposto al prelievo ematico, richiesto dai Carabinieri proprio per verificare il tasso alcolemico, sicché non sarebbe configurabile alcun rifiuto.
- La tesi è agevolmente superata dal fatto che la contravvenzione prevista dall’art. 186 C.d.S., comma 7 presuppone il rifiuto alla sottoposizione all’accertamento mediante apparecchi portatili e nell’immediatezza del controllo (disciplinati dai commi 3 e 4), a nulla rilevando che, in un momento successivo, la persona sospettata di guidare in stato di ebrezza si sottoponga all’esame ematico (previsto per il caso di incidente dal comma 5).
L’art. 186, comma 7, cit., non a caso sanziona il rifiuto dell’accertamento “di cui ai commi 3, 4 o 5”, indicando chiaramente come il reato sia integrato dal rifiuto ad una delle predette modalità di controllo.
- Nel caso di specie, la Corte di appello ha dato atto di come l’imputato si sia sottratto all’esame con l’etilometro, prima cercando di allontanarsi dal luogo in cui era stato fermato, risalendo nella propria autovettura e tentando invano di ripartire, e, poi, fingendo di soffiare nell’apparecchio per sei volte, in tal modo impedendo l’accertamento.
Si tratta di una condotta che, come ribadito anche recentemente, integra il reato in esame. 7. Si è affermato, infatti, che il rifiuto di sottoporsi agli accertamenti alcolimetrici, che integra il reato di cui all’art. 186 C.d.S., comma 7, si configura non solo in presenza di manifestazioni espresse di indisponibilità a sottoporsi al test, ma anche quando il conducente del veicolo attui una condotta ripetutamente elusiva del metodo di misurazione del tasso alcolemico (Sez.4, n. 3202 del 12/12/2019, dep. 2020, Berton, Rv. 278025).
- Va, pertanto, affermato il principio secondo cui la contravvenzione in questione integra un reato istantaneo, che deve ritenersi consumato nel momento stesso in cui la persona richiesta di sottoporsi al test con l’etilometro si rifiuti, a nulla rilevando che, in un momento successivo e dopo un lasso temporale apprezzabile, non si opponga al prelievo ematico.
- Nel caso di specie, l’imputato era stato fermato nel tardo pomeriggio rifiutando il controllo “su strada” e solo a distanza di molte ore, all’incirca alle 3 di notte, veniva condotto in ospedale dove accettava il prelievo ematico che, peraltro, confermava appieno lo stato di ebrezza, posto che nonostante le molte ore trascorse dal controllo l’imputato presentava ancora un tasso alcolemico pari a 1,28 g/l.
- A fronte di tali rilievi, del tutto ininfluente è la questione concernente la regolarità o meno della richiesta di esame ematico, posto che si tratta di circostanza successiva al momento di consumazione del reato, integralmente verificatosi al momento del controllo su strada di T.
- Parimenti infondato è il quarto motivo di ricorso, concernete la dedotta parziale lettura delle risultanze processuali, assumendo il ricorrente che la Corte di appello non avrebbe apprezzato i motivi di risentimento esistenti tra T. all’epoca maresciallo dei Carabinieri – e l’appuntato Tangianu, presente al momento del controllo.
Sul punto, la Corte di appello ha reso una motivazione intrinsecamente logica ed insuscettibile di essere rivalutata in sede di legittimità, chiarendo come all’atto del controllo di T. erano intervenuti, in supporto dei colleghi intervenuti per primi, altri quattro Carabinieri, le cui dichiarazioni erano tutte conformi e convergenti nel riferire della condotta di resistenza posta in essere da T. .
È del tutto condivisibile, quindi, l’assunto secondo cui i presunti motivi di astio esistenti tra T. ed uno dei militari, non potevano privare di attendibilità le dichiarazioni provenienti dai restanti militari presenti sul posto.
- Parimenti aspecifiche, in quanto non si confrontano si confrontano con la motivazione della sentenza impugnata, sono le doglianze relative alla mancata valorizzazione delle sommarie informazioni rese dal maresciallo D.F. e dalla Dott.sa D. che, allorquando T. si trovava in caserma, avevano escluso di aver assistito a minacce o ingiurie poste in essere dall’imputato.
La Corte di appello ha logicamente ritenuto non dirimenti tali testimonianze, posto che i testi non erano presenti all’atto del controllo su strada e, quindi, nulla potevano riferire in ordine a quanto in precedenza avvenuto.
- Parimenti irrilevanti sono le doglianze in ordine alla tesi secondo cui la richiesta dell’esame ematico, inoltrata sulla base di un modulo indicante che l’interessato era stato coinvolto in un incidente stradale, fosse frutto di un mero errore. Si tratta di una circostanza che, invero, è inidonea a superare il quadro probatorio complessivo e correttamente la Corte di appello l’ha ritenuta irrilevante sia ai fini della valutazione di attendibilità dei resti, sia per escludere la sussistenza dell’esimente di cui all’art. 393-bis c.p..
- Con il quinto e sesto motivo di ricorso si contesta la violazione di legge ed il vizio di motivazione in ordine al mancato riconoscimento, anche nella forma putativa, della causa di non punibilità dell’aver reagito ad un atto arbitrario del pubblico ufficiale.
L’imputato deduce una serie di circostanze dimostrative della condotta arbitraria tenuta dai militari, intervenuti in numero sproporzionato rispetto alla tenuità del fatto, nonché in relazione alla illegittimità dell’accompagnamento presso la caserma.
- Infine, si contesta ulteriormente il fatto che la richiesta di esame ematico fosse stata formulata, indicando falsamente il coinvolgimento di T. in un incidente stradale, in tal modo ponendo in essere un ulteriore atto arbitrario.
Quest’ultima circostanza è stata adeguatamene vagliata dalla Corte di appello, lì dove in motivazione si evidenzia come la condotta di resistenza si è principalmente consumata all’atto del controllo su strada e, solo per quanto concerne l’aggressione posta in essere ai danni dell’appuntato L. , all’interno della caserma dei Carabinieri. In ogni caso, la resistenza si colloca in un momento temporale ampiamente antecedente la richiesta di espletamento dell’esame ematico, avvenuto dopo le tre di notte. Ciò comporta che l’abnorme reazione tenuta da T. ai danni dei militari, nel legittimo esercizio delle loro funzioni, non può essere scriminata per effetto di un fatto avvenuto in un momento successivo e a distanza di ore.
- Parimenti corretta è l’esclusione dell’esimente in relazione alle ulteriori circostanze di fatto indicate dall’imputato che non integrano affatto quella nozione di atto arbitrario richiesto dall’art. 393-bis c.p..
A ben vedere, il numero dei carabinieri intervenuti ed il successivo accompagnamento di T. in caserma non sono affatto dimostrativi di un uso abnorme e distorto del potere dei pubblici ufficiali, bensì sono la mera conseguenza della reazione illecita tenuta dall’imputato, a fronte della quale anche l’accompagnamento in caserma era un atto necessitato.
- Manifestamente infondato è il motivo concernente il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche e il diniego della sospensione condizionale della pena. Premesso che si tratta di valutazione di merito, rimesse al giudice di appello e non sindacabili in sede di legittimità se non in presenza di una motivazione illogica o contraddittoria, si rileva come la Corte di appello ha correttamente valorizzato la gravità della condotta, contraddistinta da una pluralità di fatti di resistenza.
- Il profilo soggettivo è stato altrettanto correttamente valutato, dandosi atto dei precedenti, anche specifici, dai quali T. è gravato, nonché dal fatto che egli aveva già ottenuto la sospensione condizionale della pena, tutti elementi ostativi alla reiterazione del beneficio.
- L’ultimo motivo di ricorso è manifestamente infondato, posto che si deduce la mancata rinnovazione dell’istruttoria senza specificare quali testimonianze dovevano essere nuovamente assunte e la ragione per la quale le stesse sarebbero state in grado di sovvertire il solido apparato probatorio acquisito a carico dell’imputato.
- Alla luce di tali considerazioni, il ricorso va dichiarato inammissibile con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.