Corte Costituzionale, sentenza 17 gennaio 2022 n. 5
Va dichiarata inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 46 della legge della Regione Valle d’Aosta 13 luglio 2020, n. 8 (Assestamento al bilancio di previsione della Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste per l’anno 2020 e misure urgenti per contrastare gli effetti dell’emergenza epidemiologica da COVID-19), promossa, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri;
Vanno dichiarate non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 14 e 22 della legge reg. Valle d’Aosta n. 8 del 2020, promosse, in riferimento agli artt. 3, 97, 117, commi secondo, lettera l), e terzo, Cost., dal Presidente del Consiglio dei ministri;
Va dichiarata non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 91, commi 1 e 3, della legge reg. Valle d’Aosta n. 8 del 2020, promossa, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., dal Presidente del Consiglio dei ministri;
Va dichiarato estinto il processo limitatamente alla questione di legittimità costituzionale dell’art. 15 della legge reg. Valle d’Aosta n. 8 del 2020, promossa, in riferimento agli artt. 3, 97, 117, commi secondo, lettera l), e terzo, Cost., dal Presidente del Consiglio dei ministri.
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
1.– Con il ricorso indicato in epigrafe (reg. ric. n. 85 del 2020), il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato, unitamente ad altre disposizioni della legge della Regione Valle d’Aosta 13 luglio 2020, n. 8 (Assestamento al bilancio di previsione della Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste per l’anno 2020 e misure urgenti per contrastare gli effetti dell’emergenza epidemiologica da COVID-19), gli artt. 14, 15, 22, 46 e 91, commi 1 e 3, in riferimento, complessivamente, agli artt. 3, 97, 117, commi secondo, lettera l), e terzo, della Costituzione, nonché per violazione delle competenze statutarie della Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste.
2.– La prima questione concerne gli artt. 14, 15 e 22 della legge reg. Valle d’Aosta n. 8 del 2020 che prevedono, rispettivamente: l’art. 14, l’attribuzione di una «indennità sanitaria valdostana» fino al 31 dicembre 2020 «al personale della dirigenza medica, sanitaria e veterinaria, con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato e determinato, ai medici di medicina generale e ai pediatri di libera scelta convenzionati con l’Azienda USL»; l’art. 15, un’indennità di disagio una tantum da corrispondere al personale dell’Azienda USL, di qualsiasi profilo professionale e tipologia contrattuale, compresi i somministrati, e al personale convenzionato che abbia prestato attività lavorativa nei mesi di marzo, aprile e maggio 2020 in strutture o servizi operanti in forma diretta o indiretta per l’emergenza da COVID-19; l’art. 22, una «indennità COVID-19 una tantum» per i lavoratori delle Unités des Communes valdôtaines e del Comune di Aosta, di qualsiasi profilo professionale e tipologia contrattuale (operatori socio-sanitari e altri profili professionali), che abbiano prestato servizio in presenza nelle microcomunità per anziani e nel servizio di assistenza domiciliare per l’emergenza epidemiologica da COVID-19 nei mesi di marzo, aprile e maggio 2020.
2.1.– Il ricorrente afferma che le disposizioni impugnate istituiscono indennità extra ordinem, al di fuori della contrattazione collettiva nazionale, in violazione dei limiti delle competenze statutarie e della competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile, in relazione agli artt. 40 e seguenti del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), che riconducono la disciplina del rapporto di lavoro pubblico privatizzato al codice civile ed alla contrattazione collettiva.
Il vulnus costituzionale è lamentato anche in riferimento agli artt. 3 e 97 Cost., in quanto le disposizioni regionali impugnate si porrebbero in contrasto con le finalità perequative e di omogeneizzazione dei trattamenti tra operatori del settore sanitario operanti in ambito nazionale ed esposti al medesimo rischio.
Infine, la difesa statale dubita della legittimità costituzionale delle disposizioni impugnate in riferimento alla competenza legislativa concorrente in materia di «coordinamento della finanza pubblica», di cui all’art. 117, terzo comma, Cost., e ai principi fondamentali, espressi dalle disposizioni dettate dall’art. 23, comma 2, del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75, recante «Modifiche e integrazioni al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ai sensi degli articoli 16, commi 1, lettera a), e 2, lettere b), c), d) ed e) e 17, comma 1, lettere a), c), e), f), g), h), l), m), n), o), q), r), s) e z), della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche» e successive modifiche, e perseguiti anche nel periodo emergenziale per la pandemia da COVID-19 dal complesso delle misure introdotte dal legislatore nazionale, di cui al decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 (Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all’economia, nonché di politiche sociali connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19), convertito, con modificazioni, nella legge 17 luglio 2020, n. 77 (in particolare, l’art. 2, comma 6, lettere a e b), ed al precedente decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 (Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19), convertito, con modificazioni, nella legge 24 aprile 2020, n. 27 (in particolare, l’art. l, comma 2).
2.2.– La Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste, nel costituirsi in giudizio, ha eccepito l’inammissibilità delle censure per mancanza di motivazione in ordine alla eccedenza dai limiti fissati dalle competenze statutarie e alla violazione degli artt. 3 e 97 Cost.
Nel merito, ha sostenuto la non fondatezza delle censure. Le disposizioni impugnate sarebbero state emanate nell’esercizio delle competenze statutarie della Regione autonoma in materia di «ordinamento degli uffici e degli enti dipendenti dalla regione e stato giuridico ed economico del personale» e «ordinamento degli enti locali», nonché della competenza legislativa residuale di cui all’art. 117, quarto comma, Cost. spettante anche alla Regione autonoma, in forza della clausola di cui all’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione) nella materia «ordinamento e organizzazione amministrativa delle Regioni e degli enti pubblici regionali», nelle materie «finanze regionali e comunali e «igiene e sanità» previste dall’art. 3, lettere f) ed l), della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4 (Statuto speciale per la Valle d’Aosta). Circa la asserita lesione della competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile, la Regione resistente afferma che le disposizioni impugnate farebbero, comunque, salva l’autonomia collettiva, in quanto demandano ad un accordo tra le amministrazioni interessate e le organizzazioni sindacali l’individuazione dei soggetti destinatari delle indennità e la definizione della loro misura.
Relativamente alla violazione dei principi di coordinamento della finanza pubblica, la resistente obietta l’inapplicabilità delle norme statali invocate dal ricorrente, in quanto la Regione autonoma finanzia in autonomia la spesa per il personale sanitario.
Sotto un profilo generale, la resistente ritiene che la sua possibilità di emanare disposizioni per potenziare il sistema sanitario regionale anche in funzione dell’emergenza determinata dalla pandemia e i suoi ambiti di autonomia giustificherebbero, dunque, la previsione delle indennità di cui alle disposizioni impugnate, anche in riferimento agli artt. 3 e 97 Cost.
3.– Questa Corte, in via preliminare, rileva che è intervenuta rinuncia al ricorso nei confronti dell’impugnativa dell’art. 15 della legge reg. Valle d’Aosta n. 8 del 2020, a seguito della abrogazione della disposizione impugnata ad opera dell’art. 3, comma 8, lettera e), della legge della Regione Valle d’Aosta 3 dicembre 2020, n. 10 (Riconoscimento dei debiti fuori bilancio della Regione, ratifica di variazioni di bilancio e altri interventi urgenti), e che la rinuncia è stata accettata dalla Regione resistente.
L’art. 23 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, vigente ratione temporis, prevede che la rinuncia al ricorso, seguita dall’accettazione della controparte costituita, comporta l’estinzione del processo (ex plurimis, ordinanze n. 85 e n. 43 del 2021).
Ne consegue, pertanto, che il processo debba essere dichiarato estinto limitatamente alla questione di legittimità costituzionale promossa nei confronti dell’art. 15 della legge reg. Valle d’Aosta n. 8 del 2020.
4.– Per effetto della rilevata estinzione, la prima questione risulta, dunque, circoscritta agli artt. 14 e 22 della legge regionale da ultimo citata.
4.1.– Innanzitutto vanno disattese le eccezioni di inammissibilità sollevate dalla difesa regionale.
In ordine alla mancata motivazione sulla considerazione delle competenze statutarie, questa Corte rileva che il ricorrente ha ritenuto di ricondurre la materia incisa dalle disposizioni regionali impugnate a quella dell’ordinamento civile, di esclusiva competenza legislativa dello Stato. Ciò in quanto le disposizioni impugnate, nell’attribuire indennità integranti il trattamento economico del dipendente pubblico, sono riferibili alla disciplina del rapporto di lavoro di personale già in servizio e, conseguentemente, alla materia dell’ordinamento civile, rispetto alla quale lo statuto non prevede competenze regionali.
Secondo la costante giurisprudenza costituzionale, non è necessario confrontarsi con le competenze statutarie quando la difesa statale, come nella fattispecie, nel definire l’oggetto del giudizio, muove da una impostazione di radicale esclusione di tali competenze.
In altri termini, nei casi in cui l’ambito materiale a cui ricondurre la norma impugnata è immediatamente riferibile ad un titolo di competenza riservato allo Stato, non è necessario il previo confronto del ricorrente con le competenze legislative assegnate dallo statuto speciale alla Regione autonoma (sentenze n. 273 e n. 25 del 2020, e n. 153 del 2019).
4.2.– La Regione resistente ha, altresì, eccepito il difetto di motivazione della censura riferita agli artt. 3 e 97 Cost.
Il ricorso sostanzia la censura nel «contrasto con le finalità perequative e di omogeneizzazione dei trattamenti tra operatori del settore sanitario operanti in ambito nazionale esposti al medesimo rischio».
Risulta, dunque, con sufficiente chiarezza che la preoccupazione del ricorrente è riferita alla ingiustificata disparità derivante dal difforme trattamento economico delle medesime categorie di lavoratori sul territorio nazionale che, nell’incidere sull’uguaglianza dei trattamenti retributivi, comporterebbe riflessi sul buon andamento della pubblica amministrazione. Seppur succinta, la rilevata motivazione consente di superare il vaglio di ammissibilità.
4.3.– Nel merito le censure promosse nei confronti degli artt. 14 e 22 della legge regionale impugnata non sono fondate.
4.3.1.– Non è ravvisabile la dedotta violazione della competenza legislativa statale in materia di ordinamento civile.
L’esame e la valutazione, sotto tale profilo, delle disposizioni regionali impugnate, devono essere condotti alla luce e nella prospettiva della eccezionale situazione determinata dalla pandemia da COVID-19, della correlata necessità di rafforzare l’offerta sanitaria nella Regione autonoma per fronteggiarne le conseguenze del particolare impegno richiesto nella contingente situazione emergenziale agli operatori dei servizi socio-sanitari e della esigenza di riconoscere ad essi un emolumento speciale e temporalmente delimitato con carattere indennitario e premiale.
In questo senso operano gli interventi disposti dalla Regione autonoma con le due norme impugnate nel riconoscere specifiche indennità, rispettivamente per il personale del Servizio sanitario (art. 14) e per gli operatori del settore assistenziale (art. 22).
Si è dunque in presenza di emolumenti riconosciuti dalla Regione autonoma per l’impegno straordinario profuso dal personale sanitario, ma anche, per evidenti ragioni, da quello dei servizi assistenziali menzionati dall’art. 22 della legge regionale impugnata, in conseguenza degli assetti e delle misure organizzative adottati dalla medesima Regione e dagli enti locali per fronteggiare gli effetti recati dall’emergenza da COVID-19 sui servizi socio-sanitari.
Peraltro tali misure sono coerenti e in linea con quanto disposto dallo stesso legislatore nazionale con le ricordate previsioni dell’art. 1, comma 2, del d.l. n. 18 del 2020, come convertito, e come modificato dall’art. 2, comma 6, lettera b), del d.l. n. 34 del 2020, come convertito, secondo cui le Regioni e le Province autonome possono riconoscere, in favore dei dipendenti del Servizio sanitario nazionale, «un premio, commisurato al servizio effettivamente prestato nel corso dello stato di emergenza deliberato dal Consiglio dei ministri il 31 gennaio 2020», entro un limite massimo individuale e nel rispetto delle risorse stabilite.
In questa prospettiva, gli interventi in oggetto, previsti dalla Regione autonoma con le disposizioni impugnate, vanno ricondotti alla dimensione organizzativa della Regione stessa e degli enti locali, come espressioni delle relative competenze statutarie in materia, e non alla materia dell’ordinamento civile come affermato dal ricorrente.
Questa Corte rileva che il legislatore regionale ha mostrato di valorizzare opportunamente il ruolo della contrattazione collettiva demandando alla “concertazione” con le organizzazioni sindacali la individuazione del personale destinatario e la quantificazione della relativa indennità di cui all’art. 14 prevedendo altresì che la ripartizione dei fondi per il finanziamento della indennità di cui all’art. 22, comma 1, avvenga tramite apposita intesa tra l’amministrazione regionale, gli enti locali interessati e «le competenti organizzazioni sindacali».
4.3.2.– Parimenti insussistente è la asserita violazione degli artt. 3 e 97 Cost., prospettata dal ricorrente per il differente trattamento che si verrebbe a determinare tra operatori del settore sanitario in ambito nazionale esposti al medesimo rischio.
Va difatti rilevato che è lo stesso legislatore nazionale a prevedere una tale difformità.
Nell’attribuire le risorse aggiuntive per il personale sanitario direttamente impiegato nelle attività di contrasto all’emergenza epidemiologica derivante dalla diffusione del COVID-19, le ricordate disposizioni statali hanno stabilito che accedono al finanziamento tutte le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano sulla base delle quote relative al fabbisogno sanitario corrente rilevate per l’anno 2019 e ha aggiunto che tali importi possono essere incrementati di un ammontare aggiuntivo non superiore al doppio degli stessi, dalle Regioni e dalle Province autonome, con proprie risorse disponibili a legislazione vigente (art. 1, comma 2, del d.l. n. 18 del 2020, come convertito).
Pertanto, i trattamenti divergono per effetto della differente capacità regionale di fornire stanziamenti aggiuntivi in relazione alle proprie disponibilità.
Avendo la Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste agito negli ambiti di autonomia riconosciuti dall’ordinamento, la disciplina, ancorché divergente rispetto a quella dettata da altre Regioni, è pienamente legittima (sentenza n. 241 del 2018).
4.3.3.– Parimenti non è fondata la censura sollevata nei confronti degli artt. 14 e 22 della legge regionale impugnata, in riferimento al principio di coordinamento della finanza pubblica di cui all’art. 117, terzo comma, Cost., in relazione agli obiettivi fissati dall’art. 23, comma 2, del citato d.lgs. n. 75 del 2017, concernenti il limite dell’ammontare delle risorse che le pubbliche amministrazioni possono destinare al trattamento accessorio del personale, obiettivi perseguiti, nel periodo emergenziale, con i ricordati d.l. n. 34 del 2020 e d.l. n. 18 del 2020, come convertiti.
Il comma 3 dell’art. 34 della legge 23 dicembre 1994, n. 724 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica) dispone espressamente che la Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste provvede al finanziamento del Servizio sanitario nazionale nel proprio territorio, «senza alcun apporto a carico del bilancio dello Stato, utilizzando prioritariamente le entrate derivanti dai contributi sanitari ad ess[a] attribuiti dall’articolo 11, comma 9, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 e successive modificazioni e integrazioni, e, ad integrazione, le risorse dei propri bilanci».
È principio costante della giurisprudenza costituzionale quello per cui «quando lo Stato non concorre al finanziamento del servizio sanitario delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome, non “ha titolo per dettare norme di coordinamento finanziario che definiscano le modalità di contenimento di una spesa sanitaria che è interamente sostenuta” da questi soggetti (sentenza n. 341 del 2009)» (sentenza n. 115 del 2012).
Questo principio è stato declinato anche in riferimento alla spesa per il personale del settore sanitario nella Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste.
Questa Corte ha evidenziato difatti che, provvedendo quest’ultima a finanziare la propria spesa sanitaria in autonomia e senza oneri a carico del bilancio dello Stato, quest’ultimo non ha titolo per dettare, con riguardo al medesimo settore di spesa pubblica, norme di coordinamento finanziario (sentenza n. 241 del 2018).
4.3.4.– La questione risulta non fondata anche per un ulteriore e concorrente profilo, che assume specifica rilevanza con riguardo alla indennità riconosciuta dall’art. 22 della legge regionale impugnata in favore del personale non dipendente dal Servizio sanitario.
Il ricorrente assume che tale indennità, così come quella riconosciuta dall’art. 14 al personale del Servizio sanitario, contrasterebbe con il limite posto dal ricordato art. 23, comma 2, del d.lgs. n. 75 del 2017 all’ammontare complessivo delle risorse che possono essere destinate al trattamento accessorio del personale.
La predetta disposizione statale è, dunque, evocata come parametro interposto, assumendo che essa costituisca un principio fondamentale in materia di coordinamento della finanza pubblica.
Senonché, al riguardo, questa Corte osserva che il concorso della Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste, quale autonomia speciale, al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica avviene attraverso accordi stipulati tra la Regione stessa e il Ministro dell’economia e delle finanze, che individuano il complessivo ammontare dell’apporto dovuto dalla Regione autonoma, accordi il cui contenuto è poi recepito in atto normativo dello Stato.
L’accordo è stato sottoscritto dal Presidente della Regione autonoma e dal Ministro dell’economia e delle finanze in data 16 novembre 2018, e i suoi contenuti sono stati recepiti dalla legge 30 dicembre 2018, n. 145 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021), all’art. 1, commi da 876 a 879. In particolare il comma 877, nel definire gli importi del concorso per gli anni 2018 e 2019, ha determinato in 102,807 milioni di euro annui quanto dovuto dalla Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste a decorrere dall’anno 2020.
Già in precedenti pronunce, questa Corte ha riconosciuto che il regime pattizio comporta la non diretta applicabilità alla Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste di disposizioni statali costituenti principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica (da ultimo, sentenza n. 250 del 2020, nella quale si è peraltro affermato che «[r]esta ferma, naturalmente, l’esigenza di un costante e puntuale monitoraggio da parte delle competenti istituzioni dell’effettivo perseguimento e conseguimento degli obiettivi finanziari stabiliti dalle ricordate disposizioni di legge inerenti le modalità di concorso della Regione Valle d’Aosta alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica»).
Nello stesso senso, la sentenza n. 273 del 2020, riferita alla Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, per la quale parimenti trova applicazione il regime pattizio, ha ritenuto non vincolanti disposizioni considerate dal ricorrente come specificazione di principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica. Ciò in considerazione dell’accordo stipulato fra lo Stato e la medesima Regione il 25 febbraio 2019 per l’individuazione del concorso regionale al raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica.
In definitiva, la giurisprudenza costituzionale ha riconosciuto che per le autonomie speciali – in vigenza del metodo pattizio e di accordo tra la Regione autonoma e lo Stato, tradotto in legge statale – la definizione, per tale via, dell’importo annuo del concorso agli obiettivi della finanza pubblica rende non direttamente applicabili nel contesto regionale interessato le specifiche disposizioni statali integranti principi fondamentali in materia di coordinamento della finanza pubblica.
Atteso tale quadro regolatorio delle modalità di concorso della Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste al conseguimento da parte dello Stato degli obiettivi di finanza pubblica, deve essere dunque esclusa l’applicabilità diretta alla medesima Regione delle ricordate disposizioni recate dall’art. 23, comma 2, del d.lgs. n. 75 del 2017 in materia di limite di risorse destinabili al trattamento accessorio del personale e, conseguentemente, la possibilità di richiamarle come parametro interposto, in relazione alla previsione dettata dall’art. 22 della legge regionale impugnata.
5.– La seconda questione investe l’art. 46 della medesima legge regionale, che prevede l’erogazione di un’indennità una tantum, pari a euro venti lordi in busta paga per ogni giornata effettivamente lavorata nel periodo marzo-aprile 2020 per fronteggiare l’emergenza epidemiologica, da corrispondere al personale regionale e degli enti locali, compreso quello degli uffici stampa, che abbia prestato a qualsiasi titolo la propria attività lavorativa presso la struttura regionale del dipartimento protezione civile e vigili del fuoco.
5.1.– Il ricorrente dubita della legittimità costituzionale della disposizione impugnata in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., in relazione agli artt. 40 e seguenti del d.lgs. n. 165 del 2001, in quanto afferma che la Regione avrebbe legiferato in materia di trattamento economico del personale, rientrante nella materia ordinamento civile, che eccede dalle competenze statutarie e spetta in via esclusiva al legislatore statale.
5.2.– La Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste ha eccepito plurimi profili di inammissibilità: il difetto di specificità del petitum, poiché l’indennità contestata è prevista dal comma 4 dell’art. 46, articolo che, invece, è impugnato per intero; il difetto di motivazione in quanto svolta per relationem in riferimento alle censure di cui agli artt. 14, 15 e 22 della medesima legge regionale e perplessa, poiché, nonostante il richiamo alla predetta motivazione, l’art. 46 è impugnato solo in riferimento alla violazione della competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile; infine, ha dedotto l’inammissibilità per mancata considerazione delle competenze statutarie e del superamento dei suoi ambiti.
Nel merito, la difesa della resistente ha riproposto l’iter argomentativo svolto in riferimento alle censure promosse nei confronti degli artt. 14, 15 e 22 della medesima legge regionale.
5.3.– La questione va dichiarata inammissibile.
La difesa dello Stato, come dedotto dalla Regione resistente, non solo non specifica quale sia la parte dell’art. 46 della legge regionale impugnata su cui si concentra la censura, ma soprattutto si limita ad argomentare nel senso che in riferimento a tale disposizione varrebbero i medesimi profili di illegittimità costituzionale già illustrati con riguardo agli artt. 14, 15 e 22 della legge regionale stessa.
È ben vero che l’Avvocatura poi ribadisce il principio generale che riserva alla contrattazione collettiva la definizione del trattamento economico dei dipendenti pubblici, ai sensi degli artt. 40 e seguenti del d.lgs. n. 165 del 2001, ma nulla argomenta in ordine alla concreta fattispecie, in considerazione della spiccata specificità della prevista «indennità di disagio una tantum» erogata in via eccezionale al personale, regionale e degli enti locali, compreso quello degli uffici stampa, che abbia prestato attività lavorativa «presso la struttura regionale di primo livello denominata Dipartimento Protezione Civile e Vigili del fuoco, nei mesi di marzo e aprile 2020 per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19».
In tal modo, il ricorrente è venuto meno all’onere di esatta definizione della questione e di puntuale motivazione che questa Corte ha più volte ribadito essere ancor più rilevante nel ricorso in via principale, e la cui carenza conduce pertanto alla sua inammissibilità (ex plurimis, sentenza n. 83 del 2018).
6.– Infine, la terza questione è promossa nei confronti dell’art. 91, commi 1 e 3, della legge reg. Valle d’Aosta n. 8 del 2020.
Il comma 1 di tale articolo prevede che l’amministrazione regionale, per far fronte alle necessità derivanti dall’emergenza epidemiologica da COVID-19, in deroga ai limiti assunzionali, può effettuare assunzioni a tempo determinato nel limite della spesa teorica calcolata su base annua con riferimento alle unità di personale, anche di qualifica dirigenziale, cessate dal servizio nel 2019 e non sostituite, e alle cessazioni programmate per l’anno 2020, fermo restando che le assunzioni sono possibili solo a seguito delle cessazioni.
Per le stesse esigenze, e sempre in deroga ai limiti assunzionali vigenti, il comma 3 del medesimo art. 91 autorizza gli enti locali a fare ricorso a forme di lavoro flessibile per sostituire il personale assente o cessato dal servizio o in attesa dell’espletamento delle procedure concorsuali e per garantire l’erogazione dei servizi, in particolare domiciliari, semiresidenziali e residenziali a persone anziane e non autosufficienti o in condizioni di fragilità e per i servizi di polizia locale.
6.1.– Il ricorrente ritiene che le predette disposizioni eccedano le competenze statutarie e siano invasive della competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile, in relazione agli artt. 7 e 36 del d.lgs. n. 165 del 2001, che prevedono specifici limiti e modalità per il ricorso al lavoro flessibile da parte delle pubbliche amministrazioni, subordinandolo all’esistenza di comprovate esigenze di carattere temporaneo o eccezionale e non per sopperire a carenze di organico.
La difesa statale lamenta, altresì, la genericità della disposizione che non troverebbe riscontro nella normativa statale la quale, pur avendo previsto il ricorso al contratto a termine per fronteggiare l’emergenza sanitaria, lo avrebbe circoscritto a determinate categorie e settori.
6.2.– In via preliminare, la Regione autonoma ha eccepito l’inammissibilità dell’impugnativa per carenza d’interesse per essere la disposizione impugnata riproduttiva dell’art. 4, commi 1 e 3, della legge della Regione Valle d’Aosta 11 febbraio 2020, n. 1, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste (Legge di stabilità regionale per il triennio 2020/2022). Modificazioni di leggi regionali», non oggetto di ricorso.
Inoltre, ha dedotto: il difetto di motivazione sulle competenze statutarie; la genericità dell’asserito contrasto con gli artt. 7 e 36 del d.lgs. n. 165 del 2001; l’inammissibilità dell’impugnativa riferita al comma 2 dell’art. 91, in quanto non richiamato nella delibera del Consiglio dei ministri.
Nel merito, oltre a sostenere la propria legittimazione ad adottare le disposizioni impugnate, la Regione ha affermato che, comunque, non vi sarebbe alcun uso distorto del lavoro a termine, in quanto motivato dalle esigenze derivanti dallo slittamento delle procedure concorsuali al 2021 per effetto dell’emergenza sanitaria determinata dalla pandemia.
6.3.– Preliminarmente, vanno disattese le eccezioni di inammissibilità sollevate dalla resistente.
Innanzitutto, non è ravvisabile la prospettata carenza di interesse al ricorso, in ragione della natura meramente riproduttiva di una disposizione precedente della norma impugnata, poiché secondo la giurisprudenza di questa Corte «l’esistenza di una disciplina contenuta in un precedente testo normativo non impedisce l’impugnazione in via principale di una successiva legge che, novando la fonte, riproduca la medesima disciplina” (sentenza n. 9 del 2010). Peraltro, “nessuna forma di acquiescenza riguardo ad altre successive norme, infatti, è dato riscontrare nel nostro ordinamento nella mancata impugnazione di una disposizione di legge pur avente il medesimo contenuto dell’altra sopravvenuta” (da ultimo, sentenza n. 187 del 2011)» (sentenza n. 219 del 2012).
Sull’eccepito difetto di motivazione in ordine al superamento dei limiti delle competenze statutarie, si deve ribadire che il ricorso statale non deve necessariamente motivare sul punto, allorché deduce, come nel caso di specie, la radicale estraneità della materia disciplinata dalle disposizioni impugnate alle competenze statutarie, in quanto riconducibile ad ambito disciplinare immediatamente riferibile ad un titolo di competenza riservato allo Stato, quale quello dell’ordinamento civile.
Parimenti non è fondata l’eccezione sollevata dalla resistente in ordine alla asserita genericità e al difetto di motivazione della censura con particolare riferimento ai parametri interposti di cui agli artt. 7 e 36 del d.lgs. n. 165 del 2001.
Questa Corte rileva che il ricorrente ha esplicitato, sebbene in modo sintetico, le ragioni del contrasto tra la disposizione regionale impugnata e la disciplina statale di riferimento, laddove ha evidenziato il perimetro e le finalità previste dal legislatore statale per l’utilizzo del contratto a termine, da cui si discosterebbe la disposizione impugnata.
Infine, va disattesa anche l’eccezione di inammissibilità sollevata in ragione del mancato richiamo, da parte della delibera del Consiglio dei ministri, dell’impugnativa riferita al comma 2 dell’art. 91 della legge reg. Valle d’Aosta n. 8 del 2020.
Effettivamente, come rilevato dalla difesa regionale, la delibera del Consiglio dei ministri non ha incluso tale disposizione nell’autorizzazione all’impugnativa.
Tuttavia, lo stesso ricorso la menziona solo nel dispositivo, mentre la motivazione è svolta esclusivamente in riferimento ai commi 1 e 3 dell’art. 91, sicché il richiamo al comma 2 risulta frutto di un mero lapsus calami.
D’altronde, nella memoria depositata in prossimità dell’udienza, il Presidente del Consiglio dei ministri ha rilevato che l’illegittimità costituzionale del comma 2 dell’art. 91 della legge regionale impugnata deriverebbe in via conseguenziale dalla declaratoria di illegittimità costituzionale relativa ai commi 1 e 3, confermando così che il comma 2 non costituiva oggetto di impugnazione.
6.4.– Nel merito la questione non è fondata.
Le norme interposte richiamate dal ricorrente disciplinano le modalità e i limiti con cui le pubbliche amministrazioni possono ricorrere a forme di lavoro flessibile.
In particolare: l’art. 36, comma 2, del d.lgs. n. 165 del 2001 prevede che il ricorso a contratti di lavoro subordinato a tempo determinato, contratti di formazione e lavoro e contratti di somministrazione di lavoro a tempo determinato, e a forme contrattuali flessibili previste dal codice civile e dalle altre leggi sui rapporti di lavoro nell’impresa, è possibile soltanto per comprovate esigenze di carattere esclusivamente temporaneo o eccezionale; l’art. 7, comma 6, del d.lgs. n. 165 del 2001 ammette il ricorso a contratti di lavoro autonomo per specifiche esigenze cui le amministrazioni pubbliche non possono far fronte con personale in servizio, stabilendo precisi presupposti di legittimità, a pena di nullità del relativo contratto.
Ciò premesso, anche l’esame e la valutazione delle impugnate disposizioni regionali vanno condotti alla luce delle peculiari esigenze organizzative della Regione e degli enti locali determinate dalla necessità di affrontare gli effetti della situazione emergenziale sanitaria.
In tale prospettiva, le disposizioni regionali impugnate non presentano aspetti confliggenti o incompatibili con le richiamate disposizioni statali, poiché rispondono alle stesse specifiche esigenze, limitate temporalmente, per le quali esse prevedono la possibilità di ricorso a tipologie flessibili di rapporto di lavoro nella pubblica amministrazione.
Difatti, si è in presenza di misure disposte dalla Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste per far fronte alle esigenze di reclutamento di personale derivanti dalla situazione determinata dall’emergenza pandemica, limitatamente al 2020, che a tal fine prevedono la possibilità dell’utilizzo delle predette forme contrattuali da parte dell’amministrazione regionale e degli enti locali, stabilendo espressamente che tale ricorso possa avvenire in deroga ai limiti assunzionali a motivo della situazione di carattere eccezionale determinata dalla necessità di fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19.
È dunque la stessa situazione emergenziale a integrare oggettivamente i requisiti di eccezionalità e temporaneità che il legislatore statale prevede per poter ricorrere al lavoro flessibile.
Invero, le cessazioni dal servizio nell’anno 2019 e quelle programmate nell’anno 2020, che vengono in rilievo nella disciplina normativa regionale, non preludono al ricorso a tali tipologie di contratti di lavoro per colmare vuoti di organico – a cui si deve far fronte attraverso le modalità di reclutamento di personale previste dal legislatore statale per la pubblica amministrazione – ma si limitano a prevedere la possibilità di assunzioni a tempo determinato a motivo della situazione di eccezionalità costituita dalla difficoltà di sostituire il personale cessato dal servizio nel corso dell’emergenza sanitaria con la tempestività necessaria per fronteggiarne gli effetti.
In tale ottica, la Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste ha, dunque, agito nell’esercizio della propria competenza legislativa in materia di ordinamento e organizzazione amministrativa delle Regioni e degli enti pubblici regionali, nel rispetto del requisito di eccezionalità e temporaneità imposto dall’art. 36 del d.lgs. n. 165 del 2001, declinato in funzione di emergenza sanitaria.