Corte Costituzionale, ordinanza 01 settembre 2022 n. 204
Vanno dichiarate manifestamente inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 3, comma 8, del decreto-legge 31 dicembre 2020, n. 183, recante «Disposizioni urgenti in materia di termini legislativi, di realizzazione di collegamenti digitali, di esecuzione della decisione (UE, EURATOM) 2020/2053 del Consiglio, del 14 dicembre 2020, nonché in materia di recesso del Regno Unito dall’Unione europea», convertito, con modificazioni, nella legge 26 febbraio 2021, n. 21, sollevate, in riferimento agli artt. 24 e 111 della Costituzione, dai Tribunali ordinari di Cosenza e di Napoli, entrambi in funzione di giudice dell’esecuzione, con le ordinanze indicate in epigrafe.
Vanno dichiarate manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 117, comma 4, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 (Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all’economia, nonché di politiche sociali connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19), convertito, con modificazioni, nella legge 17 luglio 2020, n. 77, sollevate, in riferimento agli artt. 24 e 111 Cost., dai Tribunali ordinari di Cosenza e di Napoli, entrambi in funzione di giudice dell’esecuzione, con le ordinanze indicate in epigrafe.
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
Ritenuto che, con ordinanze del 21 giugno 2021, iscritte al n. 182 e n. 183 del reg. ord. 2021, il Tribunale ordinario di Cosenza, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 117, comma 4, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 (Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all’economia, nonché di politiche sociali connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19), convertito, con modificazioni, nella legge 17 luglio 2020, n. 77, in riferimento agli artt. 24 e 111 della Costituzione;
che, per quanto riferiscono le ordinanze, i giudizi a quibus, aventi ad oggetto pignoramenti eseguiti presso il tesoriere dell’Azienda sanitaria provinciale di Cosenza, sono stati sospesi per effetto del “blocco” delle procedure esecutive disposto dalla norma censurata fino al 31 dicembre 2020 e prorogato fino al 31 dicembre 2021 dall’art. 3, comma 8, del decreto-legge 31 dicembre 2020, n. 183, recante «Disposizioni urgenti in materia di termini legislativi, di realizzazione di collegamenti digitali, di esecuzione della decisione (UE, EURATOM) 2020/2053 del Consiglio, del 14 dicembre 2020, nonché in materia di recesso del Regno Unito dall’Unione europea», convertito, con modificazioni, nella legge 26 febbraio 2021, n. 21;
che, per il tramite di una motivazione di integrale richiamo ad altra ordinanza di rimessione adottata da diverso ufficio (n. 82 del reg. ord. 2021), il Tribunale di Cosenza ipotizza che la norma censurata abbia leso il diritto di tutela giurisdizionale dei creditori procedenti e, nel contempo, alterato la parità delle parti nel processo esecutivo;
che in entrambi i giudizi incidentali è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, che ha chiesto dichiararsi le questioni inammissibili o non fondate, attesa la sopravvenuta sentenza n. 236 del 2021, con la quale questa Corte ha già dichiarato non fondate le questioni medesime con riferimento alla norma originaria e costituzionalmente illegittima la sola disposizione di proroga;
che in entrambi i giudizi si sono costituite le creditrici procedenti Alexion Pharma Italy srl società unipersonale e ITOP spa Officine Ortopediche;
che nel giudizio di cui al n. 182 del reg. ord. 2021 si è altresì costituita Serena Paolini e in quello di cui al n. 183 del reg. ord. 2021 la Casa di cura Scarnati srl, esse pure creditrici procedenti;
che la ITOP spa ha depositato plurime memorie, una nel giudizio di cui al n. 182 del reg. ord. 2021 e due in quello di cui al n. 183 del reg. ord. 2021;
che nel giudizio di cui al n. 183 del reg. ord. 2021 hanno depositato memoria anche la Casa di cura Scarnati srl e la Alexion Pharma Italy srl;
che tutte le parti hanno denunciato la sopravvenienza dell’art. 16-septies, comma 2, lettera g), del decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146 (Misure urgenti in materia economica e fiscale, a tutela del lavoro e per esigenze indifferibili), convertito, con modificazioni, nella legge 17 dicembre 2021, n. 215, disposizione che ritengono elusiva della citata sentenza n. 236 del 2021, per avere essa stabilito un nuovo “blocco” delle esecuzioni nei confronti degli enti del Servizio sanitario della Regione Calabria, con durata protratta fino al 31 dicembre 2025;
che le parti hanno quindi chiesto a questa Corte di dichiarare l’illegittimità costituzionale della disposizione sopravvenuta, previa eventuale autorimessione di apposita questione;
che, in relazione al giudizio di cui al n. 183 del reg. ord. 2021, Alexion Pharma Italy srl e ITOP spa hanno inoltre rappresentato che il Tribunale di Cosenza ha censurato la nuova disposizione con ulteriore ordinanza (n. 39 del reg. ord. 2022);
che la memoria di Alexion Pharma Italy srl riferisce essere stata invece definita la procedura espropriativa all’origine del giudizio di cui al n. 182 del reg. ord. 2021, avendo il medesimo Tribunale assegnato le somme prima dell’entrata in vigore del nuovo “blocco”;
che, con ordinanza del 3 febbraio 2021, iscritta al n. 212 del reg. ord. 2021, il Tribunale ordinario di Napoli, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 117, comma 4, del d.l. n. 34 del 2020, come convertito, sempre in riferimento agli artt. 24 e 111 Cost.;
che il rimettente, dopo aver esposto di essere investito di una procedura espropriativa instaurata da pignoramento presso il tesoriere dell’Azienda sanitaria locale Napoli 1 Centro, denuncia la lesione della tutela giurisdizionale dei creditori procedenti e l’alterazione della parità delle parti, quali deriverebbero dal “blocco” esecutivo, prorogato al 31 dicembre 2021;
che anche in questo giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, rassegnando conclusioni analoghe a quelle assunte negli altri giudizi incidentali sopra richiamati;
che ha depositato opinione di amicus curiae l’Associazione Coordinamento Ospedalità Privata (ACOP), ma oltre il termine di cui all’art. 4-ter delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, vigente ratione temporis.
Considerato che il Tribunale ordinario di Cosenza (con ordinanze iscritte al n. 182 e al n. 183 del reg. ord. 2021) e il Tribunale ordinario di Napoli (con ordinanza iscritta al n. 212 del reg. ord. 2021), entrambi in funzione di giudice dell’esecuzione, hanno sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 117, comma 4, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 (Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all’economia, nonché di politiche sociali connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19), convertito, con modificazioni, nella legge 17 luglio 2020, n. 77, in riferimento agli artt. 24 e 111 della Costituzione;
che i giudici a quibus, investiti di procedure espropriative in danno di enti sanitari, riferiscono di averle dovute sospendere per effetto del “blocco” delle esecuzioni disposto dalla norma censurata fino al 31 dicembre 2020, prorogato fino al 31 dicembre 2021 dall’art. 3, comma 8, del decreto-legge 31 dicembre 2020, n. 183, recante «Disposizioni urgenti in materia di termini legislativi, di realizzazione di collegamenti digitali, di esecuzione della decisione (UE, EURATOM) 2020/2053 del Consiglio, del 14 dicembre 2020, nonché in materia di recesso del Regno Unito dall’Unione europea», convertito, con modificazioni, nella legge 26 febbraio 2021, n. 21;
che, ad avviso dei rimettenti, tale improcedibilità avrebbe leso il diritto di tutela giurisdizionale dei creditori procedenti e alterato la parità delle parti nel processo esecutivo;
che i giudizi devono essere riuniti, poiché vertono su questioni connesse;
che in tutti i giudizi è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo dichiararsi le questioni inammissibili o non fondate, attesa la sopravvenuta sentenza n. 236 del 2021, con la quale questa Corte ha dichiarato non fondate le questioni medesime con riferimento alla norma originaria e costituzionalmente illegittima la sola disposizione di proroga;
che le creditrici procedenti costituitesi nei giudizi di cui al n. 182 e n. 183 del reg. ord. 2021 (Alexion Pharma Italy srl, ITOP spa, Serena Paolini e Casa di cura Scarnati srl) hanno denunciato la sopravvenienza dell’art. 16-septies, comma 2, lettera g), del decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146 (Misure urgenti in materia economica e fiscale, a tutela del lavoro e per esigenze indifferibili), convertito, con modificazioni, nella legge 17 dicembre 2021, n. 215, che esse ritengono elusivo della sentenza n. 236 del 2021, per avere stabilito un nuovo “blocco” delle esecuzioni nei confronti degli enti del Servizio sanitario della Regione Calabria, con durata protratta fino al 31 dicembre 2025;
che di tale norma sopravvenuta le parti stesse hanno quindi chiesto dichiararsi l’illegittimità costituzionale, sollecitando questa Corte ad autorimettere innanzi a sé la relativa questione;
che l’art. 117, comma 4, del d.l. n. 34 del 2020, come convertito, stabilisce che, «[a]l fine di far fronte alle esigenze straordinarie ed urgenti derivanti dalla diffusione del COVID-19 nonché per assicurare al Servizio sanitario nazionale la liquidità necessaria allo svolgimento delle attività legate alla citata emergenza, compreso un tempestivo pagamento dei debiti commerciali», nei confronti degli enti del Servizio sanitario nazionale «non possono essere intraprese o proseguite azioni esecutive»; che, inoltre, «[i] pignoramenti e le prenotazioni a debito sulle rimesse finanziarie trasferite dalle regioni agli enti del proprio Servizio sanitario regionale effettuati prima della data di entrata in vigore del presente provvedimento non producono effetti dalla suddetta data e non vincolano gli enti del Servizio sanitario regionale e i tesorieri», i quali possono quindi disporre delle relative somme per le finalità di gestione dell’emergenza sanitaria e il pagamento dei debiti; infine, che «[l]e disposizioni del presente comma si applicano fino al 31 dicembre 2021», data così fissata dall’art. 3, comma 8, del d.l. n. 183 del 2020, come convertito, in proroga della scadenza originaria del 31 dicembre 2020;
che questa Corte, con la sentenza n. 236 del 2021, definendo, tra le altre, la rimessione di cui all’ordinanza iscritta al n. 82 del reg. ord. 2021, qui oggetto di testuale richiamo da parte del Tribunale di Cosenza, ha dichiarato costituzionalmente illegittima, per violazione degli artt. 24 e 111 Cost., la menzionata proroga al 31 dicembre 2021, mentre ha ritenuto non fondate le questioni sollevate, in riferimento ai medesimi parametri, rispetto alla disposizione originaria;
che la citata sentenza ha evidenziato come i due segmenti normativi – quello iniziale e quello di proroga – siano intervenuti in fasi radicalmente differenti dell’emergenza pandemica, alla quale pure intendevano entrambi rispondere;
che infatti l’originaria durata del “blocco” delle esecuzioni e dell’inefficacia dei pignoramenti «era contenuta in poco più di sette mesi, dall’entrata in vigore del 19 maggio 2020 fino al 31 dicembre dello stesso anno», sicché la misura andava ad esaurirsi «nella prima fase dell’emergenza pandemica da COVID-19 – quella più acuta e destabilizzante –, allorché una sospensione indistinta e generalizzata delle procedure esecutive nei confronti degli enti sanitari poteva dirsi ragionevole e proporzionata»;
che, «[n]onostante l’evoluzione dell’emergenza sanitaria e la possibilità di ricalibrare su di essa la programmazione di cassa, l’art. 3, comma 8, del d.l. n. 183 del 2020 ha prorogato la misura in danno dei creditori per un intero anno senza alcun aggiornamento della valutazione comparativa tra i loro diritti giudizialmente accertati e gli interessi dell’esecutato pubblico»;
che in tal modo – argomenta la sentenza – «gli effetti negativi della protrazione del “blocco” delle esecuzioni sono stati lasciati invariabilmente a carico dei creditori, tra i quali pure possono trovarsi anche soggetti cui è stato riconosciuto un risarcimento in quanto gravemente danneggiati nella salute o operatori economici a rischio di espulsione dal mercato»;
che quindi, «[c]ostituzionalmente tollerabile ab origine, la misura è divenuta sproporzionata e irragionevole per effetto di una proroga di lungo corso e non bilanciata da una più specifica ponderazione degli interessi in gioco, che ha leso il diritto di tutela giurisdizionale ex art. 24 Cost. nonché, al contempo, la parità delle parti e la ragionevole durata del processo esecutivo»;
che questa decisione è stata determinata anche dalla circostanza che in regime di proroga sia venuto meno il pur opzionale meccanismo compensativo dell’anticipazione di liquidità, accessibile dalle Regioni ai fini del pagamento dei debiti pregressi, meccanismo approntato dall’art. 117, comma 5, del d.l. n. 34 del 2020, come convertito;
che la declaratoria di illegittimità costituzionale di cui alla più volte citata sentenza implica che le odierne questioni, per quanto riferite alla proroga di cui all’art. 3, comma 8, del d.l. n. 183 del 2020, come convertito, vadano dichiarate manifestamente inammissibili, essendo sopravvenuta la carenza del relativo oggetto (ex multis, ordinanze n. 172 e n. 102 del 2022, n. 206 e n. 93 del 2021, n. 125 e n. 105 del 2020, n. 71 del 2017);
che, a proposito delle censure sollevate nei riguardi della disposizione originaria, antecedente alla proroga, gli odierni rimettenti non portano argomenti nuovi rispetto a quelli giudicati non fondati dalla sentenza n. 236 del 2021, sicché tali censure devono essere dichiarate manifestamente infondate (ex multis, ordinanze n. 172 e n. 82 del 2022, n. 224, n. 214, n. 165 e n. 111 del 2021, n. 204, n. 93 e n. 81 del 2020);
che non può trovare accoglimento la richiesta avanzata dalle parti affinché – previa eventuale autorimessione di questa Corte – sia dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 16-septies, comma 2, lettera g), del d.l. n. 146 del 2021, come convertito;
che il comma 2 del citato art. 16-septies reca disposizioni «[i]n ottemperanza alla sentenza della Corte costituzionale n. 168 del 23 luglio 2021 e al fine di concorrere all’erogazione dei livelli essenziali di assistenza, nonché al fine di assicurare il rispetto della direttiva europea sui tempi di pagamento e l’attuazione del piano di rientro dei disavanzi sanitari della Regione Calabria»;
che la lettera g) del medesimo comma stabilisce che, «al fine di coadiuvare le attività previste dal presente comma, assicurando al servizio sanitario della Regione Calabria la liquidità necessaria allo svolgimento delle predette attività finalizzate anche al tempestivo pagamento dei debiti commerciali, nei confronti degli enti del servizio sanitario della Regione Calabria di cui all’articolo 19 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, non possono essere intraprese o proseguite azioni esecutive. I pignoramenti e le prenotazioni a debito sulle rimesse finanziarie trasferite dalla Regione Calabria agli enti del proprio servizio sanitario regionale effettuati prima della data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto non producono effetti dalla suddetta data e non vincolano gli enti del servizio sanitario regionale e i tesorieri, i quali possono disporre, per il pagamento dei debiti, delle somme agli stessi trasferite durante il suddetto periodo. Le disposizioni della presente lettera si applicano fino al 31 dicembre 2025»;
che si tratta, quindi, di un “blocco” delle esecuzioni soggettivamente circoscritto rispetto a quello oggetto delle censure in scrutinio, giacché riferito soltanto agli enti sanitari della Regione Calabria;
che, soprattutto, ne è differente la ratio, la quale infatti non concerne le esigenze generali di programmazione dei saldi durante l’emergenza pandemica, ma esigenze specifiche connesse all’attuazione del piano di rientro dei disavanzi sanitari della Regione Calabria;
che tra la misura oggetto delle questioni in esame e quella sopravvenuta per gli enti sanitari calabresi non vi è neppure continuità cronologica, in quanto l’una è cessata il 31 dicembre 2020 in conseguenza della sentenza n. 236 del 2021, mentre l’altra, introdotta in sede di conversione del d.l. n. 146 del 2021, opera soltanto dalla «data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto», cioè soltanto dal 21 dicembre 2021, tanto che, come riferito ex parte, nel giudizio principale nel quale è stata emessa l’ordinanza iscritta al n. 182 reg. ord. 2021 si è proceduto – durante lo iato temporale tra l’una misura e l’altra – all’assegnazione delle somme pignorate;
che l’autonomia delle due sequenze normative trova ulteriore conferma in quanto riferito dalle parti circa il giudizio principale relativo all’ordinanza iscritta al n. 183 reg. ord. 2021, e cioè che il Tribunale di Cosenza ha in esso censurato la sopravvenuta disposizione con una nuova e distinta ordinanza di rimessione (iscritta al n. 39 reg. ord. 2022);
che, in definitiva, non si tratta della proroga di uno stesso “blocco” esecutivo, ma di un “blocco” del tutto diverso, sicché, da un lato, non può semplicemente estendersi il thema decidendum, come fatto nella ricordata sentenza sulla proroga della misura di gestione pandemica, dall’altro, la nuova norma non rileva nell’iter logico-giuridico della decisione odierna, mancando quindi la stretta pregiudizialità che, sola, consente a questa Corte di sollevare innanzi a sé una questione incidentale su una norma diversa da quella indicata dal rimettente (ex plurimis, sentenze n. 230, n. 218, n. 203 e n. 49 del 2021).
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, quest’ultimo nel testo vigente ratione temporis.