<p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Processo – Giurisdizione della Corte dei Conti per i danni arrecati ad una società in house da dipendenti di altra in house – Danno prodotto da persona giuridica e possibilità di citare sia la persona giuridica che la persona fisica che ha agito – Valutazione dei margini di discrezionalità nelle transazioni per i soggetti pubblici.</strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong> </strong></p> <p style="text-align: justify;">La Corte dei Conti, Regione Lombardia, si è pronunciata recentemente sui temi di cui in epigrafe, esaminando in via preliminare le questioni di rito poste dal contenzioso.</p> <p style="text-align: justify;">Il Collegio in primis affermava la propria giurisdizione, in quanto, in forza dell’art. 12 comma 1, t.u. 19 agosto del 2016, n. 175, sono devolute alla giurisdizione della Corte dei Conti le controversie per il danno erariale causato dagli amministratori e dai dipendenti delle società in house. Ciò, essendo incontestato tra le parti che i soggetti convenuti appartenevano a società in house.</p> <p style="text-align: justify;">Alla suddetta affermazione conseguiva la giurisdizione sui dipendenti e sugli amministratori delle società in house, essendo consolidato orientamento della Cassazione, nonché della giurisprudenza contabile, che presso la Corte dei Conti possono convenirsi sia le persone giuridiche che le persone fisiche, autrici della condotta foriera di danno. In particolare, i convenuti erano: l’ing. Paris, dipendente della Expo 2015 spa, autore di danno diretto al proprio ente, gli ingg. Comini e Rognoni, dipendenti di Metropolitane Milanesi spa e Ilspa, autori di danno obliquo ad altra amministrazione (art. 1, co. 4, l. n. 20 del 1994).</p> <p style="text-align: justify;">Sulla scorta di quanto sopra, secondo la Corte dei Conti, dovevano respingersi le seguenti eccezioni: il ruolo “meramente consulenziale” dei convenuti, l’esistenza di un solo danno nei confronti del Comune di Milano, la carenza di giurisdizione sostenuta dal Rognoni per l’assenza di un rapporto di servizio tra quest’ultimo ed Expo 2015 spa.</p> <p style="text-align: justify;">Il Collegio, inoltre, riteneva infondate altre due eccezione dedotte dalle difese: la nullità della citazione per mancata indicazione delle condotte (attive o omissive) asserita dal Paris e la prescrizione dell’azione.</p> <p style="text-align: justify;">Una volta esaminate le questioni di rito sopra elencate, la Corte dei Conti si pronunciava sul merito della vicenda.</p> <p style="text-align: justify;">FATTO</p> <p style="text-align: justify;">E</p> <p style="text-align: justify;">DIRITTO</p> <p style="text-align: justify;">La controversia oggetto di esame da parte dell’A.G. predetta riguardava una fornitura di essenze arboree necessarie per attuare il progetto di Expo 2015, per un importo di euro 4.360.973,20, al netto di un ribasso del 15 % rispetto al valore di stima stabilito dal progetto stesso, redatto da Metropolitana Milanese spa. L’appalto, sottoscritto tra Expo e l’ATI, di cui era mandataria l’impresa Costruzioni Mantovani, era stato conferito nell’esercizio del potere di deroga attribuito dalla legge al commissario di Expo 2015 (tale scelta era stata considerata non configurare un abuso d’ufficio per il D.r. Sala e l’ing. Paris con sentenza n. 598/2019 della Corte di Appello di Milano).</p> <p style="text-align: justify;">Secondo l’accusa, il costo della fornitura era stato ben superiore a quello effettivo in forza delle verifiche di audit della Sernet Riqualificazioni srl. In particolare, in base ad un primo conteggio vi era un extra di euro 2.274.206,43, ed in base ad un secondo conteggio la cifra era di 1.616.406,43. La Procura sosteneva l’importo più elevato.</p> <p style="text-align: justify;">La Corte dei Conti affermava che la legittimità della procedura di aggiudicazione seguita non era in discussione, ritenendo che il tema del presente giudizio riguardava la congruità o meno del prezzo pagato in tale procedura di acquisto.</p> <p style="text-align: justify;">Il Collegio sosteneva che vi era una notevole forbice tra il prezzo pagato al proprio sub fornitore da ATI Mantovani e quello pagato dal committente Expo 2015 all’ATI, circostanza oggettiva ed acclarata dall’Audit Sernet Riqualificazioni.</p> <p style="text-align: justify;">Tuttavia, secondo le difese dei convenuti, la congruità del prezzo era fondata sulle seguenti ragioni: l’esistenza di una transazione tra ATI Mantovani ed Expo 2015, avente ad oggetto diverse poste economiche di considerevole rilevanza; l’assenza di imprese concorrenti che avrebbero potuto portare ad un più forte ribasso; la maggior forza contrattuale di ATI Mantovani rispetto ad Expo 2015 per l’urgenza che connotava la fornitura.</p> <p style="text-align: justify;">La Corte dei Conti, malgrado la parziale condivisione di alcuni spunti delle difese, respingeva le doglianze asserite dai convenuti. Il Collegio sosteneva anzitutto che una transazione non poteva ritenersi “buona” e ragionevole solo ed in quanto sussistevano ragioni economiche-temporali e di “forza” delle parti, ma occorreva che venisse valutata l’opportunità della stessa sul reale valore di mercato.</p> <p style="text-align: justify;">In primo luogo, secondo l’A.G. predetta era evidente che una soluzione transattiva offrisse margini valutativi più ampi di una soluzione contenziosa.</p> <p style="text-align: justify;">In secondo luogo, si doveva valutare che a transigere era un soggetto pubblico, a cui una società in house è equiparata, e che quindi i parametri valutativi erano decisamente più ristretti, ed ancorati a risparmi di spesa, a tutela delle casse pubbliche e della collettività. Ne conseguiva che, gli enti pubblici e le società in house non godevano di un arbitrio transattivo equiparabile a quello dei privati, dato che gli stessi devono sempre avere come parametro l’equilibrio di bilancio. A sostegno di tale assunto assumevano particolare rilevanza anche i principi costituzionali, volti al buon andamento della p.a. ed all’integrità delle finanze pubbliche (art. 97 Cost.), esprimenti la tutela finale dei diritti dei contribuenti e dei cittadini tutti.</p> <p style="text-align: justify;">La Corte dei Conti affermava inoltre che, anche a voler seguire un ragionamento di matrice economica, l’irragionevolezza, nel caso di specie, era ben rappresentata dalla macroscopica forbice tra prezzo spuntato da ATI Mantovani al suo sub fornitore e quello preteso dal committente Milano 2015 spa.</p> <p style="text-align: justify;">Peraltro, per il Collegio, non rilevava nemmeno la complessità del quadro normativo che aveva portato all’assoluzione penale del D.r. Sala, commissario di Expo 2015 spa.</p> <p style="text-align: justify;">La Corte dei Conti, pertanto, riteneva sussistente il danno erariale per quanto riguardava l’an, ma statuiva che il quantum doveva rideterminarsi tenendo conto di tre circostanze: l’innegabile contributo concausale al danno cagionato ad Expo 2015 spa dalle due società Metropolitana Milanese spa e Infrastrutture Lombarde spa, quali persone giuridiche non evocate nel presente giudizio, in cui erano strutturalmente incardinati i due convenuti Comini e Rognoni; il contributo concausale della società Conteco spa, parimenti non convenuta in questa sede, che aveva ricevuto compiti di verifica aggiuntivi e prevalenti rispetto a quelli di Ilpsa; l’esistenza di una transazione (riguardante più posizioni economiche) tra ATI Mantovani e Expo 2015 e la maggior forza contrattuale di ATI Mantovani rispetto alla committente.</p> <p style="text-align: justify;">La Corte dei Conti, dunque, in merito al quantum, riteneva che la misura della perdita della stazione appaltante era da individuare nella minor somma che quest’ultima avrebbe potuto spendere, costringendo l’ATI ad un maggiore sconto, determinabile in questa sede in via presuntiva-equitativa (pari ad euro 800.000).</p> <p style="text-align: justify;">La somma sopra richiamata, secondo il Collegio, era da attribuirsi a titolo di danno diretto al Paris e a titolo di danno indiretto al Comini e al Rognoni, ma non in modo paritetico.</p> <p style="text-align: justify;">Il Collegio, preliminarmente, affermava che, per quanto concerneva l’ascrizione di tale importo ai convenuti, si doveva considerare quanto segue: qualora un procedimento amministrativo o un accordo tra soggetti pubblici attribuisca a taluni soggetti compiti di ausilio, collaborazione istruttoria, supporto e assistenza ad altri, tali mansioni vanno intese come un ruolo fattivo, di attenta e costante verifica, anche critica, dei profili materiali, tecnici, giuridici, ed economici coinvolti nell’oggetto del procedimento e dall’accordo.</p> <p style="text-align: justify;">Dalle considerazioni sopra svolte, la Corte dei Conti deduceva l’evidente colpa grave, per inerzia e superficialità di tutti i convenuti.</p> <p style="text-align: justify;">Inoltre, secondo il Collegio, la qualifica apicale gestionale in un ente, o di direttore generale non rappresentava una esimente politica (testualmente prevista dall’art. 1 co.1-ter, dalla legge n. 20 del 1994), dovendo quest’ultimo, quale organo amministrativo o tecnico, valersi dei suoi collaboratori di settore per svolgere il proprio compito.</p> <p style="text-align: justify;">La Corte dei Conti, quindi, sul punto sposava per intero la tesi della corresponsabilità di tutti i convenuti, nella loro qualità di dirigenti apicali delle tre predetta società.</p> <p style="text-align: justify;">Il Collegio riconosceva maggiori responsabilità al Comini (attività di progettazione esecutiva, determinazione del computo metrico, determinazione del valore di mercato) e al Rognoni (ruolo rilevante nell’istruttoria), in quanto l’ing. Paris aveva un ruolo di mero gestore e supervisore della procedura, investitura diversa da chi doveva svolgere attività specialistiche inerenti la stessa (congruità dei prezzi).</p> <p style="text-align: justify;">La Corte dei Conti, pertanto, rideterminato l’importo del quantum (800.000), condannava l’ing. Paris a restituire a Expo 2015 spa la somma di euro 200.000, il Comini a restituire la somma di euro 300.000, ed il Rognoni la somma di euro 300.000. Seguiva, per le spese di lite, il criterio della soccombenza.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><em>Alessandro Piazzai</em></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p>