Tar Emilia Romagna, sez. I, sentenza 19 marzo 2025, n. 275
PRINCIPIO DI DIRITTO
Il ricorso presenta profili di inammissibilità ed improcedibilità in quanto il progetto definitivo non è stato ancora approvato. dopo la mancata approvazione di diverse versioni del progettol’ultima versione dello stesso è stata modificata e non prevede che l’opera pubblica debba essere realizzata sull’area di proprietà della ricorrente.
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
. In via preliminare. 1.1. In ordine alla richiesta ex art. 116, comma 2, c.p.a. formulata nei confronti del MIT. Al riguardo, occorre rilevare come l’interesse all’accoglimento dell’istanza non sia tutt’ora sussistente, posto che, da quanto emerge dagli atti, e allo stato, il provvedimento di approvazione del progetto definitivo non risulta essere stato adottato, il procedimento avanti al MIT essendo, pertanto, ancora pendente. Si rammenta che l’istanza di accesso ex art. 116, comma 2, c.p.a., è strettamente correlata al giudizio nell’ambito del quale è proposta, essendo finalizzata ad ottenere la documentazione necessaria per la difesa in giudizio.
La disposizione, infatti, fa riferimento ad una “connessione” del ricorso per l’accesso rispetto al giudizio pendente. Come accennato e si dirà meglio a breve, parte ricorrente ha introdotto la presente vertenza lamentando di ignorare l’eventuale adozione del provvedimento di adozione di approvazione del progetto definitivo e la mancata conoscenza dello stato della procedura, e dolendosi, quindi, di non aver ricevuto la comunicazione di avvio del procedimento: d’altronde, avendo preso, nel presente giudizio, comunque, contezza della pendenza del procedimento avanti al MIT e dell’ancora non intervenuta adozione del suddetto provvedimento, deve ritenersi venuto meno l’interesse all’accoglimento dell’istanza ex art. art. 116, comma 2, c.p.a., la quale deve essere, quindi, dichiarata improcedibile.
1.2. In ordine all’inammissibilità e, comunque, all’improcedibilità del ricorso. Il Presidente del Collegio, all’udienza che precede, ha rilevato d’ufficio possibili profili di inammissibilità e improcedibilità del ricorso: si tratta di eccezione sostanzialmente sollevata anche da ASPI nelle proprie difese. Al riguardo, va rilevato come parte ricorrente stessa, nella memoria ex art. 73 c.p.a., alla luce delle difese di ASPI, abbia dato conto del fatto che: 1) il progetto definitivo non è stato ancora approvato; 2) dopo la mancata approvazione di diverse versioni del progetto, l’ultima versione dello stesso è stata modificata e non prevede che l’opera pubblica debba essere realizzata sull’area di proprietà della ricorrente, ma che la stessa venga espropriata per eventuali esigenze di ampliamento dell’infrastruttura, nonché per realizzare un parco fotovoltaico di interesse per il Comune.
Ne consegue, quindi, che, quand’anche – ma, come vedremo, si tratta di ipotesi da escludere – vi potesse essere un interesse della società ricorrente ad instaurare il presente giudizio, certamente non sussiste più l’interesse a proseguirlo, posto che, non essendo ancora stato adottato il provvedimento di approvazione del progetto definitivo, Verderiva può, e, a dire il vero, avrebbe già potuto, esercitare i propri “interessi legittimi procedimentali”, così come previsti, in termini generali dagli artt. 9 e 10, l. n. 241 del 1990, e dall’art. 11, d.p.r. n. 327 del 2001, in particolare inoltrando osservazioni, memorie e documentazione alle Amministrazioni competenti.
In tal senso, quindi, il ricorso deve ritenersi comunque improcedibile, perché non sussiste più l’interesse a far accertare il diritto a partecipare da parte di Verderiva, essendo ancora pendente il procedimento e non essendo stato posto in contestazione tale diritto dalle Amministrazioni, nemmeno nel presente giudizio, fermo restando che laddove nelle more dovesse intervenire l’approvazione del progetto definitivo, la società ricorrente ben potrà impugnare quest’ultimo.
Ancor prima, d’altronde, il ricorso deve ritenersi inammissibile. In primo luogo, infatti, va rammentato che il processo amministrativo, non qualificandosi come una giurisdizione di diritto oggettivo volta a ristabilire una legalità violata, ha la funzione di dirimere una controversia tra l’amministrazione che ha emanato il provvedimento e un soggetto che si afferma leso in modo diretto, concreto e attuale da tale provvedimento (Cons. Stato, sez. I, 7 agosto 2024, n. 931). Nel caso di specie, mancava fin dall’inizio un provvedimento lesivo attuale e concreto, tanto che parte ricorrente ha esplicitamente dato conto di “ricorrere al buio”, nell’eventualità che il provvedimento approvativo del progetto definitivo fosse stato emesso: si tratta, evidentemente, di una impugnazione del tutto priva di oggetto, e che avrebbe potuto e dovuto essere proposta solo dopo aver avuto contezza dell’effettiva esistenza del provvedimento.
In secondo luogo, l’intero ricorso è finalizzato sostanzialmente a censurare la mancata comunicazione di avvio del procedimento e, quindi, ad ottenere l’espresso accertamento del diritto da parte della società ricorrente ad ottenere tale comunicazione. Da un lato, la mancata comunicazione di avvio del procedimento, non giustifica un’autonoma impugnazione avanti al G.a., ma, al più, legittima l’impugnazione del provvedimento finale adottato in violazione delle disposizioni vigenti in materia di partecipazione procedimentale. Dall’altro lato, come noto, l’azione di accertamento dell’interesse legittimo, nel processo amministrativo, nell’ambito della giurisdizione di legittimità, seppure non espressamente contemplata dal sistema normativo, è in genere ritenuta ammissibile ove la stessa rappresenti l’unica modalità di tutela della posizione soggettiva, e cioè nel caso in cui le azioni tipizzate non soddisfino in modo pieno i bisogni di tutela (Cons. Stato, sez. VI, 16 aprile 2024, n. 3441).
Sempre in termini generali, l’azione di accertamento presuppone anch’essa la sussistenza di un interesse ad agire attuale e concreto: come sottolineato, in giurisprudenza, infatti, predicati essenziali dell’azione di accertamento sono ‹‹anzitutto, l’enucleazione di un interesse sostanziale del privato giuridicamente rilevante il cui godimento risulti minacciato da una situazione di obiettiva incertezza ingenerata dalla stessa Amministrazione si dà far emergere un interesse ad agire concreto ed attuale ex art. 100 c.p.c. ad una pronuncia di accertamento che rimuova la divisata situazione di incertezza; l’ascrivibilità della pretesa ad un contesto rigidamente vincolato all’applicazione della disciplina di settore senza che residuino margini di discrezionalità; la non praticabilità degli ulteriori e tipizzati rimedi di tutela previsti dalla disciplina di settore; l’insussistenza di una possibile interferenza della pronuncia dichiarativa con riferimento a poteri amministrativi ancora non pronunciati›› (Cons. Stato, sez. III, 7 aprile 2021, n. 2804).
Nel caso di specie, non risulta che le Amministrazioni resistenti abbiano contestato il “diritto” (rectius, l’interesse legittimo procedimentale) della società ricorrente a partecipare al procedimento, né, del resto, quest’ultima ha dato conto di avere – quantomeno una volta ottenuta l’ostensione della documentazione da parte di ASPI – tentato di promuovere, mediante invio di specifiche memorie, le proprie ragioni relativamente alla proposta di progetto in approvazione. Va sottolineato, infatti, che, non avendo comunque ricevuto la notifica di un provvedimento di approvazione definitivo, la società avrebbe comunque potuto e dovuto tentare di trasmettere alle Amministrazioni competenti le proprie osservazioni.
Del resto non risulta che Verderiva, pur avendo avuto chiara contezza, nel presente giudizio, del fatto che il MIT non ha ancora assunto alcun provvedimento, nelle more del presente giudizio abbia inviato memorie partecipative alle Amministrazioni resistenti. Ne consegue, quindi, un difetto ab origine di interesse ad agire in giudizio che, a fortiori, concerne pure l’impugnazione della DGR della Regione Emilia-Romagna n. 36 del 17/01/2022 e del decreto del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, n. 4498 del 4 marzo 2022, non oggetto di specifiche censure da parte del ricorrente. Pertanto, il ricorso deve essere, in parte qua, dichiarato inammissibile.
- Nel merito. In ogni caso, va rilevato come pure nel merito la censura relativa alla omessa comunicazione di avvio del procedimento non sia fondata. Al riguardo, ASPI ha depositato in giudizio la comunicazione del 22 maggio 2022, indirizzata alla sede legale di Verderiva (via Borgonuovo 14), e ha altresì depositato l’avviso di ricevimento dal quale risulta la non consegna della missiva da parte dell’agente postale in quanto il destinatario è risultato “irreperibile”. Va rilevato come non venga in rilievo un’ipotesi di “temporanea assenza”, ai sensi dell’art. 8, l. n. 20 novembre 1982, n. 890, ma di “irreperibilità” ai sensi dell’art. 9, della medesima legge, che prevede la restituzione del plico al mittente in caso di irreperibilità del destinatario.
Nella fattispecie è inoltre incontestato che all’indirizzo della sede sociale della società ricorrente, quale risultante dal Registro Imprese, non vi era alcun riferimento alla società medesima (insegna, targa o indicazione del nominativo sul citofono esterno). La Suprema Corte, ha avuto modo di rilevato come ‹‹la dichiarazione con cui l’ufficiale giudiziario (o l’ufficiale postale, nel caso di notifica per mezzo del servizio postale) dichiara di non aver trovato nessuno all’indirizzo indicato dal mittente non postula alcun accertamento sull’effettiva residenza del destinatario, né costituisce un’attestazione dotata di pubblica fede. L’ufficiale postale, infatti, quando annota nella relazione di notificazione “l’assenza” del destinatario non compie certo ricerche anagrafiche, né compie indagini di altro tipo.
Il postino legge un nome su una cassetta postale, e se corrisponde a quello del destinatario dell’atto, immette quest’ultimo nella cassetta›› (Cass. civ., sez. III, 2 settembre 2022, n. 25885). Lo stesso vale anche per la fattispecie in esame: ferma restando la possibilità dell’interessato destinatario del provvedimento, di dedurre una rimessione in termini per causa ad esso non imputabile, è evidente che non può essere ascritta all’Amministrazione, che aveva correttamente individuato l’indirizzo di recapito, alcuna violazione delle garanzie partecipative. 3. Conclusioni e spese.
Alla luce di quanto precede, il ricorso deve essere dichiarato in parte inammissibile, e in parte improcedibile, con riguardo all’istanza ex art. 116, comma 2, c.p.a.. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo, limitatamente al rapporto processuale tra Verderiva srl e ASPI, che si è concretamente difesa in giudizio, mentre devono essere compensate nei confronti del MIT, in ragione della particolarità della controversia e della costituzione meramente formale da parte della suddetta Amministrazione.