Corte di Giustizia UE, Sez.IV, sentenza 03 febbraio 2021 (cause riunite C-155/19 e C-156/19)
PRINCIPI DI DIRITTO
L’articolo 2, paragrafo 1, punto 4, lettera a), della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE, deve essere interpretato nel senso che un’entità investita di compiti a carattere pubblico tassativamente definiti dal diritto nazionale può considerarsi istituita per soddisfare specificatamente esigenze di interesse generale aventi carattere non industriale o commerciale, ai sensi della disposizione sopra citata, quand’anche essa sia stata creata non già sotto forma di amministrazione pubblica, bensì di associazione di diritto privato, e alcune delle sue attività, per le quali essa è dotata di una capacità di autofinanziamento, non abbiano carattere pubblico.
Il secondo dei criteri alternativi previsti dall’articolo 2, paragrafo 1, punto 4, lettera c), della direttiva 2014/24 deve essere interpretato nel senso che, nel caso in cui una federazione sportiva nazionale goda, in virtù del diritto nazionale, di autonomia di gestione, la gestione di tale federazione può considerarsi posta sotto la vigilanza di un’autorità pubblica soltanto qualora da un’analisi complessiva dei poteri di cui tale autorità dispone nei confronti della federazione suddetta risulti che esiste un controllo di gestione attivo il quale, nei fatti, rimette in discussione l’autonomia di cui sopra fino al punto di consentire all’autorità summenzionata di influire sulle decisioni della federazione stessa in materia di appalti pubblici. La circostanza che le varie federazioni sportive nazionali esercitino un’influenza sull’attività dell’autorità pubblica in questione in virtù della loro partecipazione maggioritaria in seno ai principali organi collegiali deliberativi di quest’ultima è rilevante soltanto qualora sia possibile dimostrare che ciascuna delle suddette federazioni, considerata singolarmente, è in grado di esercitare un’influenza significativa sul controllo pubblico esercitato da tale autorità nei confronti della federazione stessa, con la conseguenza che tale controllo venga neutralizzato e la federazione sportiva nazionale torni così ad avere il dominio sulla propria gestione, e ciò malgrado l’influenza delle altre federazioni sportive nazionali che si trovano in una analoga situazione.
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
Sulle questioni pregiudiziali
Sulla prima questione
33 Con la sua prima questione, il giudice del rinvio desidera sapere, in sostanza, se l’articolo 2, paragrafo 1, punto 4, lettera a), della direttiva 2014/24 debba essere interpretato nel senso che un’entità investita di compiti a carattere pubblico tassativamente definiti dal diritto nazionale può considerarsi istituita per soddisfare specificatamente esigenze di interesse generale aventi carattere non industriale o commerciale, ai sensi della disposizione sopra citata, quand’anche essa sia stata creata non già sotto forma di amministrazione pubblica, bensì di associazione di diritto privato, e alcune delle sue attività, per le quali essa è dotata di una capacità di autofinanziamento, non abbiano carattere pubblico.
34 A questo proposito, occorre ricordare che, a norma dell’articolo 2, paragrafo 1, punto 4, lettere da a) a c), della direttiva 2014/24, un’entità deve essere qualificata come «organismo di diritto pubblico» qualora essa, in primo luogo, sia stata istituita per soddisfare specificatamente esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale, in secondo luogo, sia dotata di personalità giuridica e, in terzo luogo, sia finanziata in modo maggioritario dallo Stato, dalle autorità regionali o locali o da altri organismi di diritto pubblico, oppure la sua gestione sia posta sotto la vigilanza di tali autorità o organismi, oppure il suo organo di amministrazione, di direzione o di vigilanza sia costituito da membri più della metà dei quali è designata dallo Stato, da autorità regionali o locali o da altri organismi di diritto pubblico.
35 La Corte ha già statuito che i tre requisiti enunciati all’articolo 2, paragrafo 1, punto 4, lettere da a) a c), della direttiva 2014/24 sono cumulativi, fermo restando che i tre criteri menzionati nell’ambito del terzo requisito hanno invece carattere alternativo (v., in tal senso, sentenze del 12 settembre 2013, 12/19 C-526/11, EU:C:2013:543, punto 20, nonché del 5 ottobre 2017, LitSpecMet, C-567/15, EU:C:2017:736, punto 30 e la giurisprudenza ivi citata).
36 Per quanto riguarda il primo di questi tre requisiti, stabilito all’articolo 2, paragrafo 1, punto 4, lettera a), della direttiva 2014/24, risulta dalla giurisprudenza della Corte che il legislatore dell’Unione ha inteso sottoporre alle norme vincolanti sugli appalti pubblici soltanto le entità create allo scopo specifico di soddisfare esigenze di interesse generale aventi carattere non industriale o commerciale e l’attività delle quali risponda a siffatte esigenze (v., in tal senso, sentenza del 5 ottobre 2017, LitSpecMet, C-567/15, EU:C:2017:736, punto 35).
37 A questo proposito, indipendentemente dal fatto che ciò avvenga sin dalla sua creazione oppure successivamente a quest’ultima, l’entità in questione deve assicurare effettivamente il soddisfacimento di esigenze di interesse generale, e la presa in carico di siffatte esigenze deve poter essere constatata oggettivamente (v., in tal senso, sentenza del 12 dicembre 2002, Universale-Bau e a., C-470/99, EU:C:2002:746, punto 63).
38 Nel caso di specie, risulta dai chiarimenti forniti dal giudice del rinvio che, in Italia, l’attività di interesse generale costituita dallo sport viene realizzata da ciascuna delle federazioni sportive nazionali nell’ambito di compiti a carattere pubblico espressamente attribuiti a queste federazioni dall’articolo 15, comma 1, del decreto legislativo n. 242 e tassativamente elencati all’articolo 23, comma 1, dello Statuto del CONI.
39 A questo proposito, consta che vari dei compiti elencati all’articolo 23, comma 1, dello Statuto del CONI, quali il controllo del regolare svolgimento delle competizioni e dei campionati sportivi, la prevenzione e la repressione del doping, oppure la preparazione olimpica e di alto livello, sono privi di carattere industriale o commerciale, aspetto questo la cui verifica è però riservata al giudice del rinvio. Date tali circostanze, qualora assicuri effettivamente la realizzazione di compiti siffatti, una federazione sportiva nazionale soddisfa il requisito enunciato all’articolo 2, paragrafo 1, punto 4, lettera a), della direttiva 2014/24.
40 Tale conclusione non è invalidata, in primo luogo, dal fatto che la FIGC ha la veste giuridica di un’associazione di diritto privato e che la sua creazione non deriva, di conseguenza, da un atto formale istitutivo di un’amministrazione pubblica.
41 Infatti, da un lato, il tenore letterale dell’articolo 2, paragrafo 1, punto 4, della direttiva 2014/24 non contiene alcun riferimento alle modalità di creazione o alla veste giuridica dell’entità in questione. Dall’altro lato, occorre ricordare che la nozione di «organismo di diritto pubblico» deve ricevere un’interpretazione funzionale indipendente dalle modalità formali della sua attuazione, cosicché tale necessità osta a che venga operata una distinzione in base alla veste legale e al regime giuridico applicabile all’entità di cui trattasi in virtù del diritto nazionale ovvero in base alla forma giuridica delle disposizioni che istituiscono tale entità (v., in tal senso, sentenze del 10 novembre 1998, BFI Holding, C-360/96, EU:C:1998:525, punto 62; del 15 maggio 2003, Commissione/Spagna, C-214/00, EU:C:2003:276, punti 55 e 56, nonché del 12 settembre 2013, IVD, C-526/11, EU:C:2013:543, punto 21 e la giurisprudenza ivi citata).
42 In secondo luogo, è del pari irrilevante il fatto che la FIGC persegua, a fianco delle attività di interesse generale tassativamente elencate all’articolo 23, comma 1, dello Statuto del CONI, altre attività che costituiscono una gran parte dell’insieme delle sue attività e che sono autofinanziate.
43 Infatti, la Corte ha già statuito che è indifferente che un’entità, oltre alla propria missione di soddisfacimento di esigenze di interesse generale, realizzi altre attività e che il soddisfacimento delle esigenze di interesse generale costituisca soltanto una parte relativamente poco importante delle attività realmente intraprese da tale entità, nella misura in cui questa continui a farsi carico delle esigenze che è specificamente obbligata a soddisfare (v., in tal senso, sentenza del 10 novembre 1998, BFI Holding, C-360/96, EU:C:1998:525, punto 55).
44 Occorre precisare che, date tali circostanze, il fatto che una federazione sportiva nazionale sia dotata di una capacità di autofinanziamento in relazione, segnatamente, alle attività prive di carattere pubblico da essa esercitate non può presentare, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 56 delle sue conclusioni, alcuna rilevanza, dato che, infatti, una siffatta capacità di autofinanziamento è ininfluente sull’attribuzione di compiti a carattere pubblico.
45 Peraltro, neppure la sentenza del 15 gennaio 1998, Mannesmann Anlagenbau Austria e a. (C-44/96, EU:C:1998:4), permette di giungere ad una diversa conclusione.
46 Da un lato, le considerazioni esposte ai punti da 20 a 35 di detta sentenza illustrano per l’appunto la linea giurisprudenziale ricordata al punto 43 della presente sentenza, la quale implica, in sostanza, che, al fine di stabilire se un’entità possa essere considerata come un organismo di diritto pubblico, è indifferente che tale entità svolga attività diverse da quelle intese a soddisfare le esigenze di interesse generale, quand’anche queste ultime attività siano poco importanti.
47 Dall’altro lato, le considerazioni esposte ai punti da 38 a 41 della sentenza del 15 gennaio 1998, Mannesmann Anlagenbau Austria e a. (C-44/96, EU:C:1998:4), non sono pertinenti ai fini della soluzione della controversia di cui ai procedimenti principali, le cui caratteristiche divergono da quelle della situazione descritta in detta sentenza, ossia la situazione di una società creata e detenuta in via maggioritaria da un’amministrazione aggiudicatrice al fine di esercitare attività commerciali per le quali essa beneficia di un trasferimento delle risorse finanziarie risultanti dalle attività che detta amministrazione aggiudicatrice esercita al fine di soddisfare esigenze di interesse generale aventi carattere non industriale o commerciale.
48 Alla luce delle considerazioni sopra esposte, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 2, paragrafo 1, punto 4, lettera a), della direttiva 2014/24 deve essere interpretato nel senso che un’entità investita di compiti a carattere pubblico tassativamente definiti dal diritto nazionale può considerarsi istituita per soddisfare specificatamente esigenze di interesse generale aventi carattere non industriale o commerciale, ai sensi della disposizione sopra citata, quand’anche essa sia stata creata non già sotto forma di amministrazione pubblica, bensì di associazione di diritto privato, e alcune delle sue attività, per le quali essa è dotata di una capacità di autofinanziamento, non abbiano carattere pubblico.
Sulla seconda questione
49 Con la sua seconda questione, il giudice del rinvio desidera sapere se il secondo dei criteri alternativi previsti dall’articolo 2, paragrafo 1, punto 4, lettera c), della direttiva 2014/24 debba essere interpretato nel senso che la gestione di una federazione sportiva nazionale deve considerarsi posta sotto la vigilanza di un’autorità pubblica, tenendo conto, da un lato, dei poteri di cui tale autorità è investita nei confronti di una federazione siffatta e, dall’altro, del fatto che gli organi fondamentali di detta autorità sono composti in via maggioritaria da rappresentanti dell’insieme delle federazioni sportive nazionali.
50 A questo proposito, occorre ricordare che i criteri alternativi figuranti all’articolo 2, paragrafo 1, punto 4, lettera c), della direttiva 2014/24, quali ricordati al punto 34 della presente sentenza, rispecchiano tutti la stretta dipendenza di un organismo nei confronti dello Stato, delle autorità regionali o locali o di altri organismi di diritto pubblico, e che, per quanto riguarda più precisamente il criterio relativo alla vigilanza sulla gestione, una vigilanza siffatta si basa sulla constatazione di un controllo attivo sulla gestione dell’organismo in questione idoneo a creare una dipendenza di quest’ultimo nei confronti dei poteri pubblici, equivalente a quella che esiste allorché è soddisfatto uno degli altri due criteri alternativi, ciò che può consentire ai poteri pubblici di influire sulle decisioni del suddetto organismo in materia di appalti pubblici (v., in tal senso, sentenza del 27 febbraio 2003, Adolf Truley, C-373/00, EU:C:2003:110, punti 68, 69 e 73 nonché la giurisprudenza ivi citata).
51 Pertanto, in linea di principio, un controllo a posteriori non soddisfa tale criterio, in quanto esso non consente ai poteri pubblici di influire sulle decisioni dell’organismo in questione in tale settore (v., in tal senso, sentenza del 12 settembre 2013, IVD, C-526/11, EU:C:2013:543, punto 29 e la giurisprudenza ivi citata).
52 Nel caso di specie, risulta dalla normativa nazionale, e in particolare dal combinato disposto dell’articolo 1 del decreto-legge n. 220, dell’articolo 2, comma 1, e dell’articolo 5, comma 1, del decreto legislativo n. 242, nonché dell’articolo 1, comma 2, e dell’articolo 6, comma 1, dello Statuto del CONI che quest’ultimo, in quanto autorità di disciplina, regolazione e gestione delle attività sportive, ha come compito principale, nell’ambito dell’autonomia dell’ordinamento sportivo e nel rispetto dei principi dell’ordinamento sportivo internazionale, l’organizzazione ed il potenziamento dello sport nazionale, ed in particolare la preparazione degli atleti e l’approntamento dei mezzi idonei per la preparazione ai Giochi olimpici, l’adozione di misure antidoping, nonché la promozione della massima diffusione della pratica sportiva. A questo scopo, il Consiglio nazionale del CONI, in quanto organo supremo di rappresentanza dello sport italiano, opera per la diffusione dell’idea olimpica, assicura l’attività necessaria per la preparazione olimpica, disciplina e coordina l’attività sportiva nazionale, e armonizza, tra l’altro, l’azione delle federazioni sportive nazionali.
53 Risulta dunque che, esercitando essenzialmente una funzione di regolazione e di coordinamento, il CONI costituisce un’organizzazione di vertice che mira innanzitutto a rivolgere alle federazioni sportive nazionali regole sportive, etiche e strutturali comuni in modo da inquadrare la pratica sportiva in modo armonizzato in accordo con le norme internazionali, in particolare nel contesto delle competizioni e della preparazione ai Giochi olimpici. A questo proposito, occorre d’altronde rilevare che, a norma dell’articolo 7, comma 2, lettera e), del decreto legislativo n. 242, il controllo del CONI su tali federazioni sembra essere essenzialmente limitato ai settori del regolare svolgimento delle competizioni, della preparazione olimpica, dell’attività sportiva di alto livello e dell’utilizzo dei contributi finanziari, circostanza questa la cui verifica spetta al giudice del rinvio.
54 Per contro, non risulta dal fascicolo sottoposto alla Corte che il CONI abbia il compito di regolamentare i dettagli della pratica sportiva nel quotidiano o di ingerirsi nella gestione concreta delle federazioni sportive nazionali e nei rapporti che esse intrattengono, come rilevato in sostanza dall’avvocato generale al paragrafo 29 delle sue conclusioni, con le strutture di base costituite dai club, dalle associazioni e dalle altre entità pubbliche o private, nonché con qualsiasi individuo che desideri praticare lo sport.
55 Questa definizione del ruolo e della missione del CONI sembra essere suffragata dall’articolo 20, comma 4, dello Statuto del CONI, in virtù del quale le federazioni sportive nazionali, pur essendo tenute ad esercitare l’attività sportiva e le relative attività di promozione in armonia con le deliberazioni e gli indirizzi del CIO e del CONI, beneficiano, sotto la vigilanza di quest’ultimo, di un’autonomia tecnica, organizzativa e di gestione nell’ambito dell’ordinamento sportivo. Risulta dunque che, ad eccezione dei settori nei quali il CONI è legittimato a intervenire e ad esercitare un controllo, dette federazioni beneficiano di un’ampia autonomia per quanto riguarda la propria gestione e la gestione dei diversi aspetti della disciplina sportiva di cui esse si occupano, tenendo presente che i loro rapporti con il CONI sono limitati, prima facie, al rispetto, da parte loro, degli orientamenti e delle regole generali dettate dal CONI stesso. L’articolo 15, comma 4, del decreto legislativo n. 242 precisa d’altronde che è l’assemblea elettiva della federazione sportiva nazionale interessata il soggetto che provvede all’approvazione e alla verifica dei bilanci programmatici di indirizzo dell’organo di amministrazione, ciò che tende a dimostrare, anche in questo caso, che le suddette federazioni hanno una piena autonomia di gestione.
56 In una configurazione siffatta, la quale, tenuto conto della grande varietà delle soluzioni adottate nei diversi Stati membri, è peculiare dell’ordinamento sportivo italiano, occorre considerare che un’amministrazione pubblica, incaricata, essenzialmente, di dettare delle regole in materia sportiva, di verificare la loro corretta applicazione e di intervenire unicamente a livello dell’organizzazione delle competizioni e della preparazione olimpica senza disciplinare l’organizzazione e la pratica nel quotidiano delle varie discipline sportive, non può essere considerata, di primo acchito, come un organo gerarchico capace di controllare e dirigere la gestione delle federazioni sportive nazionali, e ciò ancor meno nel caso in cui tali federazioni godano di autonomia di gestione.
57 L’autonomia di gestione conferita alle federazioni sportive nazionali in Italia sembra dunque, in linea generale, deporre in senso contrario all’esistenza di un controllo attivo da parte del CONI esteso a tal punto che quest’ultimo potrebbe influire sulla gestione di una federazione sportiva nazionale come la FIGC, segnatamente in materia di affidamento di appalti pubblici.
58 Ciò premesso, una presunzione siffatta può essere rovesciata qualora sia dimostrato che, nei fatti, i diversi poteri spettanti al CONI nei confronti della FIGC hanno l’effetto di creare una dipendenza di tale federazione rispetto al CONI, tale per cui quest’ultimo possa influire sulle decisioni di detta federazione in materia di appalti pubblici. A questo proposito, lo spirito di competizione sportiva, la cui organizzazione e concreta gestione sono di spettanza delle federazioni sportive nazionali, come si è detto al punto 55 della presente sentenza, impone di non considerare tali diversi poteri del CONI in un’accezione troppo tecnica, ma di dare agli stessi un’interpretazione più sostanziale che formale.
59 Spetta dunque al giudice del rinvio verificare se i diversi poteri spettanti al CONI nei confronti della FIGC mostrino, nel complesso, l’esistenza di una dipendenza cui si accompagna una siffatta possibilità di influenza. Se tale verifica incombe esclusivamente al giudice del rinvio, la Corte può, nondimeno, statuendo su un rinvio pregiudiziale, fornire, se del caso, delle precisazioni intese a guidare il giudice nazionale nella propria decisione (v., in tal senso, sentenza del 2 maggio 2019, Fundación Consejo Regulador de la Denominación de Origen Protegida Queso Manchego, C-614/17, EU:C:2019:344, punto 37 e la giurisprudenza ivi citata).
60 Per quanto riguarda, in primo luogo, il potere del CONI di riconoscere le federazioni sportive nazionali ai fini sportivi, quale risulta dall’articolo 5, comma 2, lettera c), e dall’articolo 15, commi 5 e 6, del decreto legislativo n. 242, nonché dall’articolo 6, comma 4, lettere b) e c), dello Statuto del CONI, occorre rilevare, da un lato, che il CONI fa applicazione, in tale contesto, di una normativa generale che, secondo le osservazioni scritte presentate dal governo italiano, è comune a qualsiasi entità sportiva associativa che miri a conseguire la personalità giuridica, ovvero sia tributaria, anche in forma minoritaria, di contributi pubblici. Dall’altro lato, risulta dal fascicolo sottoposto alla Corte che il riconoscimento da parte del CONI è soltanto una tappa preliminare che concerne unicamente l’iter di riconoscimento a fini sportivi, tenendo presente che tutte queste federazioni vengono riconosciute uniformemente secondo le modalità e le condizioni dettate dalla normativa italiana in vigore, ossia nella specie il decreto del Presidente della Repubblica del 10 febbraio 2000, n. 361.
61 Inoltre, risulta dal combinato disposto dell’articolo 6, comma 4, lettera c), e dell’articolo 21, comma 1, dello Statuto del CONI che, salvo verifica da parte del giudice del rinvio, i criteri sulla base dei quali viene concesso il riconoscimento non si correlano in alcun modo ad aspetti di gestione della federazione di cui trattasi, bensì vertono su condizioni generali che qualsiasi federazione sportiva nazionale deve soddisfare in materia di sport e di organizzazione, nonché sul rispetto di regole e di principi di base come il principio di democrazia interna o il principio di parità dei sessi e delle opportunità. Analogamente, il riconoscimento di una federazione sportiva nazionale può essere revocato dal Consiglio nazionale del CONI, a norma dell’articolo 21, comma 3, dello Statuto del CONI, soltanto nel caso in cui la federazione in questione non soddisfi più le condizioni enunciate all’articolo 21, comma 1, di detto Statuto.
62 È senz’altro vero che, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 71 delle sue conclusioni, l’iter di riconoscimento sembra, in virtù del combinato disposto dell’articolo 5, comma 2, lettera b), del decreto legislativo n. 242 nonché dell’articolo 6, comma 4, lettera b), dello Statuto del CONI, essere vincolato alla verifica della conformità dello statuto della federazione sportiva nazionale di cui trattasi ai principi fondamentali definiti dal Consiglio nazionale del CONI. Nondimeno, l’espressione «principi fondamentali», letta in combinazione con i principi cui devono uniformarsi le disposizioni statutarie e regolamentari di tali federazioni a norma dell’articolo 16, comma 1, del decreto legislativo n. 242 nonché dell’articolo 21, comma 1, lettera c), e dell’articolo 22, commi da 1 a 3, dello Statuto del CONI, sembra attestare che il Consiglio nazionale del CONI può definire unicamente regole di organizzazione ispirate al principio di democrazia interna che gli statuti delle suddette federazioni devono rispettare, senza essere in grado di imporre a queste ultime regole di gestione dettagliate e pervasive.
63 Poiché l’intervento del CONI si limita a stabilire dei principi fondamentali al fine di armonizzare la normativa generale cui soggiacciono tutte le federazioni sportive nazionali e di garantire che tali federazioni siano operative, nella disciplina sportiva ad esse affidata, a livello nazionale e internazionale, perseguendo gli obiettivi fissati dalla legge e adottando disposizioni statutarie e regolamentari conformi a quest’ultima e al principio di democrazia interna, non risulta, prima facie, che il previo riconoscimento della FIGC ai fini sportivi permetta, di per sé solo, al CONI di esercitare, successivamente, un controllo attivo sulla gestione di tale federazione al punto di consentirgli di influire sulle decisioni di quest’ultima in materia di appalti pubblici.
64 Per quanto riguarda, in secondo luogo, il potere del CONI, previsto dall’articolo 5, comma 2, lettera a), e dall’articolo 15, comma 1, del decreto legislativo n. 242, nonché dall’articolo 20, comma 4, e dall’articolo 23, commi 1 bis e 1 ter, dello Statuto del CONI, di adottare nei confronti delle federazioni sportive italiane atti di indirizzo, deliberazioni, orientamenti e istruzioni concernenti l’esercizio dell’attività sportiva disciplinata da dette federazioni, spetta al giudice del rinvio verificare se, come sostenuto dalla FIGC, dal CONI e dal governo italiano nel corso dell’udienza, tutte queste norme mirino ad imporre alle federazioni sportive nazionali regole generali, ampie e astratte ovvero orientamenti generali relativi all’organizzazione sportiva nella sua dimensione pubblica, sicché, in tal modo, il CONI non interverrebbe attivamente nella gestione di tali federazioni al punto di poter influire sulle decisioni di queste ultime in materia di appalti pubblici, oppure se, al contrario, il CONI sia in grado di assoggettare le suddette federazioni a norme di gestione assai dettagliate e di imporre loro un determinato assetto di gestione, segnatamente in materia di affidamento di appalti (v., in tal senso, sentenza del 1° febbraio 2001, Commissione/Francia, C-237/99, EU:C:2001:70, punti da 50 a 52 e 57).
65 Per quanto riguarda, in terzo luogo, il potere del CONI di approvare ai fini sportivi gli statuti delle federazioni sportive nazionali, occorre rilevare che, nell’esercizio di tale potere quale risulta dall’articolo 7, comma 5, lettera l), e dall’articolo 22, comma 5, dello Statuto del CONI, quest’ultimo può valutare la conformità degli statuti di tali federazioni soltanto rispetto alla legge, al proprio statuto e ai principi fondamentali stabiliti dal CONI stesso. Date tali circostanze, incombe al giudice del rinvio verificare se il CONI avrebbe potuto imporre alla FIGC, al momento dell’approvazione dello statuto, modifiche tali che l’autonomia di gestione di tale federazione sarebbe stata ristretta, oppure, in occasione della valutazione dello statuto, revocare il riconoscimento della FIGC per il fatto che quest’ultima non avesse accettato modifiche intese a limitare la sua autonomia di gestione, oppure anche imporle un comportamento predeterminato in materia di gestione.
66 Per quanto riguarda, in quarto luogo, il potere del CONI di approvare i bilanci consuntivi e i bilanci di previsione annuali delle federazioni sportive nazionali, quale risultante dall’articolo 15, comma 3, del decreto legislativo n. 242, nonché dall’articolo 7, comma 5, lettera g2), e dall’articolo 23, comma 2, dello Statuto del CONI, spetta al giudice del rinvio verificare se, al riguardo, il CONI si limiti a procedere ad un controllo puramente contabile dei bilanci consuntivi e dell’equilibrio del bilancio di previsione, il che non indicherebbe l’esistenza di un controllo attivo sulla gestione di tali federazioni (v., in tal senso, sentenze del 1° febbraio 2001, Commissione/Francia, C-237/99, EU:C:2001:70, punto 53, e del 12 settembre 2013, IVD, C-526/11, EU:C:2013:543, punto 29), oppure se tale controllo riguardi altresì la gestione in corso delle suddette federazioni, segnatamente sotto il profilo dell’esattezza delle cifre, della regolarità, della ricerca di economie di spesa, della redditività e della razionalità, il che tenderebbe a dimostrare l’esistenza di un controllo attivo sulla gestione (v., in tal senso, sentenza del 27 febbraio 2003, Adolf Truley, C-373/00, EU:C:2003:110, punto 73).
67 Per quanto riguarda più in particolare l’approvazione dei bilanci consuntivi, il giudice del rinvio deve verificare che la sola «sanzione» connessa alla mancata approvazione dei bilanci da parte del CONI consiste nella non pubblicazione di tali bilanci. Simili indizi tenderebbero a dimostrare l’assenza di un potere di coercizione del CONI nei confronti delle federazioni sportive nazionali. 68 Per quanto riguarda l’approvazione del bilancio di previsione, spetterà al giudice del rinvio verificare se, come risulta dai chiarimenti forniti dal CONI nel corso dell’udienza, le federazioni sportive nazionali decidano, in definitiva, del loro bilancio di previsione senza che il CONI possa opporsi all’adozione dello stesso e sia così in grado di controllare la gestione di dette federazioni in ordine a tale aspetto, il che indicherebbe, anche in tal caso, l’assenza di un potere di coercizione del CONI.
69 Quanto al potere del CONI, contemplato dall’articolo 23, comma 2, dello Statuto di quest’ultimo, di stabilire i contributi finanziari destinati alle federazioni sportive nazionali e di determinare specifici vincoli di destinazione per tali contributi, spetterà al giudice del rinvio verificare l’incidenza di tale potere sulla gestione concreta della FIGC nonché sulla capacità di quest’ultima di conservare il controllo sulle proprie decisioni in materia di affidamento di appalti. In tale contesto, il giudice del rinvio dovrà tener conto del fatto che, da un lato, i contributi pubblici sembrano essere ripartiti, in virtù della disposizione summenzionata, in base a categorie assai generali nell’ambito della dimensione pubblica dell’attività sportiva, vale dire la promozione dello sport tra i giovani, la preparazione ai Giochi olimpici e la preparazione all’attività sportiva di alto livello, e che, dall’altro lato, nel caso particolare della FIGC, come risulta dalla decisione di rinvio e dalle indicazioni fornite nel corso dell’udienza, il finanziamento pubblico di tale federazione è comunque minoritario, dato che essa gode di una considerevole capacità di autofinanziamento.
70 Per quanto riguarda, in quinto luogo, il potere del CONI di nominare, a norma dell’articolo 7, comma 5, lettera hl), del suo Statuto, dei revisori dei conti in rappresentanza del CONI stesso nelle federazioni sportive nazionali, spetterà al giudice del rinvio verificare se tali revisori siano in grado di influire sulla politica di gestione della federazione suddetta, segnatamente in materia di appalti pubblici, tenuto conto del fatto che, come risulta dalle osservazioni scritte della FIGC e del CONI, tali revisori dei conti non disporrebbero di un diritto di veto e non avrebbero alcun potere di rappresentanza né alcun potere di gestione.
71 Per quanto riguarda, in sesto luogo, il potere del CONI, previsto dall’articolo 5, comma 2, lettera e), del decreto legislativo n. 242, nonché dall’articolo 6, comma 4, lettere e) ed e1), dall’articolo 7, comma 5, lettera e), e dall’articolo 23, comma 3, dello Statuto del CONI, di controllare l’esercizio delle attività a valenza pubblicistica affidate alle federazioni sportive nazionali nonché, più in generale, il buon funzionamento di tali federazioni, spetterà al giudice del rinvio verificare la portata di tali controlli sull’autonomia di gestione delle federazioni suddette e sulla loro capacità di decisione in materia di affidamento di appalti. In particolare, il giudice del rinvio dovrà verificare se, come si è indicato al punto 53 della presente sentenza, il controllo del buon funzionamento delle federazioni sportive nazionali si collochi essenzialmente nei settori del regolare svolgimento delle competizioni, della preparazione olimpica, dell’attività sportiva di alto livello e dell’utilizzazione degli aiuti finanziari, oppure se il CONI eserciti un controllo più attivo sulla gestione di tali federazioni.
72 Per quanto riguarda più in particolare il potere del CONI di commissariare le federazioni sportive nazionali in caso di gravi irregolarità nella gestione, di gravi violazioni dell’ordinamento sportivo, di impossibilità di funzionamento di tali federazioni o di problemi di regolarità delle competizioni sportive, incomberà al giudice del rinvio, al fine di escludere l’esistenza di un controllo attivo sulla gestione delle federazioni suddette, stabilire se, come sostenuto dalla FIGC, dal CONI e dal governo italiano sia nelle loro osservazioni scritte sia nel corso dell’udienza, tali casi di intervento del CONI, quali risultanti dall’articolo 5, comma 2, lettera e ter), e dall’articolo 7, comma 2, lettera f), del decreto legislativo n. 242, nonché dall’articolo 6, comma 4, lettera f1), dall’articolo 7, comma 5, lettera f), e dall’articolo 23, comma 3, dello Statuto del CONI, costituiscano un semplice controllo di regolarità e non una verifica della politica di gestione delle federazioni sportive nazionali, e se, indipendentemente dal carattere eccezionale del commissariamento, l’esercizio di tale potere non implichi un controllo permanente sulla gestione di tali federazioni (v., in tal senso, sentenza del 1° febbraio 2001, Commissione/Francia, C-237/99, EU:C:2001:70, punti 55 e 56).
73 Occorre precisare che, come rilevato in sostanza dall’avvocato generale al paragrafo 66 delle sue conclusioni, al fine di valutare l’esistenza di un controllo attivo del CONI sulla gestione della FIGC e di una possibile influenza del CONI sulle decisioni di quest’ultima in materia di appalti pubblici, l’analisi dei vari poteri del CONI deve costituire oggetto di una valutazione d’insieme, dovendosi considerare che, per regola generale, ciò che potrà rivelare l’esistenza suddetta sarà un complesso di indizi (v., in tal senso, sentenza del 1° febbraio 2001, Commissione/Francia, C-237/99, EU:C:2001:70, punto 59).
74 Quanto alla circostanza, rilevata dal giudice del rinvio, secondo cui, se si giungesse alla conclusione che il CONI controlla la gestione delle federazioni sportive nazionali come la FIGC in conformità del secondo dei criteri alternativi previsti dall’articolo 2, paragrafo 1, punto 4, lettera c), della direttiva 2014/24, dette federazioni eserciterebbero, in ragione della loro partecipazione maggioritaria in seno ai principali organi collegiali deliberativi del CONI a norma degli articoli 4 e 6 del decreto legislativo n. 242, un’influenza sull’attività del CONI che controbilancerebbe il controllo di cui sopra, occorre sottolineare come tale circostanza sarebbe pertinente soltanto qualora si potesse dimostrare che ciascuna delle federazioni sportive nazionali, considerata singolarmente, è in grado di esercitare un’influenza significativa sul controllo di gestione esercitato dal CONI nei confronti della federazione stessa, con la conseguenza che tale controllo verrebbe neutralizzato e la federazione sportiva nazionale tornerebbe così ad avere il dominio sulla propria gestione, e ciò malgrado l’influenza delle altre federazioni sportive nazionali che si trovano in una situazione analoga.
75 Alla luce delle considerazioni sopra esposte, occorre rispondere alla seconda questione dichiarando che il secondo dei criteri alternativi previsti dall’articolo 2, paragrafo 1, punto 4, lettera c), della direttiva 2014/24 deve essere interpretato nel senso che, nel caso in cui una federazione sportiva nazionale goda, in virtù del diritto nazionale, di autonomia di gestione, la gestione di tale federazione può considerarsi posta sotto la vigilanza di un’autorità pubblica soltanto qualora da un’analisi complessiva dei poteri di cui tale autorità dispone nei confronti della federazione suddetta risulti che esiste un controllo di gestione attivo il quale, nei fatti, rimette in discussione l’autonomia di cui sopra fino al punto di consentire all’autorità summenzionata di influire sulle decisioni della federazione stessa in materia di appalti pubblici. La circostanza che le varie federazioni sportive nazionali esercitino un’influenza sull’attività dell’autorità pubblica in questione in virtù della loro partecipazione maggioritaria in seno ai principali organi collegiali deliberativi di quest’ultima è rilevante soltanto qualora sia possibile dimostrare che ciascuna delle suddette federazioni, considerata singolarmente, è in grado di esercitare un’influenza significativa sul controllo pubblico esercitato da tale autorità nei confronti della federazione stessa, con la conseguenza che tale controllo venga neutralizzato e la federazione sportiva nazionale torni così ad avere il dominio sulla propria gestione, e ciò malgrado l’influenza delle altre federazioni sportive nazionali che si trovano in una analoga situazione.
Sulle spese
76 Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.