Cass. civ., VI – 3, ord., 04.03.2022, n. 7172
MASSIMA
L’art. 2051 c.c., nell’affermare la responsabilità del custode della res per i danni da questa cagionati, individua semplicemente un criterio di imputazione che prescinde da qualunque connotato di colpa operando sul piano oggettivo dell’accertamento del rapporto causale tra la cosa e l’evento dannoso, ma cionondimeno non esonera il danneggiato dalla prova del nesso di causalità.
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
- Con il primo motivo si denuncia “Nullità della sentenza ex art. 360 c.p.c. comma 1, nn. 4 e 5 in relazione all’art. 132 c.p.c. e all’art. 118 disp. att. c.p.c.”. La motivazione del provvedimento impugnato sarebbe meramente apparente in quanto inidonea a far comprendere le ragioni del convincimento della Corte territoriale che si sarebbe limitata ad affermare di non condividere le ragioni addotte dal giudice di primo grado a fondamento dell’accoglimento della domanda attorea.
1.1. Il motivo è inammissibile.
1.2. La Corte d’Appello ha ritenuto di non poter condividere il convincimento espresso dal Tribunale – secondo il quale il nesso causale tra lo stato dei luoghi e l’infortunio era “incontroverso” e per certi versi “in re ipsa” – in quanto restavano non provate le modalità del fatto, in particolare il nesso causale tra la caduta dell’attore e le condizioni del campo. Inoltre, ha rilevato che l’attuale ricorrente aveva formulato richieste istruttorie solo nella comparsa di risposta in appello, in via subordinata, ove la Corte “dovesse ammettere i mezzi istruttori richiesti da controparte”; vieppiù, in primo grado, l’attore non aveva reiterato le istanze istruttorie all’udienza di precisazione delle conclusioni, sì come rilevato con ordinanza del 15-20 gennaio 2016 di rigetto delle richieste avanzate da entrambe le parti in quanto tardive.
1.3. Con tutta evidenza, pertanto, la motivazione resa dalla sentenza impugnata, quandanche succinta, si sottrae al vizio denunciato di omessa o apparente motivazione poiché, invero, rende percepibili le ragioni di fatto e di diritto del rigetto della domanda, nella sostanza risultata sfornita di prova.
- Con il secondo motivo si denuncia “Violazione o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5”. La Corte territoriale avrebbe omesso di considerare che, nel caso di specie, si tratterebbe di responsabilità da cosa in custodia e, di conseguenza, la responsabilità del custode sarebbe automatica e esclusa solo dalla prova del caso fortuito.
2.1. Il motivo è inammissibile.
2.2. Preliminarmente occorre evidenziare che il motivo non è scrutinabile ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, poiché la “custodia” del campo di calcio, quale potere sulla res esercitato dal convenuto, non risulta un fatto decisivo omesso, ma una componente della fattispecie legale osservata dal giudice ai fini della valutazione della sussistenza o meno responsabilità del convenuto ex art. 2051 c.p.c..
2.3. Per quanto riguarda, invece, il motivo là dove dedotto come violazione di legge ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, esso risulta parimenti inammissibile in virtù dell’orientamento consolidato di questa Corte per cui, l’art. 2051 c.c., nell’affermare la responsabilità del custode della res per i danni da questa cagionati, individua semplicemente un criterio di imputazione che prescinde da qualunque connotato di colpa operando sul piano oggettivo dell’accertamento del rapporto causale tra la cosa e l’evento dannoso, ma cionondimeno non esonera il danneggiato dalla prova del predetto nesso di causalità (cfr. Cass., Sez. 3 -, Ordinanza n. 2477 dell’1/2/2018; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 12027 del 16/5/2017; Sez. 3, Sentenza n. 8229 del 7/4/2010).
- Conclusivamente il ricorso va dichiarato inammissibile, con ogni conseguenza in relazione al Contributo Unificato, se dovuto. Nulla per le spese stante l’assenza dell’intimato nel giudizio.