Corte Costituzionale, sentenza 10 aprile 2025, n. 40
PRINCIPIO DI DIRITTO
Va dichiarata non fondata la quesitone di legittimità con cui il giudice rimettente censura, in riferimento agli artt. 3 e 31 Cost., l’art. 1, comma 1, lettera a), numero 1), del d.l. n. 79 del 2021, come convertito, nella parte in cui, dopo avere riconosciuto l’assegno temporaneo per i figli minori, tra gli altri, «a[i] cittadin[i] di uno Stato non appartenente all’Unione europea in possesso del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo o del permesso di soggiorno per motivi di lavoro o di ricerca di durata almeno semestrale», ne esclude il godimento quanto ai cittadini di Paesi terzi, titolari di permesso di soggiorno per “richiesta asilo”.
Ciò in quanto l’estraneità dello strumento sociale di cui si tratta al nucleo dei bisogni essenziali della persona e quindi l’esclusione, nel caso di specie, della sussistenza del limite invalicabile costituito dalla garanzia di un diritto inviolabile consentono di affidare alla discrezionalità del legislatore, pur sempre in ossequio al principio di ragionevolezza, la possibilità di graduare con criteri restrittivi, o financo di escludere, l’accesso a prestazioni sociali.
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
- Con l’ordinanza indicata in epigrafe (reg. ord. n. 99 del 2024), il Tribunale di Padova, in funzione di giudice del lavoro, censura, in riferimento agli artt. 3 e 31 Cost., l’art. 1, comma 1, lettera a), numero 1), del d.l. n. 79 del 2021, come convertito, nella parte in cui, dopo avere riconosciuto l’assegno temporaneo per i figli minori, tra gli altri, «a[i] cittadin[i] di uno Stato non appartenente all’Unione europea in possesso del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo o del permesso di soggiorno per motivi di lavoro o di ricerca di durata almeno semestrale», ne esclude il godimento quanto ai cittadini di Paesi terzi, titolari di permesso di soggiorno per “richiesta asilo”.
1.1. Il rimettente denuncia l’irragionevole trattamento riservato dal legislatore ad una categoria di persone facoltizzata a lavorare sul territorio dello Stato in cui soggiorna, per un tempo limitato che di fatto è divenuto, nella grande maggioranza dei casi, pari ad un anno e mezzo, in ragione dei rinnovi semestrali consentiti e giustificati dai ritardi in cui incorre l’amministrazione competente nel decidere le domande di asilo.
1.2. I richiedenti asilo si trovano, secondo il giudice a quo, in modo vieppiù pressante in quanto componenti di un nucleo familiare già vulnerabile per la condizione sofferta dai suoi componenti, nella situazione di bisogno che la prestazione si prefigge di fronteggiare. Quest’ultima, correlandosi alla nascita di un figlio, risponderebbe ai bisogni primari dell’individuo, che si fanno via via più stringenti quanto maggiore è la loro afferenza alla persona.
1.3. Per il rimettente, la funzione protettiva da uno stato di bisogno assolta dall’assegno di natalità e di maternità nella giurisprudenza di questa Corte sovviene anche in caso di assegno temporaneo, il cui riconoscimento rimuove ostacoli di ordine economico e sociale che limitano libertà ed eguaglianza dei cittadini, con impedimento al pieno sviluppo della persona, anche in attuazione della tutela di maternità ed infanzia.
1.4. Si tratterebbe di profili di tutela non sacrificabili, ai quali non potrebbe ragionevolmente opporsi il carattere limitato delle risorse disponibili. […]
- Il tenore testuale della ordinanza di rimessione, là dove il giudice a quo rileva in modo inequivocabile che, salva la norma censurata, «non risulta difettare in capo alla ricorrente alcun altro presupposto di legge ai fini del riconoscimento del diritto all’assegno temporaneo», presuppone la avvenuta valutazione della sussistenza degli altri presupposti concernenti la legittima instaurazione del giudizio di accertamento della condotta discriminatoria, fondata sul carattere “mediato” della violazione che trova origine nella legge censurata. Lo stesso passaggio dell’ordinanza dà espressamente atto della ritenuta sussistenza dei requisiti previsti dalla disciplina in esame per il riconoscimento dell’assegno temporaneo, in disparte quello di cui si discute.
- Va, ancora, rilevato che il rimettente ha correttamente ritenuto la non praticabilità di una interpretazione costituzionalmente adeguata della norma censurata, avuto riguardo alla chiarezza del dettato normativo che, in modo univoco, riserva il riconoscimento dell’assegno temporaneo per i figli minori, per quanto qui rileva, ai cittadini di Paesi terzi in possesso di un «permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo o del permesso di soggiorno per motivi di lavoro o di ricerca di durata almeno semestrale».
- Nel merito, le questioni non sono fondate.
4.1. Il Tribunale di Padova, esclusa la dimensione europea, calibra il dubbio di illegittimità costituzionale sui parametri costituzionali della irragionevolezza, disparità di trattamento e tutela della famiglia, della maternità e dell’infanzia.
4.1. La mancata copertura all’interno del diritto dell’Unione della materia della sicurezza sociale – definita dal regolamento (CE) n. 883/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale – declinata con riferimento ai cittadini di Paesi terzi richiedenti asilo, sottrae la categoria all’applicazione dei relativi principi di parità di trattamento e non discriminazione.
4.2. L’art. 12 della direttiva 2011/98/UE, rubricato «Diritto alla parità di trattamento», indica, al paragrafo 1, lettera e), «i settori della sicurezza sociale definiti nel regolamento (CE) n. 883/2004» come il terreno di “concretizzazione” del principio di non discriminazione.
4.3. L’espressa esclusione della categoria dei richiedenti asilo «in attesa di una decisione definitiva sulla propria domanda» dal godimento dei diritti di sicurezza sociale (art. 3, paragrafo 2, lettera g, della citata direttiva 2011/98/UE) preclude, anche in combinato disposto con l’art. 18 CDFUE sulla garanzia dell’asilo, l’inveramento del principio di non discriminazione nella materia de qua, con conseguente esclusione della disapplicazione diretta della norma interna di contrasto.
4.4. In questa prospettiva, il rimettente correttamente esclude che possano valere a riconoscere tutela assistenziale al richiedente asilo le direttive 2013/33/UE e 2011/95/UE, rispettivamente dettate per definire gli standard minimi di accoglienza e assistenza sanitaria dei richiedenti protezione internazionale e per attribuire ai beneficiari della protezione internazionale, in condizioni di parità con i cittadini dello Stato membro, il diritto al social welfare o diritto all’assistenza sociale. Tale diritto viene tenuto distinto, ad opera dell’art. 34 CDFUE, da quello alla social security. La non omogeneità di prestazioni e categorie normate esclude, in tale contesto, la praticabilità di una disamina in punto di disparità di trattamento.
- Il quadro normativo in cui si collocano le questioni poste è, pertanto, quello interno dei dedotti vulnera ai principi di eguaglianza e ragionevolezza, nella prospettiva della rimozione degli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona umana, in un contesto di tutela della famiglia, della maternità e dell’infanzia (artt. 3, primo e secondo comma, e 31 Cost.).
5.1. A venire in esame è anzitutto l’individuazione della situazione obiettiva di bisogno al cui riconoscimento si accompagna la misura in questione.
5.2. Il rimettente muove dalla considerazione che il bisogno cui fa fronte l’assegno temporaneo per i figli minori appartiene al novero di quelli primari della persona, rispetto ai quali non si giustifica la scelta del legislatore di condizionarne il godimento a requisiti aggiuntivi.
5.3. Ciò posto, il giudice a quo denuncia la manifesta irragionevolezza della negazione in capo ai richiedenti asilo di una condizione di stabile permanenza nel territorio dello Stato di soggiorno cui consegue la loro esclusione dal novero delle categorie protette (cittadini dello Stato di soggiorno, cittadini comunitari ed extra UE lungo-soggiornanti o titolari di un permesso per motivi di lavoro o studio ultra-semestrale). Tale esclusione determinerebbe una ingiustificata diversità di trattamento, pur nella identità del presupposto dello stato di bisogno, tra coloro che sono ammessi a fruire degli assegni di maternità e natalità e il richiedente asilo che faccia istanza per il riconoscimento dell’assegno temporaneo per i figli minori.
- Nell’indicato quadro si tratta di individuare la natura del bisogno cui sopperisce l’assegno temporaneo, verificando se esso appartenga al nucleo di quelli essenziali nella cui tutela trovano realizzazione, attraverso la rimozione degli ostacoli di ordine economico e sociale, i principi di libertà ed eguaglianza tra individui nel pieno sviluppo della loro personalità.
Il sindacato che questa Corte è chiamata a esercitare «muove dall’identificazione della ratio della norma di riferimento e passa poi alla verifica della coerenza con tale ratio del filtro selettivo introdotto» (sentenza n. 44 del 2020, punto 3.1. del Considerato in diritto; in termini, più recentemente, sentenza n. 42 del 2024).
6.1. Dove la ratio dell’intervento è quella di alleviare un bisogno primario della persona, la scelta legislativa di limitazione o di esclusione va sottoposta a uno scrutinio particolarmente stretto, mentre nel caso in cui non venga direttamente in evidenza la finalità di alleviare uno stato di bisogno, l’esclusione o il limite può rinvenire una sua diversa e ragionevole giustificazione (tra le molte, sentenze n. 31 del 2025, n. 42 del 2024, n. 34 del 2022, n. 44 del 2020 e n. 222 del 2013).
- L’assegno temporaneo per i figli minori previsto dal censurato art. 1 del d.l. n. 79 del 2021, come convertito, è misura riconosciuta, nella versione in vigore, su base mensile, a decorrere dal 1° luglio 2021 e fino al 28 febbraio 2022, ai nuclei familiari che non abbiano diritto all’assegno per il nucleo familiare di cui all’art. 2 del d.l. n. 69 del 1988, come convertito, e siano in possesso di un indicatore della situazione economica equivalente (ISEE), documento che serve a determinare la condizione economica, reddituale e patrimoniale, delle famiglie.
7.1. Detta provvidenza interviene, dunque, ampliandola, sulla platea delle categorie familiari assistite a norma del d.l. n. 69 del 1988, come convertito. Quest’ultimo, intitolato «Norme in materia previdenziale, per il miglioramento delle gestioni degli enti portuali ed altre disposizioni urgenti», è dettato a sostegno della famiglia e natalità in un quadro di assistenza che, prestata in favore dei lavoratori, attribuisce rilievo – attraverso l’innalzamento del reddito complessivo del nucleo familiare ed il conseguente allargamento della cornice dei beneficiari – anche a situazioni di infermità ed inabilità al lavoro dei componenti del nucleo.
7.2. L’art. 2 del d.l. n. 79 del 2021, che detta i criteri per la determinazione dell’assegno temporaneo per i figli minori, riconosce la provvidenza a coloro che non possono godere della pregressa misura, determinandola nel suo ammontare in base alla tabella di cui all’Allegato 1, che individua le soglie ISEE (dove la prima è integrata dalla fascia di reddito «fino a 7.000» euro e l’ultima «da 49.900,01 a 50.000,00») e i corrispondenti importi mensili dell’assegno temporaneo per ciascun figlio minore, in relazione al numero presente nel nucleo familiare e con un innalzamento a fronte di situazioni di «disabilità» in cui venga a trovarsi il minore del nucleo familiare.
7.3. Il beneficio è attribuito a condizione che al momento della presentazione della domanda, e per tutta la durata della misura, il richiedente goda di cittadinanza italiana o di uno Stato membro dell’Unione europea, o sia cittadino di uno Stato non appartenente all’Unione europea in possesso del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo o del permesso di soggiorno per motivi di lavoro o di ricerca di durata almeno semestrale, sia soggetto al pagamento dell’imposta sul reddito in Italia, abbia figli a carico di età inferiore ai diciotto anni compiuti e si trovi a risiedere in Italia da almeno due anni, anche non continuativi, o sia titolare di un contratto di lavoro a tempo indeterminato o a tempo determinato di durata almeno semestrale (art. 1, comma 1, lettera a, punti da 1 a 4).
7.4. Nel preambolo del suddetto d.l. n. 79 del 2021 viene chiarito che l’intervento è determinato dalla esigenza di introdurre «in via temporanea e nelle more dell’adozione dei decreti legislativi attuativi della legge n. 46 del 2021, misure immediate volte a sostenere la genitorialità e favorire la natalità». In attuazione di tale previsione il d.lgs. n. 230 del 2021 ha introdotto l’assegno unico universale, nella cui disciplina vengono assorbite in un’unica provvidenza varie prestazioni sociali di famiglia, tra le quali l’assegno temporaneo per i figli minori.
7.5. L’assegno unico universale, in disparte i requisiti di cittadinanza – e, quanto agli stranieri, di titolarità di un permesso unico di lavoro, di un permesso di lungo periodo o di un permesso per ricerca lavoro, ai sensi del regolamento CE n. 1030/2002 –, è misura disancorata nell’an dai limiti reddituali del richiedente come rappresentati negli indicatori di equivalenza ISEE, la cui consistenza evidenzia l’estraneità dello strumento alla finalità di urgenza assistenziale.
7.6. Nella Tabella A, compilata con riferimento ai «Nuclei familiari con entrambi i genitori e almeno un figlio minore» ed allegata al testo del d.lgs. n. 230 del 2021 in occasione della sua adozione, gli indicatori di equivalenza vanno da una estensione minima «fino a 14.775,06» euro ad una massima compresa tra «101.888,69» euro e «102.006,90» euro, per un calcolo delle condizioni economiche familiari che, adeguato negli anni per successivi aggiornamenti, rispetta la natura universale del mezzo.
- Dal complessivo quadro di riferimento emerge che la provvidenza in questione non vale a sostenere specifici bisogni primari dell’individuo, apparendo, piuttosto, misura premiale della genitorialità, che non è, quindi, volta a tutelare una situazione di indigenza assoluta.
La natura transitoria e la finalità “ponte” dello strumento – volto a dare attuazione alla misura, definitiva, dell’assegno unico universale, a sua volta d’indole non assistenziale, siccome svincolato, nell’an, da limiti reddituali delle famiglie – concorrono a definirne la portata, al di fuori dello stretto obiettivo di affrancare la persona da un bisogno pressante ed essenziale.
8.1. Come ancora recentemente osservato da questa Corte, «la Costituzione impone di preservare l’eguaglianza nell’accesso all’assistenza sociale tra cittadini italiani e comunitari da un lato, e cittadini extra UE dall’altro, soltanto con riguardo a servizi e prestazioni che, nella soddisfazione di “un bisogno primario dell’individuo che non tollera un distinguo correlato al radicamento territoriale”, riflettano il godimento dei diritti inviolabili della persona» (ordinanza n. 29 del 2024, punto 5.4.1. del Considerato in diritto; nello stesso senso, sentenze n. 50 del 2019 e n. 222 del 2013), rammentando che, ove si tratti di prestazioni sociali, tanto maggiore è l’inerenza della prestazione a un bisogno essenziale della persona, tanto meno si giustifica la scelta di condizionarne il godimento a requisiti diversi ed aggiuntivi rispetto al grado di bisogno concretamente provato (ex multis, sentenze n. 42 del 2024 e n. 107 del 2018).
8.2. Il richiamato principio ha trovato applicazione: in materia di contributi regionali finalizzati a sostenere famiglie con figli disabili minori o per contrastare fenomeni di povertà e disagio sociale; con riguardo all’assegno sociale sostitutivo della pensione sociale e volto a far fronte a un particolare stato di bisogno derivante dall’indigenza; con riferimento all’indennità di accompagnamento agli invalidi civili totalmente inabili e alla pensione di inabilità (ex aliis, sentenze n. 42 del 2024, n. 137 del 2021, n. 222 e n. 40 del 2013).
- L’esistenza di autonome misure volte a fronteggiare bisogni essenziali dell’individuo va poi correlata con il sistema organico di provvidenze per i richiedenti asilo ed il loro nucleo familiare, con particolare riguardo ai minori che ne fanno parte.
9.1. Il permesso di soggiorno per i richiedenti asilo viene rilasciato agli stranieri che presentano domanda di protezione internazionale, ha durata semestrale ed è rinnovabile fino alla decisione, è valido anche come documento di riconoscimento e dà diritto, tra l’altro, all’assistenza sanitaria gratuita, all’istruzione dei figli minori con diritto all’iscrizione scolastica, e al lavoro (artt. 21 e 22 del d.lgs. n. 142 del 2015).
9.2. In particolare, quanto a quest’ultimo, il richiedente asilo può svolgere attività lavorativa decorsi 60 giorni dalla presentazione della domanda amministrativa se il procedimento non è concluso e il ritardo non è a lui attribuibile, ma il suo permesso non si converte in permesso di soggiorno per motivi di lavoro (art. 22 del d.lgs. n. 142 del 2015, cit.): il protrarsi del ritardo dell’amministrazione non conforma diversamente il titolo di permanenza, ma affranca dai bisogni primari la persona attraverso il suo inserimento nel circuito lavorativo componendo e contenendo i margini del bisogno.
9.3. Si tratta di un apparato di norme modulato sulle esigenze della prima accoglienza e sulla situazione “a formazione progressiva” in cui versa il richiedente asilo che in seguito alla domanda è autorizzato a rimanere sul territorio dello Stato finché la competente commissione territoriale non gli riconosca lo status di rifugiato o di protezione sussidiaria o ne rigetti la domanda (artt. 7, comma 1, e 32 del decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25, intitolato «Attuazione della direttiva 2005/85/CE recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato»; artt. 2,7 e 14 del decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251, intitolato «Attuazione della direttiva 2004/83/CE recante norme minime sull’attribuzione, a cittadini di Paesi terzi o apolidi, della qualifica del rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta»).
9.4. Ai titolari dello status di rifugiato e di protezione sussidiaria viene poi riconosciuto, con fonte primaria, il diritto al medesimo trattamento del cittadino italiano in materia di assistenza sociale e sanitaria (art. 27 del d.lgs. n. 251 del 2007) con l’espressa equiparazione quanto al godimento dell’assegno temporaneo per i figli minori (circolare dell’INPS n. 93 del 2021).
- Nell’indicato contesto, in cui vengono in valutazione i parametri della tutela della famiglia, maternità e infanzia (art. 31 Cost.), l’assegno temporaneo per i figli minori è una provvidenza di tutela di soggetti fragili, ma non è destinato al soddisfacimento di bisogni essenziali della persona. Esso non è, quindi, assimilabile alle misure di «sostegno indispensabili per una vita dignitosa, come la pensione d’inabilità civile, diretta al sostentamento della persona, nonché alla salvaguardia di condizioni di vita accettabili e alla tutela di bisogni primari della persona, al fine di garantire un minimo vitale di sussistenza a presidio del nucleo essenziale e indefettibile del diritto al mantenimento, garantito a ogni cittadino inabile al lavoro» (sentenza n. 137 del 2021, punto 8.2.2. del Considerato in diritto).
10.1. L’estraneità dello strumento sociale di cui si tratta al nucleo dei bisogni essenziali della persona e quindi l’esclusione, nel caso di specie, della sussistenza del limite invalicabile costituito dalla garanzia di un diritto inviolabile consentono – come costantemente ritenuto da questa Corte, in considerazione anche della esigenza di conciliare la massima fruibilità dei benefici previsti con la limitatezza delle risorse finanziarie disponibili (sentenze n. 107 del 2018 e n. 133 del 2013) – di affidare alla discrezionalità del legislatore, pur sempre in ossequio al principio di ragionevolezza, la possibilità di graduare con criteri restrittivi, o financo di escludere, l’accesso a prestazioni sociali (tra le tante, sentenze n. 42 del 2024, n. 199 e n. 54 del 2022, n. 50 del 2019, n. 166 e n. 107 del 2018, n. 222, n. 133 e n. 2 del 2013; ordinanza n. 29 del 2024).
10.2. Una situazione di bisogno dei richiedenti asilo che, come quella in esame, non si connota in termini di impellenza e afferenza alle primarie necessità della persona, unitamente al sistema di provvidenze, sopra descritto, che assiste i richiedenti asilo, rende pertanto non irragionevole la scelta legislativa di non includere i titolari di permesso per asilo nella platea dei beneficiari dell’assegno temporaneo per i figli minori.
10.3. Deve, conclusivamente, dichiararsi la non fondatezza delle questioni di legittimità costituzionale sollevate.