Corte di Cassazione Penale, III, sent., ud. dep. 18.07.2024, n. 29108
PRINCIPIO DI DIRITTO
In tema di valutazione della destinazione della droga ogni qualvolta la condotta del soggetto non appaia indicativa della immediatezza del consumo, il giudice è chiamato a valutare globalmente sulla base degli ulteriori parametri normativi fissati dall’art. 73 D.P.R. 309/90 se, assieme al dato quantitativo (che acquista maggiore rilevanza indiziaria al crescere del numero delle dosi ricavabili), le modalità di presentazione e le altre circostanze dell’azione siano tali da escludere una finalità meramente personale della detenzione.
TESTO RILEVANTE DELLA PRONUNCIA
- La Corte di Appello di Genova nell’esaminare i primi due motivi del ricorso, i quali attendono entrambi all’impianto motivazionale afferente all’affermazione di responsabilità per il reato in epigrafe, sembra che abbia omesso di considerare tutti gli specifici indicatori della destinazione della merce allo spaccio menzionati nelle premesse del suo stesso ragionamento probatorio.
1.2 Va tuttavia rilevato che quelli di seguito posti a fondamento della ritenuta finalità allo smercio non perdono la loro pregnanza per il fatto di non essere, ove isolatamente considerati, espressione di un univoco intento: è infatti dalla loro valutazione complessiva che scaturisce la linearità della correlazione della condotta allo spaccio.
1.3 La droga ritrovata era superiore al limite tabellare previsto per l’uso personale. Vengono sottolineati non solo l’eterogeneità delle sostanze e il rinvenimento di un bilancino di precisione, elementi che in sé considerati non sarebbero indicatori sufficienti, ma altresì la frammentazione di parte della droga in dosi, quali quelle di cannabis rinvenute nella tasca dei pantaloni indossati dall’imputato, separate dall’involucro all’interno dello zainetto, che portava con sé, contenente oltre 5 grammi della stessa sostanza un un’unica confezione, nonché le due confezioni di cocaina avvolte nel cellophane (pur nell’insieme corrispondenti a mezza dose media giornaliera) trovate nella sua abitazione all’esito della perquisizione domiciliare.
1.4 Nel caso di specie sono le modalità di presentazione della droga ad aver nell’apprezzamento dei giudici del gravame impresso, unitamente alla diversa tipologia delle sostanze detenute e ad uno strumento deputato alla loro pesatura, la destinazione della merce al mercato, escludendone quanto meno in parte qua la correlazione all’uso esclusivamente personale.
1.5 E poiché la valutazione delle circostanze oggettive e soggettive del fatto è rimessa all’esclusiva discrezionalità del giudice di merito, secondo parametri di apprezzamento sindacabili in sede di legittimità soltanto sotto il profilo della mancanza o della manifesta illogicità della motivazione, (Sez. 6, n. 44419 del 13/11/2008, Perrone, Rv. 241604; Sez. 4, Sentenza n. 7191 del 11/01/2018, Gjoka, Rv. 272463), fuoriesce dal perimetro cognitivo di questa Corte il sindacato cui viene sollecitata dalla difesa non essendo evincibile dal ragionamento probatorio della sentenza impugnata alcuna aporia logica o carenza argomentativa nel quale si compendia il vizio motivazionale deducibile in sede di legittimità.
1.5 pertanto, i primi due motivi del ricorso non possono ritenersi fondati.
- Neppure il terzo motivo può ritenersi meritevole di accoglimento.
2.1 La Corte Ligure, senza affatto richiamare la sentenza di primo grado rimasta silente in ordine alla richiesta della sospensione condizionale, ha ritenuto che il comportamento tenuto dall’imputato durante la messa alla prova, che aveva determinato il fallimento dell’istituto premiale e la conseguente revoca dello stesso, comportamento valorizzato dal Tribunale di Genova ai soli fini del diniego delle attenuanti generiche, non consentisse unitamente ai precedenti di polizia a suo carico, alcuna prognosi favorevole ai fini del riconoscimento del beneficio.
2.2 La difesa non si confronta affatto, sviluppandosi il motivo in esame, che incorre perciò nel difetto di specificità, esclusivamente sull’assunta incompatibilità tra il diniego della sospensione condizionale e la pena applicata.
2.3 Al riguardo deve, per completezza, osservarsi che nessuna incongruenza sia ravvisabile rispetto al mantenimento della sanzione sostitutiva della libertà controllata già disposta dal Tribunale- nella vigenza all’epoca dell’istituto, ora sostituito dalla detenzione domiciliare sostitutiva stanti le modifiche apportata all’art. 56 L. 689/1981 dall’art. 71 d.lgs. 150/2022- e ridotta quanto alla durata dalla Corte di Appello a seguito della disposta assoluzione dal reato di cui all’art. 648 secondo comma c.p.
2.4 Va rilevato, in primo luogo, che milita, a favore della congruenza tra il diniego del beneficio di legge e il riconoscimento di un trattamento sanzionatorio ben meno afflittivo rispetto alla reclusione, l’argomento testuale contenuto nell’art. 59 L. 689/1981 che consenta al giudice, purché non abbia disposto la sospensione condizionale della pena da applicare le pene sostitutive “quando risultano più idonee alla rieducazione del condannato e quando, anche attraverso opportune prescrizioni, assicurano la prevenzione del pericolo di commissioni di atri reati”. E se è vero che tale locuzione fa parte del novellato testo dell’art. 58 citato, ciò non significa che vi fosse un divieto in tal senso precedentemente alla riforma introdotta dal d. lgs. 150/2022, svolgendo le nuove disposizioni funzioni chiarificatrici in ordine ai limiti della discrezionalità attribuita al giudice in un’ottica di maggior favore nei confronti dell’adozione di forme sanzionatorie alternative al regime custodiale o carcerario.
2.5 In ogni caso, avuto riguardo alle disposizioni vigenti all’epoca della disposta sostituzione, neanche la precedente formulazione dell’art. 57 L. 689/1981 conteneva norme particolari sui rapporti tra sanzioni sostitutive e sospensione condizionale della pena: al contrario, dalla disposizione di cui al terzo comma, secondo la quale i criteri di ragguaglio tra pena detentiva e sanzione sostitutiva si applicano “anche nei casi in cui è concessa la sospensione condizionale della pena” emerge la volontà del legislatore di lasciare immutati i criteri di concessione (o di diniego) della sospensione condizionale anche in caso di applicazione di sanzioni sostitutive, criteri che quindi rimanevano, come già osservato in caso di applicazione di sanzioni sostitutive, criteri che quindi rimanevano, come già osservato in un risalente arresto della suddetta Corte, quelli fissati nell’art. 164 c.p. senza che la particolare natura della sanzione sostitutiva consentisse al giudice di ampliare la gamma di tali parametri (Sez. 6, Sentenza n. 802 del 18/12/1998, Linosa, Rv. 212915).
2.5 Ove una lacuna motivazionale dovesse ravvisarsi, questa concerne, semmai, la scelta, stante la previsione contenuta nel terzo comma dell’art. 58 anche nella formulazione previgente, della pena sostitutiva applicata che, tuttavia, essendo stata già fissata dalla sentenza di primo grado senza che nei suoi confronti sia stata svolta alcuna impugnazione, rende la conferma della misura della libertà vigilata ad opera dei giudici di appello insuscettibile di censura.
2.6 A corollario del ragionamento svolto va evidenziato che proprio lo spazio lasciato dalla norma in esame alla discrezionalità del giudice in ordine all’adozione di prescrizioni ulteriori idonee ad assicurare la prevenzione del pericolo di commissione di nuovi reati costituisce la conferma dell’esecuzione di un’incompatibilità tra la misura sostitutiva adottata e il diniego della sospensione condizionale della pena, ben diversa essendo la prognosi relativa all’adempimento da parte del condannato alle prescrizioni fissate dal giudice, la quale soltanto, ove negativa, preclude l’applicazione della pena sostitutiva, da quella concernente la ricaduta nel crimine. Va infatti considerato che ancorché concepite in un’ottica di maggior favore per il reo, le misure sostitutive disciplinate dagli artt. 53 ss. L. 589/1981 sono pur sempre pene dalla cui finzione conseguentemente mutano tanto le finalità costituzionalmente garantite, quanto la doverosa applicazione quali sanzione derivanti dalla violazione di un precetto penale.
- Al contrario, come si ricava dal successivo art. 61 bis c.p. che dispone l’inapplicabilità delle disposizioni di cui agli artt. 163 ss. c.p. alle pene sostitutive, sarebbe il riconoscimento del beneficio della sospensione condizionale a porsi in antitesi con le misure sanzionatorie sostitutive posto che verrebbe lasciata al beneficiario, che in costanza di sospensione commettesse nuovi reati o che riportasse un’altra condanna per un reato anteriormente commesso tale da superare i limiti dell’art. 163 c.p., una sacca di impunità priva di giustificazione, non essendo passibile il beneficio concesso in tal caso di revoca.
3.1 Il ricorso deve essere, in conclusione, rigettato, seguendo a tele esito la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali a norma dell’art. 616 c.p.p.