Cass. Pen., V, ud.dep. 02.09.2021, n. 32714
Con pronuncia n. 32714 del settembre 2021, la V sezione penale della Corte di Cassazione ha definito sia i caratteri della condotta idonei ad integrare il reato di minaccia,sia la nozione di arma idonea all’applicabilità della circostanza aggravante dell’uso di uno strumento idoneo ad offendere.
Nel dettaglio, per integrare il reato di minaccia non è necessario che la prospettazione intimidisca, effettivamente, il soggetto passivo essendo, invece, sufficiente che la condotta posta in essere dell’agente, in relazione alla situazione contingente, sia potenzialmente idonea ad incidere sulla libertà morale della vittima.
Quanto alla procedibilità del reato in questione si osserva che in seguito all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 36 del 2018, art. 1, comma 2, si procede d’ufficio per il reato di minaccia, soltanto se questa è grave in quanto attuata nei modi di cui all’art. 339 c.p. . La norma ha previsto che il reato di minaccia grave sia perseguibile a querela di parte, sempre che non rientri nelle ipotesi di cui all’art. 339 c.p.. Invero, all’interno dell’art. 612 c.p. è stato inserito il comma 3 che, a fronte della previsione generale della punibilità a querela di parte, fissata dal comma 1, limita la procedibilità d’ufficio ai soli casi di minaccia “fatta in uno dei modi indicati dall’art. 339 c.p.
La Corte chiarisce, altresì, che secondo la costante interpretazione della giurisprudenza per armi vanno intese non solo quelle proprie, ma anche quelle improprie, ovvero gli strumenti atti ad offendere, dei quali è vietato l’uso in modo assoluto, ovvero senza giustificato motivo, come precisa l’art. 585 c.p., comma 2. La L. n. 110 del 1975 ha esteso, invero, il novero di entrambe le categorie di armi e ha compreso nelle armi improprie di cui all’art. 4 citato, comma 2 qualsiasi altro strumento, non considerato espressamente come arma da punta o da taglio “chiaramente utilizzabile, per le circostanze di tempo e di luogo, per l’offesa alla persona”, dunque solo occasionalmente lesivi per la persona.
Anche oggetti comuni possono essere qualificati come armi improprie ai sensi dell’art. 339 c.p., comma 1, quando, in un contesto aggressivo, possano essere utilizzati come mezzi di offesa alla persona e, come tali, siano stati impiegati, anche se solo per minacciare.
In relazione all’interpretazione dell’art. 585 c.p., comma 2, che ricorre la circostanza aggravante dell’uso di uno strumento atto ad offendere di cui all’art. 585 c.p., comma 2, n. 2, laddove la condotta lesiva sia in concreto realizzata adoperando qualsiasi oggetto, anche di uso comune, privo di apparente idoneità all’offesa (in tale prospettiva è stato ritenuto un pezzo di legno, usato in un contesto aggressivo, nella specie, scagliato contro la persona offesa, arma impropria ai fini dell’applicazione dell’aggravante in esame, da ciò derivando la procedibilità d’ufficio del reato. Nello stesso senso, successive pronunce hanno reputato sussiste l’aggravante prevista dall’art. 585 c.p., comma 2, n. 2, nel caso in cui le lesioni personali siano state cagionate alla vittima con l’uso di una stampella da deambulazione, ritenuto che devono considerarsi armi improprie tutti gli strumenti, ancorché non da punta o da taglio, che, in particolari circostanze di tempo o di luogo, possono essere utilizzati per l’offesa alla persona.