TAR PUGLIA Sentenza n. 107 del 21.01.2022
ESPROPRIAZIONI
ISTANZA DI ACQUISIZIONE SANANTE E OBBLIGO DI PRONUNCIARSI IN CAPO ALLA PIBBLICA AMMINISTRAZIONE
In materia di espropriazione per pubblica utilità il “provvedimento di acquisizione sanante” emanato dall’Amministrazione, ex art. 42-bis D.P.R. n. 327/2001, determina l’improcedibilità delle domande di restituzione e di risarcimento del danno proposte in relazione all’area di proprietà del richiedente ed oggetto dell’acquisizione sanante.
L’art. 42 bis del T.U. delle disposizioni regolamentari e legislative in materia di espropriazione per pubblica utilità statuisce che la Pubblica Amministrazione che utilizzi un bene immobili per scopi di interesse pubblico possa acquisirlo al suo patrimonio indisponibile, in assenza di un valido ed efficace provvedimento di esproprio o dichiarativo della pubblica utilità.
Il comma secondo, del citato articolo, dispone che il provvedimento di acquisizione possa essere adottato anche quando sia stato annullato l’atto da cui sia sorto il vincolo preordinato all’esproprio, l’atto che abbia dichiarato la pubblica utilità di un’opera o il decreto di esproprio.
Quella fin qui esposta è la natura di un provvedimento di acquisizione “sanante”; una natura, evidentemente, attuativa, precipuamente, dell’interesse pubblico anche al di là della lesione recata al privato ma mantenendo la funzione principale della pubblica amministrazione, di soddisfare l’interesse pubblico del quale fa parte anche quello stesso cittadino leso dall’acquisizione sanante.
L’analisi della sentenza in esame, però, si concentra sulla legittimità del silenzio rifiuto dal Comune di Corovigno a seguito di istanza di “atto di significazione – formale diffida”, proposta dal privato, per far cessare l’illecita occupazione e trasformazione dei terreni oggetto della questione, attuata con il provvedimento sanante di cui sopra. La predetta istanza era stata inviata a mezzo pec e rinnovata successivamente dal privato. L’istante richiedeva che la Pubblica Amministrazione si pronunciasse in virtù di una situazione di sfavore nei suoi confronti generatasi proprio a seguito di un provvedimento di acquisizione sanante, nei termini di cui sopra.
La normativa di riferimento è, dunque, il DPR 8 giugno n. 327 del 2001 cioè il T.U. delle disposizioni regolamentari e legislative in materia di espropriazione per pubblica utilità.
La pronuncia del Tar Puglia spiega come il caso in esame imponga ed obblighi la Pubblica Amministrazione a rispondere al privato che abbia fatto un’istanza con atto di significazione, intimazione e formale diffida a seguito dell’avvio di un procedimento di acquisizione c.d. sanante da parte della stessa Pubblica Amministrazione.
Nel caso di specie la richiesta era stata reiterata e i giudici specificano che l’inerzia da parte della PA giustifica l’azione avverso il silenzio, ex art. 31 e 117 c.p.a, da parte privato.
L’occupazione sine titulo di beni immobili appartenenti a privati è una situazione di fatto del tutto contrastante con quella di diritto e l’Amministrazione deve tempestivamente adoperarsi per ripristinare una situazione di legalità. Qualora si parli di acquisizione sanante, dunque, la risposta della Pubblica Amministrazione, nonché la stessa tempestività della medesima, acquisisce un’importanza ancora più pregnante per la sfera giuridica dell’istante, non trovando giustificazione il suo silenzio.
La Pubblica Amministrazione, in casi di acquisizione sanante deve adoperarsi affinchè la situazione dello status quo ante di legalità venga ripristinato ovvero risponda al privato.
Il privato può, dunque, richiedere o il provvedimento di acquisizione ovvero la restituzione del fondo.
L’importanza della sentenza in esame è quella secondo la quale poiché l’Amministrazione ha un potere discrezionale sull’acquisizione sanante, la sua decisione in merito potrebbe protrarsi sine die ledendo inevitabilmente il privato. Dunque, per evitare ciò, benchè l’art. 42 bis del T.U. delle disposizioni regolamentari e legislative in materia di espropriazione per pubblica utilità non contempli la possibilità di avviare il procedimento su istanza di parte, il privato può comunque sollecitare la Pubblica Amministrazione ad avviare il relativo procedimento. La PA, in questo caso, ha l’obbligo di pronunciarsi. Dopodiché se la sua inerzia si protrae la stessa rileva come silenzio – inadempimento e dunque impugnabile innanzi al Giudice amministrativo da parte del privato.
La Corte Costituzionale ha abbracciato il fin qui espresso orientamento giurisprudenziale, rilevando l’incostituzionalità dell’articolo 42 bis nella parte in cui non prevede un termine per la decisione della PA, disponendo, dunque, che lo stesso sia stabilito giudizialmente e che ci debba necessariamente essere, proprio perché il silenzio della Pubblica Amministrazione non trova giustificazione soprattutto quando si parla di occupazione sine titulo.
Con riferimento al caso di specie la PA aveva “risposto” alla signora inviandole, semplicemente, una documentazione riguardante i terreni occupati e ciò non integra un provvedimento amministrativo proprio perché una documentazione non esprime una decisione ma accompagna un’eventuale decisione per avvalorarla. Inoltre tale documentazione non riguardava tutti i terreni interessati ma solo alcuni, dunque era anche incompleta.
Tale comportamento della PA ha determinato la sua inerzia rispetto all’istanza, rinnovata successivamente, dalla ricorrente.
Oltre queste ragioni non giustificanti il comportamento della PA, vi è quello, ulteriore, ma non meno importanti, dell’inesistenza di vere e concrete ragioni che giustificassero tale inerzia della PA, protrattasi oltre i trenta giorni per provvedere all’istanza.
La Pubblica Amministrazione, nel caso di specie, con la sentenza in esame, accogliendo il ricorso del privato, veniva condannata, ex art. 117, comma secondo, c.p.a. a pronunciarsi entro 90 giorni dalla comunicazione o, se anteriore, dalla notificazione a cura di parte della sentenza oggetto della presente disamina.