Guida alla lettura e formulazione di un’ipotesi ermeneutica.
Massima
In materia di notificazione degli atti di imposizione tributaria e agli effetti di questa sull’osservanza dei termini, previsti dalle singole leggi di imposta, di decadenza dal potere impositivo, il principio della scissione soggettiva degli effetti della notificazione, sancito per gli atti processuali dalla giurisprudenza costituzionale, e per gli atti tributari dall’art.60 del d.P.R. 29 settembre 1973 n.600, trova sempre applicazione, a ciò non ostando né la peculiare natura recettizia di tali atti né la qualità del soggetto deputato alla loro notificazione. Ne consegue che, per il rispetto del termine di decadenza cui è assoggettato il potere impositivo, assume rilevanza la data nella quale l’ente ha posto in essere gli adempimenti ai fini della notifica dell’atto e non quello, eventualmente successivo, di conoscenza dello stesso da parte del contribuente.
- I tratti fondamentali dell’iter motivazionale.
Muovendo dal caso al sistema è possibile affermare che la sentenza in commento costituisce un punto di emersione di quella storica fluidità dei confini che, dal diritto romano ad oggi, caratterizza i rapporti tra diritto e processo.
In effetti, S.u. 40543/2021 non solo edifica un ulteriore gradino evolutivo nello sviluppo del principio di scissione del momento perfezionativo della notificazione, ma anche, come si rileverà, offre degli interessanti spunti di riflessione in ordine a profili apparentemente non connessi alla portata applicativa del principio.
Il quesito sottoposto all’attenzione della suprema Corte è consistito in ciò, se il criterio di scissione del momento perfezionativo della notificazione, pacifico da un ventennio con riferimento agli atti processuali, trovasse applicazione con riferimento ai profili sostanziali dell’atto di imposizione tributaria, e ciò con particolare riferimento alla valutazione della tempestività dell’esercizio del potere di determinazione in concreto dell’imposta, potere che, com’è noto, è soggetto a termini decadenziali.
Venendo in questione profili sostanziali, non assumono efficacia dirimente quelle recezioni, pure avvenute in ambito tributario, del principio di scissione del momento perfezionativo come per esempio l’introduzione del sesto comma all’art 60 del D.p.r. 29 settembre 1973, n. 600 ad opera dell’art. 37, comma 27 lett f., del d.l. 4 luglio 2006, n. 223 convertito, con modificazioni, nella legge 4 agosto 2006, n. 248.
Il percorso argomentativo condotto dalla suprema Corte ha preso le mosse dalla acclarata natura recettizia dell’atto di accertamento tributario, quale provvedimento amministrativo, adottato all’esito del procedimento stabilito dalla legge d’imposta, mediante il quale l’erario determina, in via di autotutela, l’entità dell’obbligazione tributaria.
Dalla natura recettizia, consegue che la notificazione attiene al momento dell’efficacia e non a quello di validità; di talchè, in un parallelismo disciplinare con gli artt. 1334 e 1335 cod. civ., la notificazione dell’avviso di accertamento non costituisce un coelemento di fattispecie, ma attiene alla fase integrativa dell’efficacia del suddetto atto.
Orbene, la scissione del momento perfezionativo della notificazione costituisce un punto di emersione, e forse di contemperamento, tra il diritto di difesa ed il canone di ragionevolezza. In buona sostanza, da un lato il contribuente deve essere reso edotto della richiesta economica e sanzionatoria dell’erario e dall’altro l’amministrazione non può vedere compromessa la propria azione di recupero di risorse a beneficio dello stato Apparato e Comunità da un impianto regolatorio irragionevole. In particolare, afferma testualmente la pronuncia, “il principio di ragionevolezza esclude che il lasso temporale tra la richiesta di notifica possa ripercuotersi in danno del notificante, a cui si richiede solo che l’attività a proprio carico sia stata compiuta nel termine di legge” (par. 8.3.).
Ed ecco lo snodo argomentativo offerto dalla pronuncia: la peculiarità del potere accertativo determina un differente modo d’essere della natura recettizia dell’atto di accertamento rispetto all’atto unilaterale di diritto civile, con la conseguenza che l’art. 1334 cod. civ. può trovare applicazione soltanto con riferimento agli atti “negoziali”.
In altri termini, la regola della ricezione sancita dall’art. 1334 cod. civ. ai fini del perfezionamento dell’atto unilaterale diretto ad una persona determinata riguarda l’attività contrattuale che, per sua natura, è caratterizzata da una cooperazione o comunque da un dinamismo tra soggetti.
Pertanto la natura ricettizia dell’atto di unilaterale di diritto privato risponde alla ratio di tutela dell’integrità patrimoniale dell’oblato, nel senso che modificazioni della sfera giuridica del soggetto in tanto sono ammissibili in quanto siano portate a conoscenza del loro destinatario affinchè quest’ultimo o le accetti o, comunque, non le rifiuti, così come avviene nel caso di contratto con obbligazioni a carico del solo proponente di cui all’art. 1333 cod. civ., oppure nel caso di rinuncia al legato a norma dell’art. 649 cod. civ.
Diversamente, si afferma che la recettizietà dell’avviso di accertamento risponde alla ratio di garanzia di difesa del contribuente e, pertanto, prescinde da ogni cooperazione o reazione di quest’ultimo.
Con un’espressione icastica molto efficace, la sentenza afferma, in continuità con un proprio precedente, che l’atto amministrativo di imposizione tributaria costituisce una “dichiarazione recettizia solitaria”.
Dalla differenza ontologica dell’atto di imposizione tributaria rispetto a quello di diritto comune, consegue l’inapplicabilità dell’art. 1334 cod. civ. e della regola della ricezione ivi recata.
A fondamento dell’alveo applicativo del principio di scissione soggettiva del momento perfezionativo della notificazione, viene poi addotto un rilevante criterio ermeneutico, in virtù del quale le norme che impongono decadenze debbano essere interpretate in favore del soggetto onerato. In virtù del termine decadenziale che caratterizza il potere di accertamento tributario, soggetto onerato è l’erario.
- Considerazioni ricostruttive.
L’applicazione del principio di scissione del momento perfezionativo della notifica all’atto di imposizione tributaria costituisce, dunque, un gradino evolutivo nel processo di emancipazione dell’operatività del principio con esclusivo riferimento dagli atti processuali.
Ma la riflessione potrebbe estendersi ad ulteriori settori, primo fra tutti quell’attività procedimentale di diritto privato ed in particolare con riferimento al procedimento disciplinare di cui all’art. 7 legge 20 maggio 1970, n. 300.
Se infatti la regola della ricezione di cui all’art. 1334 cod. civ. ha un ambito di applicazione limitato agli atti negoziali, occorre in primo luogo osservare che anche il diritto privato conosce atti unilaterali di natura non contrattuale per i quali, seguendo l’insegnamento di Sez. U, Sentenza n. 24822 del 09/12/2015 (Rv. 637603 – 01), dovrebbe applicarsi il criterio di scissione del momento perfezionativo della notifica operando analogia iuris dei principi espressi dalla C.Cost. 477/2002.
Avverte infatti Su 24822/2015 (par. 6) che “(l)’espansione in via interpretativa agli atti negoziali è impedita dall’esistenza di una norma specifica (l’art. 1334 c.c. appunto).Ora, dove tale norma non opera, deve espandersi il principio generale: art.12 delle preleggi, cioè non l’analogia legis (quindi applicazione analogica dell’art. 1334 agli atti processuali ad effetti sostanziali), bensì l’analogia iuris (cioè applicazione agli atti- ove una norma specifica non dispongadiversamente- del principio generale sancito dalla Corte costituzionale)”.
Pertanto il sistema può esser ricostruito in questi termini: l’art. 1334 cod. civ. nel prevedere, in materia contrattuale, la regola della ricezione, costituisce l’espressione di una valutazione ex lege di ragionevolezza nell’ individuare, nel notificante, il soggetto a carico del quale gravi il lasso temporale necessario per la consegna dell’atto in termini di riduzione del tempo, a disposizione del medesimo, per il compimento dell’atto (contrattuale). Al di fuori di tale tipologia di atti, l’interprete sarà chiamato ad effettuare un giudizio di ragionevolezza (nonché, laddove operante, una valutazione ex art. 24 Cost) tra l’interesse del notificante e del notificato. A parità di effetti, si dovrà operare la scelta per il sacrificio minore, tutelando la parte non in colpa e, laddove entrambe le parti non versino in colpa, il bilanciamento avverrà alla luce del principio di precauzione, imponendo un onere di diligenza alla parte da cui questo è esigibile.
Il problema, allora, si sposta all’individuazione degli atti contrattuali rispetto ai quali è configurabile la regola dell’art. 1334 cod. civ.
Il dato letterale non risulta di grande giovamento posto che tale ultima disposizione si riferisce, indistintamente, a tutti gli atti unilaterali; tuttavia costituisce acquisizione universalmente riconosciuta, ergo anche civilisticamente, quella secondo cui, nell’ambito degli atti unilaterali, è dato distinguere tra atti recettizi e non recettizi a seconda che il perfezionamento in termini di effetti richieda o meno la conoscenza da parte del destinatario.
Resta allora da sciogliere il dubbio se quella giurisprudenza che ha affermato la limitazione dell’ambito di applicabilità dell’art. 1334 cod. civ. alla sola attività contrattuale abbia impiegato la suddetta espressione per delimitarla rispetto agli “atti processuali”(così come sembra di esibire la citata Su 24822/2015), oppure agli “atti di imposizione tributaria, così come ex professo viene operato dalla sentenza in lettura.
Senonchè, da entrambe le pronunce citate è possibile ricavare una linea ermeneutica più sottile.
In particolare, esibisce una carica ermeneutica forte la precisazione, di cui al paragrafo 7.4 della sentenza per cui l’atto recettizio di diritto privato è funzionale ad “collaborazione cognitiva” tra notificante e notificato.
Si può allora tentare una prima parziale conclusione: l’atto unilaterale che, ai sensi dell’art. 1334 cod. civ., richiede la sua ricezione ai fini dell’efficacia è quello che si iscrive in un momento dispositivo di interessi di natura patrimoniale o personale e la regola della ricezione attende alla funzione di garantire l’integrità della sfera giuridica o personale dell’oblato. La regola della ricezione può, altresì, calarsi in una situazione patologica, quale l’inadempimento contrattuale laddove può manifestarsi una situazione di affidamento del debitore, così come avviene nel caso di volontà, processuale o stragiudiziale, di risoluzione del contratto.
Tale ricostruzione, tuttavia, non identifica in modo esatto il tessuto normativo civilistico. Ed invero anche l’attività contrattuale -ammesso che questo sia il senso espresso dalla giurisprudenza- conosce deroghe alla natura recettizia dei propri atti: si pensi alla revoca della proposta contrattuale che, per comune opinione, si perfeziona con la sua emissione e non con la ricezione da parte dell’oblato.
Occorre, a questo punto, introdurre un’altra considerazione. Al pari di altri settori ordinamentali, anche il diritto privato conosce delle attività procedimentali e provvedimentali, peraltro sindacabili giudizialmente sotto il profilo della buona fede e dell’abuso del diritto, che costituiscono declinazioni equipollenti all’eccesso di potere di cui all’art. 21 octies comma 1 della legge 7 agosto 1990, n. 241.
Si pensi, a titolo di mero esempio, alle attività deliberative in materia societaria, così come in materia condominiale, nonché al procedimento disciplinare in materia di rapporto di lavoro di cui all’art. 7 l.n. 300/1970.
Concentrandoci su quest’ultimo, si osserva che la struttura del procedimento disciplinare prevede delle scansioni temporali, sia per il datore di lavoro che per il lavoratore, a pena di decadenza dal relativo diritto/potere.
In particolare mentre il lavoratore ha a disposizione il termine, in via di regola, di 5 giorni per l’esperimento delle proprie difese a fronte della contestazione, il datore di lavoro, è assoggettato ad un termine assai ristretto nell’attivazione del procedimento disciplinare nonché nell’irrogazione del relativo provvedimento. In alcuni casi, il contratto collettivo prevede una sorta di silenzio-accoglimento, che si invera mediante la previsione dell’accoglimento delle difese, laddove il datore di lavoro, entro un dato termine, non adotti il provvedimento disciplinare.
Il procedimento disciplinare lavoristico pone dunque all’interprete l’interrogativo in ordine all’applicabilità della scissione del momento perfezionativo della comunicazione degli atti infraprocedimentali.
In senso affermativo si potrebbe sostenere che il procedimento de quo è estraneo all’attività negoziale e, dunque, all’operatività dell’art. 1334 cod. civ. Se da un lato deve essere riconosciuta l’incidenza del provvedimento disciplinare sul rapporto di lavoro (), dall’altro può osservarsi che gli atti del procedimento disciplinare debbono essere comunicati per evidenti finalità difensive del lavoratore. Ne consegue che la ratio della comunicazione è ben diversa dall’atto negoziale tradizionalmente inteso e può essere in un certo senso assimilata a quella “dichiarazione recettizia solitaria” che caratterizza l’atto d’imposizione tributaria.
Anche sul crinale della ragionevolezza, nel senso affermato dalla giurisprudenza, la soluzione positiva manifesterebbe i propri pregi.
Ed invero la decurtazione dei tempi di consegna dal termine breve previsto per gli atti del procedimento disciplinare, potrebbe determinare un sacrifico irragionevole per il soggetto onerato del suddetto termine e ciò in contrasto con quel criterio ermeneutico di favor per l’onerato nell’interpretazione delle norme che prevedano termini di decadenza. Soprattutto considerando che, almeno in linea generale, il soggetto notificato non subisce pregiudizi di sorta dallo slittamento in avanti del termine per effetto dell’applicabilità della scissione.
In senso contrario potrebbe tuttavia osservarsi che la scissione del momento perfezionativo riguarda la notificazione e non le altre forme di comunicazione, con la conseguenza che, per ragioni formali, il principio non potrebbe trovare applicazione nel caso di specie.
Senonchè, è possibile replicare che, come affermato dalla giurisprudenza in tema di cessione del credito (v. Cass. Sez. I, 14 marzo 2006, n. 5516, rv 587272-01) la notificazione a mezzo di ufficiale giudiziario costituisce “una semplice “species” del più ampio “genus” costituito dalla notificazione intesa come attività diretta a produrre la conoscenza di un atto in capo al destinatario”.
***
Le riflessioni sin qui svolte non possono sfuggire dal confronto con il dato dell’attualità, costituito dalla notificazione telematica. Rispetto a quest’ultima il principio della scissione del momento perfezionativo è destinato a stemperare la propria portata, considerato il perfezionamento pressochè immediato della comunicazione.
In un recente caso, tuttavia, la Corte Costituzionale ha affermato l’operatività del principio della scissione del momento perfezionativo con riferimento alle notifiche telematiche: si tratta della decisione del 19 marzo 2019, n. 75 la cui massima afferma che “(è) dichiarato costituzionalmente illegittimo – per violazione degli artt. 3, 24 e 111 Cost. – l’art. 16-septies del d.l. n. 179 del 2012 (conv., con modif., in legge n. 221 del 2012), inserito dall’art. 45-bis, comma 2, lett. b), del d.l. n. 90 del 2014 (conv., con modif., in legge n. 114 del 2014), nella parte in cui prevede che la notifica eseguita con modalità telematiche la cui ricevuta di accettazione è generata dopo le ore 21 ed entro le ore 24 si perfeziona per il notificante alle ore 7 del giorno successivo, anziché al momento di generazione della predetta ricevuta. La fictio iuris relativa al differimento al giorno seguente degli effetti della notifica eseguita dal mittente tra le ore 21 e le ore 24 è giustificata nei confronti del destinatario, poiché il divieto di notifica telematica dopo le ore 21, previsto dalla prima parte dell’art. 16-septies, tramite il rinvio all’art. 147 cod. proc. civ, mira a tutelare il suo diritto al riposo in una fascia oraria (dalle 21 alle 24) nella quale egli sarebbe altrimenti costretto a continuare a controllare la casella di posta elettronica. Nei confronti del mittente, invece, il medesimo differimento comporta un irragionevole vulnus al pieno esercizio del diritto di difesa (segnatamente, nella fruizione completa dei termini per l’esercizio dell’azione in giudizio, anche nella sua essenziale declinazione di diritto ad impugnare), poiché gli impedisce di utilizzare appieno il termine utile per approntare la propria difesa – che, nel caso di impugnazione, scade (ai sensi dell’art. 155 cod. proc. civ.) allo spirare della mezzanotte dell’ultimo giorno – senza che ciò sia funzionale alla tutela del diritto al riposo del destinatario e nonostante che il mezzo tecnologico lo consenta. Inoltre, la restrizione delle potenzialità (accettazione e consegna sino alla mezzanotte) che caratterizzano e diversificano il sistema tecnologico telematico rispetto al sistema tradizionale di notificazione legato “all’apertura degli uffici” è intrinsecamente irrazionale, venendo a recidere l’affidamento che lo stesso legislatore ha ingenerato nel notificante immettendo il sistema telematico nel circuito del processo. La reductio ad legitimitatem della disposizione censurata dalla Corte d’appello di Milano è possibile applicando – in superamento dell’interpretazione consolidatasi come diritto vivente – la regola generale di scindibilità soggettiva degli effetti della notificazione anche alla notifica effettuata con modalità telematiche.
Le riflessioni sin qui svolte non possono sfuggire dal confronto con il dato dell’attualità, costituito dalla notificazione telematica. Rispetto a quest’ultima il principio della scissione del momento perfezionativo è destinato a stemperare la propria portata, considerato il perfezionamento pressochè immediato della comunicazione.
In un recente caso, tuttavia, la Corte Costituzionale ha affermato l’operatività del principio della scissione del momento perfezionativo con riferimento alle notifiche telematiche: si tratta della decisione del 19 marzo 2019, n. 75 la cui massima afferma che “(è) dichiarato costituzionalmente illegittimo – per violazione degli artt. 3, 24 e 111 Cost. – l’art. 16-septies del d.l. n. 179 del 2012 (conv., con modif., in legge n. 221 del 2012), inserito dall’art. 45-bis, comma 2, lett. b), del d.l. n. 90 del 2014 (conv., con modif., in legge n. 114 del 2014), nella parte in cui prevede che la notifica eseguita con modalità telematiche la cui ricevuta di accettazione è generata dopo le ore 21 ed entro le ore 24 si perfeziona per il notificante alle ore 7 del giorno successivo, anziché al momento di generazione della predetta ricevuta. La fictio iuris relativa al differimento al giorno seguente degli effetti della notifica eseguita dal mittente tra le ore 21 e le ore 24 è giustificata nei confronti del destinatario, poiché il divieto di notifica telematica dopo le ore 21, previsto dalla prima parte dell’art. 16-septies, tramite il rinvio all’art. 147 cod. proc. civ, mira a tutelare il suo diritto al riposo in una fascia oraria (dalle 21 alle 24) nella quale egli sarebbe altrimenti costretto a continuare a controllare la casella di posta elettronica. Nei confronti del mittente, invece, il medesimo differimento comporta un irragionevole vulnus al pieno esercizio del diritto di difesa (segnatamente, nella fruizione completa dei termini per l’esercizio dell’azione in giudizio, anche nella sua essenziale declinazione di diritto ad impugnare), poiché gli impedisce di utilizzare appieno il termine utile per approntare la propria difesa – che, nel caso di impugnazione, scade (ai sensi dell’art. 155 cod. proc. civ.) allo spirare della mezzanotte dell’ultimo giorno – senza che ciò sia funzionale alla tutela del diritto al riposo del destinatario e nonostante che il mezzo tecnologico lo consenta. Inoltre, la restrizione delle potenzialità (accettazione e consegna sino alla mezzanotte) che caratterizzano e diversificano il sistema tecnologico telematico rispetto al sistema tradizionale di notificazione legato “all’apertura degli uffici” è intrinsecamente irrazionale, venendo a recidere l’affidamento che lo stesso legislatore ha ingenerato nel notificante immettendo il sistema telematico nel circuito del processo. La reductio ad legitimitatem della disposizione censurata dalla Corte d’appello di Milano è possibile applicando – in superamento dell’interpretazione consolidatasi come diritto vivente – la regola generale di scindibilità soggettiva degli effetti della notificazione anche alla notifica effettuata con modalità telematiche.
Giacomo Morandini