<p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Corte di Cassazione, I Sezione Penale, sentenza 08 giugno 2021, n. 22338</strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong>PRINCIPIO DI DIRITTO</strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Con la l. n. 4/108, l’aggravante di cui all’art. 577, comma 1, c.p. è stata estesa</strong> <strong>all’ipotesi in cui il reato venga commesso “contro il coniuge, anche legalmente separato, contro l’altra parte dell’unione civile o contro la persona legata al colpevole da relazione affettiva e con esso stabilmente convivente”.</strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong>La l. n. 69/2019 ha poi modificato siffatta disposizione normativa, prevedendo l’alternatività tra i due menzionati elementi della stabile convivenza e della relazione affettiva, con riferimento ai soli reati commessi dopo il 9 agosto 2019, data di entrata in vigore della novella stessa.</strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong><em>TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE (sintesi massimata)</em></strong></p> <ol style="text-align: justify;"> <li><em> Lo scrutinio del motivo di ricorso presuppone la ricognizione dell’esatto ambito di applicazione della circostanza aggravante di cui all’art. 577 c.p., comma 1, n. 1), nella sua evoluzione diacronica.</em></li> <li><em> L’originaria formulazione prevedeva che l’aggravante, importante la pena dell’ergastolo, ricorresse nelle sole ipotesi in cui la vittima del reato di omicidio fosse un ascendente o discendente.</em></li> </ol> <p style="text-align: justify;"><em>Parallelamente, il comma 2 del medesimo art. 577 comminava la pena della reclusione da ventiquattro a trenta anni, ove il fatto fosse commesso "contro il coniuge, il fratello o la sorella, il padre o la madre adottivi, il figlio adottivo o contro un affine in linea retta".</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Nell’interpretare tale seconda disposizione, nella parte relativa al rapporto di coniugio, questa Corte, con giurisprudenza costante (Sez. 1, n. 24820 del 21/10/2016, dep. 2017, Romanelli, Rv. 270264-01; Sez. 1, n. 7198 del 01/02/2011, Mandolini, Rv. 249230-01; Sez. 1, n. 42462 del 19/12/2006, Stasi, Rv. 235339-01; Sez. 1, n. 53 del 09/01/1985, AA., Rv. 168181-01) aveva escluso che la separazione personale, intervenuta anteriormente alla condotta omicida, fosse ostativa al riconoscimento dell’aggravante in capo all’autore di quest’ultima, rilevando come il nuovo stato coniugale non determinasse lo scioglimento del vincolo matrimoniale. Questa Corte aveva altresì ritenuto, con indirizzo parimenti univoco, che, ai fini in discorso, allo stato di coniuge non fosse invece parificabile, per il noto divieto di analogia in malam partem nella materia penale, la condizione di convivente more uxorio (Sez. 1, n. 808 del 02/02/2016, dep. 2017, Zambrano Diaz, Rv. 268837-01; Sez. 5, n. 8121 del 14/02/2007, Asquino, Rv. 236525-01; Sez. 1, n. 6037 del 22/02/1988, Ranco, Rv. 178415-01).</em></p> <ol style="text-align: justify;" start="3"> <li><em> I profondi mutamenti del costume sociale, intervenuti dopo l’entrata in vigore del codice penale, a partire dal rilievo sempre maggiore assunto negli anni dal fenomeno delle "coppie di fatto", sino alla consacrazione normativa, intervenuta con L. n. 76 del 2016, delle "unioni civili tra persone dello stesso sesso" - uniti all’intenzione di rafforzare la tutela penale dei soggetti deboli, vittime di criminalità domestica - hanno indotto il legislatore, in tempi recenti, a rimodulare le fattispecie aggravatrici in esame.</em></li> </ol> <p style="text-align: justify;"><em>La L. 11 gennaio 2018, n. 4 (recante modifiche al codice civile, al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in favore degli orfani per crimini domestici), in vigore dal 16 febbraio 2018, è così venuta a modificare, con il suo art. 2, tanto il comma 1, n. 1), che il comma 2 dell’<strong>art. 577 c.p.</strong>.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>La previsione aggravatrice dell’omicidio, importante l’irrogazione della pena perpetua, contestata nell’odierno processo, è stata estesa all’ipotesi in cui il reato venga commesso "contro il <strong>coniuge, anche legalmente separato</strong>, contro <strong>l’altra parte dell’unione civile</strong> o contro <strong>la persona legata al colpevole da relazione affettiva e con esso stabilmente convivente</strong>"; mentre la previsione aggravatrice, recata dal comma 2 dell’art. 577, cit., è stata riformulata, in modo da ricomprendervi il coniuge, ove divorziato al tempo del fatto, nonché il soggetto parte ulteriore dell’unione civile, che sia a quel tempo già cessata</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Le relazioni matrimoniali, le convivenze a queste ultime equiparabili e le unioni affettive omosessuali, osserva la Corte, si sono viste riconoscere una tutela penalistica accentuata, e in larga misura parificata, rispetto alle condotte omicide realizzate al loro interno.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Queste ultime, consumate in costanza di rapporto, sono state tutte sussunte nella previsione edittale più severa. Le unioni matrimoniali ricevono la relativa massima protezione, anche se il rapporto personale tra i coniugi sia sospeso per effetto di intervenuta separazione, come espressamente sancito (con previsione meramente ricognitiva: Sez. 5, n. 13273 del 15/01/2020, A., Rv. 278988-01) dal novellato art. 577, comma 1, n. 1), c.p.; le convivenze more uxorio e le unioni civili tra persone dello stesso sesso ricevono la massima protezione, se ancora in atto all’epoca della condotta delittuosa.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Con particolare riferimento alle convivenze more uxorio, la cui disciplina è in questo giudizio rilevante, la disposizione novellata è chiara nello stabilire che l’ergastolo si applichi in presenza di fatto omicida commesso ai danni della persona sentimentalmente convivente, dovendo stabile comunanza di vita e relazione affettiva coesistere perché l’aggravante possa operare.</em></p> <ol style="text-align: justify;" start="4"> <li><em> Sul medesimo art. 577 c.p., comma 1, n. 1) ha successivamente inciso, in senso ulteriormente ampliativo della sua portata incriminatrice, la L. 19 luglio 2019, n. 69 (recante modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere), in vigore dal 9 agosto 2019, il cui art. 11, comma 1, lett. a) ha riscritto la disposizione, sostituendo - per quanto di interesse in questa sede - alle parole "o contro la persona legata al colpevole da relazione affettiva e con esso stabilmente convivente" le seguenti: "o contro la persona stabilmente convivente con il colpevole o ad esso legata da relazione affettiva".</em></li> </ol> <p style="text-align: justify;"><em>Tale intervento segna una significativa modificazione, in parte qua, dell’ambito precettivo della disposizione. Gli elementi della <strong>stabile convivenza</strong> e della <strong>relazione affettiva</strong>, di cui era già richiesta la compresenza, sono ora contemplati <strong>in via anche solo alternativa</strong>.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>La pena dell’ergastolo si applica dunque, dal 9 agosto 2019, all’omicida che abbia agito, tra l’altro, nei confronti di persona a lui sentimentalmente legata, ancorché non stabilmente convivente (o non più, o non ancora, tale), purché beninteso - la relazione sentimentale sia ancora in atto.</em></p> <ol style="text-align: justify;" start="5"> <li><em> Ciò posto, prosegue la Corte, dalla motivazione della sentenza impugnata si evince chiaramente che la Corte di Appello di Torino ha preso in considerazione la disposizione, così come risultante dalle modifiche apportate dalla L. n. 69 del 2019, avendo richiamato proprio la relativa formulazione testuale e avendo affermato che fosse prevista "l’alternatività e non la compresenza delle due condizioni", rappresentate dalla stabile convivenza e dalla relazione affettiva.</em></li> </ol> <p style="text-align: justify;"><em>La stessa Corte, pur riscontrando la cessazione della convivenza nel caso sottoposto al suo giudizio, ha così ritenuto comunque di applicare l’aggravante in esame (che ha trovato ingresso nel giudizio di bilanciamento delle circostanze, ai sensi dell’art. 69 c.p.) in presenza di rilevata perdurante relazione affettiva.</em></p> <ol style="text-align: justify;" start="6"> <li><em> In tal modo ragionando, la Corte di merito ha violato il <strong>principio di legalità</strong> dei reati e delle pene, cui si riconnette il <strong>divieto di applicazione retroattiva della legge penale sfavorevole</strong>.</em></li> </ol> <p style="text-align: justify;"><em>La L. n. 69 del 2019, che ha reso alternative le due condizioni sopraindicate, è entrata in vigore il 9 agosto del 2019, mentre il fatto di tentato omicidio di cui in imputazione risale al XXXXXXX 2019.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>L’art. 25 Cost., comma 2, e art. 2 c.p., comma 1, vietano l’applicazione retroattiva sia delle norme che prevedano nuove incriminazioni sia di quelle che comportino una pena più severa (Sez. 1, n. 28851 del 11/06/2009, Farella, Rv. 244298-01), in quanto "pena legale è anche quella risultante dalle varie disposizioni incidenti sul trattamento sanzionatorio, tra le quali rientrano le norme sulle circostanze aggravanti" (Sez. 6, n. 7505 del 25/03/1994, Caputo, Rv. 199019-01).</em></p> <ol style="text-align: justify;" start="7"> <li><em> La questione rilevata, precisa la Corte, riveste carattere pregiudiziale rispetto a quella sollevata in ricorso (incentrata sulla corretta esegesi della nozione di relazione affettiva), che le svolte considerazioni rendono superfluo affrontare.</em></li> </ol> <p style="text-align: justify;"><em>Tale carattere di pregiudizialità ne ha reso necessario l’esame da parte di questa Corte, in uno al fatto che la violazione del principio di legalità della pena è <strong>sempre rilevabile d’ufficio nel giudizio di legittimità</strong> (Sez. 2, n. 7188 del 11/10/2018, dep. 2019, Elgendy, Rv. 276320-01; Sez. 4, n. 17221 del 02/04/2019, Iacovelli, Rv. 275714-01; Sez. 4, n. 19765 del 21/01/2015, Ivascu, Rv. 263476-01; Sez. 5, n. 46122 del 13/06/2014, Oguekemma, Rv. 262108-01; Sez. 2, n. 44667 del 08/07/2013, Aversano, Rv. 257612-01).</em></p> <ol style="text-align: justify;" start="8"> <li><em> Dalla motivazione della sentenza impugnata emerge, come detto, che la Corte di appello ha già accertato l’avvenuta cessazione della convivenza alla luce delle risultanze acquisite.</em></li> </ol> <p style="text-align: justify;"><em>Venuta meno una delle condizioni imprescindibili per l’applicazione al caso di specie dell’art. 577 c.p., comma 1, n. 1), pro-tempore vigente, la relativa aggravante deve essere direttamente esclusa in questa sede.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em>La sentenza impugnata deve essere, sul punto, e ai sensi dell’art. 620 c.p.p., comma 1, lett. l), annullata senza rinvio, il quale resta necessario ai soli fini della rideterminazione della pena.</em></p> <p style="text-align: justify;"><em> </em></p>