<p style="text-align: justify;"><strong>Corte di Cassazione, III Sezione Penale, sentenza 22 aprile 2020, n. 12680</strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong><em>PRINCIPIO DI DIRITTO</em></strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong><em>Ai fini dell’imputazione del reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, va ribadita, sul crinale dell’elemento psicologico, la compatibilità del dolo eventuale con il dolo specifico richiesto dall’art. 2 del D.Lgs. n. 74/2000, giacché, in primo luogo, la finalità di evadere le imposte (o di ricevere un indebito rimborso) è ulteriore rispetto al fatto tipico; in secondo luogo, perché il delitto in esame si configura come reato di pericolo e non di danno e, per l’effetto, prescinde da una effettiva evasione del debito tributario. </em></strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong><em>TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE </em></strong></p> <p style="text-align: justify;">Investita delle questioni afferenti alle condizioni di configurabilità, al contenuto ed ai criteri di accertamento dell’elemento soggettivo sotteso al reato di dichiarazione fraudolenta, <strong>la Suprema Corte evidenzia come risulti costante, nella giurisprudenza nomofilattica, <em>l’indirizzo che ravvisa la compatibilità del dolo eventuale con il dolo specifico limitatamente ai delitti previsti dal D.Lgs. n. 74 del 2000, i quali richiedono tale forma di finalizzazione volontaria della condotta, come, ad esempio, nel caso dei reati di dichiarazione infedele (Sez. 3, n. 30492 del 2015, cit.), di omessa dichiarazione (Sez. 3, n. 7000 del 23/11/2017, dep. 2018, Venturini, Rv. 272578-01), di emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (Sez. F, n. 42897 del 09/08/2018, C., Rv. 273939-01).</em></strong> Detto orientamento, non esente da critiche rivolte dalla dottrina prevalente, merita di essere confermato: secondo il Giudice di legittimità, infatti, <strong><em>una importantissima indicazione a sostegno della compatibilità, in linea generale, del dolo eventuale con il dolo specifico risulta desumibile dalla giurisprudenza delle Sezioni Unite, e segnatamente da Sez. U, n. 12433 del 26/11/2009, dep. 2010, Nocera, Rv. 246324-01 e 246323-01, in materia di ricettazione.</em></strong></p> <p style="text-align: justify;"><em>Questa decisione, infatti, ha affermato, enunciando un principio cui si è costantemente uniformata la giurisprudenza successiva (cfr., Sez. 2, n. 25439 del 21/04/2017, Sarr, Rv. 270179-01), che l’elemento psicologico della ricettazione può essere integrato anche dal dolo eventuale, configurabile in presenza della rappresentazione da parte dell'agente della concreta possibilità della provenienza della cosa da delitto e della relativa accettazione del rischio, a sua volta ravvisabile quando è possibile concludere che l'agente, pur rappresentandosi l'eventualità della provenienza delittuosa della cosa, non avrebbe agito diversamente anche se di tale provenienza avesse avuto la certezza (cfr. Rv. 246324-01). </em>Secondo il Giudice di legittimità, appare utile evidenziare, peraltro, che tale pronuncia <em>ha precisato come il dolo eventuale possa avere ad oggetto, oltre alla verificazione dell'evento, il presupposto della condotta, consistendo, in questo caso, nella rappresentazione della possibilità dell'esistenza del presupposto stesso e nell'accettazione dell'eventualità di tale esistenza (cfr. Rv. 246323-01). <strong>La decisione appena richiamata appare importante ai fini della questione soggetta al vaglio della Corte per un duplice ordine di ragioni. Essa, infatti, da un lato, pur non affrontando la questione in termini espliciti, ha comunque ritenuto configurabile, in presenza di dolo eventuale, un delitto per il quale è richiesto il dolo specifico (nella ricettazione, il reo deve agire “al fine di procurare a sé o ad altri un profitto”). Dall’altro, ha evidenziato come la nozione di dolo eventuale si caratterizza per un pregnante contenuto rappresentativo e volitivo, non riducibile alla mera accettazione del rischio, ma implicante la necessaria accettazione dell'evento stesso quale conseguenza della condotta dell’agente.</strong></em></p> <p style="text-align: justify;"><strong><em>Queste conclusioni, con specifico riguardo alla nozione di dolo eventuale, sembrano ancor più significative se valutate alla luce della più recente elaborazione della giurisprudenza delle Sezioni Unite in materia. In effetti, Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014, Espenhahn, Rv. 261104-01, enunciando un principio cui ha prestato ampia adesione la successiva giurisprudenza di legittimità (cfr., Sez. 4, n. 14663 del 08/03/2018, A., Rv. 273014-01), ha evidenziato che il dolo eventuale ricorre quando l’agente si sia chiaramente rappresentata la significativa possibilità di verificazione dell'evento concreto e ciò nonostante, dopo aver considerato il fine perseguito e l'eventuale prezzo da pagare, si sia determinato ad agire comunque, anche a costo di causare l'evento lesivo, aderendo ad esso, per il caso in cui si verifichi. La medesima sentenza Espenhahn, inoltre, proprio muovendo dalla necessità di una “lucida” raffigurazione nell'agente della realistica prospettiva di possibile verificazione dell'evento concreto quale effetto collaterale della condotta e di una consapevole “determinazione” ad agire comunque, ha significativamente precisato che lo “stato di dubbio irrisolto (...) non risolve il problema del dolo eventuale: indica un indizio, ma è pur sempre necessario dimostrare che lo stato d'incertezza sia accompagnato dalla già evocata, positiva adesione all'evento; dalla scelta di agire a costo di ledere l'interesse protetto dalla legge”. La nozione di dolo eventuale accolta dalla giurisprudenza delle Sezioni Unite, ritiene la Corte, risulta estremamente significativa ai fini della soluzione della questione oggetto di esame.</em></strong><em> <strong>Invero, si ritiene che il problema della compatibilità del dolo eventuale con il dolo specifico discende non da puntuali divieti normativi, bensì dal contenuto che caratterizza le due forme di elemento soggettivo. Ora, la struttura del dolo eventuale, così come conformata alla luce dei principi enunciati dalle Sezioni Unite, si caratterizza per un contenuto rappresentativo e volitivo tale da “includere” in termini di effettività e concretezza anche la specifica finalità richiesta dalla legge ai fini dell'integrazione del reato. Se, infatti, ai fini della configurabilità del dolo eventuale, l'agente deve “lucidamente” raffigurarsi il fatto lesivo quale conseguenza della sua condotta, e deve inoltre consapevolmente determinarsi ad agire comunque, accettando compiutamente la verificazione di tale fatto lesivo, risulta ragionevole concludere che il medesimo agente, nella indicata situazione, pone in essere la sua condotta nella piena consapevolezza che questa potrà realizzare anche la specifica finalità richiesta dalla legge ai fini dell'integrazione del reato, e, quindi, nell'attivarsi accettandola, la fa propria.</strong></em></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Quanto all’individuazione dei criteri di accertamento dell’elemento soggettivo per cui è causa, il Giudice di legittimità evidenzia come la citata pronuncia delle Sezioni Unite n. 38343 del 24/04/2014, Espenhahn, Rv. 26110501, abbia all’uopo enucleato i seguenti indici sintomatici: <em>a) la lontananza della condotta tenuta da quella doverosa; b) la personalità e le pregresse esperienze dell'agente; c) la durata e la ripetizione dell'azione; d) il comportamento successivo al fatto; e) il fine della condotta e la compatibilità con esso delle conseguenze collaterali; f) la probabilità di verificazione dell'evento; g) le conseguenze negative anche per l'autore in caso di sua verificazione; h) il contesto lecito o illecito in cui si è svolta l'azione nonché la possibilità di ritenere, alla stregua delle concrete acquisizioni probatorie, che l'agente non si sarebbe trattenuto dalla condotta illecita neppure se avesse avuto contezza della sicura verificazione dell'evento (cfr., ad esempio, Sez. 4, n. 14663 del 08/03/2018, A., Rv. 273014-01).</em></strong> Incentrando la propria attenzione sui profili specificatamente posti dal decreto di sequestro preventivo, confermato dall’ordinanza gravata in sede di legittimità, la Corte, ritenendo di non poter prescindere dai limiti individuati dalla consolidata giurisprudenza nomofilattica in materia, evidenzia come, <em>ai fini dell’affermazione del fumus commissi delicti, per ritenere ravvisabile l'elemento soggettivo della fattispecie è sufficiente dare atto dei dati di fatto che non permettono di escludere ictu oculi la sussistenza del medesimo (cfr., tra le tantissime, Sez. 3, n. 26007 del 05/04/2019, Pucci, Rv. 276015-01, e Sez. 2, n. 18331 del 22/04/2016, Iommi, Rv. 266896-01)</em>. Anche volendo prescindere da tale indirizzo ermeneutico, rileva il Giudice di legittimità, <em>occorre in ogni caso considerare che, in materia di misure cautelari reali, in linea generale, ai fini dell'affermazione del fumus commissi delicti, pure secondo l'orientamento più garantista, non sono necessari “gravi” indizi di colpevolezza o del reato, ma solo elementi di fatto, anche solo indiziari, che consentano di ricondurre l'evento punito dalla norma penale alla condotta dell'indagato (così, per tutte, Sez. 5, n. 3722 del 11/12/2019, dep. 2020, Gheri, Rv. 278152-01; per l'opposto indirizzo, che reputa sufficiente la astratta sussumibilità in una determinata ipotesi di reato del fatto contestato, v., ad esempio, Sez. 1, n. 18491 del 30/01/2018, Armeli, Rv. 27306901).</em></p> <p style="text-align: justify;">In conclusione, la Corte di Cassazione, alla luce dei principi di diritto complessivamente esposti, ritiene che l’ordinanza impugnata sia sostenuta da un adeguato impianto motivazionale, anche, e specificatamente, con riguardo al punto concernente il dolo.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><em>Christian Curzola</em></p> <p style="text-align: justify;"><em> </em></p>