<p style="text-align: justify;"><strong>Massima</strong></p> <p style="text-align: justify;"><em> </em></p> <p style="text-align: justify;"><em>Nella normalità dei casi, ciascuno si occupa degli affari propri, mentre la gestione di affari di terzi, per non essere illecita, presuppone un titolo legale o convenzionale (normalmente, un mandato); nel contemporaneo concorrere tuttavia di specifiche circostanze e dell’assenza di altre, del pari specifiche, la legge autorizza un terzo – in ottica solidale - a gestire affari altrui </em>sine titulo<em> senza che ciò implichi illecita invasione della sfera aliena (e correlata responsabilità civile), con nascita di obbligazioni e pretese reciproche; anche poi laddove le circostanze legalmente previste non siano tutte contemporaneamente presenti, è sempre possibile per il titolare dell’affare ratificare la gestione intrapresa da altri nel relativo interesse, facendo riaffiorare </em>ex post<em> quel “</em>mandato<em>” non presente </em>ex ante<em>.</em></p> <p style="text-align: justify;"><strong> </strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Crono-articolo</strong></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;">Diritto romano (vedi articolo dedicato in Cittadinanza consapevole)</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1865</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 25 giugno viene varato il R.D. n.2358, codice civile liberale, che colloca la gestione di affari altrui nella categoria dei c.d. “<em>quasi-contratti</em>” di derivazione giustinianea, definendo preliminarmente all’art.1140 il quasi-contratto come un fatto volontario e lecito, dal quale risulta un'obbligazione verso un terzo o un'obbligazione reciproca tra le parti. Per il successivo articolo 1141, quegli che volontariamente si assume un affare altrui, contrae l'obbligazione di continuare la gestione cominciata e di condurla a termine, sino a che l' interessato non sia in grado di provvedervi da se stesso, e deve altresì soggiacere a tutte le conseguenze del medesimo affare ed a tutte le obbligazioni che risulterebbero da un mandato avuto dall’interessato; è pure tenuto – prosegue l’art.1142 - a continuare la gestione, ancorché l'interessato muoia prima che l’affare sia terminato, sino a che l'erede possa assumerne la direzione, e ad usare ex art.1143, nella sua amministrazione, tutte le cure di un buon padre di famiglia, l’autorità giudiziaria potendo tuttavia moderare la valutazione dei danni che siano derivati da colpa o negligenza dell'amministratore, secondo le circostanze che lo hanno indotto ad assumere l'affare. Infine, ai sensi dell’art.1144 se l'affare fu bene amministrato l'interessato deve adempire le obbligazioni contratte in nome suo dall'amministratore, tenerlo indenne da quelle che ha personalmente assunto e rimborsarlo delle spese necessarie ed utili, con gli interessi dal giorno in cui furono fatte; proprio il riferimento ad un affare nel suo complesso “<em>bene amministrato</em>” fa scattare l’istituto anche laddove l’utilità non sia riscontrabile a livello iniziale, ma si sia poi rivelata tale nel prosieguo della gestione dell’affare intrapreso dal gestore. Nessun riferimento viene fatto alla capacità necessaria per essere gestore.</p> <p style="text-align: justify;"><strong> </strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1933</strong></p> <p style="text-align: justify;">L’11 luglio esce la sentenza delle SSUU n.2640 alla cui stregua nel caso in cui la PA agisca <em>iure privatorum</em> può considerarsi ammessa la gestione di affari altrui da parte di un soggetto privato. Nondimeno, poiché la PA amministra beni pubblici e persegue l’interesse pubblico, essa è la sola che può maturare il giudizio in ordine ad un requisito essenziale perché nascano obbligazioni, ovvero alla utilità della intrapresa gestione, che dunque non può essere accertata dal GO pena l’invasione di campo di quest’ultimo in una attività riservata appunto alla PA, allo stesso modo di quanto verrà riconosciuto in tema di accertamento dell’arricchimento “<em>ingiustificato</em>”.</p> <p style="text-align: justify;">Il 16 dicembre esce la sentenza delle SSUU della Cassazione n.3636 alla cui stregua, in tema di attività <em>iure privatorum</em> della PA, è ammissibile la gestione di affari da parte di un terzo privato, potendo peraltro la PA riconoscere anche solo in modo implicito il requisito dell’<em>utiliter coeptum</em>, e dunque della utilità iniziale della intrapresa gestione, con conseguente nascita di obbligazioni a proprio carico.</p> <p style="text-align: justify;"><strong> </strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1940</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 28 ottobre vede la luce il R.D. n.1443, nuovo codice di procedura civile, alla stregua del cui art.77 il <a href="https://www.brocardi.it/dizionario/3703.html">procuratore</a> generale e quello <a href="https://www.brocardi.it/dizionario/2530.html">preposto a determinati affari</a> (dal punto di vista sostanziale) non possono stare in giudizio per il preponente, quando questo potere non è stato loro conferito espressamente per iscritto, tranne che per gli atti urgenti e per le <a href="https://www.brocardi.it/dizionario/4921.html">misure cautelari</a> (tale potere si presume tuttavia conferito al procuratore generale di chi non ha residenza o domicilio nella Repubblica e all'institore). Dalla norma si evince come normalmente non sia ammissibile una gestione di affari altrui di tipo processuale, salve eccezionali ipotesi. Il tutto trova conferma nella disposizione sulla sostituzione processuale di cui all’art.81 del c.p.c. onde, fuori dei casi espressamente previsti dalla legge, nessuno può far valere nel processo in nome proprio un diritto altrui.</p> <p style="text-align: justify;"><strong> </strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1942</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 16 marzo viene varato il R.D. n.267, nuovo codice civile (entrato in vigore il 21 aprile), che disciplina la gestione di affare altrui agli articoli 2028 e seguenti, tra le possibili fonti tipiche di obbligazioni che non possono essere ricondotte né al contratto, né al fatto illecito. I lavori preparatori hanno tentato di circoscrivere meglio l’ambito di operatività dell’istituto, con particolare riguardo all’espressione “<em>affare altrui</em>” ed alla eventuale opportunità di prevedere i requisiti dell’urgenza di provvedere o del pericolo di gravi perdite a danno del <em>dominus</em> interessato, ma il codice resta alfine silente su tali (potenziali) presupposti, ponendo il problema di come debba intendersi effettivamente il concetto di “<em>affare</em>” e del punto fino a quale possa spingersi il gestore con attività che spiegano effetti nella sfera giuridica del <em>dominus</em>. A differenza di quanto accadeva nel vigore del codice del 1865, la nuova versione della <em>negotiorum gestio</em> scatta solo “<em>qualora la gestione sia utilmente iniziata</em>” (art.2031), e dunque il momento in relazione al quale valutare l’utilità della gestione è appunto solo quello iniziale, mentre non può discorrersi di gestione di affari altrui laddove la ridetta utilità, non presente in <em>incipit</em>, sia affiorata come tale solo successivamente, nel corso della gestione del divisato affare. L’art.2029, e anche questa è una novità, prevede esplicitamente che il gestore debba avere la capacità di contrattare. Interessante l’art.2338 in tema di costituzione di società per azioni, laddove si prevedono taluni obblighi dei promotori, in una vicenda che viene ricondotta da parte della dottrina proprio alla gestione di affari altrui, laddove il soggetto il cui affare viene gerito è la costituenda società; si fa notare tuttavia come gli obblighi che la ridetta norma prescrive in capo ai promotori, proprio perché scaturenti direttamente dalla legge, escludano quella “<em>spontaneità</em>” che è invece tipica della gestione di affari altrui, prevedendo l’art.2028 che il gestore agisca “<em>senza esservi obbligato</em>”. Va tenuto conto del fatto che laddove non vi siano i presupposti della <em>negotiorum gestio</em>, potrebbero essere presenti quelli che presidiano all’istituto della rappresentanza senza potere (c.d. <em>falsus procurator</em>: art.1398 e seguenti), con possibilità di ratifica dell’operato del rappresentante apparente da parte del <em>dominus</em>.</p> <p style="text-align: justify;"><strong> </strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1948</strong></p> <p style="text-align: justify;">Viene varata la Costituzione repubblicana secondo il cui art.2 accanto ai diritti inviolabili dell’uomo vanno collocati i doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale. Secondo il successivo art.41, l'<a href="http://www.brocardi.it/dizionario/181.html">iniziativa economica privata</a> è libera, non potendosi tuttavia svolgere in contrasto con l'<a href="http://www.brocardi.it/dizionario/182.html">utilità sociale</a> o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana; viene demandato alla legge di determinare i <a href="http://www.brocardi.it/dizionario/184.html">programmi</a> e i controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a <a href="http://www.brocardi.it/dizionario/185.html">fini sociali</a>. Si tratta di una norma che, oltre a fondare l’autonomia negoziale dei privati – anche in termini di possibilità di forgiare contratti atipici ai sensi dell’art.1322 c.c. - ne richiama ad un tempo i pertinenti limiti, onde eventuali interferenze nella sfera giuridica altrui debbono assumersi lecite e fonti di obbligazioni solo laddove rispondenti al principio di solidarietà ed alla utilità sociale.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1950</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 19 luglio esce la sentenza della Cassazione n.1984 la quale, isolatamente, ammette che in caso di gestione di affari altrui a favore di una PA che agisca <em>iure privatorum</em>, il giudice possa accertare il requisito dell’<em>utiliter coeptum, </em>ovvero della utilità iniziale della intrapresa gestione (e la conseguente nascita di obblighi a carico della PA). La giurisprudenza assolutamente maggioritaria tenderà invece a negare tale potere di accertamento, da assumersi riservato alla PA anche al fine di scongiurare sconfinamenti del potere giurisdizionale nei confronti di quello amministrativo.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1956</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 23 ottobre esce la sentenza della Cassazione n.3843 che si occupa della peculiare fattispecie in cui il mandatario superi i limiti inscritti nel mandato; in queste ipotesi per la Corte alle obbligazioni nascenti dal mandato si affiancano quelle sorte in connessione appunto con il superamento dei limiti del mandato medesimo, laddove per queste ultime sussistano tutti gli altri requisiti della gestione di affari altrui; tale istituto presuppone infatti la spontaneità dell’intervento del gestore (assenza di obbligo di intervento), che connota appunto il segmento di gestione che supera i limiti del mandato e che – nel convergere di tutti gli altri elementi costitutivi della <em>negotiorum gestio</em> – può essere appunto fonte di obbligazione tra le parti.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1964</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 13 marzo esce la sentenza della Sezione I della Cassazione n.550 che si occupa di indagare se il gestore possa alienare un bene immobile del <em>dominus</em> interessato a titolo di <em>negotiorum gestio</em>, e dunque senza procura scritta, con effetti diretti nel patrimonio del <em>dominus</em> medesimo. Per la Corte è da escludersi l’operatività della <em>negotiorum gestio</em> con riguardo a negozi – come appunto la vendita immobiliare – caratterizzati da forma scritta <em>ad substantiam</em>, e ciò perché alienare un bene immobile senza le garanzie di forma previste dal sistema significa applicare al pertinente atto di alienazione una disciplina che non gli appartiene, così alterandone la rilevanza giuridica.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1965</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 27 ottobre esce la sentenza della I sezione della Cassazione n.2262 che esclude possa essere censurabile in cassazione il giudizio sulla prevalenza o meno in capo al gestore dell'interesse altrui (e, segnatamente, del <em>dominus</em> interessato) su quello proprio, trattandosi di giudizio di fatto.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1968</strong></p> <p style="text-align: justify;">*Il 3 agosto esce la sentenza della III sezione della Cassazione n.2784 che esclude possa essere censurabile in cassazione il giudizio sulla prevalenza o meno in capo al gestore dell'interesse altrui (e, segnatamente, del <em>dominus</em> interessato) su quello proprio, trattandosi di giudizio di fatto.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1984</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 23 maggio esce la sentenza della Sezione II della Cassazione n.3143 alla cui stregua il requisito della c.d. <em>absentia domini</em>, ovvero l’impossibilità del <em>dominus</em> interessato all’affare di gestirlo autonomamente, va inteso non già nel senso della impossibilità assoluta, ma anche solo relativa ed atteggiantesi a mera difficoltà (seppure consistente) di gestire autonomamente l’affare. Per la Corte, laddove la gestione sia stata utilmente intrapresa dal gestore senza il divieto del <em>dominus</em>, può assumersi anzi già integrato il requisito della impossibilità per il <em>dominus</em> di autonomamente provvedervi, da intendersi appunto in senso lato e relativo, potendo essa configurarsi non già solo allorché il dominus interessato sia fisicamente lontano dal luogo di gestione dell’affare, ma anche nel caso in cui, pur vicino, egli versi in temporanea condizione di incapacità di provvedervi.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1991</strong></p> <p style="text-align: justify;">*Il 9 dicembre esce la sentenza della Corte d’Appello di Roma alla cui stregua il requisito della c.d. <em>absentia domini</em>, ovvero l’impossibilità del <em>dominus</em> interessato all’affare di gestirlo autonomamente, va inteso non già nel senso della impossibilità assoluta, ma anche solo relativa ed atteggiantesi a mera difficoltà (seppure consistente) di gestire autonomamente l’affare. Per la Corte, laddove la gestione sia stata utilmente intrapresa dal gestore senza il divieto del <em>dominus</em>, può assumersi anzi già integrato il requisito della impossibilità per il <em>dominus</em> di autonomamente provvedervi, da intendersi appunto in senso lato e relativo, potendo essa configurarsi non già solo allorché il dominus interessato sia fisicamente lontano dal luogo di gestione dell’affare, ma anche nel caso in cui, pur vicino, egli versi in temporanea condizione di incapacità di provvedervi.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1994</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 17 novembre esce la sentenza della Sezione II della Cassazione n.9710 onde, in tema di <em>negotiorum gestio</em> non rappresentativa, laddove il gestore acquisti beni immobili o mobili registrati in nome proprio ma nell’interesse del <em>dominus</em>, questi può attivare la tutela in forma specifica orientata al ritrasferimento di tali beni da parte del gestore ai sensi dell’art.2932 c.c. (in combinato disposto con l’art.1706, comma 2, c.c.) anche in assenza di un obbligo in tal senso in forma scritta, purché previamente ratifichi i negozi posti in essere dal gestore in nome proprio.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1995</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 20 marzo esce la sentenza della Sezione II della Cassazione n.3225 onde, in tema di contratto preliminare di vendita di bene immobile – e mutando il proprio precedente orientamento – va ammessa la operatività della <em>negotiorum gestio</em> anche con riguardo agli atti in cui la forma solenne <em>ad substantiam</em> costituisce un elemento che concorre a produrre la fattispecie negoziale, e ciò in quanto l’immediata imputazione degli effetti dell’attività gestoria nella sfera del <em>dominus</em> interessato trova il proprio fondamento nella legge, e non in un atto negoziale: solo in quest’ultimo caso infatti, l’atto negoziale dovrebbe seguire le regole formali per esso previste al fine di produrre i divisati effetti, ma poiché tali effetti vanno in realtà ricondotti direttamente alla legge, è ben possibile per il gestore porre in essere un atto formale con effetti diretti nella sfera giuridica del <em>dominus</em> anche senza una procura scritta. In sostanza, nelle fattispecie di <em>negotiorum gestio</em> non si applica la regola che, in tema di rappresentanza volontaria, prevede per la procura il rilascio nella medesima forma del negozio cui essa si riferisce (art.1392 c.c.). Laddove poi non si configurino i presupposti della gestione, la produzione degli effetti è subordinata alla ratifica da parte del <em>dominus</em> interessato, da porsi in essere in forma scritta.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2003</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 5 dicembre esce la sentenza della I sezione della Cassazione n.18626, alla cui stregua non può configurarsi una <em>negotiorum gestio</em> tutte le volte che il gestore sia obbligato appunto a gestire l’affare altrui sulla base di una fonte legale o contrattuale, come palesa l’art.2028 che richiede che la gestione prenda l’abbrivio da parte di chi la intraprende “<em>senza esservi obbligato</em>”, e dunque spontaneamente.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2005</strong></p> <p style="text-align: justify;">L’11 febbraio viene varata la legge n.15, che introduce nella legge n.241.90 un comma 1 bis all’art.1, alla cui stregua la pubblica amministrazione, nell'adozione di atti di natura non autoritativa, agisce secondo le norme di diritto privato salvo che la legge disponga diversamente. Si tratta di una disposizione che avalla la configurabilità della gestione di affari della PA da parte di un terzo, laddove si tratti di attività <em>iure privatorum</em>.</p> <p style="text-align: justify;">Il 20 dicembre esce la sentenza della Sezione I della Cassazione n.28260 in tema di ordine di borsa per l’acquisto di azioni alla cui stregua, ai sensi dell’art.2030 c.c., la gestione di affari altrui fa nascere in capo al gestore gli stessi obblighi che sarebbero a lui derivati dalla stipula con il <em>dominus</em> interessato di un contratto di mandato, e in particolare l’obbligo di diligenza di cui all’art.1710 c.c.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2007</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 25 maggio esce la sentenza della sezione tributaria della Cassazione n.12280 secondo la quale elemento caratterizzante della gestione di affari altrui è il compimento di atti giuridici spontaneamente ed utilmente nell’interesse altrui, in assenza di un obbligo legale o convenzionale di cooperazione; a tale fine si richiede innanzi tutto l’<em>absentia domini</em>, da intendersi non già come impossibilità oggettiva e soggettiva di curare i propri interessi quanto piuttosto come semplice mancanza di un rapporto giuridico in forza del quale il gestore sia tenuto ad intervenire nella sfera giuridica altrui, ovvero quale forma di spontaneo intervento senza opposizione o divieto del <em>dominus</em>; tale requisito non è peraltro sufficiente ai fini della configurabilità della gestione di affari, occorrendo altresì l’utilità della gestione – c.d. <em>utiliter coeptum</em> – la quale sussiste quando sia stata esplicata un’attività che, producendo un incremento patrimoniale o risolvendosi in una evitata diminuzione patrimoniale, sarebbe stata esercitata dallo stesso interessato quale buon padre di famiglia, se avesse dovuto provvedere efficacemente da sé alla gestione dell’affare. In applicazione di tali principi, nel caso di specie la Corte cassa per vizio di motivazione la sentenza impugnata che – in materia di Irpef – ha escluso la assoggettabilità ad imposizione fiscale del sovrapprezzo riscosso dal contribuente per la vendita di azioni di proprietà della moglie, ritenendo che l’attività da lui svolta ai fini della vendita sia configurabile non già come intermediazione ma piuttosto come gestione di affari altrui, senza però indicare gli elementi comprovanti l’avvenuto trasferimento al coniuge del controvalore dei titoli.</p> <p style="text-align: justify;">L’11 luglio viene varato il Regolamento (CE) n. 864/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio sulla legge applicabile alle obbligazioni extracontrattuali, noto in Italia anche con il nome "<em>Roma II</em>", recante norme in materia di legge applicabile appunto alle obbligazioni extracontrattuali. La gestione di affari altrui viene considerata fonte di obbligazione “<em>extracontrattuale</em>” perché non ha alla base un contratto (né un illecito) e, per individuare la legge ad essa applicabile laddove la ridetta gestione presenti caratteri di trans-nazionalità, il Regolamento prevede che tale legge applicabile sia in primo luogo quella della relazione esistente tra le parti, qualora la ridetta gestione sia ad essa ricollegabile (pur, appunto, senza un contratto né un illecito); quando la legge applicabile non può essere determinata in base a tale criterio e le parti hanno la loro residenza abituale nel medesimo paese nel momento in cui si verifica il fatto che determina il danno, si applica la legge di tale Paese di comune residenza; in ulteriore subordine, si applica la legge del paese in cui si è svolta la gestione d'affari. Infine, se dal complesso delle circostanze del caso risulta che l'obbligazione “<em>extracontrattuale</em>” che deriva da una gestione d'affari altrui presenta collegamenti manifestamente più stretti con un Paese diverso da quello di cui ai tre criteri precedenti, si applica la legge di quest'altro Paese.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2010</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 6 agosto esce la importante sentenza della III sezione della Cassazione n.18378, che si occupa di un caso in cui un privato ha anticipato somme necessarie per l’inserimento di un soggetto disabile in una struttura di assistenza, così atteggiandosi a gestore di affari della PA che avrebbe dovuto provvedervi e chiedendo il rimborso delle spese anticipate. Osserva il Collegio in primo luogo che la fattispecie va inquadrata in una prospettazione costituzionalistica che non consente una parcellizzazione o una scissione dell'intervento assistenziale. Per la Corte la normativa, statale e regionale, pertinente <em>ratione materiae</em> va inquadrata e interpretata alla luce degli art. 2 e 32 Cost., che nel loro combinato disposto impongono al Giudice, così come alla P.A., di interpretare le norme ordinarie secondo i criteri di solidarietà sociale e di protezione del diritto alla salute come diritto fondamentale. Vale a dire – soggiunge il Collegio - che queste norme costituzionali non possono non investire anche l'approccio interpretativo delle norme ordinarie, altrimenti esse avrebbero solo una caratura "<em>programmatica</em>" che è ormai respinta sia dalla giurisprudenza che dalla dottrina; onde, il diritto all'assistenza socio-sanitaria del disabile è da assumersi quale diritto assoluto ed inviolabile che non può trovare impedimento o disgregarsi nell'attesa della conclusione del relativo procedimento di accertamento e di valutazione da parte dell'ente competente, in specie quando esso necessiti di immediati sostegni o terapie. Ciò detto, prosegue ancora la Corte - se è pienamente da condividere l'argomentare del Giudice dell'appello che tale diritto, anche nei relativi risvolti economici, non è soggetto ad automatismo, necessitando piuttosto di un provvedimento amministrativo che solo stabilisca la legittimità della richiesta dell'interessato - è altresì incontestabile che l'impegno e le conseguenti obbligazioni ex lege a carico dell'Ente pubblico competente sono fondate e traggono il loro <em>ubi consistam</em> dal dovere di solidarietà sociale da realizzare in concreto e non in astratto, al punto che esso diritto è tutelabile, come ormai ritengono i Giudici del merito e autorevole dottrina, utilizzando l'art. 700 c.p.c. (viene richiamata una sentenza del Tribunale di Roma del 17 dicembre 2002). Tale impostazione si ricava per la Corte anche dalla Carta di Nizza del 7 dicembre 2000 richiamata, <em>ratione temporis</em>, dal Trattato di Lisbona e che - attualmente - ha pieno valore giuridico essendo il Trattato in oggetto entrato pienamente in vigore dal 1 dicembre 2009; tale Carta, sia al capo III - rubricato Uguaglianza - con l'art. 26 riconosce e rispetta i diritti dei disabili di beneficiare di misure intese a garantire l'autonomia, l'inserimento sociale e la partecipazione alla vita della comunità, sia al capo IV - rubricato Solidarietà - tratta della protezione della salute, per la quale si afferma che nella definizione e nell'attuazione di tutte le politiche ed attività dell'Unione è garantito un alto livello di protezione della salute umana. Il che conferma, se ve ne fosse bisogno, che ormai la solidarietà è un principio immanente, anche a livello europeo, nella interpretazione della normativa di specie. Nel caso in esame la domanda proposta dal gestore, chiosa la Corte, è una domanda di regresso, ovvero, di restituzione di somme anticipate per agevolare un immediato inserimento di recupero del nipote bisognoso di assistenza; in funzione di tale domanda, il Giudice dell'appello avrebbe dovuto per il Collegio prendere atto che il procedimento sul caso concreto si era concluso con l'accertamento della effettiva gravità dell'handicap, la quale - come pacifico - al Comune era ben nota prima della data di conclusione del procedimento stesso, per cui la obbligazione del Comune non poteva, come ha ritenuto il Giudice di merito, essere posticipata rispetto alla insorgenza del diritto, dovendo piuttosto necessariamente risalire alla data di verificato riconoscimento dalla condizione di handicappato (nella specie risalente al 1977), onde se - come nella specie - nel periodo intermedio, l'onere economico sia stato già di fatto assunto solidaristicamente in funzione gestoria da altro soggetto, questi ha diritto a ripetere dall'ente preposto la somma anticipata. Ciò, conclude la Corte, proprio in considerazione dello spessore costituzionale del diritto alla salute che, nel caso in esame, esalta la valenza dell'intervento anticipatorio di spesa anche in una prospettiva di concreta solidarietà verso soggetti in gravi difficoltà. Infatti, l'impegno del gestore ad anticipare la retta, pur di dare concreto aiuto al nipote disabile, già riconosciuto dal Comune appunto come soggetto disabile, si configura come una sorta di <em>negotiorum gestio</em>, attesa la utilità e, nella specie, la necessità iniziale, quale tipico requisito di cui all'art. 2028 c.c., finalizzata a soccorrere il nipote gravemente disabile e tesa ad accelerarne, nei limiti del possibile, il recupero. Si tratta di una pronuncia che parte della dottrina ha additato come <em>testimonial</em> di un possibile superamento della tesi che nega – con riguardo alle attività pubblicistiche della PA – la configurabilità di una gestione di affari altrui (stante la <em>prohibitio domini</em> sistematicamente inerente appunto all’azione pubblica della PA, come tale non surrogabile da privati); in realtà, nella fattispecie, l’attività gestoria del privato pare più precisamente investire l’affare di un altro privato, ovvero del soggetto disabile “<em>surrogato</em>”, e non già un affare (pubblicistico) della PA, concernendo l’attività sostitutiva del gestore non già l’attività pubblicistica del Comune compendiantesi nell’accertamento dello <em>status</em> di disabile del soggetto avente diritto, quanto piuttosto la pretesa del privato disabile medesimo nei confronti della PA alle prestazioni assistenziali ad esso dovute, le cui spese sono state appunto anticipate dal soggetto gestore.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2011</strong></p> <p style="text-align: justify;">*Il 7 giugno esce la sentenza della II sezione della Cassazione n.12304 alla cui stregua in materia di <em>negotiorum gestio</em> la <em>absentia domini</em> deve intendersi non già come impossibilità oggettiva e soggettiva di curare i propri interessi, quanto piuttosto quale semplice mancanza di un rapporto giuridico in forza del quale il gestore sia tenuto ad intervenire nella sfera giuridica altrui, ovvero quale forma di spontaneo intervento senza opposizione o divieto del <em>dominus</em>.</p> <p style="text-align: justify;">Il 4 novembre esce la sentenza della I sezione del Tar Campania n.5126 alla cui stregua il problema della esperibilità dell’azione ex art.2028 c.c. (c.d. negotiorum gestio) nei confronti della PA va risolto tenendo conto della differenza tra attività di carattere pubblicistico, nello svolgimento delle quali non sono ammesse ingerenze da parte di privati (ancorché spontanee ed utilmente intraprese), ed attività di carattere privatistico, nell’espletamento delle quali la giurisprudenza tende, entro certi limiti, ad ammettere che il privato si possa sostituire all’Amministrazione, così acquisendo il diritto ad essere rimborsato delle spese sostenute.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2012</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 4 luglio esce l’importante sentenza delle SSUU n.11135 che indaga quale sia il regime del bene in comproprietà che venga locato solo da uno dei comunisti. Per la Corte va scartata sia la tesi che costruisce la fattispecie come mandato senza rappresentanza (con connesso potere del proprietario non locatore di agire per la riscossione dei canoni direttamente nei confronti del conduttore, ex art.1705, comma 2, c.c.), sia quella che muove dalla presunzione di consenso reciproco dei comproprietari (che del pari consente a ciascuno di essi di agire nei confronti del conduttore, seppure questi abbia stipulato il contratto con uno solo di essi), dovendosi piuttosto preferire proprio l’opzione ermeneutica che vede nella figura una gestione parziale di affare altrui da parte del proprietario locatore (con riferimento alla quota di comproprietà della <em>res</em> comune non appartenente a lui), con conseguente impossibilità per il proprietario non locatore di interferire nel contratto di locazione stipulato dall’altro comproprietario in una fase successiva rispetto alla stipula del contratto (a meno che non abbia ratificato, ex art.2032 c.c., l’attività del comproprietario locatore). Per la Corte occorre muovere da alcuni punti fermi, il primo dei quali è che per poter procedere a locare un bene (normalmente immobile) non occorre la proprietà del bene medesimo, palesandosi sufficiente a fini di pertinente legittimazione la detenzione qualificata ed esclusiva del bene medesimo, e dunque la relativa disponibilità (circostanza peraltro condivisa da tutte le tesi in campo); non occorre dunque per il comproprietario allegare o dimostrare un idoneo potere amministrativo al fine di procedere a locare l’immobile (del quale ha la disponibilità) al terzo conduttore, palesandosi il contratto in ogni caso valido ed efficace, rimanendo irrilevanti i limiti che, rispetto agli altri condomini non locatori, discendono al comproprietario locatore dalla disciplina sulla comunione e sugli atti di ordinaria e straordinaria amministrazione ivi previsti, segnatamente dall’art.1105 c.c.; da ciò discende ulteriormente, per la Corte, che il comproprietario locatore può procedere a stipulare la locazione anche all’insaputa degli altri comproprietari non locatori, purché abbia la mera disponibilità dell’immobile (non derivante, tuttavia, da titolo contrario a norme di ordine pubblico) e sia dunque in grado di adempiere alla obbligazione fondamentale del locatore, quella di consentire il godimento del bene al conduttore. Muovendo da questi presupposti, per la Corte è proprio la disciplina della <em>negotiorum gestio</em> quella che consente di meglio contemperare gli interessi delle varie parti coinvolte nella vicenda <em>de qua</em>, e ciò in quanto il contratto di locazione, inteso come (quanto meno parziale) gestione di affari, appare efficace sol che non vi sia stata <em>probihitio domini</em> da parte degli altri comproprietari non locatori prima della stipula del pertinente contratto, portata a conoscenza del conduttore medesimo, del pari, prima della stipula ridetta, ai sensi dell’art.2031, comma 2, c.c. ciò implicando vincolatività dell’affare anche per il <em>dominus</em> dell’affare medesimo (nel caso di specie, proprio per chi sia comproprietario non locatore); laddove i contrasti tra comproprietari dovessero insorgere successivamente alla stipula del contratto, essi infatti per la Corte non rilevano e dunque non ledono il conduttore, la <em>prohibitio domini</em> dovendo difettare appunto prima dell’inizio della gestione, e non anche dopo, quando ormai l’affare vincola anche il <em>dominus</em> gerito. Per quanto riguarda poi la posizione del comproprietario non locatore, va distinta: a) l’ipotesi in cui egli sia a conoscenza dell’intenzione dell’altro comproprietario di locare l’immobile comune (laddove può non opporsi, con rituale inizio della <em>negotiorum gestio</em>, ovvero opporsi facendo luogo a <em>prohibitio domini</em> che viene portata a conoscenza dell’aspirante conduttore prima della stipula della locazione, circostanza che ex art.2031, comma 2, c.c., non lo impegna per le obbligazioni che il gestore abbia assunto, anche in nome proprio, nei confronti di terzi, né lo obbliga al rimborso delle pertinenti spese); da b) l’ipotesi in cui egli non sia a conoscenza della locazione intercorsa tra l’altro comproprietario e il terzo conduttore, circostanza che – nel contemperamento tra i relativi interessi e quelli del terzo conduttore – lo vincola ad una <em>negotiorum gestio</em> laddove utilmente intrapresa, ovvero lo legittima a chiedere il risarcimento dei danni al comproprietario locatore a sua insaputa, salva tuttavia la facoltà di ratificare ex art.2032 c.c. il contratto stipulato dal comproprietario locatore, con possibilità in questo caso di avvalersi dei medesimi effetti che sarebbero derivati da un mandato (anche laddove il comproprietario locatore, in veste di gestore, abbia creduto di gestire un affare proprio), e dunque con possibilità anche di attivare i poteri che il sistema riconosce al mandante nei confronti del terzo che ha contrattato con il mandatario.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2015</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 16 ottobre esce la sentenza della II sezione penale della Cassazione nn.41730 che rammenta come in tema di c.d. ragion fattasi, o esercizio arbitrario delle proprie ragioni, si sia posto il problema - considerato che si tratta di reato comune che quindi può essere commesso da chiunque - se possa essere soggetto attivo colui che esercita il preteso diritto pur non avendone la titolarità e si è affermato (le fattispecie esaminate riguardano tutte la violazione di cui all'art. 392 c.p.) che può anche essere colui che non abbia la titolarità del diritto arbitrariamente esercitato, purché si comporti come se fosse il titolare della situazione giuridica e ne eserciti le tipiche facoltà, agisca cioè quale mero <em>negotiorum gestor</em>, espressione tecnicamente adoperata dalla scienza giuridica e dalla legge per designare soltanto l'istituto regolato dal codice civile agli art. 2028 ss., nell'ambito del quale vanno sussunte le ipotesi specifiche caratterizzate dall'essere la gestione il risultato della spontanea iniziativa del gestore (vengono richiamate le sentenze della Sez. VI, 8.3.2013 n. 23322 , Anzalone, 5 aprile 2001, n. 15972, Corieri; 10 marzo 1983, n. 4098, Ligori; 30 aprile 1985, n. 8434, Chiacchiera; 21 dicembre 1979, n. 9471, Spinelli). Nelle sentenze richiamate – prosegue la Corte - è stata ritenuta la responsabilità ex art. 392 c.p. da parte di chi abbia di fatto esercitato arbitrariamente un diritto di cui pretendeva essere titolare, comportandosi come se fosse proprietario o legittimo possessore, esercitando tipiche facoltà dominicali. E' stato tuttavia ritenuto dalla giurisprudenza civile della Corte medesima (Cass. n. 2229 del 30/07/1973) che chi abbia assunto l'utile gestione di un affare altrui non è però legittimato processualmente in senso sia attivo che passivo e ciò perché la sostituzione processuale è ammessa nei soli casi espressamente previsti dalla legge. Proprio per questo, la Corte assume che - al di fuori dell'esercizio di un proprio preteso diritto o di una <em>negotiorum gestío</em> nei termini sopra indicati, come appunto avviene nel prisma processuale - non può trovare applicazione il delitto di ragion fattasi ma, se del caso, quello di estorsione. Per il Collegio allora è di tutta evidenza come nel caso portato al relativo esame l'azione posta in essere spontaneamente dai prevenuti e diretta in modo non equivoco a costringere un soggetto datoriale a riassumere una propria dipendente dopo che lo stesso ne aveva formalizzato il licenziamento per via della condotta illecita della donna, non possa essere qualificata come esercizio arbitrario delle proprie ragioni, non avendo i prevenuti agito per l'esercizio di un proprio diritto o su mandato della titolare o ancora quali gestori di fatto di affari della donna nei termini sopra indicati, considerato che la asserita pretesa giudiziaria azionabile avente ad oggetto la reintegrazione nel posto di lavoro e la legittimazione a farla valere non poteva essere gestita che dalla titolare del diritto. La condotta posta in essere dagli imputati è stata allora per la Corte correttamente qualificata come tentativo di estorsione.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2016</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 29 febbraio esce la sentenza della II sezione della Cassazione n.3933 che, richiamando il proprio precedente del 30 dicembre 2011 n. 30552, afferma come nell'ambito dei rapporti tra coeredi, la resa dei conti di cui all'art. 723 cod. civ., oltre che operazione inserita nel procedimento divisorio, può anche costituire un obbligo a sé stante, fondato - così come avviene in qualsiasi situazione di comunione - sul presupposto della gestione di affari altrui condotta da uno dei partecipanti; ne consegue che l'azione di rendiconto può presentarsi anche distinta ed autonoma rispetto alla domanda di scioglimento della comunione pur se le due domande abbiano dato luogo ad un unico giudizio, sicché le medesime possono essere scisse e decise senza reciproci condizionamenti.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2017</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 12 aprile esce la sentenza della III sezione della Cassazione n.9351 alla cui stregua va assunto inammissibile il motivo di ricorso che investa l'apprezzamento sull'esistenza dei singoli elementi costitutivi della <em>negotiorum gestio</em> implicando esso accertamenti di fatto incensurabili in cassazione se congruamente motivati: in particolare, il giudizio sull'esistenza di un interesse proprio o altrui è un giudizio di fatto non censurabile in cassazione se, come in questo caso, adeguatamente motivato.</p> <p style="text-align: justify;">Il 30 maggio esce la sentenza della II sezione della Cassazione n.13619 onde, all'atto dello scioglimento della comunione ereditaria, il possessore del cespite ereditario ha l'obbligo di rendere il conto in relazione ai frutti maturati prima della divisione (viene richiamata Cass. 21013/2011), giacché il coerede che abbia goduto in via esclusiva dei beni ereditari è obbligato, per il fatto oggettivo della gestione, sia al rendiconto che a corrispondere i frutti agli altri eredi a decorrere dalla data di apertura della successione (o dalla data posteriore in cui abbia acquisito il possesso dei beni stessi), senza che abbia rilievo la relativa buona o mala fede (viene richiamata Cass. 2148/2014). Il presupposto – chiosa la Corte - della resa dei conti è la gestione di affari altrui condotta da uno dei partecipanti, restando irrilevante, quanto al relativo obbligo, la condotta disinteressata del coerede escluso dal possesso.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2018</strong></p> <p style="text-align: justify;">L’8 febbraio esce l’ordinanza della I sezione della Cassazione n.3086 che giudica corretta nel caso di specie l’affermazione della corte di merito in relazione alla prospettata risoluzione <em>ipso iure</em> del contratto di conto corrente ex art. 78 I.fall.; per conseguenza, successivamente alla dichiarazione di fallimento della società e del socio (quest’ultimo in proprio e quale socio illimitatamente responsabile), la Banca – chiosa la Corte - non aveva più alcun obbligo verso il proprio correntista (essendosi appunto estinto il pertinente contratto), onde l'aver comunque accettato nel caso di specie un bonifico dell'Amministrazione finanziaria accreditando in favore della fallita la relativa somma (poi prelevata dal socio) ha fatto all’evidenza luogo per il Collegio ad una ipotesi di <em>negotiorum gestio</em>, con la conseguenza dell'inefficacia ex art. 44, comma 2, I.fall., del pagamento effettuato dalla Banca medesima direttamente al fallito piuttosto che (ormai) alla curatela.</p> <p style="text-align: justify;">Il 16 febbraio esce la sentenza delle SSUU della Cassazione n.3873 che, in tema di costruzione eseguita dal comproprietario sul suolo comune assume che essa diviene - per accessione, ai sensi dell'art. 934 cod. civ. - di proprietà comune agli altri comproprietari del suolo, salvo contrario accordo, traslativo della proprietà del suolo o costitutivo di un diritto reale su di esso, che se stipulato deve rivestire la forma scritta <em>ad substantiam</em>; per la Corte peraltro il consenso alla costruzione manifestato dal comproprietario non costruttore, pur non essendo idoneo a costituire un diritto di superficie o altro diritto reale, vale a precludergli l'esercizio dello <em>ius tollendi</em> nei confronti del comproprietario costruttore; proprio ove lo <em>ius tollendi</em> non venga o non possa essere esercitato, i comproprietari del suolo sono tenuti a rimborsare al comproprietario costruttore, in proporzione alle rispettive quote di proprietà, le spese sopportate per l'edificazione dell'opera. Su quest’ultimo punto la Corte precisa che ove lo <em>ius tollendi</em> non venga (o non possa essere) esercitato da parte del comproprietario non costruttore, sorge in favore del comproprietario costruttore un diritto di credito nei confronti degli altri comunisti divenuti per accessione comproprietari dell'opera; nasce dunque tra le parti un rapporto obbligatorio in forza del quale i comproprietari non costruttori sono tenuti a rimborsare al comproprietario costruttore, in proporzione alle rispettive quote di proprietà, le spese sopportate per l'edificazione dell'opera, secondo le norme che regolano la comunione e gli altri istituti di volta in volta applicabili tra i quali la Corte significativamente cita il mandato, l’arricchimento senza causa ed anche la <em>negotiorum gestio</em>, che dunque potrebbe essere il titolo in forza del quale il comproprietario costruttore ha diritto di pretendere la rifusione delle spese da parte dei comproprietari non costrtuttori.</p> <p style="text-align: justify;">Il 28 maggio esce l’ordinanza della VI sezione della Cassazione n.13332 alla cui stregua, secondo un orientamento consolidato, tra coeredi la resa dei conti - oltre che operazione inserita nel procedimento divisorio e quindi strumentalizzata al fine di calcolare nella ripartizione dei frutti le eventuali eccedenze attive o passive della gestione e di definire conseguentemente tutti i rapporti inerenti alla comunione - può anche costituire obbligo a sé stante fondato, al pari di quanto può avvenire in qualsiasi stato di comunione, sul presupposto della gestione di affari altrui condotta da alcuno dei partecipanti, in base ad assunzione volontaria od a mandato ad amministrare.</p> <p style="text-align: justify;">Il 9 luglio esce la sentenza della II sezione della Cassazione n.30966 che si occupa di una fattispecie di sequestro preventivo di un bene della PA illecitamente occupato dall’indagato. Per la Corte, nel caso di specie correttamente il Tribunale del riesame ha evidenziato come l'indagato medesimo - non titolare del bene oggetto di sequestro preventivo - possa proporre riesame (e, successivamente, ricorso per cassazione) solo quando sia titolare di una posizione che lo legittimi alla restituzione del bene come effetto del dissequestro (viene richiamata la sentenza della Sez. 3, n. 47313 del 17/05/2017). Nel caso di specie, prosegue il Collegio, manca l'indicazione di qualsivoglia disposizione di legge che riconosca tale diritto al soggetto non proprietario e che non possa vantare sul bene alcun diritto reale o personale di godimento. Infatti, anche a ritenere ipotizzabile una gestione d'affari altrui nei confronti della PA nel caso di specie, rimane comunque il fatto che gli obblighi sussistenti a carico dell'Amministrazione si limiterebbero, in siffatta ipotesi, a profili patrimoniali in termini di rimborso delle spese legittimamente sostenute e non potrebbero giustificare alcuna ulteriore occupazione del bene da parte del preteso gestore.</p> <p style="text-align: justify;">L’11 luglio esce la sentenza della II sezione della Cassazione penale n.31712, alla cui stregua in primo luogo il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, sia con violenza sulle cose che sulle persone, rientra, diversamente da quello di estorsione, tra i cosiddetti reati propri esclusivi o di mano propria, perciò configurabili solo se la condotta tipica è posta in essere da colui che ha la titolarità del preteso diritto. Ne deriva che, in caso di concorso di persone nel reato, solo ove la condotta tipica di violenza o minaccia sia posta in essere dal titolare del preteso diritto è configurabile il concorso di un terzo estraneo nell'esercizio arbitrario delle proprie ragioni (per agevolazione, o anche morale), mentre, qualora la condotta sia realizzata da un terzo che agisca su mandato (anche putativo) del creditore (o anche da parte di un <em>negotiorum gestor</em>), essa per la Corte può assumere rilievo soltanto ai sensi dell'art. 629 cod. pen., e dunque a titolo di estorsione (viene richiamata la sentenza della Sez. 2 n. 46288 del 28/06/2016). Peraltro, soggiunge la Corte, va in queste ipotesi escluso lo stesso fondamento della pretesa <em>negotiorum gestio</em> non potendosi ritenere rientrante nel concetto di gestione di un affare altrui ai sensi dell'art. 2028 cod civ lo svolgimento di condotte illecite per conto terzi.</p> <p style="text-align: justify;">Il 30 ottobre esce la sentenza della III sezione della Cassazione n. 27481 secondo cui la circostanza che l'appello sia stato proposto, da un "<em>falsus procurator</em>" non comporta la inesistenza materiale o giuridica dell'atto di impugnazione ritualmente notificato alla controparte società assicurativa, e dunque tale atto, in quanto implicante la conoscenza legale della sentenza, deve ritenersi idoneo ad innescare gli effetti conseguenti alla contestazione della sentenza impugnata ed a far decorrere nei confronti del destinatario della notifica i termini previsti per la costituzione in grado di appello e per la proposizione dell'appello incidentale tempestivo e nei confronti della parte notificante il termine breve per la eventuale riproposizione della impugnazione previa eliminazione del vizio afferente la procura <em>ad litem</em>. Né può contestarsi che la (vera) parte appellante, in quanto del tutto ignara dell'attività processuale svolta in suo nome dal "<em>falsus procurator</em>" potrebbe rimanere inconsapevolmente pregiudicata, dalla decorrenza del termine breve. Ferma la eventuale possibilità della rimessione in termine -ove ricorrano i presupposti di legge -, la evenienza prospettata presupporrebbe una attività collusiva di terzi diretta a danneggiare la "vera parte" e comunque una totale estraneità della vera parte alla proposizione della impugnazione avverso la sentenza.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2019</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 9 gennaio esce la sentenza della II sezione della Cassazione n. 315 che ribadisce l’orientamento secondo cui, per aversi gestione di affari altrui ai sensi dell’art. 2028 e seguenti c.c., l'"affare", nella previsione dell'istituto, deve avere carattere patrimoniale, nel senso di materiale gestione del patrimonio altrui, non potendo considerarsi per tale l’attività processuale svolta da un soggetto, peraltro in nome proprio, senza accenno alcuno alla diversa titolarità del diritto. È quindi da ritenersi inammissibile, per difetto di <em>legittimatio ad causam</em>, rilevabile anche d'ufficio, l'attività processuale esercitata in nome proprio per far valere diritti altrui. La Corte afferma quindi il seguente principio di diritto “colui che agisce in giudizio per far valere un diritto altrui ma prospettandolo come proprio non può giovarsi dell'eventuale ratifica del suo operato da parte del vero titolare di quel diritto, in quanto una ratifica è concepibile soltanto nel caso di chi agisca in nome e per conto di altri senza averne i poteri.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Questioni intriganti</strong></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Che s’intende per gestione di affari altrui?</strong></p> <ol style="text-align: justify;"> <li>l’affare è “<strong><em>altrui</em></strong>” perché riconducibile ad un <strong>soggetto terzo</strong> rispetto al <strong>protagonista della vicenda</strong>, o <strong>gestore</strong>;</li> <li>il terzo si trova infatti <strong>impossibilitato ad occuparsene</strong>;</li> <li>l’affare viene allora <strong>gestito</strong> in modo <strong>spontaneo e consapevole</strong> dal <strong>soggetto agente</strong> (gestore);</li> <li>tale gestione può compendiarsi in <strong>comportamenti materiali</strong> o in <strong>negozi giuridici</strong>, atteggiandosi in ogni caso <strong>a fatto giuridico volontario</strong> del gestore; secondo più risalente dottrina, si tratta invece di un <strong>vero e proprio negozio giuridico</strong>, dacché il <strong>comportamento del gestore</strong> corrisponde ad una <strong>funzione economico-sociale tipica</strong>, onde il gestore agisce non solo con la <strong>volontaria</strong> <strong>consapevolezza</strong> dell’<strong>atto di gestione</strong>, ma anche con quella dei relativi <strong>effetti causali tipici</strong>, che a tale gestione <strong>la legge</strong> pertinentemente <strong>riconduce</strong>;</li> <li>laddove la gestione sia <strong>utilmente iniziata</strong>, nascono dalla gestione medesima delle <strong>obbligazioni</strong> ex <strong>2028</strong> c.c.;</li> <li>resta da un lato obbligato <strong>il gestore</strong> nei confronti del <strong><em>dominus</em></strong>, ovvero di <strong>colui al quale appartiene l’affare</strong> e che è <strong>interessato alla relativa gestione</strong>; si tratta: f.1) dell’<strong>obbligo di continuare la gestione</strong> dell’affare utilmente intrapreso sino a che <strong>non possa provvedervi autonomamente</strong> il <strong><em>dominus</em></strong> o un suo <strong>erede</strong>; f.2) degli <strong>obblighi medesimi</strong> che scaturirebbero <strong>da un mandato</strong> (che tuttavia, ovviamente, non si configura);</li> <li>resta dall’altro obbligato <strong>il <em>dominus</em></strong>, o <strong>interessato all’affare</strong>, nei confronti del <strong>gestore</strong>, ovvero di chi ha <strong>utilmente intrapreso la gestione dell’affare</strong> nell’impossibilità di lui; si tratta: g.1) dell’obbligo di <strong>tenere indenne il gestore</strong> delle <strong>spese da lui sostenute</strong> e delle <strong>obbligazioni da lui contratte</strong> nel contesto della <strong>gestione utilmente iniziata</strong>; g.2) di <strong>adempiere</strong> nei confronti dei <strong>creditori</strong> alle <strong>obbligazioni sorte</strong> in occasione della <strong>gestione</strong>, siccome utilmente intrapresa dal gestore;</li> </ol> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Quali sono gli elementi costitutivi della gestione di affari altrui?</strong></p> <ol style="text-align: justify;"> <li>“<em>ci deve essere</em>”: il requisito positivo soggettivo della <strong>capacità “<em>di contrattare</em>” </strong>del gestore; è previsto dall’<strong>2029</strong> c.c. e, con riferimento ad esso, si giustappongono <strong>2 diverse opzioni ermeneutiche</strong>: a.1) tale elemento costitutivo si riconnette alla <strong>natura di “<em>quasi contratto</em>”</strong> che il <strong>codice del 1865</strong> attribuiva alla gestione di affari altrui, natura che <strong>non viene esplicitamente ribadita</strong> dal codice del 1942 il quale, nondimeno, proprio con <strong>l’esplicita menzione</strong> della <strong>necessaria capacità</strong> “<strong><em>di contrattare</em></strong>”, finisce con <strong>l’esaltare l’elemento volontaristico</strong> di chi, terzo, inizia <strong>consapevolmente</strong> una <strong>gestione “<em>altrui</em>”</strong> dalla quale <strong>derivano per lui obbligazioni</strong> quali la <strong>continuazione della intrapresa gestione</strong> e gli <strong>obblighi</strong> che gli deriverebbero da un <strong>(vero e proprio) mandato</strong>; proprio il fatto che dalla <strong><em>negotiorum gestio</em></strong> nascono <strong>obbligazioni per il gestore</strong> impone, secondo questa impostazione, che egli <strong>abbia la capacità di agire</strong>, con la quale <strong>viene in sostanza ad identificarsi</strong> la <strong>capacità di contrattare</strong> siccome testualmente prevista dal codice, onde – in <strong>difetto</strong> di un contratto (che nella <em>negotiorum gestio</em> <strong>non si configura</strong>) – tale capacità di agire va qui intesa quale <strong>capacità di volontariamente e consapevolmente obbligarsi</strong> nei confronti del <strong><em>dominus</em> interessato</strong>; se si abbraccia questa tesi, in caso di <strong>incapacità del gestore</strong>, se dal punto di vista dei <strong>rapporti “<em>esterni</em>”</strong> del gestore medesimo <strong>con i terzi</strong> si configura un <strong>contratto annullabile</strong> ai sensi <strong>dell’art.1425 e 1426</strong> c.c., dal punto di vista dei <strong>rapporti “<em>interni</em>”</strong> il <strong>gestore “<em>incapace</em>”</strong> – <strong>non trovando luogo</strong> la <em>negotiorum gestio</em> proprio per <strong>difetto</strong> di un relativo <strong>elemento costitutivo</strong> - finisce col <strong>rispondere</strong> nei confronti del <strong><em>dominus</em> interessato</strong> a titolo di <strong>responsabilità aquiliana </strong>(che <strong>non richiede </strong>la<strong> capacità di agire</strong>) per i <strong>danni eventualmente prodotti dalla gestione</strong>, potendo il <strong>gestore “<em>incapace</em>”</strong> medesimo invocare a propria volta <strong>dal <em>dominus</em> interessato</strong> l’<strong>ingiustificato arricchimento</strong> prodottosi in capo a lui per effetto della gestione; a.2) non manca chi tuttavia <strong>interpreta la disposizione</strong>, e l’elemento ivi scolpito, in <strong>modo rigoroso</strong> ed <strong>assai meno estensivo</strong>, onde richiedendo l’art.2029 c.c. la <strong>capacità di contrattare</strong> (e non di agire), può parlarsi di <strong>necessaria capacità di agire</strong> <strong>solo</strong> laddove la gestione si compendi nella (o comunque implichi la) <strong>stipulazione di contratti</strong>, mentre laddove essa si realizzi attraverso una <strong>mera attività materiale</strong>, come nel caso della <strong>riparazione di un bene</strong> o della <strong>coltivazione di un fondo</strong>, il gestore potrebbe <strong>anche essere incapace di agire</strong> senza che la <em>negotiorum gestio</em> <strong>venga meno</strong>; se si abbraccia questa tesi, in caso di <strong>incapacità del gestore</strong> la <em>negotiorum gestio</em> si configura dunque <strong>in ogni caso</strong> e, se dal punto di vista dei <strong>rapporti “<em>esterni</em>”</strong> del gestore medesimo con i terzi affiora sempre (in caso di <strong>attività negoziale</strong>) un <strong>contratto annullabile</strong> ai sensi <strong>dell’art.1425 e 1426</strong> c.c. (con legittimazione a far valere la ridetta annullabilità da riconoscersi <strong>unicamente in capo al gestore incapace</strong>, ex <strong>art.1441</strong> c.c.), dal punto di vista dei <strong>rapporti “<em>interni</em>”</strong> il <strong>gestore “<em>incapace</em>”</strong> viene tutelato <strong>proprio dall’art.2029</strong>, onde – seppure appunto <strong>incapace</strong> – <strong>non</strong> può assumersi <strong>escluso</strong> <strong>l’obbligo</strong> per il <strong><em>dominus</em> interessato</strong> di rifondere al gestore medesimo le <strong>spese utili e necessarie</strong> avvinte alla intrapresa gestione e ciò in quanto, secondo <strong>questa opzione interpretativa</strong>, <strong>non è la volontà</strong> dei protagonisti della <em>negotiorum gestio</em> a <strong>far nascere obblighi reciproci</strong>, quanto piuttosto <strong>direttamente la legge</strong>, che considera la gestione medesima appunto come <strong>fatto produttivo di obbligazioni</strong> (soprattutto a carico del <em>dominus</em> interessato nei confronti del gestore);</li> <li>“<em>ci deve essere</em>”: il requisito positivo soggettivo della <strong>consapevolezza</strong> in capo al gestore <strong>dell’alienità dell’affare</strong> (<strong><em>animus alieni negotii gerendi</em></strong>); è previsto <strong>all’art.2028</strong>c. laddove si parla della necessità che la gestione sia “<strong><em>scientemente</em></strong>” <strong>intrapresa</strong> dal gestore, il quale ha poi <strong>l’obbligo di continuarla</strong> finché non possa <strong>subentrare il <em>dominus</em> stesso</strong> (o, se deceduto, un suo <strong>erede</strong>); il gestore deve dunque essere <strong>consapevole dell’altruità dell’affare</strong>, ma <strong>non è tenuto a dichiarare espressamente</strong> questa consapevolezza, né deve <strong>precisamente essere edotto</strong> dell’<strong>identità del <em>dominus</em></strong> cui l’affare appartiene; con riguardo a questo elemento costitutivo, si fronteggiano <strong>due opzioni ermeneutiche</strong>: b.1) secondo <strong>parte della dottrina</strong> non si ha gestione di affari altrui laddove il gestore <strong>sia mosso da un interesse egoistico proprio</strong> (<strong>patrimoniale</strong>), mentre essa <strong>si configura solo</strong> laddove a muovere il gestore sia un <strong>interesse di tipo altruistico</strong> e <strong>a sfondo di liberalità</strong> (<strong>non patrimoniale</strong>); b.2) si ribatte tuttavia da altra parte della dottrina come l’avverbio “<strong><em>scientemente</em></strong>” indichi <strong>solo</strong> – per l’appunto – <strong>consapevolezza dell’altruità dell’affare</strong> intrapreso, quale elemento capace di <strong>far nascere obbligazioni</strong> a <strong>prescindere</strong> dai <strong>motivi</strong> e dunque <strong>dall’interesse concretamente sotteso</strong> al gestore medesimo; che <strong>l’atteggiamento interiore</strong>, in termini <strong>di motivi e di interessi</strong> del gestore, sia <strong>irrilevante</strong> sarebbe palesato secondo questa opzione ermeneutica <strong>anche</strong> dal fatto che tanto nell’ipotesi di <strong>consapevolezza di gestire un affare altrui</strong> quanto in quella, <strong>più egoistica</strong>, di <strong>gestire un affare proprio</strong> (ma in realtà altrui), <strong>l’art.2032</strong> prevede - in caso di <strong>successiva ratifica del <em>dominus</em></strong> - i <strong>medesimi effetti gestori</strong> che sarebbero derivati da un <strong>mandato</strong>; questa seconda è la tesi <strong>più accreditata</strong>, essendo avvinta la <strong><em>negotiorum gestio</em></strong> – in termini di <em>ratio</em> della <strong>pertinente disciplina</strong> – tanto al <strong>principio solidaristico</strong> (che richiama i <strong>profili altruistici</strong>) quanto a quello della <strong>tutela dell’interesse generale</strong> declinato in termini di <strong>economia pubblica</strong>; da un lato infatti si assiste ad un <strong>istituto fonte di obbligazioni</strong> in cui un soggetto <strong>si intromette nella sfera giuridica di un altro</strong> e, piuttosto che venire per questo <strong>sanzionato</strong> a titolo di <strong>illecito</strong>, si ritrova <strong>creditore delle spese sostenute</strong> per la gestione utilmente iniziata nei confronti del dominus <strong>originariamente impossibilitato a provvedervi</strong>, così <strong>premiandosi</strong> appunto il <strong>moto di solidale altruismo</strong> dal primo palesato nei confronti del secondo; dall’altro la <strong>necessità di scongiurare possibili immobilità</strong> e <strong>blocchi nella circolazione della ricchezza</strong> colora in senso <strong>pubblicistico</strong> (ed in modo analogo – <em>mutatis mutandis</em> - a quanto accade <strong>in materia di usucapione</strong>) l’atteggiamento di chi, consapevole che <strong>altri non può provvedervi</strong>, inizia utilmente la gestione di un affare <strong>in modo proficuo anche</strong> per il <strong>sistema economico nazionale</strong>, e dunque <strong>prescindendo</strong> dal <strong>movente</strong> altruistico o, piuttosto, egoistico che concretamente lo anima;</li> <li>“<em>ci deve essere</em>”: il requisito positivo (oggettivo e soggettivo) della <strong>effettiva altruità dell’affare</strong> gestito e della <strong>consapevolezza</strong> di tale altruità in capo al gestore; previsto dall’art.2028 c.c., esso giustifica <strong>il sorgere dell’obbligo</strong> per il <strong>terzo titolare dell’affare</strong> (il <em>dominus</em>) di <strong>tenere indenne il gestore</strong> delle <strong>spese</strong> e degli eventuali <strong>danni</strong> subiti dalla gestione, che afferisce ad un <strong>affare suo</strong>; sempre il fatto che trattasi di <strong>affare “<em>altrui</em>”</strong> è fonte dell’<strong>obbligo per il gestore</strong> di <strong>proseguire la intrapresa gestione</strong> fino a quando il <em>dominus</em> non sia <strong>in grado di provvedervi da solo</strong>, attimo in cui tale obbligo <strong>viene a cessare</strong>; parte della dottrina e della giurisprudenza assumono che <strong>ad essere altrui</strong> debba essere <strong>non già solo</strong>, dal punto di vista <strong>obbiettivo</strong>, “<strong><em>l’affare</em></strong>” oggetto della gestione, ma <strong>anche l’interesse a gestirlo</strong>, rappresentando come laddove il gestore agisca <strong>assecondando un proprio interesse</strong> prevalente o <strong>addirittura conflittuale</strong> rispetto a quello del <strong>dominus gerito</strong>, <strong>non</strong> trovi giustificazione <strong>né l’obbligo</strong> per il <em>dominus</em> gerito di <strong>tenere indenne il gestore</strong> di <strong>spese affrontate anche (o solo) nel proprio interesse</strong>, né lo stesso <strong>obbligo per il gestore</strong> di <strong>continuare</strong> nella intrapresa gestione, laddove <strong>il proprio interesse</strong> che lo ha <strong>spinto ad intraprenderla</strong> venga successivamente <strong>meno</strong>, onde - in presenza di un <strong>interesse prevalente o conflittuale</strong> del gestore in rapporto alla intrapresa gestione – assecondando questo prisma ermeneutico gli <strong>eventuali obblighi del <em>dominus</em></strong> nei confronti del <strong>gestore</strong> potrebbero essere riconnessi ad un <strong>eventuale arricchimento senza causa</strong> in capo a lui, conseguente alla <strong>gestione intrapresa dal gestore</strong> medesimo, mentre gli <strong>eventuali obblighi</strong> <strong>del gestore</strong> nei confronti del <em>dominus</em> gerito potrebbero avere ad oggetto il <strong>risarcimento dei danni</strong> prodottisi nella sfera giuridica del secondo per il <strong>comportamento</strong> del primo <strong>in occasione della gestione</strong> o a causa della <strong>relativa cessazione</strong>;</li> <li>“<em>ci deve essere</em>”: il requisito positivo della <strong>impossibilità del <em>dominus</em></strong> di <strong>provvedere direttamente</strong> all’affare che gli appartiene (c.d. <strong><em>absentia domini</em></strong>); poiché stando all’<strong>2028</strong> c.c. il gestore è <strong>obbligato a continuare</strong> la gestione <strong>finché il dominus interessato non sia in grado di provvedervi da se stesso</strong>, si ricava <strong>implicitamente</strong> che laddove tale capacità di provvedervi autonomamente <strong>vi sia,</strong> la <em>negotiorum gestio</em> <strong>è esclusa</strong>; si discute se possa parlarsi di <strong>impossibilità del <em>dominus</em></strong> laddove si tratti di <strong>mera difficoltà</strong> del medesimo a gestire l’affare divisato, ovvero comunque di una <strong>impossibilità relativa</strong> (e dunque <strong>non assoluta</strong>); mentre in passato la tesi prevalente è stata quella della <strong>impossibilità assoluta</strong>, nel mondo contemporaneo - dominato dalla <strong>velocità</strong> sia in termini di <strong>trasporto da un luogo ad un altro</strong> che di <strong>comunicazioni a distanza</strong> - tende ad essere <strong>più accreditata</strong>, pena la <strong>sostanziale inutilità dell’istituto</strong>, altrimenti quasi mai configurabile, una <strong>mera impossibilità relativa</strong> o comunque una <strong>grave difficoltà</strong> a gestire l’affare da parte del <em>dominus</em> interessato; proprio il fatto che si sia fatta strada una <strong>interpretazione lata e non rigorosa</strong> della c.d. <strong><em>absentia domini</em></strong>, e dunque dell’<strong>impossibilità</strong> del <em>dominus</em> di <strong>gestire autonomamente l’affare</strong>, ha fatto <strong>estinguere</strong> quell’<strong>orientamento giurisprudenziale e dottrinale</strong> remoto che inseriva tra i <strong>requisiti “<em>negativi</em>”</strong> della <em>negotiorum gestio</em> (accanto a quello <strong>positivo</strong> dell’“<strong><em>absentia</em></strong>”), anche la “<strong><em>inscientia domini</em></strong>”, intesa come <strong>difetto di consapevolezza</strong> in capo al <strong><em>dominus</em> interessato</strong> che <strong>altri sta gerendo</strong> l’affare <strong>in sua vece</strong>: essendo sufficiente <strong>anche una mera difficoltà</strong> di gestire l’affare <em>de quo</em>, è probabile che <strong>il dominus “<em>impossibilitato</em>”</strong> in questo senso più ampio <strong>sappia</strong> che altri <strong>sta gestendo</strong> il proprio affare in relativa vece (del resto, lo stesso <strong>requisito negativo</strong> della <strong>assenza di <em>prohibitio domini</em></strong> si spiega solo se si assume <strong>quanto meno possibile</strong> che il <em>dominus</em> sia <strong>consapevole</strong> della circostanza, altrimenti palesandosi difficile <strong>anche solo configurare</strong> la relativa <strong>possibilità di proibire</strong> l’operazione);</li> <li>“<em>ci deve essere</em>”: il requisito positivo della <strong>utilità iniziale della gestione</strong> (<strong><em>utiliter coeptum</em></strong>); si tratta di un elemento che si ritrova non già <strong>nell’art.2028</strong>c., quanto piuttosto nel successivo <strong>art.2031</strong>, che la annovera tra gli <strong>obblighi</strong> che dalla gestione nascono <strong>a carico del <em>dominus</em> interessato</strong>, circostanza che in passato ha consentito a <strong>taluno</strong> di affermare che non si è al cospetto <strong>di un elemento “<em>costitutivo</em>”</strong> della fattispecie gestoria, quanto piuttosto di una <strong>mera condizione di efficacia</strong> rispetto ad <strong>una <em>negotiorum gestio</em> già “<em>compiuta</em>”</strong> (seppure appunto <strong>inefficace</strong> in difetto di <strong>utilità iniziale</strong>); è stato tuttavia ribattuto che la <em>negotiorum gestio</em> è espressione del <strong>dovere di solidarietà</strong>, il quale ultimo fa sì che <strong>un’attività di ingerenza</strong> nella <strong>sfera giuridica di terzi</strong> altrimenti <strong>illecita</strong> diventi piuttosto <strong>lecita</strong> e <strong>da incentivarsi</strong> a cagione dell’<strong>utilità sociale</strong> che discende proprio dall’<strong>utilità iniziale della gestione</strong> siccome intrapresa dal gestore <strong>in surroga</strong> rispetto al <strong><em>dominus</em> interessato</strong>, e che gli garantisce il <strong>diritto di essere tenuto indenne</strong> da <strong>spese</strong> sostenute ed eventuali <strong>danni subiti</strong>, onde di <strong><em>utiliter coeptum</em></strong> si deve discorrere in termini di <strong>elemento costitutivo</strong> della fattispecie, e <strong>non già di mera condizione di efficacia</strong>. L’utilità della gestione <strong>va valutata <em>in incipit</em></strong>, e dunque al <strong>momento dell’inizio</strong> della gestione medesima; laddove l’utilità della gestione <strong>non sia iniziale</strong>, ma affiori <strong>nel corso</strong> della gestione medesima, <strong>non si configura la <em>negotiorum gestio</em></strong> e se il gestore può <strong>eventualmente attivare</strong> nei confronti del <em>dominus</em> l’<strong>azione di ingiustificato arricchimento</strong>, il <em>dominus</em> interessato può invece <strong>eventualmente ratificare ex art.2032</strong> c.c. l’operato del gestore <strong>non utilmente iniziato</strong> e tuttavia <strong>rivelatosi utile <em>in itinere</em></strong>; al fine poi di <strong>accertare l’utilità iniziale</strong>, quest’ultima <strong>va valutata</strong> secondo <strong>criteri</strong> improntati ad <strong>oggettività</strong> con parametri di <strong>natura economica,</strong> dovendo essere derivata al <em>dominus</em> <strong>una utilità</strong> o in termini di <strong>incremento patrimoniale</strong> ovvero, alternativamente, in termini di <strong>mancato decremento</strong> del proprio <strong>patrimonio</strong>; il fatto stesso che il <strong><em>dominus</em> interessato</strong> <strong>non sia obbligato</strong> a tenere indenne il gestore delle <strong>spese meramente voluttuarie</strong> conferma che <strong>l’utilità</strong> (per il <em>dominus</em> interessato medesimo) <strong>non può essere valutata</strong> in modo <strong>soggettivo</strong>, quanto piuttosto <strong>in termini oggettivi ed economici</strong>, <strong>non</strong> dovendosi nondimeno fare riferimento a <strong>criteri puramente astratti</strong>, quanto piuttosto al <strong>concreto vantaggio economico</strong> arrecato al <em>dominus</em> (nella valutazione del quale può giocare un ruolo anche il relativo, peculiare <strong>stato soggettivo</strong>);</li> <li>“<strong><em>non</em></strong> <em>ci deve essere</em>”: il requisito negativo dell’<strong>assenza</strong> di uno <strong>specifico obbligo di intervento</strong> in capo al gestore (che <strong>non è dunque obbligato <em>ab ovo</em></strong> ad iniziare la gestione medesima); si tratta della necessaria <strong>spontaneità </strong>dell’intervento del gestore, requisito previsto dall’<strong>2028</strong> c.c. onde il gestore - sul <strong>presupposto oggettivo</strong> a lui noto di non avere appunto <strong>alcun obbligo giuridico</strong> di intraprendere la gestione – <strong>liberamente e spontaneamente</strong> si determina nel senso di <strong>intraprendere</strong> la ridetta gestione; laddove invece <strong>un tale obbligo vi sia <em>ex ante</em></strong>, seppure di <strong>fonte legale </strong>(e non contrattuale: è il caso degli <strong>obblighi gravanti <em>ex lege</em> sui promotori</strong> di una <strong>costituenda società</strong>, ai sensi dell’<strong>art.2338</strong> c.c.), ciò <strong>esclude la spontaneità dell’iniziativa gestoria</strong> e dunque risulta <strong>incompatibile</strong> con la <strong><em>negotiorum gestio</em></strong>; la gestione è “<strong><em>spontanea</em></strong>”, e come tale <strong>produttiva di obbligazioni</strong>, anche nel caso in cui <strong>a sottenderla</strong> sia <strong>una obbligazione “<em>naturale</em>”</strong>, e dunque un <strong>dovere morale e sociale</strong>, come tale <strong>non coercibile</strong> dal creditore; la <strong>spontaneità</strong> dell’intervento gestorio <strong>non è astrattamente esclusa</strong> dalla presenza di <strong>un interesse del gestore</strong> (o anche del gestore), ma il <strong>lambire un conflitto di interessi</strong> tra gestore e gerito può piuttosto <strong>escludere</strong> la presenza del <strong>diverso requisito</strong> della <strong>altruità dell’affare</strong>;</li> <li>“<strong><em>non</em></strong> <em>ci deve essere</em>”: il requisito negativo dell’<strong>assenza</strong> di un <strong>divieto</strong>, quand’anche <strong>tacito</strong>, di intraprendere la gestione <strong>da parte del <em>dominus</em></strong> interessato (c.d. <strong><em>prohibitio domini</em></strong>); si discute circa <strong>l’effettivo spettro</strong> del <strong>divieto del <em>dominus</em></strong>, che potrebbe essere <strong>espresso</strong> e, per taluni, anche <strong>tacito</strong> o comunque ritraibile da <strong>comportamenti concludenti del <em>dominus</em> stesso</strong> (compresa l’eventuale <strong>inerzia significativa</strong>) o da <strong>circostanze di fatto</strong> tali da far assumere la <strong>relativa contrarietà</strong> ad <strong>ogni ingerenza del gestore</strong> nella propria sfera giuridica (ovvero a <strong>specifici atti di ingerenza</strong> nella relativa sfera giuridica); l’<strong>2031, comma 2</strong>, c.c. indica gli <strong>effetti</strong> dell’eventuale <strong>divieto</strong> (espresso o tacito) del <em>dominus</em>: dagli <strong>eventuali atti di gestione</strong> compiuti <strong>contro il divieto</strong> del <em>dominus</em> <strong>non sorgono</strong> in capo a quest’ultimo <strong>gli obblighi</strong> (previsti dal <strong>comma 1</strong>) nei confronti <strong>del gestore</strong> né egli risponde <strong>degli obblighi contratti dal gestore</strong> nel suo interesse <strong>verso terzi</strong>, ma <strong>sorgono tuttavia quelli</strong> <strong>del gestore</strong> nei confronti del <strong><em>dominus</em></strong> dell’affare, ovvero l’obbligo di <strong>proseguire nella intrapresa gestione</strong> e gli <strong>obblighi che gli deriverebbero da un mandato</strong>, ai sensi degli <strong>articoli 2028 e 2030</strong> c.c.: tale circostanza (<strong>obbligazioni “<em>zoppe</em>”</strong>: nascono gli <strong>obblighi del gestore</strong> nei confronti del <em>dominus</em>, ma non nascono correlativamente <strong>quelli del <em>dominus</em></strong> verso il gestore e verso terzi) fa dire a parte della dottrina che in realtà <strong>l’assenza di una <em>prohibitio domini</em></strong> non rappresenta un <strong>vero e proprio elemento costitutivo</strong> della <em>negotiorum gestio</em>, dacché in relativa <strong>presenza</strong> del ridetto <strong>divieto</strong> taluni degli obblighi previsti dal sistema (segnatamente, <strong>quelli del gestore</strong> nei confronti del dominus) <strong>nascono in ogni caso</strong>, mentre <strong>non nascono</strong> quelli del <em>dominus</em> nei confronti del gestore (circostanza che fa assumere riconoscibile in capo al <em>dominus</em> medesimo <strong>l’onere di provare</strong> la propria <strong><em>prohibitio</em></strong>); poiché peraltro la <strong><em>ratio</em></strong> che sottende la <em>negotiorum gestio</em> affonda le proprie radici nel <strong>principio di solidarietà</strong> e nell’<strong>utilità sociale della gestione</strong>, la <strong><em>prohibitio domini</em></strong> non può assumersi <strong>operativa</strong> laddove il divieto che essa reca seco <strong>sia illecito</strong> per <strong>indisponibilità dei pertinenti interessi</strong>, come nei casi di scuola del <em>dominus</em> che vieti la <strong>intrapresa gestione</strong> compendiantesi nella <strong>messa in sicurezza di un bene immobile</strong> secondo le <strong>prescrizioni di legge</strong>, ovvero quella compendiantesi nell’<strong>adempimento di obbligazioni alimentari</strong>; allorché la <em>prohibitio domini</em> sia dunque <strong>contraria alla legge, all’ordine pubblico o al buon costume</strong>, la gestione di affari altrui <strong>si configura in ogni caso</strong> con conseguente <strong>produzione in ogni caso</strong> degli <strong>obblighi</strong> previsti dall’art.2031 c.c. in capo al <strong><em>dominus</em> interessato</strong> (pur contrario, ma illecitamente, alla gestione).</li> </ol> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Cosa si intende più precisamente per “<em>affare</em>” oggetto di gestione?</strong></p> <ol style="text-align: justify;"> <li>si tratta di un <strong>termine di tipo generico</strong>, al quale va tuttavia conferita una <strong>pregnanza giuridica</strong>;</li> <li>si tratta più in specie di chiarire <strong>quali atti</strong> può compiere <strong>il gestore</strong> con <strong>effetti nella sfera patrimoniale</strong> del <strong><em>dominus</em> interessato</strong>;</li> <li>sicuramente, come si evince <strong>dall’art.2029</strong>c., il gestore <strong>può stipulare contratti</strong> (e dunque <strong>atti di gestione contrattuali</strong>) che spiegano <strong>effetti sul patrimonio</strong> del <strong><em>dominus</em> interessato</strong>;</li> <li>il dubbio che si pone è <strong>fino a che punto</strong> l’affare gestito <strong>resta tale</strong> e oltre quale punto esso <strong>viene snaturato</strong> sì da <strong>cambiare foggia</strong>, non configurandosi più come <strong>affare “<em>gestibile</em>” dal terzo </strong>con <strong>effetti sul patrimonio del <em>dominus</em></strong>, e ciò in specie con riguardo alle ipotesi di <strong>alienazione di beni</strong> del <em>dominus</em> interessato ovvero comunque di <strong>atti eccedenti l’ordinaria amministrazione</strong>;</li> <li>la disciplina della <em>negotiorum gestio</em> è rimasta sul punto <strong>anodina</strong>; in dottrina si giustappongono in proposito <strong>2 opzioni ermeneutiche</strong>: e.1) quello che conta è <strong>l’utilità dell’intervento del gestore</strong>, <strong>non</strong> la <strong>disciplina degli atti</strong> che pone in essere, onde egli <strong>deve assumersi legittimato</strong> – laddove sia <strong>utile</strong> – anche a porre in essere <strong>atti gestori eccedenti l’ordinaria amministrazione</strong>, come si ricava <strong>implicitamente dall’art.2029</strong>c., laddove consente al gestore di porre in essere <strong>atti contrattuali di gestione</strong> del patrimonio del <strong><em>dominus</em> gerito</strong>; e.2) laddove <strong>venisse consentito</strong> al gestore di porre in essere <strong>anche atti gestori eccedenti l’ordinaria amministrazione</strong>, l’”<strong><em>affare</em></strong>” ne risulterebbe <strong>snaturato a</strong> tutto <strong>scapito del <em>dominus</em> interessato</strong>, circostanza che va dunque assunta <strong>inammissibile</strong> sol che si consideri come nella <strong>contermine area</strong> <strong>operativa</strong> del <strong>mandato</strong>, laddove si tratti di <strong>negozi formali</strong> il mandatario abbisogna di una <strong>procura scritta <em>ad substantiam</em></strong> perché si producano <strong>effetti direttamente nel patrimonio del mandante</strong>.</li> </ol> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Cosa occorre rammentare dei rapporti interni tra gestore e <em>dominus</em> interessato?</strong></p> <ol style="text-align: justify;"> <li>per quanto concerne gli <strong>obblighi del gestore</strong> nei confronti del <strong><em>dominus</em> interessato</strong>: a.1) ai sensi dell’<strong>2028</strong> c.c., il gestore ha l’obbligo di <strong>proseguire l’intrapresa gestione</strong> con <strong>termine</strong> fissato al <strong>momento in cui l’interessato</strong> (o, se deceduto, il relativo <strong>erede</strong>) sia in grado di <strong>provvedervi in modo autonomo</strong>; si tratta di una <strong>vera e propria obbligazione di <em>facere</em></strong> nascente, in virtù della <strong>legge</strong>, dalla fattispecie gestoria, con conseguente <strong>operatività</strong> in caso di <strong>inadempimento</strong> dell’<strong>art.1218</strong> c.c.; a.2) ai sensi dell’<strong>art.2030</strong> c.c., il gestore ha gli <strong>stessi obblighi</strong> che gli <strong>sarebbero derivati da un contratto di mandato</strong> con il <strong><em>dominus</em> interessato</strong> (ad esempio gli obblighi di <strong>rendicontazione</strong> e quelli <strong>restitutori</strong> con riguardo a quanto percepito <strong>durante la gestione</strong>) nei limiti tuttavia, come fa notare avvertita dottrina, della <strong>compatibilità</strong> con le norme che disciplinano il ridetto <strong>contratto gestorio</strong> - onde pur trovando applicazione <strong>l’art.1710</strong> c.c. in termini, per il mandatario, di spiegare la <strong>medesima diligenza del buon padre di famiglia</strong> - si applica alla <em>negotiorum gestio</em> la disciplina del <strong>mandato gratuito</strong> che, secondo la stessa norma, va <strong>valutata con minor rigore</strong>, sicché nella sostanza il gestore <strong>risponde</strong> nei confronti del <strong><em>dominus</em> interessato</strong> solo per <strong>dolo o colpa grave</strong>, e <strong>non anche</strong> per <strong>colpa lieve</strong>; lo <strong>spirito solidaristico</strong> che informa l’istituto e <strong>l’utilità sociale</strong> che sottende la possibilità per il gestore di <strong>sostituire il <em>dominus</em></strong> interessato <strong>impossibilitato</strong> alla gestione dell’affare consentono al <strong>giudice</strong>, sempre ai sensi dell’<strong>art.2030</strong> c.c., di <strong>moderare il risarcimento dei danni</strong> eventualmente da <strong>risarcirsi</strong> al <em>dominus</em> interessato per il caso di <strong>inadempimento</strong>, il che se da un lato <strong>conferma</strong> la responsabilità del gestore per <strong>solo dolo o colpa grave</strong>, dall’altro sembra a taluno garantire <strong>una ulteriore, possibile mitigazione</strong> della ridetta <strong>responsabilità</strong> in termini di <strong><em>quantum</em> risarcitorio</strong>; proprio il fatto che si tratti di un <strong>rapporto assimilabile al mandato gratuito</strong> fa propendere nel senso onde il gestore <strong>non è obbligato</strong> a corrispondere gli <strong>interessi</strong> sulle <strong>somme riscosse</strong> durante la gestione dell’affare (sin dal giorno in cui avrebbero dovuto essere consegnate al mandante); del pari il limite della <strong>compatibilità</strong> spiega la <strong>non applicabilità</strong> alla gestione di affari altrui dell’<strong>art.1712</strong> c.c. (in materia di <strong>comunicazione</strong> di <strong>avvenuta esecuzione del mandato</strong>) e dell’<strong>art.1710, comma 2</strong>, c.c. (non essendovi in realtà <strong>alcun contratto di mandato</strong>, il gestore non è tenuto a <strong>comunicare</strong> al <em>dominus</em> le circostanze che <strong>possano implicare la revoca o la modifica</strong> di un mandato che per l’appunto <strong>non esiste</strong>);</li> <li>per quanto concerne gli <strong>obblighi del <em>dominus</em> interessato</strong> nei confronti del gestore: b.1) il dominus interessato è <strong>obbligato</strong>, ex <strong>2031</strong> c.c., a rimborsare al gestore <strong>tutte le spese necessarie o utili</strong> sostenute nella gestione (<strong>non</strong> anche le <strong>voluttuarie</strong>), comprensive di <strong>interessi</strong> sulle pertinenti somme dal <strong>giorno dell’erogazione</strong>, e con <strong>diritto di ritenzione</strong> sui <strong>beni oggetto della gestione</strong> a garanzia del pagamento del pertinente credito; si tratta di un <strong>debito pecuniario</strong> che la giurisprudenza maggioritaria assume <strong>di valuta</strong>, con conseguente <strong>applicabilità dell’art.1224</strong> c.c. e connessa <strong>necessità di prova del maggior danno</strong> laddove <strong>esorbitante</strong> rispetto a quello <strong>coperto dagli interessi legali</strong>, e che invece la <strong>dottrina maggioritaria</strong> stima <strong>di valore</strong>, con conseguente possibilità per il gestore creditore di <strong>invocare tanto la rivalutazione che gli interessi</strong>, sulla scorta della <strong>natura indennitaria</strong> annessa al pertinente credito; laddove la gestione intrapresa corrisponda ad una <strong>attività professionale del gestore</strong>, secondo parte della dottrina al gestore spetta un <strong>vero e proprio compenso</strong> a valle della gestione utilmente intrapresa, mentre altra parte della dottrina <strong>esclude il corrispondente obbligo</strong> in capo al <em>dominus</em> interessato, facendo tuttavia notare come la <strong>posizione del gestore</strong> sia <strong>migliore</strong> rispetto a quella di chi sia legittimato a spiccare <strong>azione di ingiustificato arricchimento</strong> dacché in quest’ultimo caso <strong>un limite</strong> alla restituzione di chi agisce viene dettato proprio <strong>dall’arricchimento</strong>, mentre nel caso del gestore questi ha diritto al <strong>rimborso di tutte le spese sostenute</strong> in occasione della gestione <strong>con gli accessori</strong>, senza che sussista <strong>alcun limite parametrato all’arricchimento</strong> del <em>dominus</em> interessato; b.2) il <em>dominus</em> interessato è obbligato, sempre ex <strong>art.2031</strong> c.c. ad <strong>adempiere le obbligazioni verso terzi</strong> che il gestore abbia <strong>contratto in nome del <em>dominus</em> medesimo</strong>, configurandosi tale obbligo in primo luogo <strong>verso il gestore</strong> (oltre che, nei rapporti <strong>esterni</strong>, verso i <strong>terzi creditori</strong>); b.3) il <em>dominus</em> interessato è infine obbligato a <strong>tenere indenne il gestore</strong> rispetto alle <strong>obbligazioni contratte in nome proprio</strong>, ma <strong>nell’interesse del <em>dominus</em></strong> medesimo, durante la gestione.</li> </ol> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Cosa occorre rammentare dei rapporti esterni tra gestore e <em>dominus</em> interessato, da un lato, e soggetti terzi dall’altro?</strong></p> <ol style="text-align: justify;"> <li>gestione <strong>rappresentativa</strong> (art.<strong>2031</strong>c.): il gestore agisce <strong>in nome del <em>dominus</em> interessato</strong> e gli <strong>effetti giuridici</strong> si producono <strong>direttamente nella sfera del <em>dominus</em> interessato</strong> medesimo; ne scaturisce <strong>l’obbligo di adempiere le obbligazioni</strong> assunte (dal gestore) direttamente <strong>in capo al <em>dominus</em> interessato</strong>, in veste di <strong>debitore</strong>; si è al cospetto di un <strong>meccanismo analogo</strong> a quello che presidia la <strong>rappresentanza necessaria</strong>, dacché è <strong>la legge</strong> che conferisce al gestore i <strong>poteri di gestione nell’interesse del <em>dominus</em></strong> interessato, <strong>senza</strong> che dunque intervenga <strong>un atto negoziale</strong> di quest’ultimo (e dunque in luogo di <strong>procura e mandato</strong>);</li> <li>gestione <strong>non rappresentativa</strong> (art.<strong>2031</strong>c.): il gestore agisce <strong>in nome proprio</strong>, seppure <strong>nell’interesse del <em>dominus</em> interessato</strong>, onde l’assunzione degli <strong>obblighi</strong> e l’acquisto dei <strong>diritti</strong> avviene <strong>nella sfera giuridica del gestore</strong>, senza che <strong>i terzi</strong> entrino <strong>in contatto con il dominus interessato</strong>; ne scaturisce <strong>l’obbligo</strong> per il <em>dominus</em> interessato di <strong>indennizzare il gestore</strong> delle <strong>obbligazioni</strong> che quegli <strong>abbia assunto</strong> in nome proprio, ma nel relativo interesse; si è al cospetto di un <strong>meccanismo simile</strong> a quello proprio del c.d. <strong>mandato senza rappresentanza</strong> onde, sulla scorta del <strong>comune fondamento razionale</strong> sotteso alle due figure, la <strong>dottrina maggioritaria</strong> assume applicabili anche alla gestione di affari altrui <strong>non rappresentativa</strong> gli articoli <strong>1705, comma 2</strong>, c.c. (onde il <em>dominus</em> interessato <strong>può sostituirsi al gestore</strong> nell’esercizio dei <strong>diritti di credito</strong> acquisiti nel relativo interesse dal gestore medesimo), <strong>1706, comma 1</strong>, c.c. (onde il <em>dominus</em> interessato può <strong>rivendicare le cose mobili acquistate</strong> dal gestore nel relativo interesse), e <strong>1706, comma 2</strong>, c.c. (onde il gestore acquista <strong>nell’interesse del <em>dominus</em></strong> beni <strong>immobili</strong> o <strong>mobili registrati</strong> da terzi e <strong>si obbliga a ritrasferirli</strong> a propria volta al <em>dominus</em> medesimo): con riguardo a quest’ultima fattispecie, poiché nella <strong>gestione di affari altrui</strong> <strong>non vi è un contratto</strong> tra <em>dominus</em> e gestore, si pone tuttavia il problema della <strong>tutela del <em>dominus</em></strong> nel caso in cui il gestore <strong>non gli ritrasferisca gli immobili</strong> (o i mobili registrati) acquistati <strong>per relativo conto</strong>, con particolare riguardo alla possibilità di attivare la <strong>tutela in forma specifica</strong> ex <strong>art.2932</strong> c.c., che sembra presupporre la <strong>indefettibile</strong> <strong>formalizzazione scritta</strong> dell’obbligo <strong>della cui esecuzione si tratta</strong>; la quale formalizzazione scritta, secondo parte della <strong>giurisprudenza</strong>, potrebbe tuttavia <strong>ritrarsi</strong> dalla <strong>successiva ratifica</strong> (scritta) da parte del <em>dominus</em>; più in generale, per quanto concerne gli <strong>atti dispositivi</strong> aventi ad oggetto <strong>beni immobili del <em>dominus</em></strong> (in entrata, <strong>acquisto</strong>, o in uscita, <strong>vendita</strong>), a chi ritiene che in <strong>difetto di forma scritta</strong> nel <strong>titolo di rappresentanza</strong> (e dunque, il <strong>difetto di procura scritta</strong>) tali atti dispositivi richiedenti <strong>forma scritta <em>ad substantiam</em></strong> <strong>non sarebbero ammissibili</strong> si giustappone chi assume con nel caso di specie tale ammissibilità <strong>vada predicata</strong> non già <strong>estendendo precettivamente</strong> la norma di cui all’<strong>art.1392</strong> c.c. in tema di <strong>forma della procura</strong> (operazione in effetti non ammissibile) quanto piuttosto <strong>valorizzando adeguatamente</strong> l’<strong>art.2031</strong> c.c. e, con esso, la “<strong><em>legge</em></strong>” che prevede – in tema di <em>negotiorum gestio</em> – anche <strong>simili poteri dispositivi</strong> su beni <strong>immobili</strong> o <strong>mobili registrati</strong> in capo al gestore.</li> </ol> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Cosa occorre rammentare della ratifica del <em>dominus</em> interessato?</strong></p> <ol style="text-align: justify;"> <li>è prevista dall’<strong>2032</strong> c.c., quale <strong>negozio unilaterale</strong> del <strong><em>dominus</em> interessato</strong> che sia venuto <strong>a conoscenza della gestione</strong> intrapresa nel <strong>relativo interesse</strong>;</li> <li>è particolarmente importante perché consente di <strong>superare eventuali “<em>deficit</em>”</strong> della <strong>fattispecie gestoria</strong>, e dunque la <strong>mancanza</strong> dei <strong>presupposti</strong> e dei <strong>requisiti</strong> che <strong>sarebbero imprescindibili</strong> per configurarla, e che nel caso di specie <strong>fanno difetto</strong>;</li> <li>se interviene, si producono tra <strong><em>dominus</em> interessato ratificante</strong> e <strong>gestore di affari</strong> gli <strong>stessi effetti</strong> che si sarebbero prodotti se <strong>vi fosse stato un mandato <em>ab origine</em></strong>; ciò con effetto <strong>retroattivo</strong>, salvi i <strong>diritti acquistati dai terzi in buona fede</strong> (con, in questi casi, possibile <strong>impegno di responsabilità del gestore</strong> nei confronti del <strong><em>dominus</em></strong>);</li> <li>in particolare, è <strong>esplicitamente prevista</strong> per l’ipotesi in cui gestore abbia <strong>intrapreso la gestione</strong> nella convinzione di <strong>gestire un affare proprio</strong>, e <strong>non altrui</strong>, e dunque laddove abbia <strong>fatto difetto</strong> il <strong>requisito</strong> (specifico) dell’<strong><em>animus aliena negotia gerendi</em></strong>;</li> <li>secondo la <strong>dottrina</strong> e della <strong>giurisprudenza</strong>, oltre che nell’ipotesi <strong>esplicitamente prevista</strong> dall’<strong>2032</strong> c.c. in cui faccia difetto il <strong>requisito soggettivo</strong> dell’<strong><em>animus aliena negotia gerendi</em></strong>, la <strong>ratifica</strong> del dominus interessato può intervenire <strong>anche</strong> laddove <strong>facciano difetto altri requisiti</strong> di tipo <strong>oggettivo</strong>;</li> <li>quello che è imprescindibile è che: f.1) <strong>non</strong> vi sia <strong>un obbligo</strong> che <strong><em>ab origine</em> vincoli</strong> il gestore ad intervenire; f.2) l’affare <strong>non sia proprio del gestore</strong>; in entrambi i casi (<strong>obbligo legale o convenzionale</strong> di intervenire già presente <em>ab origine</em>, ovvero affare <strong>del gestore</strong> e non di un terzo) la ratifica <strong>non avrebbe alcun senso</strong>;</li> <li>sul piano degli <strong>effetti</strong>, più precisamente, occorre distinguere: g.1) sono presenti <strong>tutti i presupposti oggettivi e soggettivi</strong> della gestione di affari: la ratifica <strong>non servirebbe</strong>, e se essa comunque interviene <strong>elimina ogni dubbio</strong> per quanto concerne <strong>la gestione</strong>, sia nei <strong>rapporti</strong> tra <strong><em>dominus</em> interessato</strong> ratificante e <strong>gestore</strong>, sia nei rapporti di entrambi loro <strong>con i terzi</strong>; g.2) <strong>non sono presenti</strong> taluni dei requisiti oggettivi e soggettivi della gestione di affari: si producono tra le parti gli <strong>stessi effetti</strong> che avrebbe prodotto <strong>un mandato</strong>, esclusa (secondo l’ipotesi più accreditata) la <strong>presunta onerosità</strong> del ridetto contratto;</li> <li>può essere <strong>espressa</strong> o anche <strong>solo tacita</strong>, come nel caso in cui il gestore abbia <strong>stipulato un contratto</strong> nell’interesse del <em>dominus</em> interessato e questi <strong>ne chieda l’esecuzione</strong> o la <strong>risoluzione</strong>; nondimeno, nel caso in cui per il <strong>negozio ratificato</strong> occorra la <strong>forma scritta <em>ad substantiam</em></strong>, anche la ratifica <strong>deve essere formale</strong> ex art.<strong>1399</strong>c.;</li> <li>dal punto di vista <strong>cronologico</strong>, è soggetta a <strong>prescrizione</strong> (e non a decadenza), e dunque il <em>dominus</em> interessato può provvedervi <strong>nel termine di prescrizione</strong>; la dottrina ammette tuttavia la possibilità per il gestore di <strong>fissare al <em>dominus</em> un termine</strong> per la ratifica, in <strong>pendenza</strong> del quale il ridetto gestore <strong>non può risolvere i negozi</strong> stipulati nell’interesse del <em>dominus</em> interessato (<strong>potenziale ratificante)</strong>;</li> <li>è <strong>meramente eventuale</strong>, potendo il <strong><em>dominus</em></strong> <strong>interessato</strong> – in difetto di tutti i requisiti necessari per configurare la gestione - non provvedervi; laddove il <em>dominus</em>, ormai <strong>conscio</strong> della <strong>gestione intrapresa</strong>, <strong>deneghi</strong> la ratifica, si profila una eventuale <strong>responsabilità del gestore</strong> nei confronti dei <strong>terzi</strong> secondo la disciplina del c.d. <strong><em>falsus procurator</em></strong> ex <strong>1398</strong> c.c., potendo il terzo invocare conseguentemente il <strong>risarcimento del danno</strong> che abbia subito per <strong>aver confidato senza colpa</strong> nella <strong>validità del contratto</strong>, e potendo tuttavia a quel punto <strong>il gestore</strong> attivare nei confronti del dominus interessato la <strong>tutela sussidiaria</strong> dell’<strong>ingiustificato arricchimento</strong> ex art.2041 c.c.</li> </ol> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Cosa occorre rammentare dei rapporti tra comproprietà e locazione, con peculiare riferimento alla <em>negotiorum gestio</em>?</strong></p> <ol style="text-align: justify;"> <li>occorre muovere da una situazione di <strong>comproprietà di un bene</strong>;</li> <li>uno dei comproprietari <strong>loca il bene comune</strong> ad <strong>un terzo</strong>;</li> <li>è discussa la posizione, in questa fattispecie, del <strong>comproprietario non locatore</strong>, ed in particolare quale sia la <strong>consistenza dei relativi diritti e poteri</strong> nei confronti del <strong>terzo conduttore</strong>, anche in termini di <strong>legittimazione</strong> all’eventuale <strong>azione diretta</strong> (ad esempio per la <strong>riscossione dei canoni</strong> locatizi);</li> <li>per la giurisprudenza, si pone l’alternativa tra: d.1) <strong>mandato senza rappresentanza</strong>: stante la <strong>contitolarità</strong> della <strong>proprietà</strong> sul bene locato, il condomino non locatore, nella veste di <strong>mandante senza rappresentanza</strong>, può <strong>esigere direttamente</strong> dal <strong>terzo conduttore</strong> la propria <strong>quota di canone</strong> (credito) sulla base del <strong>contratto di locazione</strong> stipulato dall’altro comproprietario in veste di <strong>mandatario</strong> (esercizio <strong>diretto</strong> – e <strong>non surrogatorio</strong> - dei <strong>diritti di credito</strong> da parte del <strong>mandante senza rappresentanza</strong> ex art.<strong>1705, comma 2</strong>, c.c.); d.2) sia il <strong>comproprietario locatore</strong> che il <strong>comproprietario non locatore</strong> vantano <strong>identici diritti</strong> nei confronti del conduttore, circostanza che deriva dalla <strong>presunta parità dei poteri gestori</strong> sulla <em>res</em> in comunione, <strong>presumendosi</strong> che ciascuno dei comproprietari <strong>operi con il consenso degli altri</strong>; da questa <strong>presunzione</strong> (<strong>presunto consenso degli altri proprietari</strong> e connessa, <strong>presunta parità di poteri gestori</strong> sulla <em>res</em> in comunione) deriva che – anche <strong>senza la partecipazione</strong> degli altri comproprietari – ciascun comunista <strong>può stipulare il contratto di locazione</strong>, <strong>pretendere il canone</strong> dal conduttore ed <strong>agire per il rilascio</strong>; d.3) <strong>gestione “<em>utile</em>”</strong> di <strong>affari parzialmente altrui</strong> da parte del <strong>comproprietario locatore</strong>, con conseguente <strong>impossibilità</strong> per il comproprietario non locatore (che potrebbe anche essere <strong><em>ab origine</em> all’oscuro</strong> della situazione), laddove <strong>non abbia ratificato ex art.2032 c.c.</strong>, di <strong>esercitare i diritti</strong> derivanti dal <strong>contratto di locazione</strong> nei confronti del <strong>terzo conduttore</strong>, per essere quest’ultimo <strong>avvinto contrattualmente</strong> al <strong>solo comproprietario locatore</strong>, senza che la comunione sul bene locato possa <strong>in alcun modo interferire</strong> sul <strong>contratto di locazione</strong>; secondo questa opzione ermeneutica – che è poi quella <strong>abbracciata dalle SSUU nel 2012</strong> - i <strong>limiti ai poteri del condomino</strong> di cui <strong>all’art.1105</strong>c. riguardano <strong>solo i comunisti</strong>, e – ove <strong>fatti valere <em>ex post</em></strong> rispetto alla <strong>stipula del contratto</strong>, con conseguente <strong><em>prohibitio domini</em> sopravvenuta</strong> - <strong>non privano di effetti</strong> il (né incidono in alcun modo sul) <strong>contratto di locazione</strong> della cosa in comproprietà, dacché per concedere quest’ultima in locazione è sufficiente <strong>la disponibilità della stessa</strong> (quand’anche, dal punto di vista proprietario, essa sia <strong>in comunione</strong> tra più soggetti), onde il comproprietario non locatore che <strong>non abbia palesato <em>ex ante</em></strong> rispetto alla stipula del contratto la <strong>propria opposizione</strong> (<strong><em>prohibitio domini</em></strong>), e che non abbia <strong>ratificato <em>ex post</em> ex art.2032 c.c.</strong>, <strong>non ha azioni</strong> (neppure di rilascio o di revindica), potendo <strong>solo agire in via risarcitoria</strong> nei confronti del <strong>comproprietario locatore</strong> che per parte sua, in quanto titolare della <strong>disponibilità del bene</strong>, è <strong>legittimato a locarlo</strong> in veste, rispettivamente di <strong>proprietario</strong> <strong><em>pro quota</em></strong> e di <strong>gestore di affare altrui</strong> (per la quota della quale non è proprietario); in questa ipotesi, <strong>il conduttore è liberato</strong> giusta pagamento del canone nei confronti del <strong>comproprietario locatore</strong>, mentre <strong>non</strong> si configura la <strong>legittimazione del comproprietario non locatore</strong> (non ratificante) ad agire nei confronti del conduttore medesimo per la <strong>riscossione</strong> del canone in parola.</li> </ol> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Quali sono i casi particolari più noti di gestione di affari altrui?</strong></p> <ol style="text-align: justify;" start="241"> <li>la gestione di affari <strong>della PA</strong>; qui occorre distinguere tra: a.1) attività della PA <strong><em>iure privatorum</em></strong> (anche ai sensi <strong>dell’art.1, comma 1 bis</strong>, della <strong>legge 241.90</strong>), in relazione alla quale la <strong>gestione di affari altrui</strong> (e dunque della PA medesima, da parte di <strong>un terzo</strong>) è <strong>ammessa</strong>, purché il c.d. <strong><em>utiliter coeptum</em></strong>, e dunque <strong>l’utilità iniziale</strong> della gestione, sia <strong>accertato dalla PA</strong> e <strong>non dal GO</strong>, onde scongiurare <strong>sconfinamenti del giudice</strong> nell’<strong>attività propria dell’Amministrazione</strong>, che tuttavia si ammette possa <strong>riconoscere l’utilità</strong> della intrapresa gestione <strong>anche in via tacita</strong> (come nel caso classico dell’<strong>utilizzo dell’opera</strong> realizzata dal gestore <strong>nel relativo interesse</strong>); a.2) <strong>attività pubblicistiche</strong> della PA in relazione alle quali, se si escludono <strong>timide ed isolate aperture giurisprudenziali</strong> (come nel caso delle <strong>SSUU del 2010</strong>), la gestione di affari da parte di un terzo viene <strong>generalmente esclusa</strong>, sia perché <strong>l’unico soggetto legittimato <em>ex lege</em></strong> a perseguire <strong>l’interesse pubblico</strong> è la <strong>PA</strong> medesima, con conseguente <strong>immanenza sistematica</strong> di una <strong><em>prohibitio domini;</em></strong> sia perché la <strong>competenza</strong> in ambito amministrativo <strong>è derogabile solo</strong> nei <strong>casi tipici espressamente previsti dalla legge</strong>, e sia perché il gestore di affari altrui <strong>non può</strong> essere assimilato ad un <strong>funzionario di fatto</strong>, ritraendo la propria legittimazione, <strong>ex art.2028</strong> e seguenti c.c., <strong>direttamente dalla legge</strong> (obbligazione <em>ex lege</em>), mentre <strong>l’atto amministrativo</strong> adottato dal <strong>funzionario di fatto</strong> è atto i cui <strong>effetti</strong> sono <strong>imputabili solo mediatamente alla legge</strong>, ed <strong>immediatamente alla volontà della PA</strong> che il funzionario di fatto <strong>eccezionalmente impersona</strong> (in sostanza, mentre il funzionario di fatto <strong>è ancora PA</strong>, seppure <strong>in fattispecie particolare</strong>, il gestore di affari altrui <strong>è terzo</strong> rispetto alla PA e <strong>non ha competenze pubblicistiche</strong>, non potendosi peraltro predicare <strong>dipendente della PA</strong> allo stesso modo del <strong>gestore di affari</strong> di un soggetto privato che <strong>non può predicarsi dipendente</strong> di quest’ultimo);</li> <li>la gestione di affari <strong>processuale</strong>; essa viene esclusa in modo unanime stante il chiaro disposto dell’<strong>77</strong> c.p.c. alla cui stregua la <strong>parte sostanziale</strong> di un processo <strong>può essere rappresentata</strong> in via <strong>generale o speciale</strong> <strong>solo</strong> da soggetti che siano <strong>muniti da una espressa procura</strong> in tal senso resa <strong>per iscritto</strong> (esclusi i soli <strong>atti urgenti</strong> e le <strong>misure cautelari</strong>); ciò non esclude nondimeno la possibilità per <strong>il gestore</strong> di stare in giudizio <strong>in nome proprio</strong> al fine di <strong>invocare tutela</strong> per una <strong>situazione giuridica soggettiva</strong> afferente alla <strong>intrapresa gestione</strong>, come nel caso in cui abbia <strong>stipulato un contratto</strong> nell’interesse del dominus e <strong>agisca per la relativa esecuzione</strong>, ovvero sia nella <strong>detenzione qualificata</strong> di un <strong>bene del <em>dominus</em></strong> interessato e agisca <strong>in via possessoria</strong>.</li> </ol> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p>