<p style="text-align: justify;"><strong>Consiglio di Stato, VI – sentenza del 21.12.2020 n. 8171</strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong> </strong></p> <p style="text-align: justify;">Con la sentenza di cui sopra, il Consiglio di Stato è ritornato ad esaminare la natura giuridica dei provvedimenti sanzionatori in tema di abusi edilizi. I fatti che danno l’abbrivio alla controversia possono essere individuati come segue.</p> <p style="text-align: justify;">Con ingiunzione del 16 novembre 2018, la Regione Puglia ha ordinato alla sig. -OMISSIS- il pagamento di € 55.248,25, a titolo di sanzione pecuniaria ex art. 167, co. 5 D.lgs. 22 gennaio 2004 n. 42 ed accessori (nella sua qualità di erede del responsabile della realizzazione di opere abusive in area soggetta a vincolo paesaggistico).</p> <p style="text-align: justify;">A seguito del ricorso proposto dall’ingiunta, l’adito TAR ha declinato la giurisdizione a favore dell’AGO sulla domanda d’opposizione all’ingiunzione fiscale, secondo quanto stabilito dall’art. 3 del RD 639/1910, e ha ritenuto la giurisdizione sulla domanda di accertamento negativo (ai sensi dell’art. 133, co. 1, lett. f, c.p.a., poiché si tratta d’una sanzione ripristinatoria), dichiarando inammissibile la domanda.</p> <p style="text-align: justify;">La sig. -OMISSIS-, propone appello, deducendo l’erroneità della gravata sentenza per: 1) non aver colto l’ampiezza della giurisdizione esclusiva ex art. 133, co. 1, lett. f), c.p.a. per tutte le questioni, anche sanzionatorie, attinenti al governo del territorio, donde l'inapplicabilità del citato art. 3 del RD 639/1910 e s.m.i. al caso in esame; 2) l’intervenuto silenzio-assenso ex art. 35, XVIII co. della l. 47/1985 sull’istanza attorea del condono edilizio; 3) la delimitazione dell’efficacia dell’ingiunzione al <em>de cuius</em> -OMISSIS-, non esistendo un illecito permanente.</p> <p style="text-align: justify;">Il Supremo Consesso Amministrativo ha ritenuto infondato l’appello per le seguenti ragioni.</p> <p style="text-align: justify;">Preliminarmente, per la VI Sezione, fermo il legittimo uso nella specie dell’ingiunzione ex art. 2 del RD 639/1910 circa il recupero coattivo di proventi di sanzioni spettanti alla Regione (art. 167, co. 6 del D.lgs. 42/2004), sussiste la giurisdizione esclusiva ex art. 133, co. 1, lett. f), c.p.a., la quale concerne tutto il contenzioso sul governo del territorio (dunque, oltre i meri aspetti urbanistico-edilizi o provvedimentali), con le sole e rigorose eccezioni colà espressamente previste.</p> <p style="text-align: justify;">Secondo il Collegio, non cambia lo scenario esaminato dal TAR, in quanto quest’ultimo, da un lato, ha specificato l’infondatezza dell’intervenuta prescrizione della sanzione per decorso del termine ex art. art. 28 della l. 689/1981; dall’altro, ha chiarito in modo preciso come la sanzione <em>de qua</em>, resa a fronte di un’attività edilizia abusiva che costituisce un illecito permanente, si atteggi come misura reale imposta per ragioni di tutela del territorio, priva di finalità punitive ed efficace contro ogni soggetto che vanti sul bene così realizzato <em>sine titulo</em> un diritto reale o personale di godimento, indipendentemente dall'esser stato, o no, l'autore dell'illecito;</p> <p style="text-align: justify;">In particolare, per il Consiglio di Stato, quanto alla natura reale e non personale della sanzione pecuniaria, con conseguente inapplicabilità dell’art. 7 della l. 689/1981, la repressione degli abusi edilizi e paesaggistici può esser disposta in qualsiasi momento, trattandosi di misure a carattere reale (piuttosto che di vere e proprie sanzioni) che colpiscono illeciti permanenti, cessando questi ultimi o con la misura ripristinatoria o con quella pecuniaria alternativa, ossia misure oggettive in rapporto alle quali non può neppure esser invocato utilmente il principio d’estraneità dei proprietari all’effettuazione dell’abuso e, al più, tal eventuale estraneità assume rilievo sotto altri profili (p. es., per l’azione di rivalsa verso i veri responsabili di tali abusi: arg. ex Cons. St., ad. plen., n. 9/2017);</p> <p style="text-align: justify;">La Sezione VI rappresenta inoltre che, sebbene costituisca un <em>novum</em> in appello sia il dedotto silenzio-assenso ex art. 35, XVIII co. della l. 47/1985, sia la vicenda dell’uso abitativo dell’edificio condonando, anche a seguire la tesi attorea, essa è comunque infondata, giacché, per un verso, tal doglianza, cui l’appellante dice ora di rinunciare, è mal posta essendo noto il principio secondo cui il termine di ventiquattro mesi, di cui al citato art. 35, XVIII co. per la formazione del predetto silenzio e qualora sia richiesta l'acquisizione del parere dell'Autorità preposta alla tutela del vincolo paesistico, decorre soltanto, ai sensi del successivo XIX co., dall'emanazione del relativo espresso parere o dalla definizione della sanzione pecuniaria sostitutiva di quella demolitoria (cfr., per tutti, in campo edilizio, Cons. St., VI, 27 aprile 2015 n. 2110; id., IV, 19 dicembre 2016 n. 5366; id., VI, 10 aprile 2020 n. 2369 e n. 2372; in materia di tutela paesistica, cfr. Cons. St., II, 4 maggio 2020 n. 2840, relativa all’applicabilità della sanzione pecuniaria anche a prescindere dall’effettivo danno arrecato), con la conseguenza che il condono non potrà essere definito se non col previo pagamento della sanzione in argomento.</p> <p style="text-align: justify;">Per altro verso, sempre secondo la l’impostazione ermeneutica del Collegio, ai fini della tutela paesaggistica, il ripristino, o meno, dell’uso abitativo per il fabbricato sanando è del tutto irrilevante, poiché, al di là del maggior o minore carico urbanistico di tal uso rispetto a quello ricettivo-commerciale, è stato il manufatto in sé a porsi in contrasto con le ragioni sottese al vincolo stesso.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong><em>Alessandro Piazzai</em></strong></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p>