MASSIMA
Il potere di irrogare le sanzioni cui all’art. 15 legge n. 1497 del 1939, compresa quella pecuniaria per costruzione edilizia realizzata senza nulla-osta in zona soggetta a vincolo paesistico ex art. 167 d.lgs. n. 42/2004, è posto a presidio dell’interesse pubblico di rango costituzionale alla preservazione del paesaggio ed è esercitabile finché perdura l’illecito, che ha natura permanente e cessa soltanto con la rimessione in pristino o con il pagamento della sanzione irrogata.
Così come riconosciuto dal Consiglio di Stato, Sez.IV, nella Sentenza n. 1585 del 2007, l’illecito in questione, oltre che avere natura permanente, è caratterizzato dall’omissione dell’obbligo, “naturale”, del cittadino, perdurante nel tempo, di ripristinare secondo diritto lo stato dei luoghi, così che se l’Amministrazione si determina con un provvedimento repressivo (demolizione ovvero irrogazione della sanzione pecuniaria), tale atto non può intendersi emanato ‘a distanza di tempo’ dalla commissione dell’abuso, essendo volto a sanzionare una situazione antigiuridica ancora persistente, atteso che l’illiceità può dirsi venuta meno solo quando è stato assolto l’obbligo di ripristino dello stato dei luoghi, ovvero sia stata pagata, in alternativa, la prevista sanzione pecuniaria. Il meccanismo della prescrizione, quindi, potrà, semmai, riguardare il diritto alla riscossione delle somme relative alla sanzione pecuniaria già irrogata. La fattispecie in esame, invece, riguarda l’esercizio del diritto di credito nella configurazione di potere di natura autoritativa della P.A., che non può estinguersi per prescrizione o decadenza. Il rilascio da parte dell’Amministrazione preposta dell’autorizzazione in sanatoria determina il dies a quo per l’interruzione della permanenza nel reato penale, ma per i fini amministrativi, che qui interessano, non è da condividere la soluzione giurisprudenziale secondo la quale, ai sensi dell’ art. 28 della l. n. 689/1981, la sanzione pecuniaria sarebbe soggetta a prescrizione ed il termine di decorrenza sarebbe da identificarsi con quello del rilascio della sanatoria edilizia che determina il venir meno della permanenza dell’illecito.
Il vincolo paesistico, tutelato a livello costituzionale, ed il potere sanzionatorio autoritativo sono esercitabili finchè perdura l’illecito, la cui estinzione è determinata o dalla rimessione in pristino o, anche in caso di sanatoria, dal pagamento della sanzione irrogata per equivalente e per la somma corrispondente al maggior importo tra il danno arrecato e il profitto conseguito mediante la trasgressione.
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Con l’appello in esame la Regione Puglia ha appellato la sentenza del TAR Puglia, Lecce, Sez. I, n. 3351/2015, concernente l’accoglimento del ricorso presentato dal sig. Carafa Espedito Luigi avverso la determina 02.12.2014, n. 247 del Dirigente del Servizio urbanistica della Regione Puglia, che ha applicato la sanzione di € 3.480,96 ex art. 167 d.lgs. 42/2004 quale danno arrecato al paesaggio.
In particolare il sig. Carafa ha presentato domanda in data 30.6.1987 di condono edilizio ex l. n. 47/1985 concernente la costruzione in assenza di titolo edilizio e paesaggistico di un fabbricato a piano terra costituito da tre unità immobiliari: un locale artigianale con annesso deposito, una civile abitazione composta da veranda, 3 camere da letto un soggiorno, pranzo, un cucinino e 2 bagni.
Il Comune di Nardò, con provvedimento n. 677 del 15.6.1998, ha rilasciato parere positivo sotto l’aspetto paesaggistico; la Soprintendenza il 24.9.1998, con nota 17285, ha sollevato eccezioni sotto il profilo della legittimità, assentendo in sostanza il mantenimento dell’opera sotto il profilo paesaggistico e prescrivendo che in alternativa alla demolizione occorreva applicare l’indennità pecuniaria prevista dall’art. 167 D.Lgs 42/2004.
In data 13.8.1999 è stata rilasciata la concessione in sanatoria n. 1941.
Con atto del dirigente dell’Ufficio osservatorio dell’abusivismo e contenzioso della Regione Puglia del 02.12.2014 n. 247 è stata determinata l’entità dell’aumento di valore dell’immobile in € 3.480,96 e con la predetta determinazione dirigenziale è stata comminata la sanzione dell’indennità risarcitoria.
Con ricorso al Tar il sig. Carafa ha impugnato tale determinazione eccependo, con unico motivo, l’intervenuta prescrizione della sanzione. In particolare, eccepiva la violazione dell’art. 28 l. n. 689/1981 e il difetto di istruttoria, sostenendo che la funzione deterrente dell’indennità pecuniaria sarebbe quella tipica delle sanzioni amministrative, per cui sarebbe soggetta alla relativa normativa. Il diritto a riscuotere le somme dovute per le violazioni punite con pena pecuniaria si sarebbe prescritto, ex art. 28 della l. 689/1981, nel termine di 5 anni dal giorno in cui è stata commessa la sanzione, che, nel caso concreto di reato permanente, coinciderebbe con il conseguimento delle prescritte autorizzazioni. Nel caso concreto la permanenza dell’illecito sarebbe cessata in data 15.6.1998 (data della nota di trasmissione dell’autorizzazione paesaggistica in sanatoria da parte del Comune di Nardò), rispettivamente dalla data del rilascio della concessione edilizia in sanatoria n. 1941 del 13.09.1999.
All’esito del giudizio di prime cure il Tar ha accolto la censura con la quale “il ricorrente ha eccepito la prescrizione del credito azionato in quanto l’abuso edilizio da lui commesso è stato condonato in data 13.08.1999, con conseguente cessazione dell’illecito permanente e contestuale inizio del decorso del periodo quinquennale di prescrizione ex art. 28 della legge n. 689/1981”, ritenendola fondata “stanti i principi affermati sul punto dalla giurisprudenza amministrativa (Consiglio Stato, sez. IV, 11 aprile 2007, n. 1585; Tar Umbria, Sez. I, 3 aprile 2009, n. 176) secondo cui “il rilascio della sanatoria dell’abuso edilizio, se non fa ex se venir meno la potestà sanzionatoria per la diversa violazione paesaggistica, determina senz’altro la cessazione della permanenza dell’illecito ambientale e costituisce il dies a quo della prescrizione della relativa sanzione pecuniaria, ai sensi dell’art. 28, L. 24 novembre 1981 n. 689” ed ha annullato il provvedimento impugnato.
- Avverso la sentenza di primo grado la Regione Puglia ha proposto appello censurando la sentenza poiché il TAR della Puglia non avrebbe tenuto conto di un recente revirement operato anche dal Consiglio di Stato in materia, nonostante tale circostanza fosse stata rappresentata in corso di causa. Secondo l’appellante esisterebbe un orientamento giurisprudenziale del Consiglio di Stato, tra cui la sentenza n. 3414/2014 (IV Sezione), secondo la quale “Oltre all’ inconfigurabilità della prescrizione in relazione ad una sanzione, ma semmai, al credito derivante dall’ingiunzione, deve osservarsi, conformemente ad una consolidata giurisprudenza (Cons. St., Sez. IV, 26.11.2013, n. 5615), che il potere dell’autorità amministrativa di sanzionare l’abuso in questione non può mai esaurirsi, dato il carattere permanente della violazione”.
La Regione ha censurato di erroneità ed illegittimità la sentenza gravata n. 3351/2015, sostenendo che il TAR Lecce avrebbe fatto malgoverno delle disposizioni normative applicabili alla fattispecie in esame e dei principi di diritto evidenziati, ignorando i principi di diritto che regolano la materia ed applicando in maniera erronea e falsa l’istituto della prescrizione delle sanzioni pecuniarie e del potere sanzionatorio in tema di abusi paesaggistici mediante il richiamo a disposizioni normative e principi inappropriati ed inconferenti al caso di specie.
L’appellato sig. Carafa, nonostante rituale notifica dell’appello, non si è costituito.
Alla pubblica udienza del 29.09.2022 la causa è passata in decisione.
- L’appello è fondato.
3.1.Va premesso che, in caso di realizzazione di opere edilizie senza autorizzazione in zona paesaggistica, l’art. 167 del D.Lgs n. 42/2004 (in coerenza con quanto previsto dall’art. 15 della legge n. 1497 del 1939 e poi dall’art. 164 del D. L. vo n. 490 del 1999) prevede che il proprietario dell’immobile abusivo – ove l’autorità competente accerti la compatibilità dell’opera con il regime vincolistico – è tenuto al pagamento di una somma equivalente al maggiore importo tra il danno arrecato e il profitto conseguito mediante la trasgressione.
3.2. La sentenza del Giudice di prime cure, che ha accolto l’eccezione di prescrizione del diritto alla riscossione di tale sanzione sollevata dal ricorrente in primo grado, ha stabilito che il dies a quo della prescrizione della sanzione pecuniaria ai sensi dell’art. 28 della l. n. 689/1981 sarebbe da identificarsi con quello del rilascio della sanatoria edilizia che determina il venir meno della permanenza dell’illecito.
3.3. Tale assunto non è condivisibile.
3.4. Esso, in primo luogo, non tiene debitamente conto del fatto che il potere di irrogare le sanzioni cui all’art. 15 legge n. 1497 del 1939, compresa quella pecuniaria per costruzione edilizia realizzata senza nulla-osta in zona soggetta a vincolo paesistico ex art. 167 d.lgs. n. 42/2004, è posto a presidio dell’interesse pubblico di rango costituzionale alla preservazione del paesaggio ed è esercitabile finché perdura l’illecito, che ha natura permanente e cessa soltanto con la rimessione in pristino o con il pagamento della sanzione irrogata.
3.5. Tale interesse è affatto diverso da quello all’ordinato sviluppo urbanistico-edilizio del territorio rinvenibile nella disciplina della sanatoria edilizia.
3.6. Pertanto il relativo potere sanzionatorio è esperibile anche nel caso in cui l’abuso edilizio, nell’ambito del procedimento di sanatoria edilizia, sia stato ritenuto regolarizzabile dall’autorità preposta alla tutela del vincolo e sia stata pagata l’oblazione di cui alla l. n. 47/1985 e la situazione di illiceità paesaggistica viene meno solo quando sia stato assolto l’obbligo di ripristino dello stato dei luoghi ovvero, in alternativa, sia stata corrisposta la sanzione pecuniaria (cfr. in tale senso ex multis: CdS, Sez. VI, n. 1477 del 4.3. 2019, Sez. IV, n. 3414 del 07.07.2014).
3.7. Siccome il provvedimento sanzionatorio impugnato in primo grado trova la sua disciplina in disposizioni diverse da quelle previste nella normativa sulla sanatoria edilizia – disposizioni che delineano un autonomo e separato procedimento in cui intervengono altre amministrazioni in quanto titolari di interessi finalizzati alla tutela dell’ambiente, del paesaggio e del territorio, nonché alla repressione di eventuali abusi – si ritiene che nel caso concreto sussisteva il potere sanzionatorio, in quanto il rilascio del titolo edilizio non ha alcuna rilevanza ai fini della decorrenza del termine prescrizionale de quo.
Per cui, contrariamente a quanto affermato dal T.A.R., il potere sanzionatorio dell’amministrazione non era prescritto nel momento in cui la sanzione è stata quantificata e irrogata.
3.8. In particolare, con riferimento alle argomentazioni contenute nel ricorso in primo grado si rammenta, come già rilevato ai precedenti punti, che il provvedimento sanzionatorio impugnato in primo grado trova la sua disciplina in disposizioni diverse da quelle previste nella normativa sulla sanatoria edilizia. Sul versante amministrativo l’illecito paesaggistico consiste non già nell’omessa formale acquisizione dell’autorizzazione ma piuttosto in una fattispecie complessa, costituita dalla violazione sostanziale di un vincolo imperativo erga omnes e dalla successiva omissione da parte del trasgressore dell’obbligo, perdurante nel tempo, di ripristinare secondo diritto lo stato dei luoghi.
3.9. Quindi, contrariamente alla tesi del ricorrente in primo grado, tale illecito, stante il suo carattere permanente, è soggetto all’imprescrittibile potere repressivo sanzionatorio dell’amministrazione preposta alla gestione del vincolo e quindi dotata di un potere autoritativo che nel vigente sistema si considera esercitabile in ogni tempo e senza necessità di motivazione in ordine al ritardo. Ne consegue che l’illecito amministrativo permanente cesserà solo con il ripristino dei luoghi (ad opera del trasgressore o d’ufficio) oppure nei casi di accertata compatibilità paesistica con l’irrogazione e il pagamento della specifica sanzione risarcitoria, per cui, nel caso concreto, al momento della emissione della determinazione n. 247 del 02.12.2014 il potere sanzionatorio non era prescritto.
3.10. Conclusivamente, l’appello va accolto e, in riforma della sentenza impugnata, il ricorso di primo grado va respinto.
- In considerazione dell’esiguo valore della sanzione, le spese di lite del doppio grado, che vanno poste a carico dell’appellato sig. Espedito Luigi Carafa, vanno liquidate in complessivi € 3.000,00 (tremila/00), oltre agli accessori di legge.
CONSIGLIO DI STATO, VI – sentenza 02.02.2023 n. 1158 –