Corte di Cassazione, Sez. III Penale, sentenza 29 marzo 2022 n. 11295
MASSIMA
La confisca di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44 (confisca urbanistica) può essere disposta anche in presenza della causa estintiva di prescrizione del reato purché sia stata accertata la sussistenza della lottizzazione abusiva sotto il profilo oggettivo e soggettivo, nell’ambito di un giudizio che abbia assicurato il contraddittorio e la più ampia partecipazione degli interessati, fermo restando che, una volta intervenuta detta causa, il giudizio non può, in applicazione dell’art. 129 c.p.p., comma 1, proseguire al solo fine di compiere il citato accertamento.
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
- La doglianza circa l’ingiustificata declaratoria di inammissibilità dell’appello è fondata. Va, infatti, affermata la sussistenza dell’interesse ad impugnare in capo al ricorrente.
1.1. La giurisprudenza di legittimità ha ritenuto che la valutazione dell’interesse ad impugnare debba essere operata con riferimento alla prospettazione rappresentata nel mezzo di impugnazione, senza che rilevi la effettiva fondatezza della pretesa azionata e che tale interesse sussiste allorchè il gravame sia in concreto idoneo a determinare, con l’eliminazione del provvedimento impugnato, una situazione pratica più favorevole per l’impugnante (cfr. Sez. 3, n. 5509 del 04/10/2019, dep. 12/02/2020, Panarese, Rv. 278669 02, nel caso di specie la Corte ha ritenuto ravvisabile, nonostante la maturata prescrizione, l’interesse concreto del pubblico ministero appellante laddove lo stesso, nel proprio atto di gravame, rammentando la possibilità di operare la confisca dell’area lottizzata pur a fronte di maturata prescrizione, invocava la sussistenza materiale del fatto di lottizzazione quale necessario presupposto per potere operare, appunto, detta confisca).
Sussiste del pari interesse all’impugnazione anche quando il gravame mira ad evitare conseguenze extra-penali pregiudizievoli, ciò in quanto rileva unicamente la prospettazione dell’interesse all’impugnazione (così Sez. 4, n. 18343 del 05/02/2019, Catalini, Rv. 275760 – 01, ed anche Sez.U., n. 28911 del 28/03/2019, Massaria, Rv. 27595301). Nè ciò contrasta con quanto affermato in altra pronuncia (così Sez. 3, n. 372 del 09/10/2019, dep. 09/01/2020, Acampora, Rv. 278274 – 01, in particolare pag. 13), che in verità si limita ad esigere la prospettazione di un interesse concreto ed attuale, per ritenere ammissibile l’impugnazione della statuizione sulla confisca urbanistica proposta da un imputato prosciolto per intervenuta prescrizione del reato di lottizzazione abusiva.
- Nel caso di specie la difesa del ricorrente non solo aveva adito la Corte di appello sotto il profilo della sussistenza della lottizzazione abusiva, reato pur dichiarato prescritto, richiamando il disposto dell’art. 129 c.p.p., comma 2, ma aveva appellato il capo relativo alla confisca disposta dai giudici di primo grado, evidenziando come fossero maturati i termini di prescrizione del reato prima della conclusione dell’istruttoria dibattimentale con la quale erano state acquisite le prove.
La difesa aveva sottolineato come l’appello fosse stato proposto in quanto la posizione dell’imputato era coincidente con quella della persona giuridica, proprietaria del fondo, nel cui nome ed interesse egli aveva operato in qualità di amministratore unico, a nulla valendo che egli avesse cessato successivamente nella carica.
2.1. Orbene già nella parte motiva della pronuncia Sez. 3, n. 8350 del 23/01/2019, Alessandrini, Rv. 273756 – 01, era stato affermato che se sussiste immedesimazione tra imputato e società proprietaria, e la condotta illecita è compiuta nell’ambito del rapporto organico e nell’interesse della società, è proprio in tale immedesimazione che va ravvisata la sussistenza del coefficiente psicologico che consente di attribuire a quest’ultima gli effetti pregiudizievoli che derivano dalla confisca urbanistica, avendo l’imputato agito illecitamente in nome e per contro della stessa, salvo che non venga dimostrato il contrario.
Il concetto di immedesimazione è richiamato ampiamente anche dalle argomentazioni della parte motiva della sentenza Sez. 3, n. 42115 del 19/06/2019, Capital Service, spa, Rv. 277057 – 02, ove è stato sottolineato che la persona giuridica in nome e per conto della quale gli amministratori (anche di fatto) abbiano agito non può mai essere considerata terza estranea al reato, proprio in virtù del rapporto di immedesimazione.
Del resto, già in precedenza, seppure in relazione al diverso reato di realizzazione o gestione di discarica abusiva, la giurisprudenza aveva affermato che nel caso in cui la legge preveda la confisca di beni quale conseguenza di un reato e questi appartengano ad una società, se l’attività illecita è posta in essere attraverso gli organi rappresentativi dell’ente, alle persone fisiche che agiscono in nome e per conto dell’ente sono addebitabili le responsabilità per i reati, mentre le conseguenze patrimoniali ricadono sull’ente in nome e per conto del quale gli organi hanno agito, salvo che si dimostri che esse abbiano agito di propria esclusiva iniziativa (in tal senso Sez. 3, n. 44426 del 07/10/2004, Vangi, Rv. 230469; Sez. 3, n. 17349 del 29/03/2001, Mingione, Rv. 219698).
- Pertanto sussiste di certo l’interesse dell’imputato ad avere una pronuncia sulla confisca, tanto più che, come evidenziato nelle stesse pronunce di merito, la società proprietaria risulta essersi avvantaggiata dalla condotta illecita posta in essere dal suo legale rappresentante (cfr. Sez.3, n. 5507 del 13/09/2019, dep. 12/02/2020, Coscarella e altri, Rv. 278409 – 01, non mass. sul punto, si veda pag. 15).
Inoltre, ad ulteriore conferma di quanto fin qui sostenuto, va rilevato che con memoria di replica la difesa ha sottolineato come alla denegata definitività della statuizione sulla confisca conseguirebbe l’azione di responsabilità nei suoi confronti da parte dell’attuale rappresentante della società Parco di Mileto, e come quindi sussista l’interesse concreto ed attuale del ricorrente a percorrere la via dell’impugnazione al fine di ottenere la revoca del provvedimento ablativo.
D’altra parte, anche le pronunce che hanno esaminato, specularmente, la sussistenza dell’interesse concreto all’impugnazione in capo al pubblico ministero, hanno sempre ritenuto sussistente tale interesse, anche anteriormente all’entrata in vigore dell’art. 578 bis c.p.p., a fronte di una riconoscibile prospettazione esterna, rappresentata dalla possibilità di disporre la confisca urbanistica, anche nel caso in cui il reato si fosse nel frattempo prescritto, proprio in quanto consentita la valutazione di sussistenza della lottizzazione nel caso in cui fosse stata accertata con condanna in primo grado (così Sez. 3, n. 5509 del 2020, cit.).
- Occorre a questo punto esaminare la seconda parte del motivo di ricorso devoluto a questa Corte quale violazione di legge, in riferimento alla omessa pronuncia circa la invocata revoca della misura ablativa, la quale avrebbe dovuto essere disposta dai giudici di appello, nel rispetto dei principi che governano la materia, ciò in quanto il Tribunale non avrebbe dovuto accertare i presupposti di fatto del reato di lottizzazione, in quanto, essendo maturata la prescrizione in data anteriore alla pronuncia di primo grado, avrebbe dovuto emettere sentenza di proscioglimento per tale causa ex art. 129 c.p.p., comma 1.
Ciò in forza del consolidato orientamento che ritiene che sussiste in capo al giudice di pronunciare con immediatezza la declaratoria delle cause di non punibilità (tra le quali la estinzione del reato), nel momento in cui le stesse si realizzano ed indipendentemente da quello che sia “lo stato e il grado del processo” la sentenza di proscioglimento (cfr., Sez. 1, n. 33129 del 06/07/2004, Confl. comp. in proc. Bevilacqua, Rv. 229387; Sez. 5, n. 12174 del 18/02/2002, Vitale, Rv. 221392).
4.1. Come è noto, infatti, la giurisprudenza di legittimità, con la sentenza delle Sezioni Unite n. 13539/2020, Perroni, ha chiarito che la confisca di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, può essere disposta anche in presenza della causa estintiva di prescrizione del reato purchè sia stata accertata la sussistenza della lottizzazione abusiva sotto il profilo oggettivo e soggettivo, nell’ambito di un giudizio che abbia assicurato il contraddittorio e la più ampia partecipazione degli interessati, fermo restando che, una volta intervenuta detta causa, il giudizio non può, in applicazione dell’art. 129 c.p.p., comma 1, proseguire al solo fine di compiere il citato accertamento.
La menzionata decisione del Supremo Consesso ha analizzato ampiamente (par. 7.2) i rapporti tra l’applicazione dell’art. 129 c.p.p. e la confisca urbanistica ed ha preso con nettezza le distanze da un orientamento che si era sviluppato sul punto, con il quale si sosteneva la permanenza dell’obbligo del giudice di primo grado, anche nel caso in cui il reato fosse estinto per intervenuta prescrizione, di accertare comunque i profili oggettivi e soggettivi della lottizzazione abusiva (in tal senso, Sez.3, n. 2292 del 25/10/2019, dep. 22/01/2020, Romano, non mass.; Sez. 3, n. 31282, del 27/3/2019, Grieco, Rv. 277167; Sez. 3, n. 43630 del 25/06/2018, Tammaro, Rv. 274196; Sez. 3, n. 53692 del 13/07/2017, Martino, Rv. 272791).
Le Sezioni Unite hanno invece riaffermato la valenza, rispondente a principi di ordine costituzionale, dell’obbligo di immediata declaratoria della causa di estinzione del reato, obbligo per il giudice stabilito dall’art. 129 c.p.p., comma 1, unicamente derogabile “in melius, dal comma 2 della stessa norma e, in peius, nel senso, cioè, di consentire ugualmente la prosecuzione del processo ai fini dell’adozione di provvedimenti lato sensu sanzionatori, solo in presenza di norme che espressamente statuiscano in tal senso” ed hanno escluso espressamente che sia possibile interpretare l’art. 44 del TU edilizia nel senso che tale disposizione imponga un obbligo di compiere l’accertamento della lottizzazione illecita, quando la prescrizione sia già maturata (pag. 19).
Specificamente nel paragrafo 7.6. della sentenza Perroni (pag. 23) è stato sottolineato che “il principio di adozione in via immediata del proscioglimento (in esso compreso quello dovuto ad estinzione del reato) va dunque riaffermato, sicchè il giudice di primo grado potrà disporre la confisca solo ove, anteriormente al momento di maturazione della prescrizione, sia stato comunque già accertato, nel contraddittorio delle parti, il fatto di lottizzazione nelle sue componenti oggettive e soggettive”.
4.2. Tale principio è, del resto, conforme a quanto affermato dalla pronuncia della Grande Camera della Corte EDU del 28 giugno 2018, G.I.E.M. S.r.l. contro Italia, che, pur non rilevando ostacoli all’adozione di una confisca urbanistica pure in caso di declaratoria di estinzione per prescrizione del relativo reato, ha ribadito la natura sanzionatoria della misura ablatoria.
Di conseguenza ritiene questo Collegio inevitabile l’applicazione dei principi indicati sin dalla sentenza delle Sezioni Unite, n. 31617 del 26/06/2016, Lucci, Rv. 264434 – 01, che, proprio sul presupposto della natura sanzionatoria della confisca di cui all’art. 240 c.p., comma 2, n. 1, ha affermato che il giudice, nel dichiarare l’estinzione del reato per prescrizione, può disporre la confisca del prezzo o del profitto del reato a norma dell’art. 240, comma 2, n. 1, cit., a condizione che vi sia stata una pronuncia di condanna e che l’accertamento relativo alla sussistenza del reato, alla penale responsabilità dell’imputato ed alla qualificazione del bene da confiscare (come prezzo o profitto) rimanga inalterato nel merito nei successivi gradi di giudizio.
Risulta all’evidenza che solo l’esistenza di una pronuncia di condanna, quanto meno in primo grado, rappresenta il requisito indispensabile per disporre la confisca e per eventualmente proseguire il giudizio nei successivi gradi di impugnazione, anche a tale limitato fine, nonostante l’intervenuta prescrizione del reato.
- Passando quindi a verificare se, nel caso di specie, alla luce di tali principi giurisprudenziali può dirsi correttamente applicato nel corso del giudizio di primo grado il disposto dell’art. 129 c.p.p., occorre analizzare l’iter procedimentale, che va considerato tenuto conto del decorso dei termini di prescrizione, il cui termine iniziale decorre dal momento di consumazione del reato di lottizzazione come ascritto o come accertato nel corso dell’istruttoria dibattimentale.
A tale proposito, va osservato che il giudice di prime cure ha accertato, in fatto, (pagg. 22-23 della sentenza di primo grado) che non sussisteva la prova che vi fosse stata prosecuzione della condotta di abusiva lottizzazione, oggetto di contestazione, successivamente alla sospensione dei lavori disposta con ordinanza n. 12 del (OMISSIS), notificata agli interessati in data 22 maggio 2012, con conseguente erroneità dell’indicazione del tempus commissi delicti contenuta nel capo di imputazione (sino al (OMISSIS)), indicazione che era stata ancorata alla data di deposito della relazione del consulente tecnico della pubblica accusa.
Pertanto il Tribunale, nell’emettere la sentenza all’esito della Camera di consiglio del 29 maggio 2017, ha ritenuto che il termine finale di prescrizione fosse spirato definitivamente in data 22 maggio 2017.
Orbene, in tale data l’istruttoria dibattimentale non era conclusa e di conseguenza non si era realizzato il pieno contraddittorio sulle prove acquisite ed alcune ancora da acquisire.
Difatti, dall’esame dei verbali del dibattimento di primo grado – che questa Corte è legittimata a verificare dovendo verificare l’applicazione della disposizione di cui all’art. 129 c.p.p., nella relativa fase processuale – emerge che all’udienza del 30 gennaio 2017 si dava atto della produzione di documentazione da parte del pubblico ministerio, si procedeva all’esame del coimputato C.A. ed il Tribunale rinviava per la prosecuzione dell’istruzione dibattimentale e successiva discussione all’udienza del 29 maggio 2017.
In tale udienza gli avvocati difensori di C. e V.G. producevano documentazione, il PM produceva del pari altra documentazione e si procedeva all’esame del consulente tecnico della difesa, Arch. P. all’esame dell’imputato V.G. ed infine, dichiarata chiusa l’istruttoria dibattimentale, si procedeva alla discussione ed alla successiva deliberazione.
Pertanto alla data individuata dal giudice quale data di prescrizione del reato il dibattimento non era affatto stato chiuso, nonostante quanto diversamente affermato nella sentenza di primo grado. Nè può avere alcuna rilevanza il fatto che la sentenza del Tribunale sia stata emessa in epoca antecedente all’arresto delle Sezioni Unite, ed anche alla pronuncia della Corte EDU, anche se è comprensibile la ragione per la quale il Tribunale aveva assunto la propria decisione aderendo al diverso orientamento che considerava pienamente legittima la prosecuzione del giudizio in tali casi ai fini della confisca.
5.1. Va infatti riaffermato il principio che l’accertamento sostanziale richiesto ai fini dell’irrogazione della misura ablativa, pur in presenza di una intervenuta causa estintiva del reato, deve necessariamente coincidere con l’esame, svolto nel contraddittorio, del compendio probatorio presente agli atti al momento della chiusura formale del dibattimento, intesa quale fase processuale che si pone all’esito dello svolgimento di un’attività istruttoria piena ed esaustiva.
Quindi, alla luce dei principi affermati dalla giurisprudenza sopra ricordata, questo Collegio rileva che, per effetto del maturarsi della prescrizione del reato in data 22 maggio 2017, prima cioè della conclusione dell’istruttoria dibattimentale essendosi il pieno contraddittorio sulle prove svolto all’udienza del 29 maggio 2017 mediante l’esame dibattimentale del CT della difesa e quello dell’imputato e l’acquisizione di documenti, quando il reato doveva considerarsi già estinto – in coincidenza con tale momento deve considerarsi anche sorto l’obbligo dell’immediato proscioglimento ex art. 129 c.p.p., comma 1, avendo il giudice di merito motivato in ordine alla insussistenza di elementi fondanti con evidenza il proscioglimento nel merito (cfr. Sez. U., n. 35490 del 28/05/2009, Tettamanti, Rv. 244274-01), senza che risulti legittimo ritenere validamente disposta la confisca, all’esito della valutazione nel merito dell’intero compendio probatorio, che è stato però completato dopo il momento estintivo del reato di lottizzazione abusiva, ossia successivamente allo spirare del termine di prescrizione.
D’altra, parte nella motivazione della pronuncia delle Sezioni Unite appena richiamata è stato precisato che la disposizione dell’art. 129 c.p.p., opera con carattere di pregiudizialità nel corso dell’intero iter processuale ed ha la funzione di interrompere definitivamente, allorchè emerga una causa di non punibilità, qualsiasi ulteriore attività processuale e di concludere immediatamente il giudizio, anche se fondato su elementi incompleti ai fini di un compiuto accertamento della verità da un punto di vista storico.
In conseguenza della fondatezza di tale motivo si deve, perciò procedere all’annullamento della impugnata decisione limitatamente alla disposta confisca, che va disposto senza rinvio con la revoca di tale statuizione, potendo questa Corte definire il giudizio in forza del disposto di cui all’art. 620 c.p.p., comma 1, lett. l), anche nel rispetto del principio di economia processuale.
- Quanto, infine, all’invocato proscioglimento nel merito ex art. 129 c.p.p., comma 2, contenuto nel ricorso, all’evidenza tale doglianza risulta inammissibile.
Infatti, in presenza di una causa di estinzione del reato, non sono rilevabili in sede di legittimità vizi di motivazione del provvedimento gravato così come una violazione di legge comportante una nullità di ordine generale, in quanto il giudice del rinvio avrebbe comunque l’obbligo di procedere immediatamente alla declaratoria della causa estintiva (così, Sez. U, n. 35490 del 28/05/2009, Tettamanti, Rv. 244275 – 01).
È stato precisato che nel giudizio di cassazione, l’obbligo di dichiarare una più favorevole causa di proscioglimento ex art. 129 c.p.p., ove risulti l’esistenza della causa estintiva della prescrizione, opera nei limiti del controllo del provvedimento impugnato, in conformità ai limiti di deducibilità del vizio di motivazione, la quale, a norma dell’art. 606 c.p.p., deve risultare dal testo del provvedimento impugnato (cfr. Sez. 6, n. 48461 del 28/11/2013, Fontana, Rv. 258169 – 01, ed anche Sez. 1, n. 35627 del 18/04/2012, P.G. in proc. Amurri e altri, Rv. 253458 – 01; Sez. 6, n. 27944 del 12/06/2008, Capuzzo, Rv. 240955 -01), in quanto gli elementi da cui potere ricavare l’inesistenza del fatto ascritto o la sua irrilevanza penale, ovvero la non commissione dello stesso da parte dell’imputato, devono emergere dagli atti in modo assolutamente non contestabile, con la conseguenza che la valutazione richiesta alla Cassazione attiene più al concetto di constatazione che non a quello di apprezzamento.
Risulta perciò del tutto immune da vizi la sentenza impugnata laddove ha ritenuto che le argomentazioni esposte nella motivazione della sentenza di primo grado fossero idonee ad escludere la possibilità di un proscioglimento nel merito ex art. 129 c.p.p., comma 2.
In conclusione, quindi, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio limitatamente alla confisca, statuizione che deve essere eliminata, mentre il ricorso del V.G. va dichiarato nel resto inammissibile.