Consiglio di Stato, Sezione VI – sentenza 19 luglio 2024, n. 6511
PRINCIPIO DI DIRITTO
Secondo giurisprudenza consolidata “in presenza di manufatti abusivi non sanati né condonati, gli interventi ulteriori (pur se riconducibili, nella loro oggettività, alle categorie della manutenzione straordinaria, della ristrutturazione o della costruzione di opere costituenti pertinenze urbanistiche), ripetono le caratteristiche d’illiceità dell’opera abusiva cui ineriscono strutturalmente, giacché la presentazione della domanda di condono non autorizza l’interessato a completare ad libitum e men che mai a trasformare o ampliare i manufatti oggetto di siffatta richiesta, stante la permanenza dell’illecito fino alla sanatoria” (cfr. Cons. Stato, sez. VI, n. 2171/2022).
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
1.Il Comune di […] con plurimi provvedimenti in data 9 agosto 2018 e 9 ottobre 2018, ha inibito, ai sensi dell’art. 19, comma 3, della legge n. 241 del 1990, la realizzazione degli interventi oggetto di plurime SCIA inoltrate dagli interessati. Con il ricorso introduttivo del giudizio e successivi motivi aggiunti proposti dinanzi al Tar della Campania, gli interessati hanno impugnato tali atti.
Il Tar della Campania, Sezione Seconda, con la sentenza n. 5486 dell’11 agosto 2021, ha dichiarato inammissibili il ricorso ed i motivi aggiunti nella parte in cui hanno ad oggetto il provvedimento del 9 agosto 2018 nonché le relative relazioni istruttorie ed hanno accolto per il resto il gravame e, per l’effetto, hanno annullato il provvedimento.
Il Comune di […] ha proposto appello articolato in diversi motivi:
Error in procedendo e judicando (violazione e distorta applicazione dell’art. 41 c.p.a. in relazione all’art. 43 c.p.a.). Erroneità. Sviamento. Difetto del presupposto. Contraddittorietà. Omesso esame di un punto decisivo ai fini dell’inammissibilità dei motivi aggiunti.
Il giudice di prime cure avrebbe dovuto estendere la declaratoria di inammissibilità anche ai sedicenti motivi aggiunti, ovvero all’interpello rubricato “Ulteriori motivi di ricorso”, notificato in data 7 dicembre 2018 e depositato in data 17 dicembre 2018, avente ad oggetto l’impugnazione della seconda SCIA, culminata nel secondo provvedimento di diniego del 9 ottobre 2018, per violazione del principio di consumazione del potere di impugnazione, in quanto nel ricorso introduttivo del giudizio era stata dedotta genericamente l’illegittimità derivata.
Error in judicando (violazione e distorta applicazione degli artt. 19, comma 3, L. 241 del 1990 in relazione agli artt. 11 e 22 d.P.R. n. 380 del 2001). Erroneità. Travisamento. Sviamento. Motivazione erronea e contraddittorietà su un punto decisivo della controversia. Abbaglio dei sensi.
L’atto notarile di divisione, rogato il 25 luglio 2017, confermerebbe che gli appellati non possono essere considerati proprietari dell’area in questione, di mq […], di cui al foglio […], in relazione a quanto affermato a pag. […]del detto atto notarile.
Il Tar, pertanto, avrebbe errato nel ritenere sussistente la legittimazione attiva degli appellati, sul falso presupposto della teorizzata proprietà esclusiva degli stessi dell’area sulla quale sono state presentate le due SCIA oggetto del ricorso.
Né la proprietà potrebbe essere desunta dagli atti espropriativi del 1932 e del 1973 o dalla perizia tecnica del 13 ottobre 2017. Militerebbe in tal senso anche la sentenza del Consiglio di Stato n. 1338 del 2020 che, nel respingere l’appello avverso il diniego di accesso proposto dagli appellati, ha statuito che: “l’appello in epigrafe è infondato e deve essere rigettato, in relazione all’assorbente rilievo che l’istanza di accesso ha carattere esplorativo e mira a sovvertire l’onere della prova, non competendo all’amministrazione di fornire la prova negativa in ordine alla condizione non proprietaria dell’immobile oggetto di un intervento edilizio, sebbene, e precipuamente, a chi se ne affermi proprietario o comunque titolare di diritti che ne consentano l’utilizzazione edilizia di dimostrare i relativi titoli; nel caso di specie, peraltro, l’Amministrazione non ha affermato di essere né si è dichiarata proprietaria dell’area, avendo solo rilevato la carente documentazione in ordine alla titolarità rivendicata dagli interessati, che compete ai medesimi dimostrare mediante pertinenti titoli giuridici”.[…]
Error in judicando (violazione e distorta applicazione dell’art. 19, comma 3, L. n. 241 del 1990 in relazione all’art. 22 d.P.R. n. 380 del 2001). Motivazione erronea, contraddittoria e sviata.
Non sarebbe applicabile il regime della DIA a manufatti abusivi non sanati né condonati, per cui la presentazione di un’istanza di sanatoria non autorizzerebbe l’interessato a completare né tantomeno a trasformare o ampliare i manufatti oggetto della richiesta, i quali, fino al momento dell’eventuale rilascio della sanatoria, restano comunque abusivi. […]
I signori […] hanno analiticamente contestato la fondatezza delle doglianze proposte, concludendo per il rigetto dell’appello; gli appellati hanno altresì riproposto i motivi di gravame formulati in primo grado e rimasti assorbiti nella sentenza appellata.
Le parti hanno depositato altre memorie a sostegno ed illustrazione delle rispettive difese.
2[…]3[..]4 […]
- L’appello proposto dal Comune […] è fondato, per quanto di seguito specificato, e va di conseguenza accolto.
- […]
- Il primo motivo di appello è infondato.
I ricorrenti di primo grado hanno proposto motivi aggiunti cc.dd. propri avverso il provvedimento comunale del 9 ottobre 2018, proponendo ulteriori doglianze, rispetto a quelle di illegittimità derivata formulate con il ricorso introduttivo del giudizio, entro il termine di decadenza di sessanta giorni dalla notifica del provvedimento censurato, il che è senz’altro ammissibile.
In altri termini, i ricorrenti hanno proposto dinanzi al Tar, nel rispetto del termine decadenziale di sessanta giorni dalla piena conoscenza dell’atto impugnato, motivi ulteriori rispetto a quelli proposti con il ricorso introduttivo del giudizio e ciò è pienamente compatibile con le previsioni normative di carattere processuale e con la logica del sistema impugnatorio.
- Parimenti infondato è il secondo motivo di appello.
Il motivo è infondato non già perché possa dubitarsi che i titoli edilizi possano essere rilasciati al proprietario o richiesti dal proprietario dell’immobile o da chi abbia titolo per la richiesta, come emerge, oltre che da un’esegesi sistemica del corpus normativo in materia edilizia, per il quale non può essere attribuito un titolo a chi non ha legittimazione sul bene oggetto del titolo stesso, da quanto specificamente indicato nell’art. 11, comma 1, del d.P.R. n. 380 del 2001, riferito al permesso di costruire.
Nemmeno può essere posto in dubbio che l’onere della prova della legittimazione alla presentazione della SCIA o alla richiesta dell’atto gravi interamente sulla parte interessata e non sull’Amministrazione comunale, che, invece, ha il compito di verificare la sussistenza di un idoneo titolo di godimento sull’area.
Ancora, è indubbio che i documenti catastali non hanno valenza probatoria, ma meramente indiziaria, sicché la proprietà dell’immobile non può essere dimostrata con la produzione di certificati catastali.
La doglianza del Comune, tuttavia, si rivela infondata, perché i signori […] hanno allegato l’atto notarile di ricognizione di diritti immobiliari e di divisione, rogato dal notaio […] in data 13 luglio 2017, da cui risultano i soli proprietari dell’immobile posto al foglio 7, particella 880, subalterno 20, come risulta dalle pagg. 20 e 26 dell’atto notarile.
[…]
- Il terzo motivo di appello, invece, è fondato.
Il Comune di […], come in precedenza descritto, ha indicato al punto c) della motivazione dell’atto contestato, che “non è possibile realizzare con nuova S.C.I.A., ulteriori lavori su un’area in cui insistono opere realizzate in assenza e in difformità ai titoli abilitativi, ancor più, se per le stesse è in corso l’istruttoria di accertamento di conformità ai sensi dell’art. 37 del D.P.R. n. 380/2001, presentato dagli istanti e indicato al punto 13 della premessa”.
Il punto 13 della premessa indica che, in data 10 settembre 2018, è stata presentata dai signori […] SCIA a sanatoria dell’intervento realizzato in data 17 aprile 2017 conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione, sia al momento della presentazione della segnalazione (DPR n. 380/2001, articolo 37, comma 4, pinto 41 della Sezione II – Edilizia – della tabella A del d.lgs. 22/2016), per la regolarizzazione del posizionamento della scaletta esterna e della pavimentazione dell’area individuata al sub 20, nonché del muro posto ad ovest della stessa area.
La presentazione di un’istanza di sanatoria non legittima l’interessato a porre in essere ulteriori opere in relazione a quelle oggetto della richiesta, sicché le nuove opere ripetono la stessa qualifica di abusività delle opere per le quali è stata presentata l’istanza di sanatoria, nelle more della conclusione del relativo procedimento.
La presentazione della domanda di sanatoria (così come, a maggior ragione, quella di condono), quindi, non autorizza l’interessato a completare, né tantomeno a trasformare o ampliare i manufatti oggetto della richiesta i quali, fino al momento dell’eventuale concessione del provvedimento favorevole, restano comunque abusivi al pari degli ulteriori interventi realizzati sugli stessi (cfr., ex multis, Cons. Stato, VI, n. 2645 del 24 aprile 2022).
Secondo giurisprudenza consolidata (cfr. Cons. Stato, sez. VI, n. 2171/2022), in altri termini, “in presenza di manufatti abusivi non sanati né condonati, gli interventi ulteriori (pur se riconducibili, nella loro oggettività, alle categorie della manutenzione straordinaria, della ristrutturazione o della costruzione di opere costituenti pertinenze urbanistiche), ripetono le caratteristiche d’illiceità dell’opera abusiva cui ineriscono strutturalmente, giacché la presentazione della domanda di condono non autorizza l’interessato a completare ad libitum e men che mai a trasformare o ampliare i manufatti oggetto di siffatta richiesta, stante la permanenza dell’illecito fino alla sanatoria”.
Tale principio, come evidenziato, riguarda non solo l’ipotesi di presentazione di una domanda di condono, ma anche l’ipotesi di presentazione di una domanda di sanatoria.
Ora, è vero che l’istanza di sanatoria in data 10 settembre 2018, come prima evidenziato, ha riguardato solo specifiche opere realizzate, ma è altrettanto vero che le opere in discorso, di cui al provvedimento di diffida del 9 ottobre 2018, (realizzazione di porzione di muro di recinzione e installazione cancello scorrevole carrabile) possono e devono essere valutate unitariamente alle prime, sicché ripetono il loro carattere abusivo sino alla eventualmente favorevole definizione del procedimento di sanatoria.
La circostanza che il procedimento di accertamento di conformità ai sensi dell’art. 37 del d.P.R. n. 380 del 2001 possa essersi perfezionato con il versamento della sanzione pecuniaria o, ove del caso, con il silenzio assenso, si rivela un assunto indimostrato.
[…]
Il Comune di […], pertanto, in base al principio tempus regit actum, ha correttamente accertato la carenza dei requisiti e presupposti di cui al comma 1 dell’art. 19 della legge n. 241 del 1990 per l’adozione dei conseguenti provvedimenti ai sensi del successivo terzo comma.
- L’appello, in definitiva – anche in ragione della non persuasività dei motivi riproposti in appello di signori […], sostanzialmente reiterativi di argomentazioni già oggetto di trattazione e di cui si è anche dato conto nel precedente capo della presente sentenza – si rivela fondato e ciò consente di prescindere dall’esame dell’ultimo motivo di appello, in quanto deve essere condivisa l’affermazione del Comune, secondo cui, in presenza di un provvedimento plurimotivato, vale a dire fondato su una pluralità di motivi autonomi, è sufficiente che almeno uno di essi sia in grado di sorreggere per intero l’atto stesso.
- Di conseguenza, l’appello deve essere accolto e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata – ferma l’inammissibilità dell’altra parte del ricorso di primo grado, che non ha costituito oggetto del presente giudizio di appello – deve essere respinta l’azione di annullamento del provvedimento del Comune di Casalnuovo di Napoli prot. 41948 del 9 ottobre 2018 proposta in primo grado dai signori […].
- Va da sé che, in relazione alle molteplici specificazioni e puntualizzazioni delle doglianze contenute nel ricorso in appello, nei motivi riproposti dagli appellati ai sensi dell’art. 101, comma 2, c.p.a., e nelle successive memorie, il Collegio ha preso in considerazione, nella motivazione della presente sentenza, solo quelle ritenute astrattamente rilevanti ai fini della definizione del giudizio, per cui i profili eventualmente non menzionati si intendono ritenuti privi di sostanziale ed effettivo interesse.[…]
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