Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 4 settembre 2024, n. 7382
PRINCIPIO DI DIRITTO
“Lo strumento di pianificazione generale contiene scelte inerenti all’organizzazione edilizia del territorio da riguardarsi non soltanto nel suo aspetto statico (la possibilità e la quantità di costruire edifici) ma anche nel suo aspetto più dinamico, qual è il possibile sviluppo del territorio dal punto di vista socio-economico. Per tale ragione costituisce estrinsecazione di un potere, quello pianificatorio, connotato da ampia discrezionalità al punto che il sindacato del giudice ammnistrativo non può –come detto- estendersi alle valutazioni di merito, salvo che risultino inficiate da errori di fatto o abnormi illogicità, irragionevolezze e/o insufficienze motivazionali, ovvero che, per quanto riguarda la destinazione di specifiche aree, risultino confliggenti con particolari situazioni che abbiano ingenerato affidamenti e aspettative qualificate.”
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
1 – L’appellante è proprietario di una serie di terreni siti nel Comune di …, loc. Pedemonte, che il P.R.G. approvato nel 1981 faceva ricadere in zona “C6 – aree di espansione residenziale intensiva Pedemonte”, con indice di edificabilità pari a 0,40 mc/mq, mentre l’impugnata variante al P.R.G. li classifica in parte (per 9.000 mq) in zona “C2 – insediamenti miti residenziali e agricoli” e in altra parte (per 6.000 mq) in zona “E2 – aree boschive e prative”, dove l’indice di densità fondiaria è, rispettivamente, di 0,06 mc/mq e di 0,01 mc/mq.
2 – riducendo drasticamente la potenzialità edificatoria degli appezzamenti di terreno. 2 – Giudicando la scelta pianificatoria ingiustamente e immotivatamente lesiva delle sue facoltà dominicali, il sig. … ha presentato osservazioni al progetto di piano regolatore generale, pretendendo l’inclusione dei suoi lotti in zona C1, ove l’indice di fabbricabilità è pari a 0,30 mc/mq, ovvero, in subordine, l’estensione ai suoi mappali del regime urbanistico edilizio vigente in zona C2. In quella sede ha inoltre rappresentato come la soluzione pianificatoria da lui proposta non fosse dettata soltanto da meri interessi egoistici ma avrebbe altresì assicurato, nell’interesse della comunità cittadina, prospettive di sviluppo urbanistico di quella porzione di territorio comunale che si espande sulla sponda sinistra del torrente Secca: difatti, acconsentendo a un incremento dell’indice edilizio, gli enti territoriali avrebbero reso possibile la realizzazione di reti viarie e il potenziamento dei servizi esistenti su aree attualmente carenti di adeguate opere di urbanizzazione e difficilmente accessibili, col fine ultimo di riequilibrare il differente sviluppo dell’assetto insediativo delle aree collocate sulle due sponde del fiume. Tuttavia né il Comune né la Regione hanno ritenuto persuasive le obiezioni mosse alla variante urbanistica e, al contrario, nell’esercizio del potere attribuitole dall’art. 10 della l. n. 1150/1942, le previsioni urbanistiche così come concepite dal Comune sono state modificate dalla Regione Liguria in senso a lui sfavorevole in accoglimento dei suggerimenti formulati dal Comitato Tecnico Urbanistico cosicché rispetto al previgente PRG, secondo cui avrebbe potuto costruire edifici per complessivi 6.000 mc, ad oggi la volumetria realizzabile non potrebbe eccedere i 330 mc a fronte di una superficie totale di 15.000 mq.
3 – L’odierno appellante ha quindi agito davanti al TAR per l’annullamento, in parte qua, del decreto della giunta regionale 13 luglio 1999 n. 181, avente ad oggetto l’approvazione della Variante integrale al vigente P.R.G., laddove, in particolare, rigetta – si afferma del tutto immotivatamente – le osservazioni presentate dall’interessato ex art. 9 L. n. 1150/1942; e muta illegittimamente la disciplina urbanistica adottata ed oggetto di pubblicazione, nonché per l’annullamento di ogni atto precedente e/o presupposto, conseguente e/o connesso; e segnatamente, in parte qua, della deliberazione di adozione 12 aprile 1996, n. 25, delle deliberazioni di controdeduzione 29 ottobre 1997, n. 65 – 5 giugno 1998, n. 33 – 4 agosto 1998, n. 44, del voto del C.T.U. regionale n. 768 del 4 maggio 1999 e della conseguente deliberazione 16 dicembre 1999, n. 73 di “accettazione integrale delle prescrizioni regionali alla Variante Generale del P.R.G.”.
4 – Disattesa l’eccezione di tardività del ricorso (notificato il 28.1.2000) proposto per l’annullamento del D.P.G.R. 13.7.1999 n. 181, risultando adottato nel novembre 1999 un atto integrativo della Variante al P.R.G., il TAR ha respinto l’impugnazione con la sentenza appellata.
4.1 – Innanzitutto il TAR ha rigettato la censura con cui venivano lamentati la violazione degli artt. 9 e 10 della l. n. 1150/1942 con riferimento all’art. 49 delle norme di attuazione del Piano Territoriale di Coordinamento Paesistico regionale (recante la disciplina degli insediamenti sparsi in regime normativo di mantenimento – IS MA), il difetto di istruttoria e il vizio di motivazione. In sintesi, il ricorrente si doleva del fatto che la Regione, imponendo al Comune la riconduzione in zona E1 delle “zone C2 o parti di esse ricadenti in ambito IS MA”, si era illegittimamente surrogata all’ente locale e che questo atteggiamento di sovrapposizione da parte della Regione neppure sarebbe stato giustificabile attraverso il richiamo all’art. 49 delle norme di attuazione al P.C.T.P., visto che tale disposizione ammette pur sempre una modesta possibilità di edificare le aree IS MA, invece annientata dall’impugnato D.P.G.R. n. 181/1999. Inoltre, la Regione avrebbe stravolto il progetto di piano originariamente concepito dal Comune al punto da violare la riserva comunale di pianificazione urbanistica. Il TAR ha, però, replicato come il Comune non fosse stato affatto costretto a recepire integralmente le prescrizioni regionali, avendo piuttosto esercitato una facoltà che l’art. 10 della l. n. 1150/1942, così come da sempre interpretato, gli riconosce. Fermo restando che le modifiche al progetto di piano apportate dalla Regione sarebbero state indispensabili al fine di coordinare il P.R.G. con il sovraordinato P.C.T.P. ai sensi dell’art. 10, l. 1150/1942 e che la redistribuzione dell’indice di fabbricazione non avrebbe né del tutto annichilito il ius aedificandi del ricorrente né snaturato l’originario disegno pianificatorio comunale, potendo comunque l’appellante costruire sopra la zona C2 volumi pari a 0,03 mc ogni mq.
4.2. Il TAR ha poi respinto il secondo motivo di ricorso, con il quale si è censurata l’illegittimità del D.P.G.R. n. 181/1999 nella parte in cui ha disatteso le osservazioni del proprietario per il fatto che fossero già state prese in considerazione e respinte dal Comune, senza pertanto aggiungere alcuna propria valutazione alle controdeduzioni comunali. Neppure questa censura ha persuaso il TAR, che ha condiviso la tesi comunale per cui alla Regione sarebbe precluso riesaminare e respingere osservazioni procedimentali condivise dal Comune, mentre non potrebbe soverchiare le controdeduzioni comunali che quelle osservazioni hanno respinto.
4.3. Il TAR ha anche respinto il terzo motivo di ricorso, volto a far valere la violazione degli artt. 9 e 10 della l. n. 1150/1942, l’illogicità e ingiustizia, la disparità di trattamento e il difetto di istruttoria e motivazione, per avere la Regione immotivatamente classificato in modo più vantaggioso altre aree nonostante la contiguità a quelle di proprietà dell’interessato e altrettanto immotivatamente trascurato gli apporti collaborativi forniti dall’interessato. Nemmeno questi profili di illegittimità hanno, infatti, convinto il TAR, dato che il ricorrente non avrebbe identificato le zone favorite dalla variante al PRG, considerato che per rigettare le osservazioni dei privati è sufficiente all’amministrazione dedurre la coerenza del disegno pianificatorio senza fornire ulteriori e più approfonditi chiarimenti sulle scelte di governo del territorio.
4.4. Infine il TAR ha rigettato il quarto motivo di ricorso, che denuncia la mancata acquisizione del parere della ASL competente per territorio, rilevando come la norma che ne prevedeva l’acquisizione (l’art. 52 della L. R. 8.8.1994 n. 42) non fosse più in vigore all’epoca dell’adozione dei provvedimenti impugnati.
5 – Con l’appello in epigrafe viene lamentato che la Regione si sia avvalsa del potere di modifica del progetto di PRG, attribuitole dall’art. 10 della l. n. 1150/1942, oltre i limiti previsti e senza neppure motivare il non accoglimento delle proprie osservazioni. Inoltre i terreni di proprietà di terzi contigui a quelli di sua proprietà avrebbero beneficiato di un trattamento più favorevole.
6 – In particolare l’appello in epigrafe è affidato ai seguenti motivi: I) “Erroneità della sentenza impugnata per violazione e/o falsa applicazione degli artt. 9 e 10 della L. 17 agosto 1942, n. 1150, anche in relazione all’art. 49, N.D.A. del P.T.C.P. della Regione Liguria, approvato con deliberazione C.R. 26 febbraio 1990, n. 6. Difetto di motivazione (ex art. 3 della L. n. 241/90) Illogicità. Travisamento di atti decisivi”; II) “Erroneità della sentenza per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 10 L. 17 agosto 1942, n. 1150. Difetto di motivazione. Illogicità. Ingiustizia grave e manifesta”; III) “Erroneità della sentenza impugnata per violazione e/o falsa applicazione degli artt. 9 e 10 della L. 17 agosto 1942, n. 1150, sotto ulteriore profilo, anche in relazione all’art. 97 Costituzione. Illogicità. Manifesta disparità di trattamento. Ingiustizia grave e manifesta. Difetto di istruttoria e motivazione”.
7 – Con la memoria depositata il 3 maggio 2024, parte appellante ha avanzato istanza di rinvio ad altra data dell’udienza di discussione della causa perché in corso trattative precontrattuali con terzi finalizzate alla vendita dei suoi terreni interessati dai provvedimenti impugnati in questo giudizio, senza peraltro allegare una sopravvenuta carenza di interesse. La Regione Liguria si è costituita in giudizio con memoria di stile ed ha poi svolto le proprie difese con la memoria ex art. 73 c.p.a. tempestivamente depositata.
8 – L’appello è infondato: il potere di pianificazione territoriale è correlato ad un concetto di urbanistica che non è limitato alla disciplina coordinata della edificazione dei suoli (relativamente ai tipi di edilizia, distinti per finalità), ma è volto a perseguire obiettivi economico-sociali della comunità locale, ed è declinato su diversi piani territoriali per la necessità che ne venga garantito un armonico rapporto con gli analoghi interessi di altre comunità territoriali. In tale contesto, il sindacato giurisdizionale di legittimità sugli atti di pianificazione urbanistica non può, per costante orientamento della giurisprudenza, estendersi alle valutazioni di merito, salvo che risultino inficiate da errori di fatto o abnormi illogicità.
8.1 – In particolare, con il primo motivo di appello viene lamentato il fatto che la Regione si sia avvalsa del potere officioso di modifica del progetto di PRG, attribuitole dall’art. 10 della l. n. 1150/1942, oltre i limiti normativamente previsti. La Regione, piuttosto che una mera modifica del progetto di piano, avrebbe operato una sua vera e propria “innovazione sostanziale” e non casualmente il Comitato Tecnico Urbanistico avrebbe usato il termine “stralcio” delle zone C2 o parti di esse ricadenti in ambito IS MA.
8.1.1 – Avendo la Regione sovrapposto la propria volontà a quella comunale, avrebbe dovuto restituire all’ente locale il potere pianificatorio affinché formulasse rinnovate proposte di classificazione del territorio coerenti con le indicazioni regionali, poiché soltanto una mera modifica, non stravolgendo il disegno originario, avrebbe potuto consumare la discrezionalità del Comune nello scegliere le modalità di utilizzo del suo territorio.
8.1.2 – Trattandosi di un vero e proprio stralcio di disposizioni originariamente inserite nella variante allo strumento urbanistico generale, la Regione a maggior ragione avrebbe dovuto fornire una motivazione congrua, specifica e puntuale della propria diversa scelta di ridurre ulteriormente, rispetto a quanto già avesse fatto il Comune, la potenzialità edificatoria della zona.
8.1.3 – Peraltro la scelta di declassare ad ambiti territoriali a destinazione agricola le zone C2 o parti di esse ricadenti in ambito IS MA neppure parrebbe coerente con l’art. 49 delle norme di attuazione al P.C.T.P. che, al contrario, ammette sulle zone IS MA un “incremento della consistenza insediativa” e “l’aggiunta di nuove costruzioni” a carattere sparso, secondo un documento congiunto tra la Regione e la Soprintendenza per i beni ambientali ed architettonici della Liguria per l’interpretazione e l’applicazione delle norme del P.T.C.P.
8.1.4 – Quindi, incoerente rispetto alla recente storia dello sviluppo urbanistico dell’area C2 sarebbe la scelta di riclassificarla (unitamente ai mappali di proprietà del ricorrente) in zona E1, trattandosi in realtà di un ambito territoriale che da tempo ha perduto l’antica vocazione agricola per diventare una zona residenziale espansasi fino ai confini della città di Genova.
8.1.5 – La Regione Liguria, dal canto suo, non ritiene affatto di aver esorbitato dalle proprie competenze. Fa notare come lo “stralcio” proposto dal Comitato Tecnico Urbanistico e recepito dal decreto presidenziale di approvazione della variante integrale al P.R.G non abbia invero costituito un esercizio extra ordinem del potere regionale di copianificazione del territorio, quanto piuttosto una sua normale e ordinaria manifestazione culminata in una altrettanto usuale prescrizione officiosa di modifiche obbligatorie, indispensabili per coordinare le scelte comunali sull’uso del territorio con quelle già compendiate nel sovraordinato piano urbanistico sovraordinato (il PTCP).
8-1-6 – La proposta di “stralcio”, nella quale l’appellante avrebbe scorto la volontà di una modifica sostanziale, in realtà costituirebbe l’epilogo di una procedura formalmente corretta, e cioè quella per cui il CTU contesta una determinata qualificazione urbanistica di una o più comparti territoriali e, al contempo, individua il regime giuridico attrattivo.
8.1.7 – Muovendo dalla nota distinzione tra modifiche “obbligatorie”, “facoltative” e “concordate”, costantemente rintracciabile nelle sentenze che mettono a fuoco i rapporti Comuni-Regioni in sede di pianificazione territoriale, la Regione Liguria riconduce, non erroneamente, alla prima categoria le prescrizioni da essa dettate su input del CTU, poiché espressamente ritenute indispensabili per assicurare il rispetto delle previsioni del piano territoriale di coordinamento e la tutela del paesaggio. Stante la loro doverosità, ogni ulteriore contraddittorio con l’ente locale e i privati interessati, da attivare mediante ripubblicazione del Piano, sarebbe pertanto apparso superfluo (in tal senso Cons. St., sez. IV, 13.11.2020 n. 7027 e 7.12.2022 n. 10731).
8.1.8 – L’argomento viene efficacemente utilizzato dalla difesa regionale per sconfessare anche l’altro profilo critico paventato nel motivo di ricorso, ossia la carenza di motivazione a supporto della scelta di declassare i terreni di proprietà dell’appellante da C2 a E1.
8.1.9 – La Regione aggiunge poi due ulteriori considerazioni. Innanzitutto, data l’ampia discrezionalità che tradizionalmente connota il potere urbanistico, gli enti competenti non sarebbero onerati di motivare diffusamente le loro determinazioni di zonizzazione sia quando incidano sulla destinazione di una singola area, sia quando, a maggior ragione, interessino l’intero territorio o comunque la gran parte di esso. In quest’ultimo caso è sufficiente che il disegno complessivo di governo del territorio, non già le singole previsioni che lo compongono, appaia ragionevole. D’altronde, di fronte a un potere la cui finalità è proprio quella di adeguare costantemente un certo assetto territoriale alle mutevoli esigenze (abitative, produttive, sociali…) di una comunità di cittadini sarebbero difficilmente ipotizzabili affidamenti dei proprietari così robusti al punto che potrebbero riporre fiducia in una immutabile destinazione urbanistica impressa alle loro aree.
8.1.10 – In ogni caso, così come osservato dalla Regione, la struttura motivazionale del decreto presidenziale di approvazione della variante al P.R.G. è mutuabile dal Voto del CTU che puntualmente ha esaminato e preso posizione sulle numerose osservazioni procedimentali presentate dai privati.
8.1.11 – Il motivo d’appello è infondato. Il problema sul quale le parti chiamano il Collegio a prendere posizione è quello dell’inquadramento giuridico delle modifiche al progetto di piano regolatore apportate dall’ente regionale al momento dell’approvazione dello strumento urbanistico generale, perché solo entro certi limiti le modifiche comportano la necessità per il Comune di riavviare il procedimento di approvazione dello strumento, con conseguente ripubblicazione dello stesso.
8.1.12 – L’analisi deve muovere dalla constatazione che l’art. 10 della Legge urbanistica, riservando alla Regione il potere di approvazione del Piano urbanistico o di una sua variante apportando modifiche al progetto formulato dal Comune, in tanto ha un senso in quanto si ammetta che la pianificazione del territorio coinvolga interessi non essenzialmente locali, a tutela dei quali è, appunto, prevista una facoltà delle Regioni di dettare prescrizioni integrative.
8.1.13 – Riepilogando un granitico orientamento giurisprudenziale, il C.G.A. Sicilia, 30/01/2023, n. 111, ha ricordato che “il Piano regolatore generale comunale, così come qualsivoglia strumento urbanistico, discende infatti dalla concorrente ma autonoma valutazione di due diverse autorità, quali – per l’appunto – il Comune e la Regione e, nell’ambito del relativo procedimento, il ruolo del Comune è, in linea di principio, preponderante, in quanto ad esso spetta l’iniziativa e la formulazione di una compiuta proposta, mediante l’adozione del progetto di piano; alla Regione, invece, spetta non solo di negare l’approvazione, ma anche di approvare il piano apportandogli, entro certi limiti e condizioni, modifiche non accettate dal Comune, così come prevede la disciplina di principio contenuta dall’art. 10 della L. 17 agosto 1942 n. 1150 e successive modifiche (cfr. sul punto, ex plurimis, Cons. Stato, Sez. IV, 28 novembre 1994 n. 970)”. “Ciò, peraltro, risulta conforme all’art. 13, comma 1, del t.u. approvato con D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, laddove si dispone – sempre per quanto qui segnatamente interessa – che “spettano al Comune tutte le funzioni amministrative che riguardano … la popolazione ed il territorio comunale, precipuamente nei settori organici … dell’assetto ed utilizzazione del territorio e dello sviluppo economico …, salvo quanto non sia espressamente attribuito ad altri soggetti dalla legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze”. “In tale contesto, l’art. 10 della L. n. 1150 del 1942 e successive modifiche di per sé prevede che la Regione, all’atto dell’approvazione dello strumento urbanistico, può apportare a quest’ultimo le modifiche che non comportino sostanziali innovazioni, le modifiche conseguenti all’accoglimento di osservazioni presentate al piano ed accettate con deliberazione del Consiglio comunale, nonché le modifiche riconosciute indispensabili per assicurare il rispetto delle previsioni del piano territoriale regionale di coordinamento, la razionale sistemazione delle opere e degli impianti di interesse dello Stato, la tutela del paesaggio e dei complessi storici, monumentali, ambientali e archeologici, nonché l’adozione di standard urbanistici minimi”. “In tal senso, quindi, la giurisprudenza ha distinto le modifiche cc.dd. “obbligatorie” dello strumento urbanistico (e, cioè, quelle indispensabili per la tutela del territorio), modifiche cc.dd. “concordate” (ossia conseguenti all’accoglimento di osservazioni da parte della Regione) e modifiche cc.dd. “facoltative”, le quali ultime, ai sensi del medesimo art. 10 della L. n. 1150 del 1942 e successive modifiche, non possono incidere sulle caratteristiche essenziali del piano stesso e sui suoi criteri di impostazione (in terminis, Cons. Stato, Sez. IV, 3 marzo 2009 n. 1214)”. “Pertanto, la Regione, in sede di approvazione del piano regolatore generale, è dunque autorizzata a introdurre direttamente le modifiche e prescrizioni di cui alle lettere b), c) e d) dello stesso art. 10 L. n. 1150 del 1942 (ossia inerenti alla razionale e coordinata sistemazione delle opere e degli impianti di interesse dello Stato, alla tutela del paesaggio e di complessi storici, monumentali, ambientali ed archeologici; al rispetto delle ipotesi in cui è d’obbligo l’introduzione di una disciplina di pianificazione secondaria, ai limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza tra i fabbricati, nonché ai rapporti massimi tra spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, a verde pubblico o a parcheggi), senza alcuna facoltà di controdeduzioni per il Comune e, quindi, senza necessità di porre in essere una procedura ad hoc di adeguamento (ex plurimis, Cons. Stato, Sez. IV, 8 giugno 2009 n. 3518 e 1 ottobre 2007 n. 5043)”. “La giurisprudenza è, infatti, consolidata nell’affermare che “Alla regione è consentito, all’atto di approvazione dello strumento urbanistico, apportare modifiche allo stesso per assicurare il rispetto di altri strumenti di pianificazione regionali e per la tutela del paesaggio e dei complessi storici, monumentali, ambientali ed archeologici” (Cons. Stato, Sez. IV, 17 settembre 2013, n. 4614). Ed ancora: “l’intervento della Regione nel procedimento di approvazione dello strumento urbanistico o di una sua variante, volto ad ampliare le fasce di rispetto estendendo l’area degli effetti della tutela “puntiforme” del bene vincolato, in quanto espressione di un doveroso presidio del territorio…” (Cons. Stato Sez. II, 14 novembre 2019, n. 7839). È stato, altresì, riconosciuto che “le modifiche d’ufficio al Piano Regolatore Generale ex art. 10, comma 2, lett. e), della L. n. 1150 del 1942, sono sempre ammesse ai fini specifici della tutela del paesaggio e dell’ambiente in coerenza con l’interesse pubblico, sancito dalla legge, della salvaguardia delle caratteristiche ambientali del territorio e tale potere della Regione non soggiace al limite concernente il divieto di innovazioni sostanziali …” (questo Cons. giust. amm. Sicilia, 18 novembre 2009, n. 1098)”.
8.1.14 – Ritiene il Collegio di dover condividere la predetta tesi giurisprudenziale e quindi la tesi della Regione Liguria, dovendosi quindi confermare sul punto la sentenza impugnata laddove ha escluso che la Regione Liguria sia incorsa in un cattivo uso del potere, attribuitole dall’art. 10 della L. n. 1150/1942, o abbia reso oltremodo gravosa la possibilità, per il ricorrente, di edificazione dei propri suoli.
8.1.15 – Infatti l’ente regionale, allorché in accoglimento dei suggerimenti formulati dal Comitato Tecnico Urbanistico ha riclassificato d’ufficio in senso peggiorativo le aree nelle quali ricadono i terreni di proprietà del ricorrente, assegnando la destinazione a uso agricolo alle zone C2 o parti di esse ricadenti in ambito IS-MA del P.T.C.P., ha espressamente avuto di mira due obiettivi: la tutela del paesaggio contro una intensa urbanizzazione del territorio e il rispetto delle previsioni del piano territoriale di coordinamento. Pertanto, si tratta di modifiche obbligatorie ex art. 10, comma 2, lett. a) e c), L. n. 1150/1942. Una tale ricostruzione giuridica delle prescrizioni regionali è, del resto, agevolmente ritraibile dai provvedimenti impugnati: il D.P.G.R. n. 181/1999, nel passaggio in cui ha rammentato che “il suddetto Comitato ha espresso l’avviso che l’approvazione della variante integrale in argomento sia da subordinarsi all’accettazione da parte del Comune delle prescrizioni di modifica, indicate nel citato voto n. 768/1999, volte essenzialmente ad adeguare la stessa alle attitudini ed alle caratteristiche morfologiche dei luoghi…”. Nonché, ancora più esplicitamente la determinazione del CTU n. 768/1999, nella parte in cui giustifica la correzione delle scelte di programmazione territoriale compiute dal Comune avvertendo della necessità di “introdurre alcune modifiche alla zonizzazione ed alla normativa per addivenire alla approvazione del piano soprattutto al fine di meglio conformare le scelte alle indicazioni del PTCP, Si ritiene altresì che essendo tali modifiche non incidenti sull’impostazione del piano ed esattamente determinabili senza l’apporto collaborativo della Civica Amministrazione, le stesse possono essere introdotte quali prescrizioni – da accettarsi dalla Civica Amministrazione ai sensi e per gli effetti dell’art. 5 L.R. 9/1980”.
8.1.16 – Il logico corollario di detta impostazione è, dunque, la superfluità della paventata restituzione al Comune della potestà pianificatoria con conseguente ripubblicazione del piano. Invero “le modifiche allo strumento urbanistico introdotte d’ufficio dall’Amministrazione regionale, ai fini specifici della tutela del paesaggio e dell’ambiente, non comportano la necessità per il Comune interessato di riavviare il procedimento di approvazione dello strumento, con conseguente ripubblicazione dello stesso, inserendosi tali modifiche – in conformità a quanto stabilito dall’art. 10, secondo comma, lettera c), della L. n. 1150 del 1942 e dell’art. 16, decimo comma, della L.R. n. 56 del 1980 – nell’ambito di un unico procedimento di formazione progressiva del disegno relativo alla programmazione generale del territorio”; in ipotesi del genere “il carattere dovuto dell’intervento regionale rende superfluo l’apporto collaborativo del privato, superato e ricompreso nelle scelte pianificatorie operate in sede regionale e comunale…” (così Cons. Stato, Sez. II, 14/11/2019, n. 7839).
8.1.17 – In realtà di fronte a modifiche peggiorative della disciplina dell’area di proprietà introdotto in sede di approvazione dello strumento urbanistico sussisterebbe uno spazio per un rinnovato contraddittorio con i privati, che dovrebbero perciò essere richiamati a esprimersi sulle innovazioni apportate al piano allorquando attraverso esse si sia realizzata una “sua rielaborazione complessiva, cioè un mutamento delle sue caratteristiche essenziali e dei criteri che alla sua impostazione presiedono”, con la precisazione che “la giurisprudenza esclude che si possa parlare di rielaborazione complessiva quando del piano quando, in sede di approvazione, vengano introdotte modifiche che riguardano la disciplina di singole aree o singoli gruppi di aree”, cioè “le modifiche consistano in variazioni di dettaglio che comunque ne lascino inalterato l’impianto originario, quand’anche queste siano numerose sul piano quantitativo ovvero incidano in modo intenso sulla destinazione di singole aree o gruppi di aree” (cfr. ancora Cons. Stato, Sez. II, 14/11/2019, n. 7839).
8.1.18 – L’altro aspetto che il Collegio è chiamato a vagliare è se la reformatio in peius delle destinazioni di zona operata dalla Regione Liguria sia stata talmente innovativa da stravolgere l’assetto territoriale prefigurato nel progetto di piano approvato dal Comune di …, usurpando un potere (quello di decidere come gestire e utilizzare il territorio) che l’ordinamento normalmente riserverebbe all’ente municipale.
8.1.19 – A parere del Collegio all’interrogativo deve darsi risposta negativa. Nel voto del CTU n. 768/1999, sezione dedicata al “Giudizio complessivo”, si legge che “il piano adottato e successivamente modificato dalle osservazioni accolte dalla Civica Amministrazione – che qui si ritengono ammissibili – appare meritevole di approvazione, in quanto in linea con le indicazioni degli strumenti di pianificazione territoriale, fornisce quadro di riferimento operativo per la definizione di un assetto urbanistico coerente con la potenzialità del luogo, avvalendosi di adeguate modalità attuative”. “La disciplina paesistica costituisce un sufficiente strumento di regolamentazione dello sviluppo urbanistico attraverso una normativa articolata si a livello di organismo territoriale che a livello edilizio-architettonico.” “Si rende peraltro necessario introdurre alcune modifiche alla zonizzazione ed alla normativa per addivenire alla approvazione del piano soprattutto al fine di meglio conformare le scelte alle indicazioni del PTCP. Si ritiene altresì che essendo tali modifiche non incidenti sull’impostazione del piano ed esattamente determinabili senza l’apporto collaborativo della Civica Amministrazione, le stesse possono essere introdotte quali prescrizioni – da accettarsi dalla Civica Amministrazione ai sensi e per gli effetti dell’art. 5 L.R. 9/1980”.
8.1.20 – Ora, dalla lettura del giudizio formulato dal CTU si apprende senza troppi dubbi che il progetto di variante al piano regolatore è stato complessivamente valutato con favore al Comitato che, per tale ragione, ha ritenuto di apportare all’impianto solo “alcune” modifiche (perciò limitate dal punto di vista quantitativo) incidenti sulla destinazione di singole aree o gruppi di aree, come tali non stravolgenti le scelte di fondo prese dall’amministrazione comunale.
8.2 – Il secondo motivo d’appello lamenta come la Regione non si sia affatto sforzata di motivare con proprie autonome valutazioni la non persuasività delle osservazioni procedimentali presentate dall’attuale ricorrente, essendosi limitata a respingerle con una formula tautologica e cioè in quanto già disattese dal Comune, e che il TAR abbia escluso in capo all’ente regionale un potere di accogliere ciò che invece il Comune ha rigettato.
8.2.1 – Afferma a tal proposito l’appellante che la Regione non sia vincolata, né in un senso né nell’altro, alle conclusioni cui sia pervenuto l’ente locale, il quale, nel condividere o meno le osservazioni presentate dai privati, esprimerebbe soltanto un parere, come tale privo di efficacia vincolante.
8.2.2 – La Regione Liguria controbatte che il principio del rispetto delle competenze nella regolamentazione dell’uso del territorio renderebbe opportuno nonché doveroso il rispetto da parte dell’ente regionale delle determinazioni assunte da quello locale, soprattutto se finalizzate a irrobustire la tutela ambientale come nel caso di specie (il Comune a difatti negato di aderire a proposte classificatorie che avrebbero incrementato il carico urbanistico della zona).
8.2.3 – Anche il secondo motivo d’appello è infondato. Infatti la censura, che si appunta sulla carenza di motivazione della determinazione regionale di approvazione della variante al P.R.G., va senz’altro disattesa alla luce dei principi ormai pacificamente condivisi dalla giurisprudenza amministrativa.
8.2.4 – La premessa generale è che la disciplina urbanistica persegue non solo la ristretta finalità di regolamentare il profilo dell’edificazione dei suoli relativamente ai tipi di edilizia distinti per finalità, ma si prefigge obiettivi di più ampio respiro che guardano agli interessi economico-sociali della comunità locale. In questa prospettiva la giurisprudenza afferma che “il concetto di urbanistica non è strumentale solo all’interesse pubblico all’ordinato sviluppo edilizio del territorio in relazione alle diverse tipologie di edificazione, ma è volto funzionalmente alla realizzazione contemperata di una pluralità di interessi pubblici che trovano il proprio fondamento in valori costituzionalmente tutelati” (in tal senso Cons. Stato, sez. II, 23 marzo 2020, n. 2012).
8.2.5 – Se così è, lo strumento di pianificazione generale contiene scelte inerenti l’organizzazione edilizia del territorio da riguardarsi non soltanto nel suo aspetto statico (la possibilità e la quantità di costruire edifici) ma anche nel suo aspetto più dinamico, qual è il possibile sviluppo del territorio dal punto di vista socio-economico. Per tale ragione costituisce estrinsecazione di un potere, quello pianificatorio, connotato da ampia discrezionalità al punto che il sindacato del giudice ammnistrativo non può –come detto- estendersi alle valutazioni di merito, salvo che risultino inficiate da errori di fatto o abnormi illogicità, irragionevolezze e/o insufficienze motivazionali, ovvero che, per quanto riguarda la destinazione di specifiche aree, risultino confliggenti con particolari situazioni che abbiano ingenerato affidamenti e aspettative qualificate.
8.2.6 – Tendenzialmente, all’ampia discrezionalità si accompagna un generale onere di motivazione delle scelte urbanistiche, soddisfacibile con l’indicazione dei profili generali e dei criteri che le hanno ispirate senza necessità di una motivazione puntuale e mirata.
8.2.7 – Invero, il carattere più o meno blando della motivazione viene a dipendere dalla portata delle previsioni di zonizzazione, dovendosi infatti operare un distinguo tra disposizioni pianificatorie che realizzino una nuova e complessiva definizione dell’intero territorio comunale, o della gran parte di esso, e quelle che mutino la destinazione di un’area determinata, a maggior ragione se ledendo legittime aspettative dei privati. Solo nel primo caso, venendo in discussione il complessivo disegno di governo del territorio da parte dell’ente locale (com’è tipico nei casi di adozione di un nuovo strumento urbanistico generale o di una sua variante integrale), la motivazione non può riguardare ogni singola previsione, ma deve avere riguardo, secondo criteri di sufficienza e congruità, al complesso delle scelte effettuate dall’amministrazione.
8.2.8 – Muovendo da queste coordinate interpretative, avendo il Comune di …, attraverso la Variante integrale al vigente P.R.G., ridefinito un assetto territoriale evidentemente dimostratosi obsoleto rispetto alle mutate esigenze della collettività, l’onere motivazionale gravante sull’ente locale doveva considerarsi attenuato e, a maggior ragione, quello incombente sulla Regione in sede di approvazione della variante se è vero, che la competenza a porre le regole di uso e trasformazione del territorio appartiene anzitutto, per il principio di sussidiarietà, ai Comuni in quanto enti di prossimità.
8.2.9 – Sotto questo profilo, dunque, la mera condivisione da parte della Regione Liguria dei rilievi formulati dal Comune di … in risposta alle osservazioni procedimentali presentate dai privati e, per quanto qui interessa, dall’appellante poteva considerarsi uno spunto motivazionale sufficiente, senza dover necessariamente prendere posizione una seconda volta sulle obiezioni opposte dal ricorrente.
8.2.10 – Anche a voler prescindere da queste considerazioni, ritiene comunque il Collegio che il decreto 13.7.1999, n. 181, del Presidente della Giunta della Regione Liguria sia corredato da esauriente motivazione nella misura in cui rinvia alle valutazioni espresse dal CTU nel Voto n. n. 768/1999, integralmente recepite dal D.P.G.R. D’altronde, “la motivazione delle scelte urbanistiche, sufficientemente espressa in via generale, è desumibile sia dai documenti di accompagnamento all’atto di pianificazione urbanistica, sia dalla coerenza complessiva delle scelte effettuate dall’amministrazione comunale” (principio ribadito ancora da Cons. Stato, sez. II, 23 marzo 2020, n. 2012).
8.2.11 – Difatti, il Presidente della Regione ha “Ritenuto che sono da condividere appieno le valutazioni espresse dal Comitato Tecnico Urbanistico con il sopra citato voto n. 758/1999, allegato al presente decreto quale sua parte integrante e sostanziale, cui si fa rinvio per ogni effetto; che anche per quanto concerne le osservazioni presentate avverso la variante integrale in esame, avuto riguardo alle controdeduzioni comunali formulate con le citate deliberazioni consiliari n. 65 del 29.10.1997, n. 33 del 5.6.1998 e n. 44 del 4.8.1998, è da provvedere in conformità al parere espresso al riguardo dal Comitato Tecnico Urbanistico con il ridetto voto n. 768/1999”.
8.2.12 – Del resto, la tesi sostenuta da parte appellante, secondo cui le valutazioni effettuate dal Comune non costituirebbero un vincolo per la Regione, che, come tale, conserverebbe un margine di (diversa) scelta, può essere valorizzata proprio per rafforzare ulteriormente le conclusioni cui si è giunti.
8.2.13 – Ad ulteriore conferma che non si poneva a carico della Regione alcun particolare onere motivazionale aggiuntivo si porta ad esempio una controversia uguale e contraria rispetto a quella oggetto del presente giudizio (in quel caso l’appellante si doleva del fatto che la Regione avesse, rispetto al Comune, valutato negativamente la sua osservazione procedimentale, di fatto ribaltando il diverso giudizio dato dall’ente locale alla proposta di zonizzazione avanzata dall’interessato), per decidere la quale il Consiglio di Stato (Sez. II, Sent. 24/06/2020, n. 4040) ha rievocato come “da tale affermata finalità “contributiva” delle osservazioni la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato fa discendere la ritenuta non necessità di argomentare espressamente su ciascuna di esse da parte dell’Amministrazione comunale procedente (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 8 maggio 2017, n. 2089). Non vi è ragione, peraltro, per non estendere tale principio anche alla fase di approvazione da parte della Regione, anziché circoscriverne la portata solo a quella di adozione da parte del Comune, nella quale strutturalmente si collocano…”.
8.2.14 – Se, dunque, si ammette l’ampia discrezionalità della Regione nel rivalutare le osservazioni procedimentali degli interessati, deve logicamente sostenersi che, per un principio di continenza, il plus contenga anche il minus e quindi che la Regione possieda anche il potere, minore, di non ribaltare le controdeduzioni del Comune alle osservazioni private.
8.3 – Con il terzo motivo d’appello il ricorrente fa notare come i terreni di proprietà di terzi contigui a quelli di sua proprietà e che avrebbero beneficiato di un trattamento più favorevole siano stati individuati per relationem in quanto sarebbero quelli “in parte ricadenti in sponda destra del T. Secca”, rispetto ai quali l’appellante aveva ipotizzato un riequilibrio dell’assetto insediativo (così nelle osservazioni procedimentali).
8.3.1 – La censura di disparità di trattamento non persuade la Regione Liguria, la quale, mancando l’esatta individuazione del tertium comparationis (le aree altrui contigue che avrebbero beneficiato di una qualificazione più favorevole), la reputa priva di consistenza. E comunque parte appellata, rifacendosi a una recente giurisprudenza del Consiglio di Stato (sez. II, 21.9.2023 n. 8443), inferisce come, vista l’ampia discrezionalità che connota il potere urbanistico, non permetta di individuare un’identità di posizioni soggettive e oggettive in capo a proprietari di immobili ubicati in zone contigue o affini al punto da ipotizzare una disparità di trattamento laddove assoggettati a regimi giuridici diversi.
8.3.2 – Anche il motivo d’appello ora in esame è infondato.
8.3.3 – A tal proposito è sufficiente ricordare il fermo orientamento giurisprudenziale a mente del quale “La programmazione e pianificazione urbanistica è caratterizzata da un altissimo grado di discrezionalità nella prospettiva di un ordinato e funzionale assetto del territorio comunale; per la programmazione degli assetti del territorio, l’amministrazione gode, invero, di un ampio potere discrezionale, sicché le scelte dell’amministrazione non sono censurabili se non per manifesti errori di fatto e abnormità delle scelte; non è peraltro configurabile in questo ambito il vizio di eccesso di potere per disparità di trattamento riguardo alla destinazione impressa a immobili vicini” (ex multis, Cons. Stato, Sez. IV, 25/07/2022, n. 6525).
9 – In conclusione, l’appello va respinto.
10 – Le spese seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo in favore della Regione Liguria, mentre il Comune intimato non si è costituito.