TAR SICILIA – PALERMO, II – sentenza 28.11.2023 n. 3548
PRINCIPIO DI DIRITTO
L’indennità per danno al paesaggio non ha natura afflittivo-sanzionatoria, ma costituisce una misura riparatoria nel senso civilistico del termine; una “sanzione”, dunque, a contenuto sostanzialmente ripristinatorio (risarcitorio o comunque compensativo). Da ciò consegue che l’obbligazione “riparatoria” (risarcitoria o compensativa, a seconda che miri al ristoro integrale o parziale del pregiudizio cagionato) è trasmissibile; e dunque obbliga anche gli eredi e gli aventi causa a qualsiasi titolo, in quanto proprietari del bene.
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
Agendo in giudizio, il ricorrente ha impugnato il provvedimento indicato in oggetto articolando le seguenti censure come di seguito rubricate:
1) difetto di legittimazione passiva del soggetto terzo estraneo all’abuso – personalità della sanzione – violazione dell’art. 7 della legge 689 della 1981.
Con il primo motivo di ricorso parte ricorrente eccepisce l’illegittimità del provvedimento sanzionatorio per erronea individuazione del soggetto nei cui confronti avrebbe dovuto essere irrogata la sanzione, vale a dire l’autore dell’abuso edilizio e non il proprietario del manufatto al momento dell’emanazione del provvedimento […] l’ingiunzione ex art. 167 del D.lgs. 42/2004 costituirebbe una vera e propria sanzione amministrativa con funzione punitiva, in quanto tale intrasmissibile ai soggetti estranei all’illecito;
2) violazione di legge – estinzione della sanzione ai sensi dell’art. 14 della l. n. 689 del 1981, stante l’avvenuta estinzione della sanzione amministrativa, in quanto la valutazione e l’accertamento dell’ammontare della sanzione sarebbero stati effettuati con il D.D.S. impugnato […], ben oltre i termini previsti per la validità della stessa sanzione.
[…]
Il ricorso è infondato e va rigettato.
Il primo motivo è infondato.
[…] sulla questione di carattere generale della trasmissibilità della sanzione de qua si riscontrano due diversi orientamenti nella giurisprudenza amministrativa.
Secondo un primo orientamento, trattandosi di una vera e propria sanzione amministrativa, con finalità deterrenti, alla medesima va applicato il disposto di cui all’art. 7 della l. n. 689/1981, ai sensi del quale l’obbligazione di pagare la somma dovuta per la violazione non si trasmette agli eredi (e agli aventi causa), che sono estranei alla commissione dell’abuso (in termini C.G.A., 27 novembre 2017, n. 520).
In base ad un secondo orientamento l’indennità in questione va, invece, considerata quale sanzione ripristinatoria dei valori giuridici offesi dalla condotta illecita, con la conseguenza che sono tenuti al pagamento della sanzione anche i proprietari aventi causa (cfr. Consiglio di Stato, VI, 4 febbraio 2019) […]
La sanzione in esame «non [si atteggia a] mera sanzione pecuniaria, [ma si caratterizza per la sua natura] di sanzione riparatoria alternativa al ripristino dello status quo ante; proprio in funzione della sua natura di carattere ripristinatoria alternativa alla demolizione viene ragguagliata “al pagamento di una somma equivalente al maggiore importo tra il danno arrecato e il profitto conseguito mediante la trasgressione” e, in base all’art. 167 del d.lgs. 42 del 2004, le somme “sono utilizzate per finalità di salvaguardia, interventi di recupero dei valori ambientali e di riqualificazione delle aree degradate”.
[…]
Tali sanzioni pecuniarie non hanno carattere punitivo, con la conseguenza che sono sottratte al principio della responsabilità personale dell’autore della violazione, di cui alla legge n. 24 novembre 1981, n. 689, mentre la natura ripristinatoria le rende trasmissibili agli eredi come già affermato per le sanzioni pecuniarie in materia edilizia sostitutive di interventi di carattere ripristinatorio (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 9 aprile 2018, n. 2155; id., sez. V, 15 aprile 2013, n. 2060).» (Cons. Stato, sez. II, 30 ottobre 2020, n. 6678/2020).
[…]
L’indennità per danno al paesaggio (da corrispondere, su ingiunzione della Soprintendenza BB.CC.AA., ai sensi dell’art. 167 del d.lgs. n. 42 del 2004) non ha natura afflittivo-sanzionatoria, ma costituisce una misura riparatoria nel senso civilistico del termine; una “sanzione”, dunque, a contenuto sostanzialmente ripristinatorio (risarcitorio o comunque compensativo). Da ciò consegue che l’obbligazione “riparatoria” (risarcitoria o compensativa, a seconda che miri al ristoro integrale o parziale del pregiudizio cagionato) è trasmissibile; e dunque obbliga anche gli eredi e gli aventi causa a qualsiasi titolo, in quanto proprietari del bene.
[…]
Entrambi gli orientamenti sono, a ben vedere, concordi nell’affermare che sussiste la legittimazione passiva dell’avente causa il quale sia consapevole dell’abuso, in quanto è stato coinvolto nella sua realizzazione o aveva conoscenza dello stesso e, in particolare, della pendenza di una domanda di condono (TAR Sicilia, sede di Palermo, Sez. I, sent. del 28.2.2023 n. 642).
[…]
In sostanza, il Collegio aderisce all’orientamento giurisprudenziale secondo il quale l’indennità in questione va considerata quale sanzione ripristinatoria dei valori giuridici offesi dalla condotta illecita, con la conseguenza che sono tenuti al pagamento della sanzione anche i proprietari aventi causa. Con la diretta conseguenza che sussiste la legittimazione passiva dell’avente causa, il quale sia consapevole dell’abuso, in quanto è stato coinvolto nella sua realizzazione o aveva conoscenza dello stesso e, in particolare, della pendenza di una domanda di condono (cfr. Consiglio di Stato, VI, 4 febbraio 2019, n. 855 con richiamo a precedente conforme n. 2094 del 4 aprile 2018)” (T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. I, 24/04/2020, n. 773).
Si deve altresì aggiungere che […] è solo con il rilascio della concessione in sanatoria che cessa la c.d. “permanenza” dell’illecito urbanistico, con la conseguenza che inizia a decorrere il termine quinquennale per la prescrizione della potestà sanzionatoria (Cargs, sez. riun., 19 luglio 2021 n. 244; Id., 1° luglio 2021 n. 212). E ciò «a prescindere dalla qualificazione giuridica che si voglia dare dell’indennità di cui all’art. 167 d.lgs. n. 42/2004, la stessa è soggetta a prescrizione quinquennale che inizia a decorrere da quando il credito diventa esigibile, e segnatamente da quando viene rilasciato il condono edilizio».
[…]
Anche il secondo motivo di ricorso è infondato poiché non può ritenersi maturato il termine quinquennale di prescrizione della sanzione il cui dies a quo decorre, come già evidenziato, dal venir meno della situazione di illiceità che, nella fattispecie che qui ci occupa, è da individuare nel momento del rilascio della concessione edilizia in sanatoria. […]
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.