Corte Costituzionale, ordinanza 11 ottobre 2021 n. 193
Va dichiarato inammissibile il conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato promosso dal senatore Elio Lannutti.
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
Considerato che il senatore Elio Lannutti ha promosso conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato contro il Senato della Repubblica, in persona del Presidente in carica;
che il conflitto ha ad oggetto: a) le «nuove direttive disposte dalla Presidenza circa i criteri di redazione degli atti di sindacato ispettivo», di cui dà atto il resoconto stenografico della 34a seduta pubblica dell’Assemblea del Senato, tenutasi l’11 settembre 2018; b) l’omessa pubblicazione, da parte del Presidente del Senato, di alcune interrogazioni presentate dal ricorrente nel 2021; c) la pubblicazione di altre interrogazioni, proposte dal ricorrente sempre nel 2021, in un testo diverso da quello presentato;
che, in questa fase del giudizio, la Corte costituzionale è chiamata a deliberare, in camera di consiglio e senza contraddittorio, sulla sussistenza dei requisiti soggettivo e oggettivo prescritti dall’art. 37, primo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), ossia a decidere se il conflitto insorga tra organi competenti a dichiarare definitivamente la volontà del potere cui appartengono e per la delimitazione della sfera di attribuzioni delineata per i vari poteri da norme costituzionali;
che l’ordinanza n. 17 del 2019 di questa Corte ha riconosciuto l’esistenza di una sfera di prerogative che spettano al singolo parlamentare e ha affermato che – qualora risultino lese da altri organi parlamentari – esse possono essere difese con lo strumento del ricorso per conflitto tra poteri dello Stato;
che, nella sentenza n. 379 del 2003, questa Corte ha rilevato che «[i]l potere di presentare interrogazioni, rivolte al Governo, […] ancorché non previsto espressamente dalla Costituzione, fa parte tradizionalmente delle attribuzioni del singolo membro delle Camere, nell’ambito dell’attività e della funzione ispettivo-politica ad esse spettante»;
che la stessa ordinanza n. 17 del 2019 ha precisato che «[l]a legittimazione attiva del singolo parlamentare deve […] essere rigorosamente circoscritta quanto al profilo oggettivo, ossia alle menomazioni censurabili in sede di conflitto»;
che «non possono trovare ingresso nei giudizi per conflitto di attribuzioni fra poteri dello Stato le censure che riguardano esclusivamente violazioni o scorrette applicazioni dei regolamenti parlamentari e delle prassi di ciascuna Camera» (ordinanza n. 17 del 2019; da ultimo, ordinanza n. 186 del 2021);
che, infatti, secondo la giurisprudenza costituzionale, «l’autonomia degli organi costituzionali “non si esaurisce nella normazione, bensì comprende – coerentemente – il momento applicativo delle norme stesse, incluse le scelte riguardanti la concreta adozione delle misure atte ad assicurarne l’osservanza” (da ultimo, sentenza n. 262 del 2017)», momento applicativo che a sua volta «comprende “i rimedi contro gli atti ed i comportamenti che incidano negativamente sulle funzioni dei singoli parlamentari e che pregiudichino il corretto svolgimento dei lavori” (sentenza n. 379 del 1996)» (così ancora l’ordinanza n. 17 del 2019);
che tale assunto va ribadito in questa sede, pur con la precisazione che «l’autonomia normativa e funzionale delle Camere non può essere interpretata quale affrancamento da qualsiasi forma di controllo esterno» (ordinanza n. 188 del 2021);
che il «dovuto rispetto all’autonomia del Parlamento esige che il sindacato di questa Corte debba essere rigorosamente circoscritto ai vizi che determinano violazioni manifeste delle prerogative costituzionali dei parlamentari ed è necessario che tali violazioni siano rilevabili nella loro evidenza già in sede di sommaria delibazione» (ordinanza n. 17 del 2019);
che tale requisito manca con riferimento alla parte del ricorso avente ad oggetto le nuove direttive del Presidente del Senato;
che il ricorrente contesta la possibilità per la Presidenza del Senato di prevedere, con una circolare, un vaglio di ammissibilità delle interrogazioni, limitando le materie sulle quali esse possono vertere;
che le direttive, là dove sanciscono l’improponibilità delle interrogazioni «contenenti elementi estranei» alla semplice domanda rivolta al ministro competente e richiedono che l’eventuale premessa sia «strettamente collegata alla formulazione del quesito», si limitano a confermare quanto risulta espressamente dal regolamento del Senato (non contestato dal ricorrente), che all’art. 145 individua il contenuto delle interrogazioni e all’art. 146 prevede che il Presidente ne valuti la proponibilità;
che, dunque, il ricorso, lungi dal dare conto di un’evidente violazione delle prerogative parlamentari, rivela in questa parte la manifesta assenza di una loro lesione;
che le stesse direttive, là dove affermano che le disposizioni regolamentari «appaiono inequivoche nel collegare la funzione degli atti di sindacato ispettivo alla concreta sfera di competenza dell’Esecutivo», e considerano improponibili interrogazioni «volte a chiedere l’intervento del Governo in ambiti ad esso preclusi», costituiscono interpretazione degli artt. 145 e 146 del regolamento e devono, dunque, considerarsi sottratte al sindacato di questa Corte in virtù dell’autonomia spettante alle Camere sull’applicazione e sull’interpretazione dei propri regolamenti (sentenze n. 262 del 2017, n. 120 del 2014, n. 246 del 2010, n. 379 del 1996, n. 129 del 1981 e n. 9 del 1959; ordinanze n. 188 e 186 del 2021, n. 86 del 2020, n. 17 del 2019, n. 149 e n. 91 del 2016);
che, di conseguenza, nemmeno sotto questo profilo emergono dalla prospettazione del ricorso evidenti violazioni delle prerogative del singolo parlamentare, avendo il Presidente del Senato esercitato il proprio potere di interpretare il regolamento di quel ramo del Parlamento;
che, in definitiva, il ricorso risulta inammissibile nella parte concernente le «nuove direttive» del 2018;
che allo stesso esito deve giungersi per la parte del ricorso riguardante l’omessa pubblicazione di alcune interrogazioni;
che, in forza del richiamato principio di autonomia delle Camere, «l’estensione del potere presidenziale e le concrete modalità del suo esercizio possono essere oggetto di valutazione ad opera di questa Corte solo in presenza di manifesta menomazione delle attribuzioni costituzionali del parlamentare» (ordinanza n. 188 del 2021, concernente il controllo del Presidente della Camera sull’ammissibilità dei progetti di legge);
che il ricorrente non contesta l’omessa pubblicazione di alcune sue interrogazioni in quanto, per il loro contenuto, sarebbero state da considerare proponibili, ma ne lamenta l’omessa pubblicazione in sé, affermando in sostanza il dovere del Presidente del Senato di pubblicare e trasmettere tutte le interrogazioni ricevute;
che l’art. 146 del regolamento del Senato prevede esplicitamente il controllo di proponibilità delle interrogazioni e il ricorrente non contesta tale disposizione;
che, dunque, la pretesa che ogni interrogazione debba avere un seguito è palesemente infondata, ciò che manifesta l’evidente assenza di una lesione della prerogativa del singolo parlamentare a causa della condotta omissiva del Presidente del Senato;
che, infine, il conflitto risulta inammissibile anche con riferimento alla pubblicazione di alcune interrogazioni in un testo non coincidente con quello presentato;
che, innanzi tutto, il ricorso contiene in questa parte alcune imprecisioni, in quanto: a) nelle premesse menziona un’interrogazione del 5 maggio 2021, rivolta al Presidente del Consiglio, definendola «mai annunciata», ma dall’elenco dei documenti allegati risulta che tale interrogazione è stata pubblicata in un testo modificato come atto di sindacato ispettivo n. 4-05461 (doc. 7 allegato al ricorso); b) nelle premesse si afferma che un’interrogazione del 5 maggio 2021, rivolta al Presidente del Consiglio e ai Ministri dell’economia e della giustizia, sarebbe stata pubblicata in un testo modificato come atto di sindacato ispettivo n. 4-05461, mentre essa è stata pubblicata come atto di sindacato ispettivo n. 4-05445 (tale testo modificato non risulta tra gli atti allegati al ricorso);
che, a prescindere da ciò, il ricorso risulta sul punto del tutto carente, in quanto il ricorrente – dopo aver proposto nelle premesse una sintesi del contenuto delle interrogazioni presentate – si limita ad affermare che alcune delle sue interrogazioni sarebbero state «modificate al punto di snaturarle», ma non illustra in alcun modo il testo o anche solo il senso delle modifiche, né opera un confronto tra i testi presentati e quelli pubblicati, né dà anche solo minimamente conto della portata delle modifiche stesse in funzione della lamentata manifesta lesione del potere di controllo tramite esse esercitato;
che, «ai fini dell’ammissibilità del conflitto, […] è necessario che [il singolo parlamentare ricorrente] alleghi e comprovi una sostanziale negazione o un’evidente menomazione della funzione costituzionalmente attribuita al ricorrente» (ordinanza n. 17 del 2019), individuando «puntualmente» i comportamenti asseritamente lesivi (ordinanza n. 186 del 2021);
che nel caso di specie il ricorrente non ha in alcun modo spiegato le ragioni per le quali le interrogazioni sarebbero state snaturate;
che, dunque, anche in questa parte il ricorso risulta inammissibile;
che la dichiarazione di inammissibilità del ricorso preclude l’esame dell’istanza cautelare (ordinanze n. 197, n. 196 e n. 195 del 2020).