<p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong> </strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Massima</strong></p> <p style="text-align: justify;"><em> </em></p> <p style="text-align: justify;"><em>La causa, come reciproco relazionarsi degli interessi delle parti (meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico ex art.1322 c.c.), può anche supportare negozi atipici – unilaterali o plurilaterali – nel contesto dei quali si faccia tra le parti certezza con effetti preclusivi </em>de futuro<em> in ordine ad elementi incerti che connotano una data situazione giuridica, così facendo luogo a quello che la dottrina ha via via qualificato come vero e proprio “</em>negozio di accertamento<em>”.</em></p> <p style="text-align: justify;"><strong> </strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Crono-articolo</strong></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;">Diritto romano (vedi articolo dedicato in Cittadinanza consapevole)</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1865</strong></p> <p style="text-align: justify;">La codificazione liberale civile non prevede in via generale una disciplina per il negozio di accertamento, e tuttavia da talune disposizioni esso sembra affiorare: è il caso dell’art.1034 c.c. in tema di divisione ereditaria, la cui natura dichiarativa (non costitutiva) e dunque di accertamento sembra ricavabile dall’affermazione onde ogni coerede è reputato solo e immediato successore in tutti i beni componenti la sua quota o a lui pervenuti dalla successione, assumendo come se non avesse mai avuto la <a href="http://www.brocardi.it/dizionario/1140.html">proprietà</a> degli altri beni ereditari. Importante anche l’art.1772 alla cui stregua le transazioni hanno tra le parti l’autorità di una sentenza irrevocabile, con conseguente collocazione della transazione a cavallo tra la sostanza ed il processo: essendo assimilata alla sentenza irrevocabile, parte della dottrina attribuisce alla transazione natura accertativa (negozio di accertamento), e non già costitutiva.</p> <p style="text-align: justify;"><strong> </strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1930</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il codice di procedura civile (articoli 806-840), nel disciplinare l’arbitrato rituale e, soprattutto, irrituale, configura una fattispecie di certezza voluta dalle parti al fine di risolvere una controversia insorta tra loro.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1942</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il codice civile individua alcune fattispecie potenzialmente riconducibili al negozio di accertamento, o che comunque in qualche modo lo lambiscono, come la ricognizione di enfiteusi (arrt.969 c.c.) e, sul crinale della prevenzione o risoluzione di una lite, il contratto di transazione (art.1965 e seguenti c.c.), nonché la ricognizione di debito ex art. 1988 c.c., la confessione ex art.2730 c.c., il contratto dissimulato (e le controdichiarazioni) nella simulazione ex art.1414, comma 2, c.c.. Un discorso a parte merita l’arbitraggio, figura alla quale prevalentemente si riconosce natura di atto giuridico in senso stretto (e dunque non di negozio giuridico), che ricorre con una certa diffusiva frequenza - istituzione di erede (art. 631-632 c.c.), legati (art.664-665 c.c.), divisione (art. 733 c.c.), mandato a donare (art. 778 c.c.), obbligazioni alternative (art. 1286), vendita (art. 1473 c.c.), società semplice (art. 2264 c.c.) - e che è prevista in generale dall’art. 1349 c.c., relativamente all’oggetto del contratto. Per quanto riguarda la divisione ereditaria, particolare rilievo assume l’art.757 c.c. secondo il quale ogni coerede è reputato solo e immediato successore in tutti i beni componenti la sua quota o a lui pervenuti dalla successione, anche per <a href="http://www.brocardi.it/dizionario/1089.html">acquisto all'incanto</a>, e si considera come se non avesse mai avuto la <a href="http://www.brocardi.it/dizionario/1140.html">proprietà</a> degli altri beni ereditari: da esso sembra affiorare la natura “<em>dichiarativa</em>” (e, dunque, di accertamento) della divisione, e non già costitutiva, sulla scorta di quanto già previsto dal codice del 1865. La dottrina più accreditata tende tuttavia a negare alla divisione ereditaria la natura di negozio di accertamento.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1948</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 18 luglio esce una sentenza del Tribunale di Milano che riconosce la ammissibilità del negozio di accertamento, connotato dall’intento delle parti di conferire certezza in ordine ad una situazione giuridica che le coinvolge e che è connotata da incertezza.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1950 </strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 13 maggio esce una sentenza della Cassazione che ammette la configurabilità del negozio di accertamento in considerazione della esigenza che tutte le liti insorte possano essere superate direttamente dalle parti.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1951</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 28 aprile esce la sentenza della Cassazione n. 1043 secondo la quale il negozio di accertamento ha una causa ben definita, vale a dire eliminare l’incertezza che caratterizza un precedente rapporto tra le parti coinvolte, imprimendo ad esso definitiva certezza: ne vengono precisati in modo preclusivo il contenuto, la portata e gli effetti giuridici. Si tratta di salvaguardare interessi delle parti meritevoli di tutela e connessi al più generale principio della certezza del diritto. Sia il negozio unilaterale che il contratto di accertamento non debbono tuttavia assumere un carattere astratto, che sarebbe incompatibile con il nostro sistema giuridico, dovendo piuttosto enunciare il rapporto (che chiariscono e) a cui si riferisce l’obbligazione accertata (c.d. <em>expressio causae</em>).</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1964</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 24 luglio esce la sentenza della Cassazione n.2027 che riconosce ammissibile il negozio unilaterale di accertamento: esso presuppone una situazione giuridica precedentemente incerta ed è vincolante per chi dichiara di voler fare certezza con effetti preclusivi non appena tale dichiarazione giunge a conoscenza del soggetto che sia interessato ad avvalersene: quello che invece non può accadere è che la dichiarazione di accertamento conferisca certezza nel solo interesse del dichiarante medesimo, né tampoco potendo tale dichiarazione spiegare influenza negativa nella sfera giuridica e a danno di un soggetto diverso, contro la volontà di quest’ultimo.</p> <p style="text-align: justify;">Il 27 luglio esce la sentenza della Cassazione n.2070 che, concentrandosi sulla <em>res dubia</em>, assume che l’incertezza che fa da presupposto al negozio di accertamento debba intendersi soggettiva: i soggetti del rapporto giuridico da accertare spiegano valutazioni distonanti sulla base di loro intendimenti soggettivi.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1965</strong></p> <p style="text-align: justify;">L’8 luglio esce la sentenza della Cassazione n.1419 onde il negozio di accertamento non è annullabile per errore di fatto, proprio a cagione della causa che lo contraddistingue, e che tende a precludere ogni ulteriore incertezza su quanto in esso fissato.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1966</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 28 gennaio esce la sentenza della Cassazione n.342 che ribadisce come il negozio di accertamento, oltre che per errore di fatto, non sia annullabile neppure per errore di diritto. Questo implica che anche laddove il negozio di accertamento palesi l’oggettiva falsità di quanto in esso accertato, dovrà rifiutarsene l’annullamento. Esso dunque non produce solo certezza, ma anche eventualmente la sostituzione di una posizione giuridica con un'altra in modo preclusivo e definitivo, con potenziale spostamento patrimoniale dovuto a mera ragione soggettiva (ai confini con l’astrattezza causale).</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1967</strong></p> <p style="text-align: justify;">L’11 maggio esce la sentenza della Cassazione n.969, che ribadisce ammissibile il negozio unilaterale di accertamento.</p> <p style="text-align: justify;">Il 22 giugno esce la sentenza n.1496, secondo la quale per il negozio di accertamento va esclusa la forma scritta di cui all’art.1350, n.1, c.c. prevista per i contratti ad effetti reali immobiliari: esso può essere concluso anche oralmente e può essere provato anche per testimoni.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1968</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 5 novembre esce la sentenza della III sezione della Cassazione n. 3658 onde l'efficacia meramente dichiarativa del negozio di accertamento dipende in realtà dalla relativa natura di mera ricognizione di obblighi già derivanti dal titolo originario, in ciò distinguendosi dalla transazione, che presuppone reciproche concessioni tra le parti, innovative rispetto alla regolamentazione preesistente.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1969</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 3 luglio esce la sentenza della Cassazione n.2440 che ribadisce ammissibile il negozio unilaterale di accertamento. La Corte precisa altresì che il negozio di accertamento non assorbe la situazione preesistente accertata, non vi sostituisce la fonte né vi sostituisce la causa, presentando una causa propria coinvolgente la necessità di fare certezza in ordine ai profili dubbi del rapporto accertato.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1970</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 15 gennaio esce la sentenza della Cassazione n.84 che ribadisce come il negozio di accertamento non sia annullabile per errore di fatto, proprio a cagione della causa che lo contraddistingue, e che tende a precludere ogni ulteriore incertezza su quanto in esso fissato. La Corte precisa che il negozio di accertamento non assorbe la situazione preesistente accertata, non vi sostituisce la fonte né vi sostituisce la causa, presentando una causa propria coinvolgente la necessità di fare certezza in ordine ai profili dubbi del rapporto accertato.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1971</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 27 maggio esce la sentenza della Cassazione n. 1572 onde il negozio di accertamento ha una causa ben definita, vale a dire eliminare l’incertezza che caratterizza un precedente rapporto tra le parti, imprimendo ad esso definitiva certezza: ne vengono precisati in modo preclusivo il contenuto, la portata e gli effetti giuridici. La Corte ribadisce che il negozio di accertamento non assorbe la situazione preesistente accertata, non vi sostituisce la fonte né vi sostituisce la causa, presentando una causa propria coinvolgente la necessità di fare certezza in ordine ai profili dubbi del rapporto accertato.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1977</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 14 marzo esce la sentenza della Cassazione n.1031 che si esprime nel senso della ammissibilità del negozio di accertamento unilaterale, al pari di quello contrattuale, purché esso promani dalla parte che ha un interesse contrario rispetto alla situazione giuridica oggetto di accertamento (il che lo avvicina alla confessione che, tuttavia, è dichiarazione di scienza e non negozio giuridico)</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1978</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 9 maggio esce la sentenza della II sezione della Cassazione n.2251 che distingue la transazione dal negozio di accertamento facendo perno sulla diversa causa che rispettivamente li connota: mentre nella transazione le parti perseguono l’interesse a dirimere con effetti <em>ex nunc</em> una lite presente o futura tra loro, nel negozio di accertamento le parti medesime perseguono l’interesse ad eliminare con effetti <em>ex tunc</em> una situazione di incertezza che connota un rapporto tra loro preesistente.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1979</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 6 gennaio esce la sentenza della Cassazione n.48 onde, accanto ad un negozio di accertamento positivo - che accerta una precedente situazione giuridica di incertezza dichiarandola operativa e conferendo ad essa certezza in senso preclusivo per le parti – si colloca, del pari ammissibile, un negozio di accertamento negativo, che dichiara insussistente e improduttiva come tale di effetti giuridici la situazione giuridica divisata.</p> <p style="text-align: justify;">Il 29 ottobre esce la sentenza della Cassazione n. 5663 che ribadisce come sia ammissibile il negozio di accertamento unilaterale (accertamento compiuto solo da una delle parti del rapporto contrattuale accertando), al pari di quello contrattuale (accertamento compiuto da entrambe le parti del rapporto contrattuale accertando), purché esso promani dalla parte che ha un interesse contrario rispetto alla situazione giuridica oggetto di accertamento.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1983</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 10 gennaio esce la sentenza della I sezione della Cassazione n.161 che distingue la transazione dal negozio di accertamento appuntandosi fondamentalmente sulla presenza di reciproche concessioni (costitutive e dispositive) nella transazione; tali reciproche concessioni non si rinvengono invece nel negozio di accertamento giusta il quale le parti mirano solo a conferire certezza ad un rapporto giuridico preesistente tra loro, con valore dichiarativo e ricognitivo.</p> <p style="text-align: justify;">Il 6 dicembre esce la sentenza della Cassazione n.7274 che si occupa della mancanza di causa nel negozio di accertamento: essa è predicabile se le parti – ovvero la parte, nel negozio unilaterale di accertamento – abbiano accertato una situazione inesistente, ovvero una situazione esistente e certa, sia che ciò sia accaduto volutamente, sia che invece sia avvenuto per errore.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1987</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 9 luglio esce la sentenza della sezione Lavoro della Cassazione n.5999 che si occupa della differenza tra la transazione ed il negozio di accertamento; più in specie, nella transazione le parti modificano (con effetti costitutivi e dispositivi) la disciplina di un rapporto preesistente mediante reciproche concessioni, mentre con il negozio di accertamento le parti rimuovono dubbi ed incertezze relativi ad un determinato rapporto giuridico con una regolamentazione nuova (solo perché così interpretata a partire da quel momento), ma in realtà corrispondente ad una situazione preesistente, e dunque con effetti retroattivi.</p> <p style="text-align: justify;">Il 16 dicembre esce la sentenza della Cassazione n. 9358 onde l’acquisto derivativo della proprietà di un bene immobile, secondo la Corte, postula un contratto a contenuto traslativo intervenuto con il precedente titolare del diritto e soggetto alla forma scritta <em>ad substantiam</em>; in difetto di questo, tale effetto traslativo non può discendere da un negozio di mero accertamento, il quale può eliminare incertezze sulla situazione giuridica, ma non sostituirne il titolo costitutivo.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1991</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 29 gennaio esce la sentenza della Cassazione n.885 che ribadisce come sia il negozio unilaterale che il contratto di accertamento – ammissibili in quanto causali, seppure atipici - non debbono assumere un carattere astratto, che sarebbe incompatibile con il nostro sistema giuridico, dovendo piuttosto enunciare il rapporto (che chiariscono e) a cui si riferisce l’obbligazione accertata (c.d. <em>expressio causae</em>).</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1994</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 5 gennaio viene varata la legge n.25 di riforma dell’arbitrato, che farà da sfondo alla svolta in ordine alla natura negoziale dell’arbitrato irrituale (oltre che di quello rituale).</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>1997</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 5 giugno esce la sentenza della Cassazione n.4994 che distingue la transazione, dotata di efficacia dispositiva o costitutiva, e il negozio di accertamento, dotato di efficacia dichiarativa. Proprio per questo, il negozio di accertamento non è soggetto alla forma prescritta dall’art.1350 c.c. per gli atti traslativi immobiliari, in quanto esso non produce nessun effetto traslativo che, semmai, è da ricondursi al negozio accertato.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2000</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 3 agosto esce la sentenza delle SSUU della Cassazione n. 527, secondo la quale l’arbitrato irrituale non ha natura giurisdizionale, ma negoziale. Si tratta di una manifestazione negoziale di autonomia privata, alternativa alla giurisdizione dello Stato. E’ una presa di posizione che è effetto della riforma dell’arbitrato del 1994.</p> <p style="text-align: justify;">Il 5 dicembre esce altra sentenza delle SSUU n. 1251 che conferma come l’arbitrato irrituale non abbia natura giurisdizionale, ma negoziale, atteggiandosi a manifestazione negoziale di autonomia privata, alternativa alla giurisdizione dello Stato.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2001</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 13 aprile esce la sentenza della Cassazione n.5527 onde l’arbitrato rituale e quello irrituale si distinguono non già perché nel primo le parti abbiano demandato agli arbitri una funzione sostitutiva di quella del giudice, quanto piuttosto per il fatto che nell’arbitrato rituale le parti vogliono che si pervenga ad un lodo suscettibile di essere reso esecutivo e di produrre gli effetti di cui all’art.825 c.p.c. con l’osservanza del regime formale del procedimento arbitrale, mentre nell’arbitrato irrituale esse intendono affidare all’arbitro la soluzione di controversie solo attraverso lo strumento negoziale mediante una composizione amichevole o un negozio di accertamento riconducibili alla volontà delle parti stesse, le quali si impegnano a considerare la decisione degli arbitri quale (definitiva e preclusiva) espressione della loro volontà.</p> <p style="text-align: justify;">L’11 giugno esce la sentenza delle SSUU n. 7858 che ribadisce ancora una volta come l’arbitrato irrituale non abbia natura giurisdizionale, ma negoziale, atteggiandosi a manifestazione negoziale di autonomia privata, alternativa alla giurisdizione dello Stato.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2003</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 3 aprile esce la sentenza della III sezione della Cassazoine n.5139 che rivede la propria posizione sull’oggetto della transazione: non si tratta, per la Corte, della lite in atto o che può sorgere tra le parti, e ciò sia perché detta lite è solo il presupposto della transazione, e sia anche perché ad essa non possono riferirsi i requisiti di cui all’art.1346 c.c. (oggetto possibile, lecito, determinato o determinabile); oggetto della transazione è dunque la situazione giuridica controversa, vale a dire la cosa o il comportamento su cui vertono la pretesa e la contestazione delle parti. La Corte precisa nondimeno che, poiché la transazione non importa una volizione retrospettiva (<em>ex tunc</em>), come invece avviene nel contratto di accertamento, tale oggetto va considerato essenzialmente sul piano della situazione che dalla transazione medesima consegue.</p> <p style="text-align: justify;">Il 18 giugno esce la sentenza della III sezione della Cassazione n.9687 onde, ancora una volta, il negozio di accertamento non assorbe la situazione preesistente accertata, non vi sostituisce la fonte né vi sostituisce la causa, presentando una causa propria coinvolgente la necessità di fare certezza in ordine ai profili dubbi del rapporto accertato. In particolare, per il trasferimento della proprietà immobiliare mediante contratto, per la Corte è richiesta <em>ad substantiam</em> la forma scritta, e questa va riferita a tutti gli elementi fondamentali del negozio, tra i quali è essenziale la volontà attuale delle parti di determinare tale effetto giuridico. E’ pertanto irrilevante che le parti, sotto l’indicato profilo, sia pure per iscritto, facciano riferimento ad un precedente rapporto non documentato, da cui dovrebbe trarsi la conseguenza da esse assunta.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2004</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 17 settembre esce la sentenza della I sezione della Cassazione n.18737 onde l'efficacia meramente dichiarativa del negozio di accertamento dipende in realtà dalla relativa natura di mera ricognizione di obblighi già derivanti dal titolo originario, in ciò distinguendosi dalla transazione, che presuppone reciproche concessioni tra le parti, innovative rispetto alla regolamentazione preesistente.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2006</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 2 febbraio viene varato il decreto legislativo n.40 che inserisce nel codice di procedura civile, tra gli altri, l’art.808.ter che prevede che le parti possono, con disposizione espressa per iscritto, stabilire che, in deroga a quanto disposto dall'articolo 824-bis, la controversia sia definita dagli arbitri mediante determinazione contrattuale (c.d. arbitrato irrituale o libero)<a href="http://www.brocardi.it/codice-di-procedura-civile/libro-quarto/titolo-viii/art808ter.html#nota_15833">,</a> stabilendo anche quando il lodo contrattuale è annullabile.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2007</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 2 luglio esce la sentenza della I sezione della Cassazione n. 14972 che ripercorre gli orientamenti giurisprudenziali in tema di arbitrato rituale e irrituale. Secondo la giurisprudenza della Corte formatasi in relazione alla disciplina in vigore precedentemente alla riforma del 1994, l'arbitrato rituale aveva natura di giudizio, rimesso in via sostitutiva, rispetto alla giurisdizione ordinaria, alla competenza di un soggetto diverso dal giudice, ed era caratterizzato dal concludersi con un "<em>lodo</em>" idoneo ad ottenere efficacia di sentenza esecutiva. Viceversa l'arbitrato irrituale era un mezzo di rimessione agli arbitri della soluzione di controversie in via negoziale, mediante un negozio (di accertamento o transattivo) fondato sul potere dispositivo delle parti trasferito agli arbitri ( vengono richimati i precedenti 28 giugno 2000, n. 8788; 23 giugno 1998, n. 6248; 16 maggio 1997, n. 4347). In tale ottica interpretativa – prosegue la Corte - la distinzione fra arbitrato rituale e irrituale andava compiuta, con riguardo all'intenzione delle parti, indagando, al di là delle espressioni letterali usate, se esse avessero inteso affidare agli arbitri una funzione sostitutiva di quella propria del giudice ordinario, derogando alla sua competenza, ovvero conferire loro un mandato a definire la controversia sul piano negoziale, dovendosi optare, nel dubbio, per l'irritualità dell'arbitrato, in considerazione dell'eccezionalità della deroga alla competenza del giudice ordinario (vengono richiamti i precedenti 8 agosto 2001, n. 10935; 17 gennaio 2001, n. 562; 28 giugno 2000, n. 8788; 22 febbraio 1999, n. 1476). Tale impostazione sistematica – soggiunge la Corte - è stata successivamente modificata dalla giurisprudenza della medesima Corte (SS.UU., sentenze nn. 5690 del 1995; 3 agosto 2000, n. 527; 14223 del 2002), dalla quale ha preso le mosse un nuovo indirizzo, ormai consolidatosi dopo la riforma dell'arbitrato ad opera della legge n. 5 del 1994. Secondo tale nuovo indirizzo giurisprudenziale deve ritenersi che il "<em>dictum</em>" arbitrale, anche nell'arbitrato rituale, vada considerato un atto di autonomia privata, estraneo all'esercizio della giurisdizione, ad avvalersi della quale le parti rinunciano con il compromesso o la clausola compromissoria. Ne deriva che, secondo tale orientamento interpretativo, non vi è una differenza ontologica fra l'arbitrato rituale e quello irrituale, avendo entrambi gli atti conclusivi natura di atti di autonomia privata e configurandosi in entrambi i casi la devoluzione della controversia ad arbitri come rinuncia all'azione giudiziaria ed alla giurisdizione dello Stato, nonché come opzione per la soluzione della controversia sul piano privatistico, attraverso il ridetto "<em>dictum</em>" di soggetti privati. Con la conseguenza che la distinzione tra arbitrato rituale e arbitrato irrituale non può fondarsi sul rilievo che nel primo, a differenza che nel secondo, le parti abbiano demandato agli arbitri una funzione sostitutiva di quella del giudice (vengono richiamati i precedenti 13 aprile 2001, n. 5527; 8 agosto 2002, n. 11976; 30 agosto 2002, n. 12714; 20 luglio 2006, n. 16718; 10 novembre 2006, n. 24059). La differenza va, invece, ravvisata nel fatto che nell'arbitrato rituale le parti vogliono che si pervenga ad un lodo suscettibile di essere reso esecutivo e di produrre gli effetti di cui all'art. 825 c.p.c., da esperirsi con l'osservanza del regime procedurale e le garanzie - anche in relazione ai mezzi d'impugnazione - previsti dal codice di procedura civile, mentre nell'arbitrato irrituale esse intendono affidare all'arbitro la soluzione di controversie attraverso uno strumento negoziale atipico, non regolamentato, reso legittimo dal principio generale di autonomia privata consacrato nell'art. 1322 c.c. (e nei limiti di esso), non soggetto, a meno che le parti non le richiamino, alle regole procedimentali di cui al titolo ottavo c.p.c. - salvo che non coincidano con principi generali e inderogabili dell'ordinamento – e come tale insuscettibile d'impugnazioni diverse da quelle tipiche dei contratti.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2012</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 24 agosto esce la sentenza della II sezione della Cassazione n.14618 onde Il negozio atipico di accertamento è considerato meritevole di tutela e può essere stipulato con la struttura e le modalità di un contratto (anche se di secondo grado) per eliminare l’incertezza sull’esistenza (e ricognitivo dell’esistenza) di una società di fatto costituita in precedenza.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2016</strong></p> <p style="text-align: justify;">L’11 aprile esce la sentenza della II sezione della Cassazione n.7055 che conferma come ai fini dell’acquisto a titolo derivativo della proprietà di un bene immobile, non possa ritenersi idoneo un mero negozio di accertamento, che può eliminare incertezze sulla situazione giuridica, ma non può sostituire il titolo costitutivo, essendo necessario invece un contratto con forma scritta dal quale risulta la volontà attuale delle parti di determinare l’effetto traslativo, sicché è irrilevante che una delle parti, anche in forma scritta, faccia riferimento ad un precedente rapporto qualora questo non sia documentato. L’acquisto derivativo della proprietà di un bene immobile infatti, secondo la Corte, postula un contratto a contenuto traslativo intervenuto con il precedente titolare del diritto e soggetto alla forma scritta <em>ad substantiam</em>; in difetto di questo, esso non può discendere da un negozio di mero accertamento, il quale può eliminare incertezze sulla situazione giuridica, ma non sostituirne il titolo costitutivo (viene richiamato il precedente di cui alla sentenza del 16 dicembre 1987 n.9358). Per il trasferimento della proprietà immobiliare mediante contratto infatti per la Corte è richiesta <em>ad substantiam</em> la forma scritta, e questa va riferita a tutti gli elementi fondamentali del negozio, tra i quali è essenziale la volontà attuale delle parti di determinare tale effetto giuridico. E’ pertanto irrilevante che le parti, sotto l’indicato profilo, sia pure per iscritto, facciano riferimento ad un precedente rapporto non documentato, da cui dovrebbe trarsi la conseguenza da esse assunta.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2017</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 9 novembre esce l’ordinanza della VI sezione della Cassazione n. 26623 che, interpretando l’art. 2731 c.c., equipara<a href="http://info.giuffre.it/e/t?q=9%3dDYBXH%26F%3d6e%261%3dVEXGb%26t%3dWDY8aK%26O%3dmP7J_wwft_87_5uXv_E0_wwft_7B0Q2.0vLnP7IjCvOxPvTn7.vN_wwft_7B192O_5uXv_E0C_NdwU_XsdEfMdCbIXA_NdwU_XsrnA1Nj_92HkA6MnK19_xA_vF_iEpBn755sPr_HtJ_r_FjCvNyEz5yK_n8_fCvLj_JrF_w73JtN7I_hK1NwK99wO2.ByIy_LVyc_WkQ7G_xK8LhA_5uXv_F8IAT_HjS6FjP79w_NdwU_XIOyI_z9iE8G_wwft_80rGfEy_LVyc_VAQ7G_h7zJ7n5ffEtH_wwft_80Q9L%260%3d%26vM%3d7dJXC"> la confessione ad un </a><a href="http://info.giuffre.it/e/t?q=9%3dDYBXH%26F%3d6e%261%3dVEXGb%26t%3dWDY8aK%26O%3dmP7J_wwft_87_5uXv_E0_wwft_7B0Q2.0vLnP7IjCvOxPvTn7.vN_wwft_7B192O_5uXv_E0C_NdwU_XsdEfMdCbIXA_NdwU_XsrnA1Nj_92HkA6MnK19_xA_vF_iEpBn755sPr_HtJ_r_FjCvNyEz5yK_n8_fCvLj_JrF_w73JtN7I_hK1NwK99wO2.ByIy_LVyc_WkQ7G_xK8LhA_5uXv_F8IAT_HjS6FjP79w_NdwU_XIOyI_z9iE8G_wwft_80rGfEy_LVyc_VAQ7G_h7zJ7n5ffEtH_wwft_80Q9L%260%3d%26vM%3d7dJXC">atto di disposizione</a> richiedendo che la dichiarazione provenga da persona che abbia la capacità e la legittimazione ad agire negozialmente in ordine al rapporto controverso.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2018</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 20 aprile esce la sentenza della II sezione della Cassazione n. 9880 onde la promessa di pagamento, dal punto di vista processuale, dispensa colui a favore del quale la dichiarazione è stata fatta, dall'onere di provare i fatti costitutivi del debito in modo che, nel caso in cui la promessa coesista con l'indicazione del fatto costitutivo del debito suddetto, tale indicazione ha natura di confessione, la quale, avendo valore di prova legale, può essere vinta soltanto a mezzo revoca della stessa, provando, secondo quanto previsto dall'art. 2732 c.c., l'errore di fatto o la violenza che ha determinato la dichiarazione.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>2020</strong></p> <p style="text-align: justify;">Il 25 febbraio esce l’ordinanza della VI sezione della Cassazione n. 5062 onde la deliberazione dell'assemblea di condominio, che procede all'approvazione del rendiconto consuntivo, pur ove evidenzi un disavanzo tra le entrate e le uscite, non consente di ritenere dimostrato, in via di prova deduttiva, che la differenza sia stata versata dall'amministratore con denaro proprio, in quanto la ricognizione di debito postula un atto di volizione da parte dell'organo collegiale in relazioni a poste passive specificamente indicate.</p> <p style="text-align: justify;">Essendo il mandatario che agisce in giudizio per la corresponsione del compenso ed il recupero delle spese e degli esborsi sopportati per l'esecuzione dell'incarico a dover fornire la dimostrazione dei fatti che ne costituiscono il fondamento, e cioè dell'esecuzione del negozio gestorio e dell'esborso effettuato in occasione di esso, e non trattandosi di accertare, perciò, situazioni di fatto verificabili soltanto con il ricorso a specifiche cognizioni tecniche, neppure è censurabile in sede di legittimità la mancata disposizione della consulenza tecnica d'ufficio da parte del giudice di merito, utilizzandosi altrimenti la consulenza come strumento idoneo ad esonerare la parte dall'onere della prova o a procurare esplorativamente circostanze o elementi non provati.</p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Questioni intriganti</strong></p> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Chi ha coniato la figura del negozio di accertamento?</strong></p> <p style="text-align: justify;">La figura del negozio di accertamento ha visto la luce nella <strong>pandettistica tedesca</strong> della <strong>seconda metà dell’800</strong>.</p> <p style="text-align: justify;"><strong> </strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong>In cosa consiste il negozio di accertamento?</strong></p> <ol style="text-align: justify;"> <li>è un <strong>negozio giuridico atipico</strong>, affiorato dalla giurisprudenza all’indomani del superamento della c.d. <strong>tipicità delle cause dei negozi</strong> (da questo punto di vista, differirebbe dalla <strong>transazione</strong>, che è invece <strong>contratto tipico</strong>);</li> <li>ha la funzione di <strong>eliminare dubbi insorti</strong> su una <strong>situazione giuridica preesistente</strong>, con <strong>potenziale delflattività</strong> del contenzioso tra le parti;</li> <li>attraverso esso viene accertata la <strong>reale configurazione</strong> di un <strong>rapporto controverso o comunque dubbio</strong>;</li> <li>è caratterizzato da un <strong>riconoscimento causale</strong> con <strong>valore accertativo</strong>;</li> <li>ha uno <strong>scopo preclusivo</strong>: le parti accertano per <strong>evitare qualunque futura divaricazione di posizioni</strong> in ordine al contenuto della situazione giuridica che le avvince e degli <strong>effetti</strong> che produce tra loro;</li> <li>rileva anche sul piano del <strong>collegamento negoziale</strong>, essendo avvinto ad un <strong>negozio precedente</strong> ed <strong>incerto</strong>, al quale <strong>conferisce certezza in modo preclusivo</strong> (anche perché, diversamente opinando, si tratterebbe di un <strong>negozio astratto</strong> non dovendo accertare alcunché e producendo, <strong>senza causa</strong>, una <strong>funzione innovativa</strong>); si è parlato in dottrina anche di <strong>negozio di secondo grado</strong>, con nuova disciplina di una medesima situazione iniziale che <strong>resta inalterata</strong> nei relativi <strong>elementi costitutivi</strong>, portando la certezza laddove essa <strong>difetta</strong>.</li> </ol> <p style="text-align: justify;"><strong> </strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Quale è la posizione della dottrina in ordine al negozio di accertamento?</strong></p> <ol style="text-align: justify;"> <li>è ammissibile quale <strong>dichiarazione di verità voluta</strong> tra le parti giusta la quale si crea un <strong>effetto preclusivo per il futuro</strong>;</li> <li>è inammissibile perché <strong>non esiste compatibilità</strong> tra il <strong>negozio</strong> – che è caratterizzato da <strong>efficacia innovativa</strong> – e l’<strong>accertamento</strong> quale mera espressione di un <strong>giudizio logico</strong>.</li> </ol> <p style="text-align: justify;"><strong> </strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Quale è il presupposto nel negozio di accertamento e come si atteggia?</strong></p> <ol style="text-align: justify;"> <li>il presupposto del negozio di accertamento è la <strong><em>res dubia</em></strong>, o <strong>incertezza</strong>, che coinvolge <strong>se e quale norma applicare </strong>(incertezza giuridica), ovvero <strong>se è accaduto o meno</strong> (e con quali connotazioni) <strong>il fatto</strong> al quale una data norma va applicata (incertezza fattuale);</li> <li>è <strong><em>res dubia</em> oggettiva</strong> quella che riguarda obiettivamente <strong>i fatti</strong> che producono tra le parti incertezza;</li> <li>è <strong><em>res dubia</em> soggettiva</strong> quella che affonda le relative radici nella <strong>psiche</strong> delle parti assai più che nei fatti che connotano la loro relazione giuridica.</li> </ol> <p style="text-align: justify;"><strong> </strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Quale tipo di nullità può affettare il negozio di accertamento?</strong></p> <ol style="text-align: justify;"> <li>una nullità per <strong>difetto di causa</strong>: la situazione preesistente <strong>è certa</strong> e non incerta, e dunque non vi è nulla da accertare;</li> <li>una nullità per <strong>mancanza di oggetto</strong>: non esiste <strong>alcuna situazione preesistente</strong> da accertare.</li> </ol> <p style="text-align: justify;"><strong> </strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Cosa distingue il negozio di accertamento dalla prova?</strong></p> <ol style="text-align: justify;"> <li>la prova ha ad oggetto <strong>fatti incerti</strong>, e si configura come <strong>dichiarazione di verità o di scienza</strong> (es., la <strong>confessione</strong>);</li> <li>il negozio giuridico ha ad oggetto <strong>situazioni giuridiche incerte</strong> derivanti da rapporti giuridici, e si configura come <strong>dichiarazione di volontà</strong>;</li> <li>non manca chi tuttavia ritiene che il negozio di accertamento possa avere ad oggetto <strong>fatti dubbi</strong>, e non già situazioni giuridiche dubbie, in quanto l’incertezza della situazione giuridica <strong>può derivare dall’incertezza del fatto giuridico</strong> che la ha generata.</li> </ol> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Cosa il negozio di accertamento può avere ad oggetto e cosa non?</strong></p> <ol style="text-align: justify;"> <li>può avere ad oggetto liberamente <strong>tutti i rapporti giuridici a contenuto patrimoniale</strong>, sia che si compendino in <strong>diritti di credito</strong>, sia che si compendino in <strong>diritti reali</strong>;</li> <li>non può avere ad oggetto <strong>rapporti giuridici a contenuto personale</strong>, come quelli di natura <strong>familiare</strong> ovvero i <strong>diritti indisponibili della personalità</strong>.</li> </ol> <p style="text-align: justify;"><strong> </strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Il negozio di accertamento va trascritto?</strong></p> <ol style="text-align: justify;"> <li>muovendo dalla <strong>giurisprudenza</strong>, che <strong>esclude la doverosità della forma scritta ex art.1350 c.c.</strong> anche laddove il rapporto giuridico accertato abbia ad oggetto la traslazione di diritti reali immobiliari, <strong>se ne esclude parallelamente la trascrivibilità</strong>, proprio perché tale traslazione è in realtà da ricondursi <strong>al rapporto accertato</strong>, non al negozio di accertamento.</li> <li>la dottrina <strong>non esclude la trascrizione</strong> quando il negozio di accertamento abbia la forma dell’<strong>atto pubblico</strong> o della <strong>scrittura privata autenticata</strong> e concerna – accertandolo – un fatto che <strong>estingue un diritto reale immobiliare</strong> o <strong>lo fa acquisire</strong> (esempio, l’usucapione), <strong>applicando analogicamente l’art.2651 c.c.</strong> previsto per le <strong>sentenze</strong>.</li> </ol> <p style="text-align: justify;"></p> <p style="text-align: justify;"><strong>Cosa differenzia il negozio di accertamento unilaterale dalla mera ricognizione?</strong></p> <ol style="text-align: justify;"> <li>nella <strong>ricognizione</strong> il destinatario della dichiarazione unilaterale <strong>non vede la propria sfera giuridica incrementata</strong>;</li> <li>nel <strong>negozio di accertamento unilaterale</strong>, che può produrre certezza <strong>solo a svantaggio del dichiarante</strong> ed a vantaggio di colui che riceve la dichiarazione, opera <strong>l’art.1333 c.c.</strong>, sicché chi se ne avvantaggia <strong>può rifiutare il beneficio</strong> non rimanendo in silenzio e, per l’appunto, <strong>rifiutando il beneficio medesimo</strong>, nascente dall’accertamento unilaterale.</li> </ol> <p style="text-align: justify;"><strong> </strong></p> <p style="text-align: justify;"><strong>In relazione a quale fattispecie in particolare si è affacciata nella recente dottrina la figura del negozio di accertamento?</strong></p> <p style="text-align: justify;">In tema di <strong>integrazione per via pattizia</strong> della <strong>quota di legittima</strong> (successione c.d. necessaria) laddove <strong>se ne sia scoperta la intervenuta lesione</strong>: tra gli schemi “<strong><em>tipici</em></strong>” chiamati in causa si riscontra la transazione e, appunto, il <strong>negozio di accertamento</strong>.</p>